Rotary Notary and His Hot Plate"

Para-Site

Tourism: Suitcase studies 

Plywood House

MOVING TARGET

Master Slave

Soft Sell

Slow House

Indigestion

Istituto d'Arte Contemporanea , Boston.

Brasserie

Eyebeam di New York

BLUR expo 2002 

DILLER - SCOFIDIO , il teatro della dissolvenza 

Questo libro ci porta alla conoscenza  di due grandi architetti attraverso un’analisi delle loro opere più significative, nel corso della loro professione.

Lo spazio informazione.

Attualmente è possibile fare un ulteriore passo e sostenere che non basta più lo spazio come sistema, ma possiamo mirare ad uno spazio comprensibile, manipolabile, attraverso l’informazione. È possibile vedere lo spazio attraverso il concetto  Ciò è possibile se si approda ad un modello.            L’Architettura è un’arte capace di incorporare un paradigma scientifico e renderlo reale, è in grado di far diventare cosa concreta di un concetto, uno strumento; arrivare alla causa studiando l’effetto, rende concreto un certo livello di conoscenze: ad esempio, le piramidi sono la reificazione della trigonometria, senza la conoscenza della quale non sarebbe stata possibile la loro realizzazione. La possibilità di organizzare lo spazio tramite una serie di viste è un processo che anche nel contemporaneo ricopre un’importanza strategica in architettura. Questo non solo per l’evidente potenzialità - e potere - che le immagini hanno nella società odierna, ma anche per una rinnovata esperienza visuale che sembra starsi strutturando grazie alle possibilità offerte dagli strumenti informatici. Da questa prospettiva può risultare particolarmente interessante il corposo e vario lavoro dello studio Diller&Scofidio .Ovvero:  Elizabeth Diller, nata nel 1954, si forma "all’Università di New York", la Cooper Union, quando Ricardo Scofidio, nato nel 1935, vi insegnava già dalla metà degli anni ’60. . Questo volumetto analizza la vita professionale dei 2 architetti dal 79 fino agli anni 2000.  Nel 1979 entrambi, formano a New York  uno studio interdisciplinare, dove confluiranno diverse arti, tra cui l’architettura, i nuovi media, lo spettacolo e le performance. Performance del 1987 "The Rotary Notary and His Hot Plate" su ispirazione ed in occasione del centenario della nascita di Duchamp, doppia scena con specchio a 45 gradi.   Questa impronta di lavoro li porterà a svolgere anche importanti ricerche volte alla comprensione delle connessioni sociali e politiche tra il corpo e lo spazio pubblico, per loro lo spazio interno dell’uomo è il motore dell’architettura. Esasperando il costume americano di ricercare nella finzione di realtà  fac simili ovvero  nella cultura a del turismo americano, il passato autentico è riproposto come una finzione teatrale che unisce mito,ritualità ed eventi storici. La storia viene riscritta in una sorta di patto tra il turista  ed il mercato che vi sta dietro, nell’installazione  Tourism: Suitcase studies  con tante valigie samsonite  quanti gli stati americani , cinquanta valigie identiche trasportano i contenuti della mostra, ognuna rappresenta una particolare attrazione turistica di ognuno degli stati che compongono gli Stati Uniti. Display fluttuano immagini di mappe, disegni, modelli, testi di filosofi e cartoline. Gli architetti attraverso questi schermi spostano la mente del visitatore in un ambiente profondamente concettuale, dove viene messo in discussione il mito dell’autenticità. mettono in scena questa installazione per porre l’attenzione ai processi convenzionali legati al viaggio del turista: quindi secondo il loro pensiero. Secondo i 2 architetti l’architettura non riguarda solo gli edifici, ma innanzitutto le relazioni spaziali.”L’approccio di questi progettisti americani all’architettura è da sempre di natura interdisciplinare - le loro sperimentazioni vanno dall’installazione luminosa alla video art , a spettacoli teatrali . ma con un focus specifico che gli consente di mantenere seria e rigorosa la ricerca. Nell’era dell’informazione questo fil rouge concettuale è basato appunto sulle immagini, su di un’architettura che prima di ogni altra cosa è visione, giustapposizione in sequenza di finestre, schermi, cornici e diaframmi, che modificano spazio e il tempo e creano nuove relazioni.Nel 1981, Diller e Scofidio progettano e realizzano la Plywood House. edificio nel quale cerca di       recuperare la memoria delle costruzioni tradizionali americane. .     Un edificio dalla forma tradizionale: un parallelepipedo con il tetto a due falde, pensato come una serie di lastre forate da passaggi. La casa è ritmata dalla scansione delle finestre. Con lo spessore di otto pollici (la misura che intercorre tra la superficie dei nostri occhi e la parte posteriore del cervello) questa casa si mostra in un rapporto scollegato e discontinuo fra interno ed esterno, dove la logica di ripartizione delle finestre non corrisponde a quella del funzionamento. In questo modo mostrano i limiti della cultura post-modern, ricercando una pelle per rimettere tutto in discussione all’interno.

Nel 1989 realizzano un’istallazione nella Projects Room del MoMA di New York: Para-site. Questa istallazione ha come tema cardine il Museo che ospita la mostra: "un parassita vive in luogo specifico in relazione con l’organismo che lo ospita";" il parassita" è quindi l’istallazione che viola il luogo dell’istituzione del museo. Per questo motivo entrambi decidono di mettere in scena il tema della visione in cui il visitatore osserva ed è al tempo stesso sorvegliato: delle macchine monitor evidenziano le strutture di controllo e sicurezza del museo. Le sedie ancorato al soffitto tutto celebrano tranne che comodità, e che quindi entrano in conflitto con lo spazio dell’abitare. Sempre nel 1991 i due architetti  progettano, la Slow House, (non verrà mai realizzata), ovvero una casa di vacanza per un mercante d’arte giapponese. La Slow House ruotava attorno al tema della visualità: “una porta che conduce ad una finestra che racchiude una vista”. La casa cattura i due simboli della società capitalista, l’automobile e la televisione: la prima come fuga dalla città verso la casa di vacanza e la seconda diventa uno schermo video che, posto difronte l’unica finestra della casa, compone e decompone l’immagine esterna dell’oceano. La casa risente del processo di rallentamento del viaggio; viaggiare percepire lo spazio attraverso il parabrezza dell’automobile ci dà una visione del mondo esterno attraverso un riquadro deformato. La casa risente di questa alterazione del con ottico e prospettico. La finestra posta sul terminare media la visione diretta del mondo, non mostra più il fuori dal dentro. Nel 1996 i due architetti curano lo spettacolo teatrale Moving Target. Progettano un piano ruotato di 45°, uno specchio che ribalta la realtà, Il senso della gravità fisica e gli assi verticale e orizzontale. Inoltre attraverso un computer collegato allo specchio, riescono a ricreare uno spazio ibrido: il computer visualizza campi di forze e il unisce alle figure realmente riflesse, in questo modo la macchina mostra allo spettatore qualcosa che diversamente non potrebbe percepire: lo spazio oltre la scena.Dopo aver dedicato molta attenzione al tema dei sistemi di sorveglianza mediatica molto invasivi (installazione per la Fondazione Cartier di Parigi, Master/Slave, 1999), cominciano un lungo percorso alla scoperta del display, nelle prime installazioni gli schermi erano una sorta di monitor a circuito chiuso, quando il digitale trasforma il monitor in una interfaccia di computer diventa sempre più presente e modifica gli stessi messaggi.
Nel 1993  progettano Soft Sell: vogliono rendere visibili le tecnologie del desiderio, i rituali del comprare del vendere , "pensano a due labbra giganti femminili" che lanciano con voce sensuale e suadenti messaggi ai passanti. In questo modo cercano di interpretare la cultura dei monitori e della pubblicità. Nel 1995 al "Palais des Beaux-Arts di Bruxelles", mettono in scena Indigestion. Viene proiettata , una scena conviviale su uno schermo orizzontale in modo da sembrare un tavolo. Un vicino touchscreen offre la possibilità di sostituire personaggi con una varietà di stereotipi di genere e classe, in base ai personaggi scelti, c’è un determinato tipo di cibo. La narrazione rimane costante in ogni momento di cambio, sfuma, però, a seconda delle differenze dei personaggi. Nel 2000 Diller e Scofidio riprogettano la Brasserie: lo spazio sotterraneo del "Seagram Building a New York di Mies van der Rohe". I due architetti decidono di reinterpretare lo spazio originario rispettando però le partiture e gli allenamenti, proponendo un ristorante/istallazione come isola all’interno dello spazio razionalista. Mancando la connessione tra strada ed interno (ci troviamo in un sotto terra), questa è creata elettronicamente: una microcamera, rivolta alla strada, diventa una finestra virtuale, una seconda videocamera, che si aziona con l’arrivo dei clienti, trasmette l’entrata su di un monitor sopra il bar. Brasserie ricerca una interazione visiva, tattiche e percettiva con il cliente. Nel 2001 viene bandito il concorso per il nuovo Istituto d'Arte Contemporanea a Boston.  D+S propongono un edificio che modifica il waterfront: il museo si traduce in una immagine virtuale che crea forti sensazioni attraverso il corpo dal forte oggetto che si libera il vuoto. Lo spazio viene pensato come una passeggiata pubblica che termina in uno spazio con vista sul porto. Il piano della mediateca è inclinato di 30° e forato in modo da determinare un piano interamente in vetro che esce dalla struttura in aggetto per incorniciare l’acqua. Il vetro, grazie alle nuove tecnologie, appare traslucido o opaco in base alle necessità teatrali.  Quando viene bandito il concorso per l'Eyebeam di New York, la proposta vincitrice sarà quella di Diller e Scofidio. I due architetti progettano un sistema articolato di collegamenti: un nastro come interfaccia per recepire e comunicare informazioni. Il nastro si sposta da una parte all’altra dell’edificio mentre sale verticalmente dalla strada, il pavimento diventa muro, poi pavimento, poi di nuovo muro… la scelta è quella di creare uno spazio continua attraverso un nastro che si piega salendo in verticale sino a realizzare 12 piani.  Per l’Expo 2002 Infine D+S progettano il paglione della Svizzera , Blur“Era un edificio che non rappresentava niente, ma era un niente spettacolare.” Il padiglione è realizzato con una struttura d’acciaio sostenuta da quattro colonne a forma anulare. La macchina quand’è spenta si mostra silenziosa, la loro volontà era quella di far svanire la struttura in una nuvola di vapore che fosse visibile anche a distanze molto importanti. La struttura è controllata e regolata  da un computer che aziona ugelli che prendono l’acqua del lago e la vaporizzano. L’acqua è il nuovo elemento che il digitale investiga. L’esperienza si traduce da visiva a sensoriale quando il visitatore entra nel padiglione attraverso la passerella, la nube rende la percezione visiva indistinta e sfocata, e questo fa vivere al visitatore un senso di disorientamento, perché non c’è niente da vedere tranne la nostra dipendenza dalla visione stessa. Dopo aver letto questo libro non possiamo più pensare all’architettura come semplice composizione di forme regolate da schemi funzionali, la progettazione deve partire da un’indagine condotta su delle problematiche vere, per poi mostrarle in chiave ironica, risolutiva o come dato di fatto, in modo che queste possano lasciare un segno a coloro che le visiteranno.                                                   Il visitatore non è più  un personaggio passivo, ma deve interagire con l’opera.