Recensione – Il Crack. Polo per lo sviluppo di tecnologie innovative applicate all’architettura
Recensione – Il Crack. Polo per lo sviluppo di tecnologie innovative applicate all’architettura
La Tesi di Laurea in Progettazione Architettonica e Urbana di Nelu Dragomir, discussa il 20 maggio 2023, si colloca all’interno del ciclo di ricerca Aniene Rims, promosso dal professor Antonino Saggio insieme all’architetto Gaetano De Francesco e agli studenti della sua scuola. Dal 2019 questo gruppo esplora i territori lungo il tratto urbano del fiume Aniene, tra il Grande Raccordo Anulare e la confluenza con il Tevere. Sono stati così individuati e mappati quaranta vuoti urbani, luoghi dimenticati o inaccessibili, che gli studenti hanno trasformato in scenari progettuali. Pur nella diversità di morfologie e programmi, tutte le proposte si radicano nelle necessità specifiche dell’ambiente urbano e condividono un obiettivo comune: restituire questi spazi abbandonati alla città e ai suoi abitanti, attivando nuove relazioni e sperimentando idee innovative.
In questo contesto si inserisce Il Crack, progetto che sceglie come campo d’indagine un’area tra la stazione Rebibbia e il fiume Aniene, nel quartiere Ponte Mammolo: un’area non mappata, recintata e apparentemente inaccessibile, dominata da due grandi blocchi di tufo.
L’analisi territoriale mette subito in evidenza il potenziale del luogo. Nonostante la sua marginalità, esso si trova all’interno della Riserva Naturale Valle dell’Aniene, ben collegato dalla metropolitana e dalle arterie Tiburtina e Palmiro Togliatti, vicino alle antiche cave di Tor Cervara – da cui i Romani estraevano il tufo per il Colosseo – e al distretto tecnologico noto come Tiburtina Valley. Il contesto, dunque, suggerisce un duplice valore: storico e infrastrutturale.
Lo studente affronta la prima domanda progettuale – come valorizzare un’area simile? – attraverso un lavoro di ricerca storica e materica. Le incisioni di Giuseppe Vasi del 1754, le planimetrie del 1906, le foto aeree del 1959 e le trasformazioni urbane del dopoguerra tracciano una sequenza che mostra come il quartiere si sia sviluppato attorno ai blocchi tufacei, lasciandoli ai margini. Da qui l’attenzione al tufo rosso litoide dell’Aniene, materiale magmatico tipico di Roma, che dai Romani fino al Novecento ha rappresentato un fondamento costruttivo e simbolico.
Il progetto si arricchisce di riferimenti: dalle catacombe sotterranee, con le loro tipologie spaziali a graticola, pettine e spina di pesce, alle Vie Cave di Pitigliano, Sovana e Sorano, le profonde incisioni nel tufo legate a rituali religiosi e alla Madre Terra. A questi si affiancano numerosi esempi contemporanei di riuso delle cave – dal Quarry Garden in Cina al Ca’n Terra di Ensamble Studio, fino all’Eden Project di Grimshaw – che diventano casi studio e categorie operative (riempimento, modifica, inserimento, appoggio).
Cave di Tufo di Tor Cervara
Latomie di Salone
Cavità in età romana
La seconda domanda è più radicale: come far dialogare una materia antica come il tufo con le tecnologie emergenti del XXI secolo? Qui il progetto prende posizione. Blockchain, intelligenza artificiale, robotica e metaverso non sono trattati come semplici “aggiunte”, ma come parte integrante di un sistema interconnesso. La blockchain applicata al BIM, ad esempio, permette di certificare processi produttivi attraverso NFT; l’IA consente di ottimizzare la manutenzione e i consumi; il metaverso diventa estensione digitale dell’architettura reale.
Il risultato è Il Crack, un polo multifunzionale che fonde sperimentazione tecnologica e radicamento materico. La frattura nel tufo diventa gesto architettonico: apre il blocco, lo rende permeabile, lo trasforma in radura pubblica. Tre piazze organizzano il progetto – una principale con funzioni commerciali e culturali, una inclinata a verde come luogo di relax e una distributiva che raccoglie i percorsi – favorendo la connessione con il quartiere.
Un aspetto significativo è la riflessione sulle strategie idriche, ispirate alla ricerca dell’architetto Gaetano De Francesco. Sistemi di raccolta e riuso delle acque piovane, canali di drenaggio e superfici corrugate rendono l’intervento resiliente al cambiamento climatico e integrato con la morfologia naturale. La piazza principale ospita una cisterna sotterranea che riutilizza l’acqua per funzioni quotidiane e irrigazione, trasformando l’infrastruttura tecnica in parte del progetto architettonico.
Gli spazi interni si articolano in laboratori tematici (blockchain, metaverso, IA, robotica), collegati visivamente e funzionalmente da ponti, doppie altezze e rampe che favoriscono lo scambio. Funzioni pubbliche come coworking, palestra e ristorante dialogano con gli spazi di ricerca, rafforzando l’idea di apertura alla città. Infine, gli alloggi – dal monolocale al duplex – completano il programma con una componente residenziale che mescola lavoratori e abitanti, sperimentando nuove forme di abitare la cava.
La forza del progetto sta nella sua capacità di tenere insieme tre livelli: la memoria, attraverso lo studio storico e materico del territorio; l’innovazione, grazie all’integrazione delle tecnologie emergenti; la sostenibilità, con strategie idriche e riuso di suolo già compromesso.
Il Crack non è solo un esercizio accademico: dimostra come l’architettura possa diventare dispositivo critico, capace di ricucire fratture urbane e immaginare futuri possibili.
Il rapporto con la città
La piazza
I laboratori
La piazza
La radura
Abitare la cava
Cosa ti ha portato a scegliere il programma del tuo lavoro di tesi?
Il programma “Tecnologie innovative legate all’architettura” nasce innanzitutto da una mia passione per la tecnologia. Stando a contatto con questo mondo, ho osservato come le nuove tecnologie trovino applicazione in diversi campi – dall’informatica alla finanza, dall’arte all’architettura. In particolare, nel settore architettonico alcune di esse erano ancora poco esplorate o applicate.
Un esempio è la blockchain, che introduce la decentralizzazione dei dati: non più conservati in un unico server, ma distribuiti su molteplici sistemi di archiviazione. In architettura, questa tecnologia potrebbe essere applicata a tutto il processo, dall’ideazione alla realizzazione, fino alla gestione e manutenzione di un edificio.
Dal 2023, anno in cui ti sei laureato, ad oggi si è diffusa l’intelligenza artificiale applicata anche all’architettura. Che ne pensi?
In soli due anni la situazione è cambiata moltissimo: lo sviluppo è stato esponenziale. Quando mi sono laureato, ChatGPT non esisteva e MidJourney era solo agli inizi. Oggi invece sono comparsi software specializzati nella renderizzazione a partire da schizzi, nell’aggiunta di oggetti architettonici nello spazio e plug-in dedicati ai software BIM. Anche la robotica ha fatto grandi passi avanti: è aumentato il numero di progetti che utilizzano rivestimenti parametrici realizzati tramite stampa 3D.
Come hai affrontato il tema della sostenibilità?
Il mio progetto riguardava due blocchi tufacei: l’idea era quella di scavare le masse per dare forma al progetto e inserire il programma all’interno, rendendo gli spazi vivibili. Le pareti interne del “crack” sono state progettate con un conglomerato composto da tufo e cemento.
Ho inoltre studiato altri sistemi sostenibili, come la ventilazione trasversale e la protezione dal sole diretto estivo ottenuta tramite l’arretramento delle finestre.