Le terre dello stato feudale della Contessa Matilde di Canossa nel XII secolo si estendevano da Brescia a Viterbo, comprendendo numerose città importanti, con un poderoso sistema fortificato che proteggeva lo stato feudale.
L’origine di questi castelli risale alla famiglia degli Attonidi, da cui Matilde discendeva, e che aveva rafforzato, tra il Taro e il Reno, la frontiera settentrionale dei suoi possedimenti.
Le strutture difensive rappresentavano una garanzia di sicurezza, ma svolgevano anche il ruolo di simbolo visibile di autorità. È probabile che i castelli matildici siano stati costruiti in parte potenziando preesistenti strutture.
Le linee fortificate (questo è evidente soprattutto nell’Appennino reggiano) si susseguivano da ovest a est lungo differenti quote altimetriche.
Il dominio di Matilde di Canossa aveva il suo centro, facile da intuire, a Canossa. Nel maggio 1111, dopo aver resistito con incredibile stoicismo ai tumulti avvenuti nel periodo più acuto della lotta tra Papa e Imperatore, Matilde venne incoronata Vice Regina d'Italia nel Castello di Bianello, a Quattro Castella.
I castelli matildici hanno subito distruzioni, prima da parte dei liberi Comuni insofferenti del potere feudale, poi durante le lotte tra le signorie.
Estensione dei domini canossiani nell’Italia centro-settentrionale (rif. Museo Naborre Campanini, Canossa).
È un massiccio roccioso dall'inconfondibile ed isolato profilo a forma di nave che contraddistingue il paesaggio dell'Appennino Reggiano.
Con una lunghezza di 1 km, una larghezza di 240 m ed un'altezza di 300 m, sull'altopiano che le fa da base, è un gigantesco esempio di erosione residuale divenuto un emblema di questi luoghi che già Dante aveva utilizzato nei versi della sua Commedia per la descrizione del Monte del Purgatorio.
Durante i suoi numerosi viaggi Francesco Petrarca soggiornò anche nelle suggestuve terre matildiche attorno a Canossa (nel 1341 viene segnalato ospite al Castello di Rossena).
Per ricordare questo nobile soggiornante, tra il 1838 e il 1847, per iniziativa di alcuni gentiluomini di Parma e con il contributo economico della duchessa Maria Luigia, venne costruito a Selvapiana un pregevole tempietto abbellito dalle decorazioni pittoriche ad encausto di Francesco Scaramuzza (celebre illustratore di Dante, 1803-1886) e da una statua in marmo di Carrara di Tommaso Bandini.
La dicitura scolpita nel frontone "MDCCCXXXIX PER VISIBILE SEGNO DELL'ONORE DATO A QUESTO LUOGO" fu dettata da Pietro Giordani, il letterato amico di Giacomo Leopardi.