Io&Internet.
Breve storia della rete, da Arpanet ai nostri giorni
Antonino Saggio
Antonino Saggio
Il testo di Antonino Saggio ci propone una riflessione profonda sul ruolo di Internet, e in particolare di Google, come paradigma di una trasformazione radicale nel nostro approccio alla conoscenza e alla realtà sociale. Saggio utilizza la metafora di "Dio-Google" per illustrare l’aspetto quasi trascendente di questa tecnologia, capace di espandere continuamente la portata del sapere umano e di offrire strumenti che rivoluzionano l’accesso e la gestione dell’informazione. Google non si limita a una funzione di semplice ricerca, ma si avvicina a una sorta di onnipotenza simbolica: è onnisciente, onnipresente, e si rinnova costantemente con progetti come Google Earth, Google Art, Google Scholar. Questa descrizione evoca, in termini filosofici, il concetto foucaultiano di "biopotere," un sistema di potere che non domina direttamente l’individuo ma lo permea, modellandone comportamenti e interazioni.
Saggio illustra inoltre il potenziale pedagogico di Internet, che consente un nuovo modello di didattica collaborativa e sperimentale. Attraverso Google Earth, ad esempio, si apre una modalità di insegnamento che supera i limiti fisici e geografici dell’aula tradizionale. Questo metodo riflette un’idea innovativa di architettura, in cui la tecnologia supporta una progettazione più dinamica e interattiva, che abbraccia la complessità delle realtà urbane.
Anche i blog e i podcast diventano strumenti di comunicazione e condivisione, creando un’inedita rete di connessioni che oltrepassa le mura dell’università e coinvolge la comunità. È un passaggio dalla trasmissione unidirezionale del sapere alla costruzione di una comunità intellettuale, dove studenti e docenti interagiscono in modo più fluido e dinamico. Come notano studiosi della sociologia digitale come Manuel Castells, la rete diviene un "medium relazionale" che rafforza l’integrazione tra tecnologia e ambiente sociale.
Il ricorso all’editoria on demand offre una soluzione pragmatica per gestire la pubblicazione di contenuti accademici, liberando da vincoli economici e logistici. Questo approccio rispecchia l’essenza partecipativa e democratica della rete, dove ogni individuo può diventare un produttore di contenuti, secondo un principio di autonomia culturale che richiama l’ideale di “prosumer” (producer-consumer) teorizzato da Alvin Toffler. Internet, in questo senso, non solo agevola la distribuzione del sapere, ma promuove un modello in cui l’utente assume un ruolo attivo, sfumando il confine tra chi crea e chi fruisce dell’informazione.
Saggio conclude con una riflessione di particolare attualità sull’uso dei social e sulla responsabilità collettiva rispetto ai contenuti che la rete amplifica. Internet, osserva, è un “acceleratore” neutro: le sue implicazioni dipendono da come noi decidiamo di gestirne le potenzialità. Da un lato, esso può diventare strumento di emancipazione culturale e intellettuale, come dimostra la condivisione di contenuti educativi su piattaforme come YouTube o attraverso il podcasting; dall’altro, la sua mancanza di limiti può condurre a derive negative, con effetti significativi sul comportamento delle generazioni più giovani. Saggio ci invita a riflettere sull’urgenza di una guida etica e culturale che promuova un “orizzonte di senso,” tema caro anche a filosofi contemporanei come Zygmunt Bauman, che identifica nel contesto digitale una forma di “modernità liquida” dove i riferimenti stabili tendono a dissolversi. È dunque compito dei “grandi” creare le condizioni affinché il potenziale della rete si realizzi nel rispetto di principi di progresso e libertà, preservando al contempo la qualità e la responsabilità del sapere condiviso.
In conclusione, una riflessione su come la rete può favorire una rinascita del sapere collettivo, richiede al contempo una rinnovata consapevolezza etica. Bisogna riconoscere le potenzialità di Internet e a impiegarle creativamente e responsabilmente, per un progresso che possa davvero definirsi autenticamente umano.
APPROFONDIMENTI:
ZYGMUNT BAUMAN
Zygmunt Bauman
Poznan 19 novembre 1925-Leeds 9 gennaio 2017
sociologo e filosofo polacco
Nella società moderna e liquida – sostiene Bauman – non proviamo più gioia ad avere segreti. Alla base del social networking vi è, infatti, lo scambio di informazioni personali e chi tiene a cuore la propria privacy è, addirittura, visto con sospetto.
Al centro del pensiero del sociologo vi è da sempre la dimensione etica e la dignità della persona umana: l’era digitale ha portato la creazione di reti ma non di comunità. Per Bauman la comunità è qualcosa che ci osserva e ci lascia poco spazio di manovra ma, al contempo, rafforza l’individuo, la sua autostima e la fiducia in sé stessi. Dall’altra parte la rete ci mette in contatto più velocemente ma ci rende più deboli, aumentando il senso di solitudine portando insicurezza e, a lungo andare, infelicità. E a rendere così attraenti le reti è la loro perpetua transitorietà, la loro natura temporanea perché eternamente provvisoria, il loro astenersi dall’imporre impegni a lungo termine o una lealtà assoluta e una rigorosa disciplina.
La teoria di Bauman è però chiara: la sua posizione critica è dettata non dagli strumenti digitali in sé bensì dal modo in cui vengono utilizzati. Internet, sostiene il sociologo – non s’insinua dentro di noi, ci mostra solo ciò che sta dentro di noi.
“Tutto dipende da quello che cerchiamo: i dispositivi tecnologici si limitano a rendere più o meno realistici i nostri desideri e più o meno veloce ed efficace la nostra ricerca”.
Solo la coesistenza di pubblico (mondo online) e privato (mondo offline) garantisce all’individuo una condizione di vita sostenibile e sana.
Ludwig Feuerbach
28 luglio del 1804 in Baviera e scomparso a Rechenberg il 13 settembre 1872
filosofo tedesco
Ludwig Feuerbach vede Dio come una proiezione delle perfezioni dell’uomo, cioè volontà, sapienza, amore e intelligenza, sottolineando come Dio incarni l’essenza stessa dell’essere umano, personificata e idealizzata. Nella sua opera L'essenza del cristianesimo, Feuerbach considera Dio una sorta di specchio delle aspirazioni umane, in cui ogni attributo divino non è altro che una qualità umana elevata a livello assoluto. Analizzando questo in relazione all’era digitale, si può paragonare l’immagine di Dio a Google, come entità che sembra incarnare l’aspirazione dell’uomo a un sapere assoluto e onnipresente, in cui si riversano tutti i desideri di conoscenza e comprensione.
Google diventa, quindi, una sorta di Dio contemporaneo. Per Feuerbach, l’uomo sposta il proprio essere e le proprie perfezioni fuori di sé per poi ritrovarle nell’entità divina; in modo simile, si può dire che oggi l’umanità proietti i suoi desideri di onnipotenza e di conoscenza illimitata su Google, la cui vasta intelligenza artificiale riflette una collettività di volontà umane. Mentre Dio rappresentava una saggezza universale e morale, Google rappresenta una conoscenza pratica e immediata, una sorta di memoria collettiva che conserva e restituisce ciò che le è stato affidato.
Feuerbach fornisce tre risposte al perché l’uomo crei Dio. Nella prima risposta, Dio rappresenta la grandezza della specie, mentre l’individuo si sente limitato e insufficiente; analogamente, Google sembra un ente superiore in cui tutti gli individui riversano collettivamente il loro sapere, superando i limiti del singolo. Nella seconda risposta, quando l’uomo non riesce a realizzare i suoi desideri, crea Dio come strumento per appagarli; oggi, Google consente agli individui di accedere a informazioni e risorse che altrimenti sarebbero irraggiungibili. Nella terza risposta, Dio è concepito in base alla dipendenza dell’uomo dalla natura; parimenti, Google diventa indispensabile per la vita quotidiana, rispondendo al bisogno di conoscere il mondo circostante.
Feuerbach considera l’ateismo un dovere filosofico, per riportare all’uomo ciò che attribuisce a Dio, e afferma che il compito della filosofia è porre l’infinito nel finito. Similmente, potremmo pensare che l’uso di Google come "Dio digitale" rappresenti un nuovo tipo di alienazione, in cui l’umanità si allontana dalla propria capacità di conoscenza autonoma. Google, come "teologia digitale", può alienare, spingendo gli individui a dipendere sempre più da un sapere esterno invece che a coltivare le proprie facoltà critiche.