SEMERARO S.E. ALBERICO

Nato a Martina Franca il 19 gennaio del 1903 da una nobile e ricca famiglia di possidenti e artisti. Dei tre fratelli Semeraro, due, Alberico e Celestino scelsero il sacerdozio, la sorella divenne monaca.

Giovanissimo e brillante studente del seminario romano, Benedetto XV in persona lo volle premiare per il profitto, regalandogli il suo orologio personale d'oro, che tuttora si conserva.Ricevuti gli ordini sacri tornò nella sua arcidiocesi tarantina, dove sarà arciprete della cattedrale di San Cataldo nel centro storico di Taranto.L'episcopato giunse presto, come per lui era prevedibile, a 44 anni, nel 1947: fu chiamato a sostituire il vescovo di Oria Antonio Di Tommaso, che aveva guidato la diocesi oritana per quasi mezzo secolo e che, ormai 88enne, si ritirava a vita privata nel suo paese natale, Vittorito, in Abruzzo.Guidò la diocesi in anni controversi ed epocali per la chiesa: tutto da riorganizzare dopo la guerra, la miseria, il livello culturale disastroso dei diocesani, le grandi emigrazioni, il comunismo e la Democrazia cristiana, da combattere in prima persona il primo, da sostenere e stringerci patti di ferro la seconda. Quindi il concilio e il compito ingrato d'essere il vescovo chiamato ad applicare nella sua diocesi la triste riforma liturgica voluta dall'entourage di papa Montini. Ancora le prime prove di dissenso e contestazione da parte di laici e consacrati, alle quali resistette con un orgoglio regale inossidabile.Negli anni 50 intanto fondava un ordine religioso, che si estenderà a Francavilla Fontana, Alberobello, Martina e oggi Roma, America Latina, Africa, Asia, restando le due cittadine delle province pugliesi (Francavilla e Alberobello) le sedi principali della famiglia religiosa femminile. Fiore all'occhiello è la grande e lussuosa casa di cura e riposo per anziane signore provenienti da tutta Italia situata in Francavilla. All'ultimo piano del vasto edificio, volle ricavarci il suo appartamento privato mons. Semeraro, dove trascorrere gli ultimi anni della sua vita (che sarà molto lunga) assistito dalle suore che aveva creato, dopo le dimissioni piuttosto forzose dalla diocesi di Oria per raggiunti limiti di età, nel 1978.

Sì, gli ultimi anni del suo episcopato furono turbolenti, tormentati da scandali piuttosto artificiali, questioni finanziarie e intestazioni personali delle moltissime opere che aveva creato in diocesi. Non ultimo la fatica a digerire la feroce norma decisa con motu proprio da Paolo VI delle dimissioni obbligatorie per i vescovi raggiunti i 75 anni. Il tono delle sue omelie già negli ultimi anni del suo episcopato si erano fatti cupi e apocalittici, fra l'esplodere di contestazioni post-conciliari e polemiche contro la sua persona. Intanto il Vaticano nel 1974 gli accostava (per spodestarlo pian piano) "con diritto di successione" un giovanissimo vescovo ausiliare, Salvatore De Giorgi, che avrebbe fatto molta strada al contrario di lui, sposando fin troppe diocesi, sino alla porpora, e senza avere una sola delle qualità del suo principesco e paternalistico predecessore.

L'ho conosciuto personalmente, nella sua estrema vecchiezza, nell'appartamento privato nel convento delle sue suore, dove una mia zia, una delle pioniere, aveva preso i voti.

Fu l'ultimo vescovo-principe della diocesi oritana e delle Puglie, un sacerdote magno retto e astuto per cui l'istinto al potere e al comando non fu mai qualcosa di artificiale e forzoso bensì una dote naturale, da "eletto".

Con le sue enormi capacità, l'ostinazione, la cultura, il paternalismo pastorale, le strette amicizie molto in alto, avrebbe potuto fare una carriera maggiore. Ma egli disse e si mantenne fermo sulla promessa iniziale del suo episcopato: "Sposo Oria, e ci si sposa una sola volta".

Se ne andò il 24 maggio 2000, 98enne, a Francavilla Fontana (Brindisi). E' sepolto nella Casa delle sue religiose a Martina Franca (Taranto).