SCIENZE UMANE
SCIENZE UMANE
Video del booktalk realizzato da Diego Lo Bello sul testo dell'antropologo Marc Augè "Le nuove paure".
La classe 2M ci propone, in questo video, un'analisi di due saggi di psicologia. Nato come compito per la scuola - ovvero l'esposizione orale in tre minuti di un saggio letto dalla classe per mettere alla prova anche le capacità comunicative su un argomento di psicologia -, il progetto si è trasformato in un prodotto multimediale davvero ben riuscito! Nel video si parla di “Viaggio dentro la mente. Conoscere il cervello per tenerlo in forma” di Piero Angela e di “Freud. Sette lezioni sulla psicoanalisi”, dello psichiatra Vittorino Andreoli. Prima esposizione di Vanessa Piazzolla, secondo saggio a cura di Arianna Volpi. In regia Diego Lo Bello con il supporto tecnico della prof.ssa Muraca. Buona visione!
attualità
Ieri sera, martedì 1 marzo, il Liceo Vico era presente alla marcia per la pace organizzata dal Comune di Corsico e il nostro studente di 5^C, Marco De Pace, ha letto questo pensiero che vogliamo condividere con tutti voi, perché sia spunto di riflessione. Grazie Marco!
Buonasera a tutti, sono Marco uno studente del liceo Vico di Corsico.
Stasera ci siamo riuniti per condannare e rinnegare le azioni di guerra che si stanno perpetrando contro il popolo ucraino.
Come avrete certamente sentito o letto, una buona parte delle persone che si trovano in Ucraina stanno cercando di lasciare il paese passando per Polonia, Romania e Ungheria, paesi che hanno dato la loro disponibilità nell’aiutare uomini, donne e bambini che fuggono dalla guerra.
Purtroppo questa accoglienza offerta ai profughi non è riservata a tutti. A molti che attualmente sono in Ucraina, non viene dato il permesso di accedere ai paesi confinanti per un motivo assurdo: il colore della loro pelle.
L’Ucraina, come ogni altro paese, è abitata da persone provenienti da tutto il mondo. Ci sono studenti, lavoratori e famiglie che hanno scelto l’Ucraina come opportunità per il loro futuro. Ma adesso ciò che conta non è da dove vengano, ma ciò da cui scappano. Fuggono tutti per lo stesso motivo per cui fuggono gli Ucraini.
A loro, però, viene rifiutata questa possibilità di salvezza semplicemente a causa del colore della loro pelle. Alcuni sono studenti, poco più grandi di me, universitari giunti in Ucraina per studiare e l’unica cosa che ora vogliono è poter raggiungere un paese da cui sia possibile prendere un volo e ritornare dalle proprie famiglie al sicuro.
Questo credo e spero lasci molti di voi indignati, come ha lasciato me. Possibile che perfino in una situazione di conflitto come questa si vada a guardare ancora al colore della pelle? Quando l’unica cosa che conta dovrebbe essere preservare la vita?
Queste discriminazioni, se devo essere onesto, non mi lasciano così allibito, considerando che qui in Italia abbiamo “politici” che ci parlano di profughi veri e profughi finti, anche se la vera ed unica distinzione che fanno è su profughi bianchi e profughi neri, profughi europei e profughi non europei…
Oggi finalmente, dopo la denuncia da parte di molte persone respinte alle frontiere e dopo molte sollecitazioni da parte delle associazioni e dell’Unione Africana, è stata ammessa la colpevolezza da parte dell’ONU della distinzione razzista che è stata fatta sul confine polacco. Vorrei sperare che il riconoscimento di questo scempio possa porvi fine.
Oggi che marciamo per la pace vorrei ricordare anche tutte le altre vittime delle guerre e dei conflitti esistenti nel mondo che dimentichiamo troppo facilmente. Vorrei che la stessa preoccupazione che proviamo per l’Ucraina e chi la abita sia riservata anche a chi vive più lontano dai nostri confini e le cui guerre apparentemente non minacciano la nostra quotidianità ma che invece, se dobbiamo dirla tutta, minacciano l’intera umanità. Non esistono guerre di serie A e di serie B, profughi veri e finti. Ricordiamoci oggi che siamo qui, ma anche domani e per sempre che la pace è un diritto di tutti.
Si riporta in questo video il racconto di una pagina di storia, purtroppo molto triste, vissuta dal sig. Pacifico Spizzichino, ebreo ex deportato ad Auschwitz e nonno di una nostra alunna del Liceo Vico. Il video è stato realizzato dalla stessa studentessa Noemi, grazie alla collaborazione del papà Giacomo e di sua zia Nava Spizzichino, in modalità intervista doppia, in quanto il sig. Pacifico è mancato qualche anno fa. La semplicità del linguaggio chiaro e diretto utilizzato dai testimoni consente a tutti noi di poter fruire con facilità di questa narrazione personale che si inserisce nella cornice più ampia della storia internazionale degli anni 40. A garanzia di ciò, oltre alla tante citazioni e richiami storici, vengono mostrati dalla famiglia documenti personali di grande valore.
SCIENZA
La 2^M si è recata al Museo delle Illusioni di Milano, inaugurato la scorsa estate: un ottimo luogo per divertirsi ma soprattutto per scoprire il mondo delle nostre percezioni, gli inganni del cervello, la scienza e l'illusione ottica. Ecco cosa troverete, nel racconto di Martina Ponti e Alice Pinto
Siamo andati a fare visita a questo museo insieme al professor Cavallaro e alla professoressa Argenzio, docente di scienze umane, dopo aver studiato con lei la percezione, tra cui il fenomeno delle illusioni ottiche. Il Museo delle Illusioni nasce nel 2015 da un'idea di Rodo Zivkovic a Zagabria e si presenta come uno spazio interattivo con numerose attrazioni a temi diversi. Il format di questo museo, già presente in oltre trenta città del mondo, arriva per la prima volta in Italia nell'estate del 2021. Attraverso le esperienze proposte nelle cinque stanze, progettate dagli architetti Sven Franc e Jasmina Frinčić, i visitatori possono sperimentare la prospettiva, la percezione ottica, il cervello umano, l’inganno dei sensi e la scienza. La collezione del museo è composta da più di settanta attrazioni che riguardano la scienza, la matematica, la biologia e la psicologia: la visita dà l’occasione di imparare molto sulla prospettiva, la percezione ottica, il cervello umano e la scienza e grazie alle esposizioni presenti, inoltre, ci permette di capire perché gli occhi vedono cose che il cervello non comprende. È stato interessante osservare alcune figure studiate in classe come la figura di Muller Lyer o di Ponzo e guardarle sapendo quanto la percezione sia un processo cognitivo strettamente legato a quello della sensazione e come da essa nascano le illusioni, che ci fanno vedere in modo distorto la realtà. Il museo è dunque l’ideale per coloro che vorrebbero comprendere quale sia il confine fra realtà e fantasia ma anche per chi vuole trascorrere del tempo divertendosi. Non abbiate paura di lasciare tutto ciò che conoscete e immergetevi nell’illusione del Vortex Tunnel: unico nel suo genere in questa parte del mondo, il Tunnel Vortex vi farà impazzire e vi farà sembrare quasi impossibile mantenere il vostro corpo in equilibrio attraverso il cilindro rotante quando si è su una superficie completamente stabile e piatta. Assolutamente da provare la Sedia di Beuchet: vi renderete conto di come la percezione della dimensione di una persona dipenda dal contesto suggerito dagli oggetti.
Ideali per adulti e bambini, le attrazioni presenti mettono alla prova i nostri sensi, il nostro equilibrio e la capacità di vedere realmente le cose per ciò che sono e non per ciò che sembrano! Finalmente un museo in cui si può ridere e scattare foto senza essere ripresi, dove al contrario si è invogliati a farlo.
Francesca La Grutta di 2M si è sentita molto coinvolta dalla testimonianza di Esther Musil a cui la sua classe ha assistito online e ci invita a riflettere sull'argomento a partire da una domanda: "Cos'è il dolore?". Cliccate sulla freccia per leggere (foto tratta dal web).
Cos'è il dolore?
Questa è una domanda che ognuno di noi si è posto o si porrà almeno un paio di volte nella vita, a seconda di ciò che ci capiterà durante il suo corso.
Il dolore può avere diverse forme e significati, come dice il dizionario, infatti, il dolore è una “sofferenza fisica”.
Ci sono però eventi, numeri, luoghi e vittime che affermano che il dolore sia dovuto sì ad una sofferenza fisica, ma per gran parte anche dal sentirsi sbagliati, soli e delusi.
Delusi dalla malvagità delle persone che abitano questo mondo.
Avvolti nella consapevolezza di non essere sbagliati, ma di essere considerati tali solo per avere caratteristiche diverse.
A volte mi soffermo sugli eventi accaduti in passato e mi rendo conto che sono sconvolgenti, ma più sconvolgente è l’indifferenza che gli è stata riservata.
Sconvolgente però è anche il fatto che, da alcuni, ciò venga considerato normale.
Olocausto. Ruanda. Genocidio armeno. Genocidio in ex Jugoslavia.
Questo è ciò a cui è stata riservata l’indifferenza più totale, queste sono le tragedie che hanno causato milioni di vittime e danni irreparabili.
Queste sono le tragedie per le quali milioni di famiglie non potranno più sedersi a tavola e godersi una cena in tranquillità.
Disgrazie per le quali centinaia di padri non potranno più provare la gioia di insegnare ai loro figli ad andare in bicicletta.
Catastrofe per cui centinaia di madri non potranno più osservare i volti sorridenti dei loro figli.
Ma soprattutto tragedie per le quali milioni di bambini non potranno più giocare con i loro giocattoli preferiti e non potranno più aggrapparsi alla gonna della madre nei momenti di paura.
E la domanda che mi pongo davanti a tutto ciò è: come si fa a trovare la strada corretta per uscire da questo straziante labirinto di dolore e cattiveria?
La risposta può essere solamente una: ricordando.
Ricordare è l’unico metodo per far sì che milioni di padri, madri e bambini non cadano nell’oscurità dell’oblio.
Ricordare fa in modo di non scordare la violenza, fa in modo che non venga perdonata nemmeno la sua più piccola forma e soprattutto fa in modo che non venga accetta.
Ricordare è l’unico modo per il quale è possibile che l’odio venga spazzato via dall’amore.
Ricordare è l’unica strada corretta per uscire dall’oscuro e malvagio labirinto.
La prof.ssa Tassan ha svolto alcune attività di biotecnologie con le classi quinte, nel laboratorio di chimica.
In questi primi video e immagini, osserviamo la procedura per ottenere e identificare batteri geneticamente modificati: le colonie bianche rappresentano i batteri modificati mentre quelle blu i batteri "normali".
In sequenza, l'analisi di campioni di DNA, per l'identificazione di persone, tramite elettroforesi su gel al termine della quale i frammenti di DNA diventano visibili alla luce ultravioletta.
A different present. History, philosophy, science
Il 29 ottobre si è svolto, in aula magna, il secondo appuntamento dedicato a "Frankenstein" e tenuto dal prof. Dario De Santis. Giulia Beligni e Wassila Hanioui della 5M ci raccontano il percorso di conoscenza del romanzo e delle sue tematiche intrapreso insieme al relatore, dal primo incontro del 1° ottobre all'ultimo
We recently participated in an extremely inspiring show/conference entitled "A different present. History, philosophy, science" hosted by Professor Dario De Santis.
His main goal was to show the students a different perspective on what history is about and the deep correlation between science and philosophy.
According to Prof. De Santis, history, science and philosophy are interconnected and if viewed in a more holistic way, they can heavily contribute to the progress of our world.
He introduced his presentation with examples of the general misconceptions that people usually have on these three disciplines. Then, he proceeded to describe the actual role of the historian, by showing us different projects that he personally worked on. He read private letters, analyzed archives and documents and interpreted decontextualized pictures. He also enjoyed the field of research, a way to connect our times with the past.
The role of the historian, and the role of history in general is far from being irrelevant: when the past is looked at with wisdom it can work as an example for the future. Even science should look at the past and take a leaf out of it by avoiding errors and reviving previous discoveries. For example, every living being basically knows how to use a keyboard, in fact we have been using the qwerty system for almost 144 years. The question is, is it efficient? Well, the answer is clearly no. But we are so used to it, that we can't possibly think of a new way of typing. The first layout that gained success was the Sholes & Glidden Type-Writer that is still very similar to the current one we use today, and it was first created to prevent typewriters from jamming when people hit commonly used letters in quick succession. Now we no longer have this problem, yet we need a faster way to type. But since science neglected the role of history in this specific matter we are still stuck with a basic keyboard layout.
Historian and philosopher of science William Whewell coined the term "scientist" to replace the term natural philosopher.
Philosophy plays a leading role in the world of science since it sets the ethical rules for the actions of scientists.
Science creates progress, but it can't ethically think for itself, that is why we need philosophy to interpret the world. Science asks the question "what can we do?". Philosophy, on the other hand, asks " can I do it?". Ethics is central to humanities' safe and healthy development.
During the second conference by Professor De Sanctis, he focused on the novel “Frankenstein, or the Modern Prometheus” written by Mary Shelley. At first, it seemed like this topic had nothing to do with the first conference we attended, but as soon as he introduced the plot of the book, it all became clear, and we finally understood the meaning and the interconnection between the two meetings.
Professor De Santis started by introducing Mary Shelley’s life, a life of adventures and dedicated to scientific research and development; she was extremely independent and interested in discovering the world.
Later on he explained three fundamental events that contributed to the production of the novel.
The novel was published anonymously for the first time in 1818 and the movie, premiered in 1910 doesn’t seem to be faithful to the original plot of the book.
There’s this ship, equipped for travelling through the Atlantic Ocean towards the North Pole, a very troubled ocean. When the crew got close to the land, they were able to see a man who was trying to move a block of ice. They had the chance to know a little bit about this man welcoming him on the ship. He was Victor Frankenstein and he was a university student interested in Alchemy. Victor did something that had never been done before, he was able to give life to a monstrous creature by assembling body parts of corpses endowed with human feelings. As soon as he started to move, Victor knew there was something wrong and started to feel discomforted. He escaped and left the creature alone to move and run as far as he could. The creature decided to threaten Victor: none of his family members would get hurt if he created a Female version to keep him company. That didn’t happen so the monster decided to sacrifice Victor’s family.
It’s easy to understand the importance of scientific research and discoveries, but discovering something that has never been done before doesn’t mean that it is necessary to use or good for our society. For this reason, we can only rely on ethics and what it means to us. For example, Robert Oppenheimer invented the atomic bomb, and it might be interesting to know about what could possibly be the consequences of its use but it doesn’t mean that we should use it in case of a war. Today, only by owning one atomic bomb, a state, can prove its power upon others. Victor made a very interesting discovery but he had to understand if it was something that could be dangerous to society, and more importantly if this discovery could’ve led to a new wrong conception of death. Death is a natural thing, it is a fundamental part of life. Without death our life would be missing its purpose, it doesn’t have to be seen as something scary but as if the final gap of a circle has been fulfilled. We, as a society, need to understand how to make the most out of our life, that could be seen as a short or a long period of time. What matters is what we make out of it.
The show was highly entertaining, Prof. De Santis was able to cover all the relevant topics with details and a clear explanation, without following a specific order while keeping us captivated throughout the whole presentation. You could really perceive how passionate he’s about his job and how dedicated he was to convey what he studied to the audience. We appreciated his emphasis and made us enjoy our time there.
Al termine del passato anno scolastico la 1F, ora 2F, ha realizzato un video per il progetto multidisciplinare di Educazione Civica, dedicato al valore della diversità come opportunità. Non perdiamo l'occasione di ascoltare le loro voci: cliccate sul video!
Quando leggere non è solo per la scuola ma anche per conoscere, sapere, amare. Dalla penna di Beatrice Moraschetti di 3F, due romanzi a confronto: "Nel mare ci sono i coccodrilli" (F. Geda) e "Il treno dei bambini" (V. Ardone)
Quanto si è disposti a rischiare per conquistare la propria libertà? Può l’amore di una madre superare i confini dello spazio e del tempo? Queste sono solo alcune delle domande alle quali Fabio Geda e Viola Ardone tentano di dar voce attraverso i loro romanzi…
Enaiatollah e Amerigo sono due bambini come tanti: il primo ha dieci anni, il secondo ne ha sette. Il primo è nato negli ultimi anni del XX secolo in un piccolo villaggio dell’Afghanistan martoriato dalle bombe, il secondo nel pieno della Seconda guerra mondiale in un quartiere della periferia di Napoli. Ma che cos’hanno in comune questi due ragazzi, apparentemente così “distanti”? Sono due giovani che, seppur in due momenti e in due luoghi differenti, intraprendono un viaggio, un lungo viaggio di speranza e di dolore, ma soprattutto di coraggio. Coraggio perché, di fronte alla prospettiva di un futuro migliore, questi ragazzi riescono ad affrontare e superare tutte le sfide che la vita presenterà loro.
Enaiatollah e Amerigo sono i protagonisti di due grandi romanzi: Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda e Il treno dei bambini di Viola Ardone Due storie di sacrifici, di lacrime, ma anche di sogni, di riscatto, di sorrisi, di risate… Insomma, questi due romanzi sono un concentrato puro di emozioni.
Il primo racconta la storia di Enaiatollah Akbari, giovane afgano che si ritrova a dover affrontare da solo un lungo viaggio, che lo condurrà dal Pakistan fino all’Italia, passando per Iran, Turchia e Grecia. A raccontarci la sua storia è proprio lo stesso Enaiatollah, attraverso una serie di interviste rilasciate all’autore.
Il treno dei bambini narra invece la storia di Amerigo Speranza, un bambino napoletano che, nel Secondo dopoguerra, s’"imbarca" in un viaggio verso l’ignoto. L’"ignoto" si rivelerà poi essere un’amorevole famiglia che, grazie ad un’iniziativa (cosiddetta dei "treni della felicità") del Partito Comunista Italiano e dell’Unione Donne, offre ai ragazzi che come lui vivono una difficile condizione postbellica, il calore di una famiglia che si prenderà cura di loro fino alla fine dell’inverno.
Personaggi fondamentali all’interno dei due romanzi (tanto da poter essere definiti "coprotagoniste") sono le mamme di Enaialollah e Amerigo. Fin da subito è evidente come siano donne forti, che farebbero qualunque cosa per i propri figli. Madri che, proprio nel momento peggiore, sono capaci del più grande gesto d’amore: lasciar andare. Le due mamme sono importanti a tal punto che entrambi i romanzi si aprono e chiudono con la loro figura. Nel mare ci sono i coccodrilli si apre con una separazione: la mamma di Enaiatollah, dopo averlo accompagnato in Pakistan e avergli fatto una serie di raccomandazioni, lo lascia in un posto sicuro e torna indietro. Lo fa per amore, perché per suo figlio il loro piccolo villaggio in Afghanistan è diventato ormai troppo pericoloso. E così, pur soffrendo, ella decide di salvargli la vita, anche se questo avrebbe significato non aver più sue notizie per molto tempo o forse mai più.
"Come si fa a cambiare vita così, Enaiat?"
"Lo si fa e basta, Fabio".
"Una volta ho letto che la scelta di emigrare nasce dal bisogno di respirare. È così. E la speranza di una vita migliore è più forte di qualunque sentimento".
Anche Il treno dei bambini si apre con una separazione: tra i vicoli di un quartiere di Napoli il piccolo Amerigo cammina per mano a sua madre Antonietta. Certo non ha idea che sua madre, come del resto tante altre quel giorno, si sta preparando a salutarlo… Sì perché il posto nel quale lo sta portando è la stazione, dove dovrà prendere, insieme a numerosi suoi coetanei, un treno che li porterà lontano, molto lontano…
Se i due romanzi cominciano con una separazione, non possono che concludersi con una ricongiunzione. Ricongiunzione che avviene fra Enaiatollah e sua mamma, che, dopo otto lunghissimi anni di separazione, riprendono contatto attraverso una telefonata. Nel frattempo, Enaiatollah ha avuto tempo per riflettere e comprendere ciò che prima era troppo piccolo per capire, e così riesce a perdonarla: "Mia madre ha deciso che sapermi lontano da lei, ma in viaggio verso un futuro differente, era meglio che sapermi in pericolo vicino a lei, ma nel fango della paura di sempre".
Ricongiunzione è anche quella che avviene fra Amerigo sua mamma. Non una ricongiunzione "fisica" ma "spirituale". Amerigo, ormai cinquantenne, deve fare ritorno a Napoli per il funerale della madre. Qui, in una lunga e struggente "lettera d’amore" per colei che l’ha messo al mondo, dialogando interiormente con la madre defunta, riesce finalmente a dirle tutto ciò che avevano taciuto in quegli anni di separazione.
Non amo particolarmente studiare Storia, ma è in questi casi che mi rendo conto più che mai della sua importanza. Troppo spesso, quando si parla di emigrazione, si tende a considerarla come un qualcosa di molto lontano da noi e questo è in gran parte dovuto al fatto che non diamo sufficiente importanza alla nostra storia. Se invece lo facessimo, potremmo renderci conto che, in realtà, uno dei primi popoli ad emigrare è stato proprio il nostro: prima con gli arrivi in America dal sud Italia e poi con i meno conosciuti “treni della felicità”.
Una volta chiuso il libro, ho riflettuto, molto. Ho pensato a quanto spesso noi giovani ci disperiamo per un nonnulla, quando nel mondo vi sono dei bambini e dei ragazzi della nostra età che si svegliano ogni giorno circondati da povertà, vanno a scuola (i più fortunati) con la paura costante che qualcuno, da un momento all’altro, possa farvi irruzione armato e forzarne la chiusura, si addormentano senza la certezza di risvegliarsi il giorno dopo perché una bomba potrebbe colpire la loro abitazione in qualunque momento e, per sfuggire a tutto ciò, sono costretti ad affrontare un viaggio come quello di Enaiatollah.
In definitiva, a chi sono consigliati questi due romanzi?.
A chiunque voglia conoscere due storie che non si possono trovare nei libri di scuola.
A chiunque voglia emozionarsi insieme ai protagonisti: dai momenti di più totale sconforto nei quali pensano sia tutto finito, a quelli in cui capiscono di avercela fatta.
A chiunque piacciano le storie di generosità, amore e amicizia.
E a chiunque non dispiaccia, ogni tanto, vedere il mondo attraverso lo sguardo ingenuo e scanzonato di un bambino.
Beatrice Moraschetti, 3F
Alessia Berra è stata una studentessa del Liceo Vico e qualche settimana fa ci è venuta a trovare con i suoi 800 grammi di medaglia (!). Irene Franzon della 1M ha scambiato due chiacchiere con lei: in questo testo ci racconta la storia della Campionessa. Clicca sulla freccia per leggere.
Alessia Berra, classe 1994, si allena da un anno alla Canottieri Milano. Nata a Monza, residente a Buccinasco, prima di tre sorelle, coltiva fin da piccola la passione per il nuoto.
A 14 anni inizia a frequentare il liceo delle Scienze Umane qui nel nostro istituto. Circa 10 anni dopo si laurea con lode in Scienze motorie, e inizia il percorso di sport inclusivo nelle scuole.
Alessia ha una malattia chiamata maculopatia congenita, che le riduce il campo visivo.
La sua società di appartenenza è la Polha Varese, dove si allenano anche Aryola Trimi e Federico Morlacchi, anche loro presenti a Tokyo 2020.
Fin da piccola Alessia è vissuta in acqua. A 9 anni ha intrapreso la carriera agonistica, poi, nel 2015 c’è stato il passaggio al mondo paralimpico. «È stata dura - ci racconta Alessia - ma grazie a questo mondo mi si sono aperte molte porte, la più importante è stata quella delle Paralimpiadi»
Il suo debutto paralimpico è avvenuto nei Mondiali di Glasgow 2015. Dopodiché ha partecipato alle Olimpiadi di Rio 2016, nella quale aveva stabilito tanti record nazionali, senza mai però raggiungere il podio.
Nel 2021, però, ha partecipato ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020, ottenendo un argento nei 100 metri farfalla, superata solamente da Carlotta Gilli.
Al suo ritorno dal Giappone, Alessia è stata accolta con grande gioia e gratitudine da amici, parenti e dalle autorità locali, tanto è vero che, in suo onore, nel comune di Buccinasco, è stato realizzato un murales (nella foto) come testimonianza della sua grande impresa.
Con questa medaglia, Alessia e i tutti gli atleti paralimpici ci dimostrano che, anche se con difficoltà oggettive, con sacrificio ed impegno si possono realizzare i propri sogni, trasformando le proprie difficoltà in punti di forza.
Questi grandi Campioni, quindi, ci insegnano che è possibile superare i limiti che ognuno di noi ha, e bisognerebbe quindi trattarli con orgoglio e non considerarli come persone disabili, ma come tutti gli altri esseri umani.
Per divulgare questo messaggio, Alessia si impegna ad andare nelle scuole, raccontando la sua storia a bambini e ragazzi, per sensibilizzare la diversità e insegnare che se uno vuole, anche gli obiettivi che sembrano impossibili possono diventare possibili.
Grazie Alessia per l’esempio che ci dai.
Irene Franzon, ottobre 2021, 1M