L' Eco del Vico

un nuovo spazio: una vetrina di tutte le attività che animano le aule del Vico

Gli eventi del mese  

Tante le attività che si sono già avviate in questo primo mese di scuola, iniziamo a raccontarvi qualcosa ....

RACCONTI DAI BANCHI DI SCUOLA

Il coraggio di essere se stessi 

“Il ragazzo dai pantaloni rosa” è la storia di un gesto di libertà spezzato dal bullismo e dall’omofobia. Lunedì 4 novembre la classe 3A è andata all'anteprima cinematografica: cliccando sulla freccia, potrete leggere il loro interessante contributo.

Lunedì 4 novembre, accompagnati dalla Prof.ssa De Felice, abbiamo avuto l'opportunità di assistere alla proiezione dell’anteprima de “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, un film finalizzato a sensibilizzare sulla tematica del bullismo e del cyberbullismo. 

Nella nostra società esiste ancora un pericoloso retaggio che trasforma la diversità in solitudine, il coraggio in vulnerabilità. Questa è la storia di un ragazzo, il ragazzo dai pantaloni rosa, che ha pagato un prezzo altissimo per il solo fatto di aver voluto essere sé stesso. 

Andrea aveva scelto dei pantaloni rosa per esprimere chi era, per uscire da quella linea anonima su cui, ogni giorno, sembrava camminare inosservato. Rosa, un colore che per lui rappresentava libertà, identità, e forse, anche un segnale di sfida alla monotonia grigia di una scuola in cui il giudizio scattava troppo spesso in maniera gratuita. Quel gesto di apparente normalità è bastato per trasformarlo in un bersaglio di insulti, sguardi sprezzanti e risatine soffocate che, giorno dopo giorno, si accumulavano come macigni; gli stessi che hanno finito per schiacciarlo dando spazio al silenzio che diventa assordante per chi rimane in vita e non riesce ad accettare la triste verità.

La storia del ragazzo dai pantaloni rosa non deve e non può lasciarci indifferenti perché Andrea rappresenta ognuno di noi in cerca della propria essenza e del proprio posto nel mondo. Questo film ci tocca profondamente perché parla di fragilità, di incomprensioni e di solitudine, temi universali che ci accomunano. Andrea, come molti di noi, cercava la sua strada, un modo per esprimere chi era davvero in un mondo che spesso giudica e stigmatizza chiunque tenti di uscire dagli schemi. 

Se solo Andrea avesse trovato il coraggio di aprirsi con sua madre e di confidarsi con lei forse avrebbe trovato conforto e sostegno nella gestione di una situazione che ha finito per schiacciarlo. La mancanza di dialogo è spesso un muro invisibile che divide; Andrea potrebbe aver avuto paura di non essere compreso, di deludere le aspettative o di non essere accettato fino in fondo. Emerge con preponderanza il peso del non detto e del non ascoltato. La storia di Andrea ci ricorda quanto sia importante coltivare relazioni di fiducia in cui ci si possa sentire accolti senza timore di giudizio. 

Occorre sensibilizzare scuola, famiglie e istituzioni, affinché episodi analoghi a quello di Andrea Spezzacatena non si trasformino in tragedie silenziose. Ogni individuo ha il diritto di essere riconosciuto per ciò che è, senza che la sua sofferenza, frutto della mancata accoglienza, venga relegata a “problema personale”.

Il film ci ha ricordato l’importanza di utili strumenti quali il dialogo, il confronto, la comprensione e l'accettazione nella lotta contro bullismo, cyberbullismo e discriminazioni di ogni genere.

La classe 3^A – Liceo scientifico Vico - Corsico

RACCONTI DAI BANCHI DI SCUOLA

Accolti e felici

A inizio ottobre le classi prime hanno partecipato alla consueta gita organizzata dal Vico per permettere ai ragazzi e alle ragazze di conoscersi tra loro trascorrendo del tempo insieme lontano dai banchi di scuola. Lorenzo Messina di 1D ci racconta questa giornata. Cliccate sulla freccia per leggerlo! 

Per le classi prime, la scuola ha organizzato una gita che ha permesso a noi ragazzi e ragazze di conoscerci in un contesto extrascolastico.

I bus incaricati di scortarci nella gita ci hanno raccolto davanti scuola attorno alle 8:00 di mattina. La nostra destinazione era Bellano, un paese sulle sponde della ramificazione orientale del lago di Como. Dopo un’ora e mezza di viaggio, hanno accolto la nostra vista le montagne velate dalle basse nuvole che cingevano il lago, con i loro boschi fitti e precipizi pittoreschi. Un paesaggio davvero pieno di meraviglia.

Una volta lì, ci siamo immediatamente recati alla stazione ferroviaria locale, attendendo un treno che ci avrebbe portato all’inizio del percorso stabilito. Attesa che però non è mai stata ripagata, poiché, dopo un’intera ora, siamo venuti a conoscenza del fatto che si era verificato un guasto sulla linea e che tale treno non sarebbe mai arrivato. Così, leggermente irritati ma per nulla sconfortati, ci siamo incamminati per il relativamente breve tratto che si separava dall’inizio del percorso stabilito. Il sentiero, che un tempo era stato battuto dai pellegrini medievali, si arrampicava sulla montagna, immerso nel bosco, sebbene desse anche spazio a vedute mozzafiato del lago e delle montagne. Finalmente, dopo molti minuti passati incespicare nel verde, siamo sbucati accanto a una strada asfaltata che ci ha condotto alla nostra destinazione finale: la chiesa di Santa Maria assunta, ormai chiusa alle funzioni religiose.

Come ricompensa per le nostre fatiche, abbiamo cominciato a consumare il pranzo al sacco, chiacchierando spensieratamente. Dopodiché siamo tornati sui nostri passi, per poi dirigerci all’Orrido di Bellano, un grande solco nel terreno, scavato dall’acqua nella roccia friabile sotto il paese. Il posto aveva del fantastico, come se fosse scaturito dalle pagine pregne d’inchiostro di libro d’avventura: passerelle di metallo arrugginito attraversavano il canalone, mentre l’umidità ci permeava la pelle e il fragore delle cascate ci riempiva le orecchie.

Sfortunatamente, abbiamo presto dovuto dirigerci ai bus, non prima di una pausa in una piazzetta adiacente la sponda del lago, e infine siamo tornati a casa, meravigliati della magnifica esperienza appena vissuta.

GIOVANI E IMPRESA 5A-4F-5H 24.mp4

PCTO a.s. 2024-2025

Giovani e Impresa, 30/09 - 4/10 

Riparte il Progetto Giovani e Impresa realizzato da Fondazione Sodalitas e organizzato da AISTP (Associazione italiana per lo Sviluppo e per il Trasferimento della Professionalità).  Le prime classi che hanno avuto il piacere di affrontare questo percorso  sono state le classi 5A, 5F e 5H; un vero momento di introduzione al mondo del lavoro, che li ha coinvolti in esercitazioni e attività di laboratorio, per collegare la formazione teorica e la dinamica dell’esperienza pratica. L'ultimo giorno, i nostri ragazzi e ragazze sono stati chiamati alla simulazione di un colloquio di lavoro e alla consegna degli attestati di partecipazione, un momento ogni anno molto emozionante per i ragazzi ma non solo per loro !  Vogliamo condividervi alcuni momenti della giornata che si conclude in aula magna con la consegna degli attestati e ai più meritevoli una menzione particolare. Complimenti a tutti!! 

Il progetto sarà ospitato nuovamente dal  25  al 29 novembre per 5E, 5G, 5M 

Progetti a.s. 2024-2025

Redesign your school 2024/25 

La scuola è iniziata e rieccoci con rulli e pennelli pronti a riqualificare  e rendere più accoglienti e adeguati i nostri spazi!  I primi ad iniziare sono i nostri ex studenti Alice e Simone - fondatori  della band scolastica - che hanno deciso di dedicare del tempo e delle energie  per ridipingere le pareti della spazio adibito a sala musica. Dopo una bella tinteggiatura si è passati agli interventi decorativi e all'allestimento del nuovo spazio musica del Vico. ...non vi sveliamo molto... ma vi anticipiamo che saranno molte  le novità del gruppo musica !!

Tante anche le novità e nuovi progetti dedicati agli spazi comuni e alle aule all'interno del progetto Redesign...    Per seguire  tutte le attività seguiteci al sito:

https://sites.google.com/liceovico.edu.it/redesign-your-school?usp=sharing

Anno scolastico 2023/24

educazione civica

No al divario di genere

La classe 4A ha affrontato questo delicatissimo tema nell'ambito dell'attività multidisciplinare di Educazione Civica. Un argomento sempre di grande attualità e che merita studi, approfondimenti e riflessioni. Come quelli che vi proponiamo qui sotto. Buona lettura!

Intelligenza: uno dei nomi della bellezza

Oltre all'apparenza delle donne c'è di più: è quello che ci dimostreranno Alessia Greco, Olga Marotta e Alida Scarpa di 4^A in questo articolo. Basta cliccare sulla freccia per leggerlo!

 Quanto spesso si sente dire che se una donna è bella, allora non può essere intelligente e viceversa? Questo stereotipo è infondato ed è quello che deve essere dimostrato con molti argomenti a favore della tesi. Uno dei maggiori esempi dell'esistenza ce lo offre l'interessante vita di una donna, Hedy Lamarr, nata nel 1914 in Austria. Ai suoi tempi era considerata “la donna più bella del mondo”. A tale affermazione lei rispondeva sempre: “Qualsiasi donna può apparire meravigliosa. Basta che stia ferma e sembri stupida”. Fu molto difficile per lei mettere in pratica le sue idee e fu per questo motivo che chiese aiuto all'importante George Antheil. Il loro macchinario di trasmissione dei segnali radio venne creato ed esposto al Consiglio Nazionale degli Inventori. Furono liquidati e a Hedy Lamarr fu chiesto di vendere i bond di guerra americani, se avesse voluto rendersi più utile. Così Lamarr si mise il rossetto e iniziò a fare spettacoli per i militari, mettendo all'asta i suoi baci e riuscendo a ricavare un grande numero di bond. Con il passare degli anni, tuttavia, l'invenzione di Antheil e Lamarr iniziò a diventare sempre più importante, anche se non le verrà riconosciuta. Quando nel 2000 ricevette un premio per aver brevettato lo Spread Spectrum, esclamò che era finalmente ora che qualcosa le venisse giustamente attribuita. Come si può notare dalla sua biografia, la giovane donna non venne particolarmente presa in considerazione nel momento in cui propose le sue teorie. Questo conferma che lei venisse vista solo come una bella immagine, utile ai fini degli uomini per cui lavorava. Il fatto che fosse una meravigliosa donna non comportava, tuttavia, che non potesse anche avere delle idee geniali. D’altro canto per molti, non era così: se una ragazza era bella, non poteva fare null’altro, tranne qualcosa che sfruttasse questa sua avvenenza. 

La discriminazione è fatta anche a causa di altri fattori, quali tipi di attività lavorative che non corrispondono ad una professione considerata “efficiente”. Quante volte avete sentito i vostri genitori o persone adulte criticare un’influencer, dicendo frasi come: “Se è così facile fare soldi, allora anch’io mi metto a truccarmi in un video”? Un esempio molto noto è Chiara Ferragni, imprenditrice digitale con oltre 30 milioni di followers, che è considerata da molti haters come una persona priva di forte capacità intellettive o di possibilità di affrontare argomenti seri poiché parla di moda e di estetica. In realtà lei è stata la prima donna a introdurre la figura di influencer in Italia ed è riuscita a crearne un vero e proprio lavoro. Nonostante sembri solamente una donna che fa vedere vestiti e trucchi nei video, è un’imprenditrice di un’azienda multimilionaria, ideata da lei stessa, ed è stata una delle donne più influenti d'Italia. Molte persone ormai, come lei, guadagnano attraverso i social, e queste vengono additate come superficiali e prive di attitudini. In realtà coloro che parlano di cosmesi o di vestiario, non lo fanno per mancanza di capacità di affrontare argomenti più seri, ma semplicemente perché sono abbastanza intelligenti da capire cosa interessa al pubblico. Dietro ad un’attività come l’influencer, se fatto a livelli alti, c’è molto lavoro e intelligenza. Inoltre le discriminazioni nei confronti delle donne sono molteplici, anche solo per il fatto che probabilmente non rispecchiano gli standard per essere considerate abbastanza attraenti. Ne sono un esempio tutte quelle ragazze che hanno gli occhiali. La società tende a collegare a questi una maggiore intelligenza. Di contro, all’immagine della persona con gli occhiali si collega il fatto che non ci sia una particolare bellezza, come se ci fosse una sorta di inversa proporzionalità. Lo dimostrano le migliaia di film in cui basta che una ragazza si tolga gli occhiali per diventare automaticamente più attraente: in “Kiss me: She’s all that” c’è la famosa scena in cui la protagonista, Laney, scende dalle scale senza occhiali e il ragazzo di fronte a lei magicamente la vede con occhi diversi. Non ce ne accorgiamo, ma questo tipo di pensieri sono un campanello d’allarme di una mentalità alla base per cui essere belli significa essere meno intelligenti; il tipo di pregiudizio che stiamo cercando di distruggere. Ne esisterebbero moltissimi. Noi vogliamo parlarvi delle donne bionde, quindi meno colte? Probabilmente nella vostra vita vi sarà capitato di sentire che qualcuno non associasse l’intelligenza ad una donna bionda. Se non vi è mai successo, siete nella minoranza! Attraverso un sondaggio all’interno del nostro liceo, l’ottanta per cento di coloro che lo hanno effettuato ha risposto di sì, hanno sentito almeno una volta la frase “sei meno intelligente perchè bionda”. In pochi credono che questo stereotipo valga anche 

nei confronti degli uomini. Spesso non ci si chiede da dove questi luoghi comuni derivino, infatti tramite lo stesso sondaggio sopra citato abbiamo scoperto che le persone non ne conoscono la provenienza. C'è chi crede che esistesse nell'antichità un gruppo di donne allargato considerate poco intelligenti, che casualmente erano bionde; chi che lo stereotipo nasca dal cinema, dalla pubblicità, o chi pensa che sia comune il concetto che nella vita in qualche modo esista una compensazione e che quindi una donna non possa essere sia intelligente che bella. In realtà lo stereotipo ha origini molto più antiche. In epoca classica gli uomini mediterranei paragonavano le donne con i capelli biondi a Dee dell’Olimpo per la rarità dei loro caratteri genetici. Fu così che la donna dai capelli biondi diventò il prototipo di donna attraente. Più recentemente la cinematografia ha alimentato questo stereotipo, negli anni cinquanta la maggior parte delle donne della televisione erano bionde, “frivole” e spesso disinteressate a tematiche impegnate. In effetti oggi non possiamo dire che non esista più questo pensiero, basti guardare i risultati del nostro sondaggio, non sono poche le ragazze che si sono sentite chiamare utilizzando questo aggettivo offensivo. Anche se, abbiamo verificato, la maggior parte dei ragazzi che hanno risposto alle nostre domande credono che chiunque faccia questi commenti non ci creda realmente, che siano solo battute innocue. Eppure qualsiasi sia l’intento, nessuna donna vorrebbe sentirsi dire di essere stupida solo per una sua caratteristica fisica. 

Uguaglianza di genere e sport: un traguardo ancora lontano

Nel 2024, tra l'atleta maschio e quello femmina maggiormente pagati, ci sono 111 milioni di euro di distanza. Cliccate sulla freccia per approfondire grazie a Federico Antonacci, Federico Chiaverini, Matteo Chiaverini, Leonardo Madaffari.

Le battaglie per raggiungere una parità di genere nell’ambito sportivo vanno avanti da molto tempo,  con il passare degli anni si fanno sempre più insistenti e iniziano ad ottenere grandi risultati. La  domanda che, però, sorge spontanea è: nel 2024 ci siamo finalmente arrivati? La risposta è no. Infatti, nonostante i notevoli progressi, il traguardo sembra molto lontano. Uno dei  problemi più evidenti risulta essere la parità di retribuzione. Se si prendono in considerazione le  classifiche di atleti e atlete più pagati nel 2023, si può notare come l’atleta maschio più pagato, il  calciatore Cristiano Ronaldo, abbia percepito 136 milioni di euro (46 dal campo e i restanti 90 da  attività extra campo), mentre Iga Świątek, la tennista che comanda la classifica femminile, solo 25  milioni. Dall’analisi completa di questa classifica si può anche evincere che gli sport meglio retribuiti  siano il calcio per gli uomini e il tennis per le donne. Quest’ultimo è senza dubbio lo sport più avanti a proposito di ciò, infatti dopo lunghe proteste, mosse soprattutto dalle giocatrici stesse, si è giunti ad  un uguale premio per i 4 tornei Slam, che sono più importanti al mondo. Tuttavia, per quanto riguarda  le altre dispute, troviamo ancora un grande divario. Ad esempio la vincita degli Internazionali di  Roma maschili ha fruttato 836 mila euro, mentre solo 322 mila euro alla vincitrice femminile. Questa  è anche una conseguenza della diversa attenzione mediatica che il tennis maschile e femminile  generano. Spesso le gare maschili vengono giocate e trasmesse di sera, dove c’è maggior pubblico  sia dal vivo sia in televisione, generando più ricavi e attirando molti più sponsor che ricoprono una  parte fondamentale nei guadagni di un atleta. 

Discorso diverso, invece, si deve fare per il calcio, dove l’obiettivo sembra irraggiungibile. Basti  pensare alla decisione che puntava a colmare il divario retributivo: la FIFA ha aumentato del 300% i  bonus destinati alle Federazioni partecipanti alla Coppa del Mondo 2023, portandoli ad un totale di  135 milioni di euro. Questo sembrerebbe un grande passo avanti, se non si confrontasse il dato con  quello relativo alla Coppa del Mondo maschile 2022, per la quale la FIFA ha stanziato circa 400  milioni di euro. A far eco a queste cifre ci sono le dichiarazioni dell’ex calciatrice della nazionale  francese Melissa Plaza che dice: “Per tutte le squadre che giocano in prima divisione, parliamo di uno  stipendio mensile compreso tra i 1300 e 1600 euro lordi. Quando si è al di sotto dei 1300 euro lordi  al mese, significa che non si è professionisti e che si deve necessariamente avere un altro lavoro”. In  Italia la massima serie è passata al professionismo soltanto nel luglio del 2022, tuttavia questo non  ha sicuramente ricucito il divario economico. Infatti lo stipendio medio di una calciatrice della serie  A femminile è di 1250 euro al mese, una cifra 800 volte inferiore rispetto ad un collega maschio. La  situazione non è tragica soltanto in Italia, la calciatrice più pagata del 2023 ha percepito 500 mila  euro, la metà di uno stipendio medio maschile. Il problema economico, però, non è sicuramente  l’unico ostacolo da affrontare. Anche il differente trattamento che riservano i club e le Federazioni  nazionali è un tema di discussione, come testimoniano i dati raccolti dalla Fifpro, la federazione  internazionale dei calciatori professionisti, spesso le ragazze sono costrette ad utilizzare l’equipaggiamento maschile per allenarsi, d’altro canto ci sono anche lamentele riguardanti gli alloggi  durante le trasferte, le infrastrutture e i campi di allenamento. 

Tornando ad una visione riguardante lo sport in generale, salta all’occhio un altro, spesso non  percepito, problema: i media. 

I media giocano un ruolo importante nell’aumentare queste disuguaglianze dando spesso una  copertura insufficiente agli eventi sportivi femminili rispetto a quelli maschili, anche se i risultati che  si ottengono trasmettendoli sono più che positivi. Inoltre una maggiore visibilità potrebbe anche  indurre le future generazioni a praticare sport che non sono considerati tradizionalmente femminili.  Tutto questo conduce inevitabilmente ad una disinformazione generale; ad esempio, se si chiede alle  persone chi abbia segnato il maggior numero di gol ai mondiali di calcio, la risposta sarà sicuramente una tra Cristiano Ronaldo, Lionel Messi o altri calciatori maschi, salvo poi scoprire che è la calciatrice  brasiliana Marta Viera da Silva. 

In generale lo sport viene ancora concepito come un’attività da uomini poiché richiede capacità  attribuite solo o soprattutto a loro come competitività, resistenza e forza fisica. Però, arrivati nel 2024,  è tempo di superare questi pregiudizi e riconoscere i giusti meriti indistintamente che siano di uomini  o di donne. 

Se volete un’analisi più approfondita, vi invitiamo a consultare il link, dove sono stati raccolti i dati: https://sites.google.com/d/1Dd2oVCGVuq7vGbywsbqB_b_64Z82-jmz/p/1GAXFPGMSFn3AZGgp8sxyvjg9NiKheskV/edit


La discriminazione è fatta anche a causa di altri fattori, quali tipi di attività lavorative che non corrispondono ad una professione considerata “efficiente”. Quante volte avete sentito i vostri genitori o persone adulte criticare un’influencer, dicendo frasi come: “Se è così facile fare soldi, allora anch’io mi metto a truccarmi in un video”? Un esempio molto noto è Chiara Ferragni, imprenditrice digitale con oltre 30 milioni di followers, che è considerata da molti haters come una persona priva di forte capacità intellettive o di possibilità di affrontare argomenti seri poiché parla di moda e di estetica. In realtà lei è stata la prima donna a introdurre la figura di influencer in Italia ed è riuscita a crearne un vero e proprio lavoro. Nonostante sembri solamente una donna che fa vedere vestiti e trucchi nei video, è un’imprenditrice di un’azienda multimilionaria, ideata da lei stessa, ed è stata una delle donne più influenti d'Italia. Molte persone ormai, come lei, guadagnano attraverso i social, e queste vengono additate come superficiali e prive di attitudini. In realtà coloro che parlano di cosmesi o di vestiario, non lo fanno per mancanza di capacità di affrontare argomenti più seri, ma semplicemente perché sono abbastanza intelligenti da capire cosa interessa al pubblico. Dietro ad un’attività come l’influencer, se fatto a livelli alti, c’è molto lavoro e intelligenza. Inoltre le discriminazioni nei confronti delle donne sono molteplici, anche solo per il fatto che probabilmente non rispecchiano gli standard per essere considerate abbastanza attraenti. Ne sono un esempio tutte quelle ragazze che hanno gli occhiali. La società tende a collegare a questi una maggiore intelligenza. Di contro, all’immagine della persona con gli occhiali si collega il fatto che non ci sia una particolare bellezza, come se ci fosse una sorta di inversa proporzionalità. Lo dimostrano le migliaia di film in cui basta che una ragazza si tolga gli occhiali per diventare automaticamente più attraente: in “Kiss me: She’s all that” c’è la famosa scena in cui la protagonista, Laney, scende dalle scale senza occhiali e il ragazzo di fronte a lei magicamente la vede con occhi diversi. Non ce ne accorgiamo, ma questo tipo di pensieri sono un campanello d’allarme di una mentalità alla base per cui essere belli significa essere meno intelligenti; il tipo di pregiudizio che stiamo cercando di distruggere. Ne esisterebbero moltissimi. Noi vogliamo parlarvi delle donne bionde, quindi meno colte? Probabilmente nella vostra vita vi sarà capitato di sentire che qualcuno non associasse l’intelligenza ad una donna bionda. Se non vi è mai successo, siete nella minoranza! Attraverso un sondaggio all’interno del nostro liceo, l’ottanta per cento di coloro che lo hanno effettuato ha risposto di sì, hanno sentito almeno una volta la frase “sei meno intelligente perchè bionda”. In pochi credono che questo stereotipo valga anche 

nei confronti degli uomini. Spesso non ci si chiede da dove questi luoghi comuni derivino, infatti tramite lo stesso sondaggio sopra citato abbiamo scoperto che le persone non ne conoscono la provenienza. C'è chi crede che esistesse nell'antichità un gruppo di donne allargato considerate poco intelligenti, che casualmente erano bionde; chi che lo stereotipo nasca dal cinema, dalla pubblicità, o chi pensa che sia comune il concetto che nella vita in qualche modo esista una compensazione e che quindi una donna non possa essere sia intelligente che bella. In realtà lo stereotipo ha origini molto più antiche. In epoca classica gli uomini mediterranei paragonavano le donne con i capelli biondi a Dee dell’Olimpo per la rarità dei loro caratteri genetici. Fu così che la donna dai capelli biondi diventò il prototipo di donna attraente. Più recentemente la cinematografia ha alimentato questo stereotipo, negli anni cinquanta la maggior parte delle donne della televisione erano bionde, “frivole” e spesso disinteressate a tematiche impegnate. In effetti oggi non possiamo dire che non esista più questo pensiero, basti guardare i risultati del nostro sondaggio, non sono poche le ragazze che si sono sentite chiamare utilizzando questo aggettivo offensivo. Anche se, abbiamo verificato, la maggior parte dei ragazzi che hanno risposto alle nostre domande credono che chiunque faccia questi commenti non ci creda realmente, che siano solo battute innocue. Eppure qualsiasi sia l’intento, nessuna donna vorrebbe sentirsi dire di essere stupida solo per una sua caratteristica fisica. 

Donne e STEM: sono adatte le une per le altre? 

Ѐ vero che le donne sono ancora poco presenti nei campi scientifici, quindi considerate non adatte ad appartenere ad essi? Filippo Noè, Giacomo Ronciglia e Cristina Toso della 4^A hanno voluto scoprire cosa c'è di vero nei dati diffusi e nello stereotipo ad essi collegato. Trovate l'articolo qui sotto.

Durante l’anno scolastico 2023/2024, per il progetto di Educazione civica di un gruppo di studenti  della 4^A, è stato inviato un modulo Google alla popolazione scolastica delle quarte e quinte del  Liceo Statale Gian Battista Vico con lo scopo di capire quante persone, in particolar modo quante  donne, finita la scuola superiore di secondo grado, avrebbero continuato all’università scegliendo una  disciplina STEM. La necessità è nata in seguito alla visione di un seminario intitolato  “Donne nella scienza” dal quale è stata compresa la ridottissima presenza delle donne nel corso dei  secoli all’interno dei campi di lavoro scientifici. 

Per chi non lo sapesse, le materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono  discipline di stampo prettamente scientifico, un percorso di studi che il credo comune considera quasi  solo ed esclusivamente per gli uomini. 

Attraverso questo sondaggio si voleva dimostrare che, al contrario, le ragazze delle nuove generazioni  si stanno lentamente avvicinando di più a materie del tipo precedentemente descritto. Infatti per ogni  donna laureata in materie STEM ci sono due uomini laureati nello stesso ambito. In seguito alla  ricerca svolta, si è notato come, invece, le studentesse appartenenti al Liceo Vico intenzionate a  conseguire un percorso di laurea STEM siano il 35% di coloro che hanno votato al sondaggio,  percentuale superiore a quella delle laureate STEM in Italia. Ciò va a dimostrare che pian piano le  giovani si stanno distaccando dallo stereotipo ingiusto di donna non adatta alle scienze, avvicinandosi  invece ad esse e seguendo le proprie attitudini e passioni personali. In realtà negli anni passati,  soprattutto ai tempi dei nostri nonni, le figlie non potevano decidere cosa fare, ma erano obbligate a  seguire ciò che i genitori sceglievano per loro, non avendo voce in capitolo sul proprio futuro e in parecchi casi questo equivaleva a doversi occupare della casa per il resto della propria vita, senza  avere la possibilità di andare all’università. Col passare del tempo, poi, si sono avvicinate prima ai  settori umanistici, che sono stati quindi ritenuti quelli per eccellenza femminile ed infine a quelli  STEM, nei quali non sono state inizialmente accolte. Al giorno d’oggi la maggior parte delle ragazze,  ormai, non si fa più influenzare da familiari, partner o altre persone esterne per decidere il loro futuro,  ma tendono a ragionare con la propria testa scegliendo il percorso di studi più adatto a loro. A  dimostrazione di quanto detto, la maggior parte delle risposte alla domanda: “C'è stato qualcuno o  qualcosa che ha influenzato la tua decisione nella scelta dell’università?” sono state dei no. 

L’ultimo punto trattato nel seminario riguardava l’abbandono da parte delle donne del proprio  percorso di studi o della propria carriera lavorativa, preferendo ad essi lo sviluppo del nucleo  familiare. In Italia non è facile avere una famiglia, ancora meno contemporaneamente averla e fare  carriera e ciò porta molte donne a rinunciare alle proprie ambizioni per concentrarsi sulla propria  famiglia. Questa è una corrente che potrebbe cambiare in futuro, se i dati raccolti dagli studenti  dovessero rispecchiare il pensiero dei giovani italiani, in effetti dal sondaggio emerge come quasi la  totalità delle ragazze voglia realizzarsi lavorativamente, ripagando gli sforzi di una vita. 

Chiudendo il discorso, con un piccolo riassunto di quanto detto: il rapporto tra donne e scienza va  avanti da tempo, si pensi a Marie Curie, vincitrice di due premi Nobel (uno per la fisica e uno per la  chimica) agli inizi del novecento, che è migliorato col passare degli anni, anche se molto lentamente,  fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui la situazione, sebbene sia migliorata, è ancora distante dalla  parità tra uomini e donne in ambito STEM. 

Di conseguenza ci si augura che la nostra generazione e quelle che verranno possano portare al  cambiamento per cui molte donne hanno combattuto. 

Carriera o famiglia? 

Entrambe

La decisione di creare una famiglia non implica la rinuncia alla carriera lavorativa: è l'esito dell'approfondimento svolto da Silvia Alfano, Hiba Fikri, Flaminia Guanzati e Ola Yahia della 4^A nell'ambito del progetto di Educazione Civica. 

 Ancora oggi molte donne si trovano costrette a scegliere tra il lavoro dei sogni e la sensazione meravigliosa di diventare madri. Effettivamente il sacrificio richiesto a loro è superiore a quello di un uomo.

Ma veramente non c’è modo di conciliare le due ambizioni?

A questo proposito, abbiamo radunato cinque lavoratrici con bambini, alle quali abbiamo fatto un’intervista riguardo a tale questione: se è possibile dedicarsi alla famiglia e al lavoro in contemporanea e se sì, come.

Tutte si sono trovate d’accordo nel considerare i nonni come mezzo per gestire i figli in loro assenza; e in caso non ci fossero, hanno aggiunto che la maggior parte degli asili e delle scuole primarie dispone del doposcuola. Poi ovviamente anche il padre non è esonerato dal fare la sua parte, sacrificandosi, quando è necessario, e dividendo in maniera equa con la madre la gestione dei bambini. Quindi conviene prediligere un partner che, prima di essere un perfetto compagno di vita, deve avere le qualità di un genitore eccellente.

Melissa, 35 anni, aveva aperto un asilo nido, quando viveva ancora con i suoi e piano piano si è fatta una famiglia con due bambini, uno di 6 e l’altro di 12 anni; il suo segreto è stato fare tutto con calma, senza fretta, infatti non si è mai pentita della sua decisione. Ma se da un lato c’è chi prenderebbe la stessa decisione, dall’altro Donatella, 50 anni, madre di una ragazza di 20 anni e avvocato di Diritto penale e civile, avrebbe preferito intraprendere la carriera da magistrato che, essendo sotto la dipendenza del Ministero della Giustizia, garantisce al meglio l'indennità di maternità e toglie dalle spalle molte responsabilità che, invece, un lavoratore autonomo deve affrontare, con conseguente perdita di tempo, che può essere benissimo speso con i figli. Di fatto, all’apparenza un libero professionista può avere orari flessibili di lavoro, tuttavia ha anche molti altri impegni che solitamente spettano al capo. Una soluzione proposta da Martina, 34 anni, proprietaria di un’erboristeria, con due bambini di 2 e 4 anni, è disporre di un dipendente che possa essere di aiuto nella gestione delle varie mansioni.

Pertanto bisogna valutare attentamente la strada che si vuole percorrere, che non vuol dire abbandonare i propri sogni, bensì trovare un giusto compromesso. Anzi è importantissimo fare ciò che si vuole poiché solo così si riesce ad andare avanti, nonostante le difficoltà, come ha dichiarato Melissa.

Inoltre non bisogna escludere il lavoro da casa, lo smart working, quando i figli sono ancora piccoli e soprattutto nel momento in cui si è in maternità. Ad esempio Alda, 46 anni, con due figli di 9 e 4 anni lavora nell’ambito di recupero crediti da oltre vent'anni; si è sempre affidata all'aiuto dei nonni e al post orario a scuola, però, da quando è stato introdotto lo smart working, afferma che riesce a passare più tempo con i figli.

D’altra parte ci sono donne che, avendo grandi obiettivi lavorativi, hanno messo in secondo piano la famiglia. Elena, ingegnere civile idraulico di 46 anni, ha due figli di 10 e 7 anni. Dopo la laurea ha iniziato a collaborare con una società di ingegneria che si occupa di progettazione di infrastrutture. Lei è responsabile di progettazione, Direzione Lavori e Coordinamento della sicurezza sia in fase di progettazione sia di esecuzione. Elena sostiene che, per assumere una posizione rilevante nel suo lavoro, ha dovuto sacrificare molto siccome, soprattutto quando aveva iniziato, era una professione prevalentemente maschile e bisognava dimostrare ogni volta le proprie capacità. Dichiara che non ha mai voluto rinunciare al proprio lavoro per la famiglia perché è stato difficile raggiungere l'obiettivo. Infatti, tornando tardi a casa, non è presente nella vita quotidiana dei suoi figli; per esempio, per portarli e andarli a prendere a scuola, si affida molto ai nonni, tuttavia nel weekend cerca di rimediare passando tutto il tempo con loro.

Infine, secondo tutte le donne intervistate da noi, se si vuole conciliare lavoro e famiglia, bisogna fare dei sacrifici, soprattutto all’inizio della carriera, avere degli aiuti, trovare un mestiere che rispetta le leggi per la maternità o che permetta di lavorare in Smart Working. Però, la decisione di creare una famiglia, non implica la rinuncia della carriera lavorativa, come era comune in passato; dunque alla domanda posta all’inizio si può tranquillamente rispondere: sì, c’è un modo. Se volete un’analisi più approfondita, vi invitiamo a consultare il link, dove ci sono delle slide di riferimento:

https://prezi.com/view/1I8RjlLlzZLUT86mhTeX/ 

Gender gap: 

esiste davvero?

“Dobbiamo essere tutti uguali!” Questo si urla per strada, spesso senza comprenderne il significato. Mohamed Elhagaly, Luca Manzoli, Emma Rovario e Pierpaolo Zoppellaro (4^A) hanno sondato vari campi in cerca di differenze più o meno evidenti fra i sessi.

Siamo nel 2024 e c’è ancora il gender gap; “Abbasso le differenze! Dobbiamo essere tutti uguali!” Questo si urla per strada, spesso senza comprenderne il significato.

Abbiamo così sondato vari campi in cerca di differenze più o meno evidenti fra i sessi.

Partiamo dall’inizio, dalla nostra natura e dunque dagli aspetti biologici. Dopo aver accuratamente consultato diversi documenti di carattere scientifico, come ad esempio dell’Università degli Studi di Parma e dell’Università degli studi di Padova, siamo in grado di affermare che sono presenti numerose differenze biologiche tra l’uomo e la donna, le quali vanno a definire altrettante caratteristiche peculiari in età adulta.

Partendo dalle differenze dei cromosomi (XY, XX), è bene sapere che queste determinano lo sviluppo del sesso.

Le evidenti diversità degli organi riproduttivi vanno, di conseguenza, a determinare caratteristiche sessuali specifiche e differenze ormonali che comportano differenti strutture muscolari e scheletriche tra uomo e donna. 

Tutto ciò influenza anche il campo della medicina, infatti ad esempio nel momento della somministrazione di farmaci l’uomo e la donna hanno diversi dosaggi. Unendo il concetto di biologia e psicologia, possiamo vedere come le differenze biologiche tra i sessi possano essere esacerbate dagli stereotipi di genere, che non solo limitano l’espressione individuale, ma possono anche influenzare negativamente la salute mentale e l’autostima. Il concetto di stereotipo si riferisce a quel sistema di credenze e aspettative che sono espressione del gruppo sociale di appartenenza: queste informazioni contribuiscono a dare forma a una “opinione precostituita su una classe di individui, di gruppi o di oggetti che riproducono forme schematiche di percezione e di giudizio” , in contrasto con la rappresentazione esterna reale; in questo senso, lo stereotipo può essere considerato quel determinato insieme coerente e rigido di credenze, che contraddistingue il gruppo che lo condivide, rispetto a un altro gruppo o categorie di persone.

Lo stereotipo di genere può avere un impatto significativo sulla psicologia individuale e sociale. Può influenzare le aspettative, le percezioni di sé e degli altri, e persino le opportunità disponibili. Le persone possono sentirsi limitate o giudicate in base ai ruoli di genere stereotipati, portando a tensioni emotive, ansia e autostima ridotta. 

Per analizzare come lo stato reagisce a queste prime differenze emergenti, bisogna osservare le leggi che lo governano. Traguardi fondamentali sono stati quello di concedere il diritto di voto alle donne nel 1945 e l’articolo 51 della Costituzione grazie al quale sia uomo sia donna possono essere eletti; inoltre nel 1963 venne promulgata la legge numero 66 che permette alle donne di accedere a qualsiasi carica o impiego pubblico.

Nel 2010 fu introdotto il Decreto legge 5 che sancisce la condanna di ogni tipo di comportamento discriminatorio nei confronti delle donne.

Nel 2011, invece, è stata approvata la legge numero 120 che modificò il Decreto legislativo del 1998, testo molto paritario nei rapporti fra le parti e dunque anche fra i generi; l’articolo 92 lo specifica. In quella legge si vuole che in varie occasioni ci debba essere almeno un terzo della rappresentanza del genere in minoranza. Queste sono le norme più rilevanti che sono state imposte negli ultimi anni e che hanno favorito il miglioramento della comunità.

Abbiamo analizzato la questione anche a livello pratico perché ovviamente è importante andare oltre la teoria e guardare come realmente sono le cose. Quali sono le scelte delle persone? La decisione più importante è probabilmente quella del percorso di studi e successivamente del lavoro poiché caratterizza la vita. In prevalenza il sesso femminile predilige il liceo, specialmente il classico. Anche all’università le immatricolazioni sono per la maggior parte femminili, e quindi anche le laureate superano i laureati. La carriera è influenzata da questi dati, infatti un capo promuoverà il nuovo arrivato solo per il fatto che ha la laurea o colui che lavora da anni e conosce bene come funziona la sua azienda?

 Sul fronte del lavoro le donne superano gli uomini nel settore terziario, mentre nel primario e nel secondario sono in inferiorità numerica. 

Ultimo dato interessante è che il numero di suicidi maschili è quattro volte superiore a quello femminile.  

Traiamo delle conclusioni. Sì, ci sono decise differenze biologiche, le quali però sono per lo più ininfluenti nella società odierna. Cosa pensiamo, cosa crediamo e la cultura che abbiamo per comprendere e riflettere influenzano nettamente la vita delle persone. Dunque il problema sta nel modo in cui l’individuo guarda il mondo. Per colpa di persone cieche, la questione del gender gap è stata dunque estremizzata e spesso colpevolizzata, mentre i dati statistici dimostrano ancora una volta che dipende tutto dall’individuo. Se volete un'analisi più approfondita e con una parte ulteriore, che pone fine alla questione, invitiamo a visualizzare il nostro filmato al link: https://youtu.be/HXtwYOQE2Ro. 

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lezioni in scena

Esseri Umani

Si è svolto ieri nell’aula magna lo spettacolo teatrale organizzato e messo in scena dalla classe 5H dal titolo “Essere Umani”. L'argomento di riflessione, relativo alle tematiche delle migrazioni,  ha messo a confronto alcuni tragici fatti avvenuti nei primi decenni del '900 in America e i drammi contemporanei.

Alla presentazione, oltre ad alcune classi del Liceo Vico con i loro docenti, erano presenti alcuni rappresentanti del Sai - Il Sestante (progetto  del comune di Cesano Boscone,  gestito da Farsi Prossimo cooperativa e fondazione Sacra Famiglia onlus) che da molti anni è impegnata nell‘accoglienza e nell’integrazione di stranieri richiedenti asilo. Con il SAI la classe ha avviato nei mesi precedenti un percorso di confronto e collaborazione, attraverso vari incontri che hanno stimolato la conoscenza delle problematiche sul piano reale e concreto. 

Ringraziamo per la loro presenza e per i loro interventi: Massimo Pili (coordinatore del centro), Sonia Arelli Maffioli (assistente sociale), Aziz Hellal e Nensi Iacaruso (operatori SAI),  la prof.ssa Roberta Mastrapasqua (responsabile dei percorsi d’istruzione), Hani Mootez e i ragazzi del centro che hanno partecipato.   

L’attività, prodotta all’interno dei progetti:  “Lezioni in scena” ed  Educazione Civica,  finalizzati alla sperimentazione di metodologie diverse, con lavori di rappresentazione scenica, produzione di video, balletti, monologhi, è stata  interamente realizzate dalle studentesse, le quali hanno interpretato in chiave personale l’attualità dei diritti umani, rivelando grande sensibilità e talenti inaspettati.

La documentazione fotografica e  la ripresa video saranno presto disponibili; nell'attesa, condividiamo i graditissimi interventi conclusivi dei nostri ospiti e vi citiamo le parole della Dirigente Silvia Bassi: 

“Io mi sono profondamente commossa, ho pianto…  mi è piaciuto in modo particolare il balletto con la rappresentazione della morte attraverso l’utilizzo del rosso che richiamava il sangue, è stato di una simbologia veramente toccante, molto, molto profonda. Trovo commovente il fatto che su questo tema ci stiate lavorando da due anni. E anche questa è una cosa molto toccante, mi fa capire quanto lavoro siete state disposte a fare, quanta dedizione ci avete messo e quanto importante sia stato per voi. Vi ringrazio di questo momento, perché riflettere su queste cose non è mai abbastanza.”


Complimenti e grazie a tutti! 

Le Prof.sse Tiziana Letta e Adelaide Muraca 



racconti dai banchi di scuola

"Addio monti"...

Un laboratorio di scrittura ispirato al celebre brano de "I Promessi Sposi" ha permesso a Gabriele Diaferia di 2B di salutare una persona a lui molto cara... Cliccate sulla freccia per leggere il tema! 

IL MIO “ADDIO MONTI”

Addio Gabri, ormai non ti riconosco più, ti sto quasi dimenticando perché oggi “Gabri” non c’è più, è stato sostituito da “Diafe”, che non sempre somiglia  alla persona di pochi anni fa…

Addio bambino capelluto, sorridente, giocherellone, aggettivi che mi si addicono sempre meno, che come vecchie fotografie sbiadiscono sempre più dalla mia personalità in continuo cambiamento e tutta ancora da scoprire. Eri così pacato, timido, mammone… oggi un po’ meno. 

Avevi gli occhi chiari, ridenti e pieni di vita; dove sono finiti oggi? Dentro hanno solo un mare di lacrime sempre pronto a trasformarsi in burrasca. Adesso non si possono più nascondere tra le braccia della mamma perché ora sei tu che le devi tendere una mano. Niente più coccole nel lettone super comodo tra mamma e papà o sul divano, mentre guardavamo i cartoni della Disney o mentre ripassavamo le tabelline. E’ finito il tempo dei fumetti e dei “Diari di una schiappa”, solo mattoni assegnati dalla prof…

Quanto mi manca tutto ciò! E che tristezza nel ricordare il periodo più spensierato della mia vita! Quanto vorrei essere di nuovo Gabri, prendendo qualunque cosa con leggerezza e non essere così serio, forse talvolta anche troppo.

Addio parco giochi, teatro di tante partite con gli amici, dove tutto era concesso: spintoni, felpe ammassate sul prato come fossero pali, esultanze euforiche copiate da nostri idoli e festicciole e merende con i compagni, che oggi vedo solo per studiare…                                                                              E come dimenticarsi del mio passatempo preferito: passare ore e ore ad aprire bustine di figurine Panini in cerca dei giocatori della squadra del cuore da poi incollare sull’album che mai finivo di sfogliare!

Quelli sì che erano bei tempi! Maledetta crescita!

In poche parole, addio infanzia, addio fanciullezza, addio Gabri, e buona fortuna Diafe, il ragazzo diventato ormai giovane adulto che con infinita malinconia si volta a rispolverare il passato, il suo passato. Ma in fondo spero che tutto questo non sia solo un grande addio con gli occhi lucidi, ma un ARRIVEDERCI, confidando che un giorno Diafe possa ritornare ancora bambino e rivivere l’ultima volta quelle emozioni e sorridere, senza provare più nostalgia e senza badare a cosa potrebbero pensare gli altri di me e del mio aspetto, com’ero bravo a fare da piccolo.

Gabriele Diaferia 2B

PROGETTO INTERNAZIONALE DI MAIL ART

Classe 1M

Il Cibo nutre il Corpo e la Mente è il titolo del progetto internazionale di Mail Art  proposto dall'Associazione “il filo lilla”  che ha pensato a questa iniziativa per sensibilizzare i ragazzi e le ragazze sui Disturbi del Comportamento Alimentare.   La Mail Art  è  una pratica artistica che promuove, attraverso canali postali mondiali, la circuitazione di opere di piccola dimensione (disegni, grafica, cartoline, ecc..) realizzate da artisti collegati fra loro da iniziative libere o a tema.  A questa interessante iniziativa, proposta dalla loro docente di Scienze Umane Eleonora Canetta, hanno risposto gli studenti e le studentesse della classe 1M; I lavori  sono stati esposti, insieme a quelli arrivati da tutte le parti del mondo, il 9 marzo a Varese ed ora anche a Palermo. Gli elaborati prodotti dalla classe 1M sono visibili all'interno del pdf qui pubblicato, mentre è possibile visionare tutte le opere al link: http://www.ilfilolilla.it/2023/11/21/progetto-internazionale-di-mail-art-il-cibo-nutre-la-mente/

1M Mail Art - Il Filo Lilla .pdf

racconti dai banchi di scuola

Università del tempo libero - Trezzano - PCTO 3D

Grande affluenza lunedì 11 marzo al Centro Culturale di Trezzano sul Naviglio, dove gli studenti e le studentesse della classe 3D del Liceo Vico hanno intrattenuto la platea dell’Università della Terza Età con la lettura scenica di alcuni brani tratti da “I promessi sposi”. Lo spettacolo, preparato nell’ambito delle attività di PCTO, ha condotto gli ascoltatori attraverso i 38 capitoli del romanzo, dal famoso incipit “Quel ramo del lago di Como…” fino al “sugo della storia”, senza tralasciare i momenti e i personaggi più cari ai lettori di ogni epoca, da Don Abbondio a Padre Cristoforo, dalla Monaca di Monza all’Innominato. Le letture sono state accompagnate dall’esecuzione al piano di brani musicali che hanno saputo evocare di volta in volta l’atmosfera delle diverse scene. Grazie agli studenti e alle studentesse della classe 3D, ai docenti e in particolare alla prof.ssa Ghezzi che ha accompagnato gli studenti nella realizzazione del progetto. 

racconti dai banchi di scuola

Università del tempo libero - Corsico - PCTO 3B - 3I

Gli studenti delle classi 3B e 3I hanno sviluppato un progetto PCTO destinato agli utenti dell'Università del Tempo Libero del Comune di Corsico, dal titolo  "Ricercando l'Armonia: Simmetrie tra arte e scienza". Un percorso che accompagna l'ascoltatore attraverso l'evoluzione dell'Universo: alla ricerca del potere unificante delle simmetrie matematiche e naturali e della loro spontanea rottura.



VIDEO PRES. PCTO 3B .mp4

Teatro scientifico

Il teorema che prima non c'era

Ecco disponibile, sul canale YouTube del Liceo Vico, la registrazione completa dello spettacolo andato in scena lo scorso maggio, "Il teorema che prima non c'era".

racconti dai banchi di scuola

Tra le righe de "La Repubblica" di Platone 

Lo scorso 6 febbraio la classe 3M è andata al Teatro Carcano per assistere alla rappresentazione in scena dell'opera del grande filosofo greco. Cliccando sulla freccia, il testo scritto dai ragazzi e dalle ragazze della classe.

Il giorno 6 febbraio, accompagnati dalla Prof.ssa De Felice e dalla Prof.ssa Degiovanni, abbiamo assistito, presso il Teatro Carcano, alla rappresentazione teatrale de "La Repubblica", un’opera filosofica in forma di dialogo scritta tra il 380 e il 370 a. C. dal filosofo greco Platone.

In questo dialogo utopico il filosofo affronta questioni di natura politica analizzando la natura dell’uomo, la sua educazione, la formazione spirituale e l’essenza della giustizia e dell’essere giusto fino a delineare la sua concezione di Stato ideale.

Nella rappresentazione teatrale non sono mancati i riferimenti ai regimi totalitari, come il nazismo e il comunismo.

Ci sembra doveroso ricordare che il nazismo è stato un complesso ideologico attuato dal 1933 al 1945 da Hitler imperniato sul concetto di superiorità e di tutela della razza ariana.

Nell’ambito della trattazione platonica si fa spazio la necessità di preservare una “razza” sana attraverso l’eliminazione di coloro che, per difetti genetici, fisici e psichici, non costituivano un elemento di utilità ai fini del corretto funzionamento dello Stato.

La convinzione sottesa al regime nazista rimanda all’Eugenetica, a cui lo stesso Hitler si era ispirato, ovvero un insieme di teorie e di pratiche finalizzate alla procreazione di sole persone sane.

In tale ottica non possiamo non ricordare l’emanazione delle leggi di Norimberga, tutte finalizzate a preservare la purezza della razza ariana vietando i matrimoni misti e la procreazione con persone disabili.

Il rimando ad una forma di “comunismo platonico” affonda le sue radici nella convinzione che l’unione di ricchezza e di potere possa rappresentare uno dei mali principali della polis.

In tale ottica sarà dunque necessario eliminare ogni forma di proprietà privata ed introdurre, di contro, una condivisione di beni e di affetti.

Ma se nello stato ideale di Platone viene assegnato un ruolo determinante alle donne, a cui vengono riconosciute le medesime possibilità degli uomini, al giorno d’oggi la strada per il raggiungimento della parità di genere prevede ancora importanti tappe da conquistare.

Nella consapevolezza di dover rassicurare gli abitanti del suo Stato ideale, Platone comprende di doverli ricompensare con ciò che non è possibile garantire nella vita terrena.

Ecco dunque il riferimento alla responsabilità morale nei confronti del proprio destino dopo la morte e alla sua concezione dell’immortalità dell’anima; quest’ultima è rappresentata mediante il mito del soldato Er che, resuscitato dalla morte sul campo di battaglia, riferisce ai suoi commilitoni della possibilità per l’anima di scegliere autonomamente il corpo in cui reincarnarsi.

La visione di questo spettacolo è risultata interessante e proficua ai fini dell’apprendimento anche perché veicolata da una rappresentazione attualizzata, coinvolgente e a tratti comica dell’opera.

I rimandi ad eventi storici non molto lontani dalla nostra realtà o dal nostro recente passato ci hanno dato modo di riflettere e di approfondire, anche in classe, tematiche storiche e sociali che sviluppano nello spazio dinamico tra buon governo e libertà in senso lato.

racconti dai banchi di scuola

"FRA' - San Francesco, la superstar del Medioevo"

Ambra Fiore e Manuela Stetco di 3^G ci raccontano lo spettacolo a cui hanno assistito al Teatro Carcano il 16 gennaio 2024, alla scoperta del santo qui interpretato da Giovanni Scifoni. Cliccando sulla freccia a destra, si potrà leggere il testo scritto dalle due spettatrici

Nella gelida serata del 16 gennaio, al Teatro Carcano di Milano, c’è stata la messa in scena di uno spettacolo su san Francesco, uno dei più conosciuti santi italiani; spettacolo a cui noi alunne abbiamo avuto occasione di assistere e dal quale, sinceramente parlando, siamo rimaste profondamente sorprese.

La problematica principale delle rappresentazioni teatrali su san Francesco, come ha esplicitato l’attore Giovanni Scifoni, è essere banali. Quest’attore, però, con il suo spettacolo intitolato “FRA’- San Francesco, la superstar del Medioevo”, è riuscito a raccontare e a far emergere, in maniera originale e imprevedibile, un ritratto esauriente di questo celebre santo.

Siamo arrivate a teatro ignare dell’originalità della rappresentazione e forse con un pizzico di pregiudizi tipici della nostra generazione, secondo cui il teatro è monotono e noioso.

Però, nel momento in cui il sipario si è aperto e le luci si sono affievolite, noi spettatori ci siamo immobilizzati e siamo rimasti ammutoliti, con gli occhi puntati sul palcoscenico, curiosi e pieni di aspettative.

Tali aspettative sono state superate in quanto Giovanni Scifoni, oltre ad essere riuscito a mettere in scena uno spettacolo dinamico e innovativo, è riuscito a coinvolgere gli spettatori recitando, disegnando, cantando, creando un’atmosfera serena, non asfissiante, e utilizzando battute, slogan moderni che hanno strappato grandi risate al pubblico, coinvolgendolo. Ad aver creato una buona atmosfera è anche la melodia medievale riprodotta da strumenti antichi, suonati da Luciano Di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Corloncelli.

Insomma, possiamo dire che in questo spettacolo Scifoni ha unito la riflessione su Francesco, colui che sposa Madonna Povertà – soffermandosi sui suoi problemi di ego, sulle tentazioni che deve aver avuto, ovvero potere, piacere e successo, e sul loro superamento –, con la risata.

In conclusione, vi invitiamo a partecipare a queste iniziative che la scuola offre, in quanto potrebbero stupirvi, come questo spettacolo ha fatto con noi.

 

Ambra Fiore e Manuela Stetco di 3^G

 

A very merry Christmas.pdf

cultura

So this is Christmas

Il Dipartimento di IRC (Insegnamento della Religione Cattolica), con la collaborazione della prof.ssa Muraca e di tutti gli studenti e le studentesse delle loro classi, hanno approfittato del periodo natalizio per riflettere su temi molto importanti e trovare il significato più profondo della vita. A partire da 25 lettere, esposte in atrio da inizio dicembre... Sfogliate il giornale per "percorrerle"!

racconti dai banchi di scuola

"Ti giuro che l'attesa aumenta il desiderio"

Riprendendo una traccia dell'Esame di Stato 2023, tratto da Marco Belpoliti, "Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp" (la Repubblica, 30 gennaio 2018), Carlotta Maria Gola di 5E ha scritto un tema in classe che la prof.ssa Casazza, docente di Lettere, ci ha inviato per la pubblicazione. Complimenti a Carlotta! Cliccate sulla freccia per leggerlo!

La società moderna è sempre più determinata dallo sviluppo tecnologico, dalla rapidità, dall'efficienza intesa come capacità di produrre risposte che siano simultanee rispetto alle domande e ai desideri. Questa necessità di 'tutto subito' ha tolto alle persone, e, alle generazioni più ‘giovani’ in particolare, la capacità di attendere. È possibile comprendere il significato profondo del verbo attendere ricorrendo alla sua etimologia latina di 'ad-tendere' cioè 'rivolgere l'animo verso', da cui emerge l'importanza e il significato del tempo di attesa che non è una somma di istanti vuoti che ci separano dall'ottenimento di ciò cui aspiriamo, ma è tempo di vita, di crescita, di edificazione; basti pensare alla gestazione che è un'attesa necessaria affinché da poche cellule si costruisca un essere umano. Il concetto di attesa è strettamente legato a quello di tempo, perché 'l'attesa si compie nel 'tempo'. Gli antichi greci utilizzavano due termini distinti per indicare il tempo, Chronos, inteso come lo scorrere degli istanti e Kairos che indica la capacità di fare la cosa giusta al momento opportuno: l'attesa di colloca esattamente tra queste due nozioni e rappresenta il 'tempo del compimento'. 

La nostra società, basata sull'efficienza, sull'interpretazione più biecamente consumistica del 'carpe diem' oraziano, sull'ossessiva ricerca di risposte e soddisfazioni immediate, ha completamente svilito il valore produttivo ed edificante dell'attesa e ha perduto il valore della pazienza, ma i semi continueranno ad avere necessità del loro tempo per germinare e i frutti per maturare, quindi è fondamentale educare ed educarsi al valore dell'attendere, in modo garbato e rispettoso, cosa che i grandi comunicatori della nostra epoca, abituati a messaggi sguaiati ed urlati, non sanno più fare.

La modalità e la pazienza con cui ciascuno attende, con cui impiega il tempo che lo separa dalla risposta al suo bisogno, al suo desiderio, alla sua aspirazione, lo definiscono, dicono chi è. Infatti l'attesa, come affermava Nietzsche, è un tempo gravido di significato e di possibilità, e l'atteggiamento stesso con il quale lo si vive esprime il nostro io, perché l’attendere è una dimensione costitutiva dell'animo umano: tutti attendiamo qualcosa perché la nostra natura stessa ci porta oltre il limite della contingenza.

La letteratura è ricchissima di opere che esprimono la bellezza o l'angoscia di un’attesa.

Un esempio emblematico di tale atteggiamento è descritto nella Commedia dantesca, in cui l’attesa acquista un ruolo decisivo per le anime che si trovano nel purgatorio. Esse infatti, dopo aver peccato in vita ed aver raggiunto lo stadio del pentimento, dopo la morte sono costrette a aspettare la completa espiazione della propria colpa per poter raggiungere il Paradiso. Nell’ottica del conseguimento dell’obbiettivo finale, l’attesa diviene determinante perché dà senso a tutto ciò che segue. L’aspettare delle ombre non è vuoto, privo di significato, ma rende ancora più apprezzabile l’arrivo a Dio nel Paradiso, poiché si è in una condizione di totale appagamento della tensione che ha caratterizzato l’attesa.

Cesare Pavese dà voce, invece, all'agitazione interiore del cuore e del mondo nella sua celebre poesia 'You Wind of March' nella quale afferma  ‘E le cose nel cielo e nel cuore soffrono e si contorcono dell’attesa di te’, a simboleggiare che attendere può divenire motivo di sofferenza, perché accettare che il proprio desiderio o il proprio bisogno necessitino di tempo per trovare compimento, significa assumersi il rischio che durante questo tempo la possibilità di realizzazione diminuisca o addirittura si annulli.

Nell'epoca di Whatsapp, dove la doppia spunta blu quasi obbliga chi ha visualizzato ad una risposta immediata, indipendentemente dall'opportunità di trovarsi nella circostanza giusta per farlo, c'è ancora chi canta 'ti giuro che l'attesa aumenta il desiderio' e i Boombadash, controcorrente rispetto all'invito e alla tendenza, del nostro mondo, a consumare 'tutto subito', richiamano la società moderna e soprattutto i giovani a ‘rispettare' il tempo di ogni cosa.

'Com’è grande il pensiero che veramente nulla a noi è dovuto. Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?' (Cesare Pavese), in un mondo dove, non solo i beni materiali, ma anche i sentimenti e i rapporti sono sviliti dal consumismo imperante, nessuna delusione può estirpare l'innata aspettativa di pienezza e di felicità che dimora nel cuore di ciascuno, bambino, giovane, adulto o anziano che sia, perché l'uomo stesso è promessa di compimento e quindi l'attesa è un tempo privilegiato e ricco di costruzione, di cammino, di crescita, che nessuna tecnologia potrà mai toglierci.

 

Carlotta Maria Gola, 5E

24.10.2023

SCIENZE UMANE

Book Talk 

Continua l'esperienza dei  Booktalk in cui gli studenti e le studentesse, nel presentare dei saggi specialistici, si esercitano nella comunicazione efficace sperimentando fra le altre capacità di sintesi,  e di interessare gli ascoltatori.  Al termine delle loro recensioni la classe è invitata a dare un feedback sulla base di una griglia di valutazione prestabilita, quindi il booktalk diventa anche un'esperienza in cui il processo di valutazione avviene fra pari. 

Nella pagina "Racconti dai banchi di scuola" è presentato  il video del booktalk realizzato  da Diego Lo Bello, 4M, sul testo dell'antropologo Marc Augè "Le nuove paure"; sempre in questo mese si aggiunge la recensione del testo del sociologo Zygmunt Bauman  "Oltre le Nazioni" curata da Alessio Massaro della 5F. In 2F infine  Mathias Trivella espone "Un antropologo su Marte" dello psichiatra Oliver Sacks. 

racconti dai banchi di scuola

La Token Economy della 4^M

La Token Economy è un esempio di pratica educativa che ci viene raccontata dalla 4^M - Scienze Umane. Si realizza attraverso due momenti, il patto educativo iniziale e il rinforzo: cliccate sulla freccia per leggere il testo scritto dalle studentesse e dagli studenti della classe.

La token economy, “economia a gettoni”, è una tecnica di educazione basata sui criteri della psicologia comportamentale e si realizza attraverso due momenti importanti: il patto educativo iniziale e il rinforzo.

Solitamente viene utilizzata per gestire e rinforzare il comportamento di un singolo bambino, che spesso soffre di disabilità o di difficoltà di comportamento e attenzione.

Questa tecnica viene suddivisa in tre fasi:                                                                                                      

 - la prima fase consiste nel definire con chiarezza (attraverso l’utilizzo di un cartellone, disegni o foto) quali sono i comportamenti corretti e quali quelli scorretti. Attraverso questa prima fase, gli obiettivi da raggiungere appaiono chiari al bambino.

-  la seconda fase prevede che venga stabilito un patto educativo tra l’educatore e il bambino: per ogni comportamento corretto, il bambino riceverà un gettone e gliene verrà tolto uno per ogni comportamento scorretto. Il bambino riceverà un premio (= rinforzo positivo) al raggiungimento di un numero di gettoni prestabilito.

Il cartellone contiene gli obbiettivi stabiliti, le caselline dove andranno inseriti i gettoni guadagnati e il premio. In questo modo il bambino è più incentivato a raggiungere gli obbiettivi perché potrà vedere quanti gettoni gli mancano per ottenere il premio.

La 4M ha deciso di applicare la tecnica educativa della Token Economy alla classe, allo scopo di testarne in modo empirico la sua efficacia.

L’esperimento della Token Economy nella nostra classe presentava il problema di come organizzare il cartellone per 22 alunni. Abbiamo deciso di attribuire ad ogni obbiettivo una stellina (che corrisponde al gettone!) di colore diverso; ogni settimana si valuterà il raggiungimento di ogni obbiettivo e verrà corrisposta ad ogni alunno la stellina meritata.

Il premio finale verrà guadagnato solo quando tutti gli alunni avranno guadagnato il numero di stelline stabilito.

Gli obiettivi del patto educativo che si è data la 4M sono: 

1. mantenere la classe pulita

Premio: cartoleria dalla prof Argenzio e foto creative con il prof Astore)

2.     avere tutti la sufficienza nelle verifiche di scienze umane e scienze naturali

Premio: apericena a casa dell’Argenzio con torta della prof Salati

3.     portare il materiale di educazione fisica

Premio: dolci e gioco deciso dalla classe con il prof Cavallaro

4. essere tutti presenti nei giorni di valutazione e nel giorno precedente

Premio: stelline da parte dell’Argenzio e visione del film “Interstellar” con la prof Veronesi

5. essere tutti puntuali

Premio al bar con la Falzone, film con il Picoco e sorpresa del Tenchini

 

Questo lavoro ci spinge a sentirci tutti responsabili nei confronti della classe e ad impegnarci a raggiungere tutti gli obbiettivi. Ci aspettiamo quindi maggiore collaborazione e aiuto tra di noi e, di conseguenza, ad essere più uniti.

racconti dai banchi di scuola

Giocando si impara, 27 ottobre 

I ragazzi e le ragazze della 4M sperimentano il ruolo del gioco nello sviluppo e apprendimento. Cliccando sulla freccia, l'articolo di Arianna Volpi e Matilde Vecchio che spiega l'esperienza laboratoriale messa in atto dalla prof.ssa Argenzio

Nella giornata del 27 ottobre, gli alunni della classe 4M insieme alla professoressa Argenzio hanno rispolverato dalla cantina i giochi della loro infanzia in occasione di una lezione di scienze umane. Tornati per un'ora bambini, gli studenti hanno proposto un'analisi in chiave pedagogica riguardo le funzioni del gioco in età infantile.

In un dialogo con la classe, ad uno ad uno i ragazzi hanno raccontato del ricordo di quelle emozioni appartenenti a un mondo che fino a poche ore prima sembrava cristallizzato nel tempo, ma che ora riprendeva vita fra i banchi di scuola. Tramite questa attività, il gruppo ha potuto constatare come il gioco non sia solo una attività ricreativa, ma un mezzo fondamentale per lo sviluppo emotivo, cognitivo, sociale e motorio del bambino; esso, promuove la strutturazione della personalità infantile e svolge un ruolo molto importante anche nell’ambito sociale. Il gioco, infatti, ha sempre avuto un ruolo importante fin dai primi esordi della storia dell’uomo e per questo molti filosofi e pedagoghi hanno riflettuto sull’argomento, cercando di definirne le particolarità.

Partendo da Aristotele, il quale riteneva il gioco un’attività e un’esperienza utile per lo sviluppo della personalità e per l’allenamento della sfera cognitiva, si arriva a evidenziare la funzione di sviluppo cognitivo del gioco con studiosi come Piaget e Vygotskij. Con il primo, si sottolinea come nel contesto ludico i bambini manipolino la realtà esterna adattandola al proprio mondo interiore, così da acquisire fiducia in se stessi. Successivamente, Vygotskij aggiunge delle riflessioni inerenti ai risvolti affettivi del gioco, ritenendo che esso abbia alcune funzioni emancipatorie: si presenta come atto di mediazione tra i propri bisogni e la realtà contingente, aprendo una "zona prossimale di sviluppo" nella quale il bimbo, giocando, compie azioni diverse da quelle quotidiane favorendo così il proprio sviluppo.

Il ripercorrere questi momenti ha permesso agli studenti di classificare in più settori i giochi che hanno colorato la loro infanzia, seguendo la visione del sociologo Roger Caillois il quale, nel saggio I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, suddivide le tipologie di gioco in base alle modalità espressive, alle finalità e ai contenuti di quest'ultimo, al fine di poterne meglio comprendere il risvolto educativo.

Innanzitutto, Callois parte dall'analisi di due macro-categorie di gioco: paidia, nella quale rientrano giochi spontanei e liberi da schemi istituzionali (quali, per esempio, nascondino e la corda) e ludus, dei giochi strutturati nei quali l'euforia e la turbolenza si trasformano in energia (come le costruzioni o i puzzle).

Successivamente, egli opera un'ulteriore suddivisione sulla base di come sono strutturati i giochi e del ruolo che essi ricoprono nello sviluppo di un particolare aspetto caratteriale del bambino. Nel dettaglio, queste categorie sono: agon (gare nelle quali vince il migliore), alea (giochi che si basano sulla sorte nei quali rientra il gioco d'azzardo), mimicry (giochi di simulazione, di ruolo) e ilinx (giochi di percezione, come il dondolarsi su un'altalena o il salire su una giostra).

Durante la classificazione dei giochi fatta in classe, tuttavia, è emerso come fosse limitante inserire uno di questi in una sola fra le diverse categorie, dati i più significati che ciascuno gli aveva attribuito in base al proprio vissuto e alla propria percezione.

Il gioco, dunque, non è solo una semplice e pura attività ricreativa, in quanto rappresenta un'opportunità di apprendimento e di sviluppo di più aspetti del carattere della persona.

CULTURA

Scienziate nel tempo, 12 ottobre 

Il 12 ottobre l'Aula Magna del Vico ha ospitato la prof.ssa Sara Sesti, docente di matematica e ricercatrice in storia della scienza, appartenente all’Associazione “Donne e Scienza”. Agli studenti e alle studentesse del triennio ha voluto riportare gli esiti di un'indagine avviata nel 1997 presso il Centro PRISTEM dell’Università Bocconi per spiegare i motivi della scarsa presenza femminile nel mondo STEM. Il suo intervento, "Scienziate nel tempo. Storie di donne che hanno sfidato pregiudizi millenari", ha sottolineato come solo 28 donne siano state insignite del premio Nobel, a fronte di numerose altre - altrettanto meritevoli - a cui è stato negato. Ha discusso di stereotipi e pregiudizi, ma soprattutto ha ricordato tante protagoniste, note o meno note, il cui rapporto col sapere e le cui abilità non sempre sono stati riconosciuti, nella storia, come "abbastanza". E ha inviato una "richiesta" in particolare alle studentesse del Vico: "II futuro è nelle vostre mani e nelle STEM potete trovare strumenti per capire un mondo in continuo cambiamento e una crisi ambientale che richiede soluzioni urgenti e concrete che non vanno lasciate solo in mani maschili".  

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Il CERN non ha più segreti

Anche quest'anno le classi quinte dello Scientifico - 5A, 5B, 5D e 5E -, in giornate diverse nelle prime settimane di scuola, sono state accompagnate a Ginevra per visitare il CERN e, per alcuni gruppi, anche la sede dell'ONU. Un'esperienza che lascia sempre il segno e che per qualcuno - chissà - potrebbe essere decisiva per orientare il proprio futuro nel mondo.

Formare cittadini responsabili e attivi, rispettosi delle regole, dei diritti e dei doveri: è lo scopo del nuovo insegnamento introdotto nell'a.s. 20/21.

Sapere e saper fare: è l'obiettivo dei Percorsi per le Competenze Trasversali e l'Orientamento, progetto che intende avvicinare scuola e mondo del lavoro.


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