Inquinamento tessile

Ciao, siamo Giorgio e Chiara, insieme abbiamo deciso di  progettare un murales con il preciso obiettivo di sensibilizzare lo spettatore su un problema di cui poco si sa, l’inquinamento tessile prodotto dal fast fashion. Ci siamo quindi messi all'opera e non ci siamo limitati  a raffigurare su un muro attraverso disegni e colori, ma ci siamo spinti oltre, entrando in punta di piedi nella filosofia. 

La scena sul muro, infatti, rappresenta un demiurgo che tenta di  tessere le fila del mondo, ma senza risultato, per via della quantità ingente di tessuto sprecato, rappresentato da cumuli di stracci e vestiti.

Il tutto si svolge -  e non casualmente -  in un deserto, ossia il luogo dove vengono scaricate tonnellate di vestiti,  come se quel luogo fosse una discarica a cielo aperto. 

Purtroppo, Paesi come il Ghana, il Cile, la Bolivia e molti altri ancora, non considerano i tessuti come rifiuti ingombranti e non facilmente smaltibili, e questo permette alle multinazionali produttrici di fast fashion di scaricare tessuti di ogni genere  tessuti, in  in questi deserti senza alcuna conseguenza legale, ma causando danni irreparabili a livello ambientale. 

La produzione di indumenti a basso costo e con qualità minore causa infatti una durabilità più scarsa e di conseguenza quei vestiti diventano rifiuti difficili da smaltire, anche per via dei materiali sintetici coi quali sono stati fatti. 

Questo progetto vuole dunque sensibilizzare e far riflettere  chi osserva che anche una minima azione, come l’acquisto superfluo di un indumento  può avere conseguenze su larga scala e solo perché noi non  vediamo direttamente quelle montagne di indumenti e pensiamo: tanto sono lontane,  non vuol dire che il problema non sussista.  Per una corretta informazione, dunque, vi lasciamo qua sotto una serie di link che rimandano ad articoli o video inerenti il tema, e sono documenti che noi stessi abbiamo utilizzato per sviluppare questo progetto. E, ricordate, prima di acquistare ancora vestiti, pensate a quei deserti, che deserti non sono più, perchè si sono trasformati in magazzini a cielo aperto. 

s che avesse come scopo osservare con sguardo critico l’inquinamento tessile prodotto dalle abitudini legate alla fast fashion, ma soprattutto fornire maggiore consapevolezza di quanto il problema sia significativo nonostante ad oggi manchi una seria informazione al riguardo. 

Essendo in un liceo, abbiamo deciso di non limitarci alle materie artistiche per raffigurare il problema, ma abbiamo implementato il nostro progetto anche con riferimenti ad altre discipline, come la filosofia. La scena, infatti, rappresenta un demiurgo - la divinità ordinatrice nella tarda filosofia platonica - che prova a tessere le fila del mondo - così come il demiurgo ordinava e plasmava la materia dando forma all'universo - non riuscendoci per via della quantità ingente di tessuto sprecato posto nei cumuli di stracci e vestiti che lo circondano. 

Il tutto si svolge, non casualmente, in un deserto, ossia nel luogo dove, per via della permissività nei sistemi legislativi di alcuni paesi esteri, vengono scaricate tonnellate di vestiti come se fosse una discarica a cielo aperto. Purtroppo, infatti, nei codici di paesi come il Ghana, il Cile, la Bolivia e molti altri ancora, i tessuti non sono considerati come rifiuti. 

Chi partecipa

Chiara Mascarino
Liceo artistico "Benedetto Alfieri" Asti
Indirizzo Arti Figurative
Classe 5F

Giorgio Vassallo
Liceo artistico "Benedetto Alfieri" Asti
Indirizzo Grafica
Classe 5G