GIOVANI SCRITTORI
Disegno realizzato da : Borboglini Francesca
Disegno realizzato da : Borboglini Francesca
Noi della 3A di Loro Piceno abbiamo realizzato dei racconti di vario genere :
RACCONTI DI GENERE COMICO
La sera del 20 Aprile a casa di Marco erano stati invitati a cena i datori di lavoro del padre per discutere di un importante progetto. I genitori prima di uscire di casa prepararono con molta cura la cena ad esclusione delle lasagne che Marco doveva ordinare in rosticceria. Marco, preso dai suoi pensieri, se ne dimenticò e solo intorno alle ore diciassette gli tornarono in mente le lasagne; fece un balzo dal divano e chiamò subito il suo amico Federico per farsi aiutare. L'amico si precipitò a casa sua e insieme cercarono di risolvere il problema, entrambi erano molto agitati ma continuavano a ripetersi: niente panico, niente panico, cucineremo noi. Entrati in cucina cercarono di organizzare le poche idee che avevano per preparare la pietanza; nessuno dei due aveva mai acceso un fornello neanche per cucinare una semplice minestra. Iniziarono ad aprire tutti gli sportelli della cucina alla ricerca di un libro di ricette, appena trovato si misero a sfogliarlo e finalmente trovarono la ricetta. Federico leggeva e Marco cercava affannosamente gli ingredienti nella dispensa; Federico diceva: “Prendi la farina tipo 0” e Marco con il busto quasi dentro il mobile urlava: “Quella 00 va bene lo stesso?, ho trovato anche quella integrale, quale sarà meglio?, ho deciso, le usiamo tutte e due.” Dopo aver racimolato tutti o quasi gli ingredienti iniziarono ad assemblarli ma senza un ordine ben preciso, c'era così tanta confusione che neanche loro sapevano di preciso cosa stessero facendo. Una cosa era certa, la cucina era stata trasformata in un campo di guerra con la farina sparsa su tutto il pavimento in marmo, la passata di pomodoro appiccicata ovunque perfino sul lampadario, per non parlare di Marco e Federico pieni di schizzi di olio, pomodoro, farina, uova, sembravano anch'essi una lasagna. Faticosamente riuscirono a riempire una pirofila, era ora di mettere a cuocere in forno,altri mille dubbi li assalirono: “Come si accende il forno?, a quanti gradi bisogna mettere?,forno ventilato o no?”; la decisione di accendere il forno a 180 gradi fu affidata alla sorte infatti i due amici presero una moneta e decisero che testa era 180 gradi e croce 200 gradi. A quel punto non rimaneva che sistemare la cucina mentre dal forno iniziava a sentirsi un profumino che vagamente ricordava quello delle lasagne della nonna di Federico. Dopo circa mezz'ora di duro lavoro si incominciava di nuovo a vedere il colore del pavimento, dei mobili, infatti i due amici erano riusciti a riordinare la cucina, certo, non proprio come era prima ma comunque accettabile e anche le lasagne erano oramai pronte. Orgogliosi ed anche emozionati tirarono fuori dal forno il piatto di ceramica bianco del servizio importante della mamma di Marco pieno di un qualcosa che a guardare bene non poteva di certo chiamarsi lasagne; si guardarono e dissero: “si chiamerà pasticcio”, il famoso pasticcio di Marco e Federico.
Borboglini Giulia
Una domenica mattina, una coppia di cuochi inesperti sono stati chiamati da un ristorante per preparare un pranzo cerimoniale per una coppia di sposi.
I due cuochi si misero all’opera, tirarono fuori tutto il materiale e si misero a cucinare.
Uno dei due cuochi prese una pentola grande e la riempì d’acqua poi aggiunse il sale, che però era zucchero.
L’altro cuoco iniziò a fare il sugo, prese una padella e ci mise una cipolla, dell’olio e molte spezie: ad un certo punto l’olio cominciò a traboccare dalla padella.
I due non si accorsero di nulla.
Nel frattempo la pasta era cotta e uno dei due disse all’altro: “ Passami il colino! Fai in fretta! ”. I due si misero a cercare il colino ma non lo trovarono e quindi presero la scodella del cane.
Poi buttarono la pasta e il sugo dentro all’acqua della pasta, ma vedendo che era molto liquida aggiunsero della panna.
Cominciarono ad impiattare, ma mentre portavano la pentola verso i piatti si inciamparono tra di loro e tutta la pasta cadde a terra e allora la raccolsero e la misero dentro i piatti.
Li portarono in sala da pranzo e li diedero agli ospiti. Ritornando in cucina si accorsero che avevano combinato un pasticcio, tutto l’olio era sul pavimento e era messo tutto a soqquadro.
Avevano messo tutto a posto, andarono in sala da pranzo per vedere se era tutto tranquillo, però videro che non era tutto ok, perché i clienti uno dopo l’altro andavano in bagno correndo.
Allora uno dei due decise di provarla, dopo averla assaggiata andò anche lui in bagno.
Dopo un po’ di tempo andarono tutti al pronto soccorso e l’unico che rideva era quello che non aveva provato la pasta.
Bartolini Sofia
RACCONTI DI genere giallo
Era un caldo pomeriggio d’Estate a Milano, la gente si muoveva tranquillamente per i negozi affollati: tutti erano in movimento, chi per fare la spesa, chi per lavorare, chi per fare shopping. Nel commissariato di polizia c’era molta serenità tanto che gli agenti parlavano, scherzavano e ridevano. Finché non squillò il telefono nello studio del maresciallo : era un guardiano del carcere che chiamava per parlare di un omicidio avvenuto la notte precedente, in una cella. Il maresciallo decise di chiamare un detective che si occupasse del caso, ovviamente ne scelse uno privato, per non dare troppo nell’occhio. Il detective, poco conosciuto, ma con un'abilità innata del mestiere, si chiama Filippo Purteffi o semplicemente conosciuto con il soprannome di Teffi. Un tipo abbastanza alto, magrolino e con gli occhi verdi; siccome tiene al suo lavoro, è sempre composto e serio per far sì che nessuno scopra i suoi metodi investigativi. Ritornando al caso, il dott. Teffi si diresse verso il luogo del delitto insieme al maresciallo. La vittima era un uomo di nome Patrick andato in galera, da 1 mese, per furto insieme ad un complice( mai trovato),è morto avvelenato( nel suo stomaco furono ritrovate tracce di veleno e droga) oltre a questo sulla mano destra c’era l’impronta del rossetto rosso fresco. Il detective si diresse a casa della moglie della vittima: una donna robusta di nome Viola, a cui fece un po’ di domande; non riuscì a trarne niente di molto importante, tranne riuscire a trovare il cellulare della vittima, nascosto dentro un cassetto della credenza in cucina. Dal cellulare scoprì che il marito aveva una relazione con una certa “V.M.N.9 (M)”. Il detective decise di interrogare la moglie per scoprire se lei sapesse di questa relazione, ella rispose:” sì, lo sapevo, l’ho scoperto poco dopo che è andato in carcere; sono tuttora talmente arrabbiata che non ci sono più andata a trovarlo”. Su questa affermazione il detective ebbe un’intuizione: siccome Viola non era più andata a trovare il carcerato, sul registro degli incontri di quest’ultimo infatti non c’era nè il nome della moglie, nè un nome che cominciava con “V”, quindi Teffi paragono “V.M.N.9 (M)” ad una famosa via di Milano conosciuta da tutti cioè “Via Monte Napoleone 9” ed “M” stava per Milano. A questo punto andò a provare a suonare al campanello di questa casa, ed in effetti gli rispose una donna di nome Rosa che si rese molto disponibile nel parlare del detenuto, infatti diede un indizio molto importante :” Sì sono io ad aver avuto una relazione con Patrick (nome del carcerato), ma non lo dite alla moglie, lei è estremamente gelosa di suo marito e potrebbe anche uccidermi.” Resta il fatto che il detective scoprì che era lei la complice di Patrick per il furto, così venne arrestata. Però dentro questo caso c’era qualcosa che non riportava :nella lista degli incontri, del carcere, non c’erano i nomi dei due sospettati, ma un’altra donna di nome Paola Bicci. Il detective rintracciò anche lei, scoprì che era la migliore amica della moglie. A Teffi fu tutto chiaro e arrestò sia lei che la moglie. Al maresciallo non disse niente di come aveva fatto a scoprirlo, ma scrisse sul taccuino le vicende: “ Viola, come diceva Rosa , era molto gelosa della vittima, però effettivamente per escogitare l’omicidio ha avuto bisogno di un’aiutante, e chi meglio di un’amica può aiutarti? Così si accertò che Rosa avesse davvero una relazione con Patrick, la rinominò sul cellulare come “V.M.N.9 (M)” in modo da farla sembrare colpevole, e svignarsela, ma non aveva pensato al libretto degli incontri: quel pomeriggio Paola si recò in carcere baciò la mano della vittima (altro segno escogitato dalla moglie per far ricadere la colpa su Rosa), e gli diede una mentina inzuppata di veleno, così quella sera, la sostanza fece effetto, e Patrick morì”
Lambertucci Gaia
Correva l'anno 1995 quando, mentre stavo lavorando al caso di un serial killer evaso dal carcere, mi è arrivata una telefonata dalla centrale di polizia; ho risposto in tutta fretta sperando che il prigioniero avesse fatto un passo falso che ci avrebbe dato una pista, invece era il commissario Zamponi che mi proponeva di lavorare ad un nuovo caso. All’inizio non volevo accettare ma ad un certo punto l’istinto ha preso il sopravvento; così, dopo aver finito di parlare con il commissario, ho sceso le scale del mio palazzo e mi sono avviato. Arrivato in centrale, senza che nessuno si accorgesse di me, sono entrato nell’ufficio del direttore, ad aspettarmi c’era lui in compagnia del commissario e dell’ispettore, dopo essermi accomodato il direttore ha iniziato a parlare: << Buongiorno, vi ho convocati qui per un motivo ben preciso e molto importante; durante un viaggio in metro le luci si sono spente per più di un'ora, due persone William Johnson ( il co-guidatore della metro) e John Smith (un passeggero) sono state uccise in quel lasso di tempo prima di essere portate nel vagone bagagli. Di questo assassinio sono a conoscenza solo l’addetto alla distribuzione dei bagagli, il guidatore, il capo del reparto scientifico (che ha esaminato i corpi) e le persone in questa stanza e così deve rimanere; voi dovete risolvere il caso senza che nessuno lo sappia, ci siamo capiti?>> il commissari e l’ispettore non sapevano il perché di una richiesta simile ma io sono riuscito a capire; dagli indumenti poco lavati ed usurati ho supposto che gli servissero soldi e probabilmente i proprietari lo avrebbero pagato per non dire del delitto così che non ci sia cattiva pubblicità. a questo punto mi sono recato dal capo della scientifica per chiedere informazioni: <<Buongiorno, cosa sappiamo del delitto?>> ho domandato <<Non molto, sappiamo solo che i due sono stati soffocati con una fune, non ci sono impronte sui corpi e non abbiamo l’arma del delitto; possiamo supporre però che indossasse i guanti dato che non ci sono impronte sui corpi>> ha risposto frettolosamente <<Possiamo dedurre anche che l’assassino sia un maschio e in forma sennòo non sarebbe riuscito a trasportare due corpi per la lunghezza di tutta la metro in solo un’ora>> ho aggiunto concludendo la conversazione. Poi sono uscito dalla centrale e sono andato a prendere i filmati della metro per vedere chi aveva le caratteristiche che doveva avere l’assassino, il campo si era ristretto a un gruppetto di nove persone di cui solo quattro conoscevano le vittime; i sospettati principali erano robert hunt, hubie brown, George bublé, e Alexander peerce. i primi erano compagni di classe delle vittime, George era un amico di entrambi che si era allontanato a causa di un litigio e Alexander, ex carcerato, ha rapinato una banca e sosteneva che anche le vittime fossero coinvolte ma non ci sono prove di questo; dopo aver scoperto queste informazioni sono andato a casa di Alexander. ho bussato e Alexander mi ha aperto la porta: <<Alexander, devi venire con me in centrale, dobbiamo farti qualche domanda>> una volta in centrale <<Allora, Alexander, che relazione avevi con William Johnson e con John Smith?>> ho chiesto gentilmente <<Eravamo amici fino a quando non mi hanno tradito lasciandomi marcire in prigione mentre loro spendevano i soldi che ci siamo procurati in una rapina, non ero solo c’erano loro lì con me ma sono rimasto solo io in prigione! quindi se state indagando su di loro contate sul mio aiuto>> ha detto con una voce piena di rabbia <<Sono morti entrambi, uccisi sulla metro dove eri anche tu.>> e lui <<Beh, che possano bruciare all’inferno; aspetta, credete che sia stato io?! pensate che dopo tredici anni di galera a causa di quei due mi metterei di nuovo nei guai?!>> con tutta la calma del mondo gli ho detto <<so che non ti saresti mai voluto mettereti nei guai ma hai avuto un movente e un'occasione quindi ti terremo qui fino a che non troveremo il vero assassino.>> e me ne sono andato; il giorno dopo abbiamo ricevuto il mandato e siamo entrati in casa sua ed abbiamo trovato l’arma del delitto con il DNA delle vittime quindi Alexander è stato arrestato per il suo crimine ma non mi ha convinto ed infatti due giorni dopo c’è stato un altro omicidio ed è successa la stessa cosa e a quel punto ho capito chi era stato così ha chiamato il commissario, l’ispettore e il capo scientifico per dire chi era stato:
<< Adesso vi faccio una domanda; chi ci guadagna di più da questi omicidi? E chi conosce il modo con cui lavoriamo così bene da non farsi scoprire? Il direttore! ed ho scoperto che era sia nel primo che nel secondo treno.>>.
Pisani Riccardo
Dalla classe terza di Loro Piceno
Era il 19 Agosto e il signor Jacob Miller stava sorseggiando una tazza di tè freddo con il suo collega Robert nel piccolo terrazzino di casa sua dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro all'agenzia di investigazioni di Londra.
Il signor Miller è un uomo sulla trentina, ha i capelli di un biondo platino e i suoi occhi sono del colore del mare; porta sempre con sé un orologio da taschino placcato in oro e un taccuino dove appunta tutti i crimini che risolve. E’ un uomo molto calmo ed intelligente, ma se non riesce a risolvere un crimine con il tempo che lui prestabilisce, diventa irrequieto. E’ un ottimo osservatore e riesce a percepire in pochi istanti quali sono gli stili di vita delle persone che lo circondano.
Mentre questi due sorseggiavano il loro tè un telefono cominciò a suonare e il silenzio venne subito interrotto da quella fastidiosissima suoneria.
-Si, si, ok, ora arriviamo- disse Robert chiudendo la chiamata e dirigendosi verso la sua auto;Naturalmente Jacob volle una spiegazione e questa non tardò ad arrivare: c'era stato un omicidio nella strada Brick Lane.
I due detective, dopo essere arrivati, si diressero subito alla scena del delitto, dentro un piccolo negozietto, e scorsero uno “spettacolo” ripugnante. Nella stanza un corpo con tutti e quattro gli arti mozzati, ognuno in un punto diverso della stanza, e il cadavere perfettamente al centro di questa, con una pugnalata allo stomaco, adagiato sopra una piccola poltroncina completamente ricoperta di sangue.
La vittima era una signora sulla settantina che gestiva un piccolo negozio di abbigliamento e viveva in un appartamento precisamente al di sopra di questo.
Questa aveva un marito, che però era fuori per lavoro, ed un figlio di quarant’anni, che però non era molto legato alla sua famiglia per qualche litigio che si era scatenato riguardante il fatto di essere omosessuale. Jacob decise allora di contattare suo marito ed il figlio per farli venire a conoscenza del fatto, ma c'era solo una differenza tra le due chiamate: il marito aveva risposto più preoccupato, il figlio invece non si era rattristato più di tanto.
Appena arrivati,prima il marito poi il figlio, i due parenti, Jacob e Robert cominciarono a fare qualche domande:
-Signor Jones, in che città era ieri notte per il suo viaggio di lavoro?- disse Robert.
- Ero a Rye- rispose lui.
-E che lavoro fa lei?-
-Faccio il chirurgo, mi hanno chiamato perchè ieri sera c’è stato un caso molto importante, infatti mi sono dovuto occupare di un paziente al quale era stato conficcato un coltello nello stomaco.
Molte volte mi capitano casi di questo genere e sono sempre costretto a lasciare mia moglie da sola-
-E lei signor Connor?-
-Io ero a casa con mio marito-Rispose lui.
E dopo alcune domande li lasciarono andare.
-Jacob tu cosa ne pensi?- chiese Robert
-Io credo di sapere già chi sia il colpevole, ma voglio essere sicuro di ciò che sto dicendo-disse mentre girovagava per il piccolo appartamento.
Ad un certo punto trovò a terra un coltello molto appuntito, completamente ricoperto di sangue e con dei guanti lo prese in mano, lo rigirò un po’ su se stesso, fino a trovare delle iniziali, C J , poi lo depose attentamente in una busta di plastica.
-I signori Jones sono sempre andati d'accordo secondo lei Robert?- chiese Jacob.
-Non saprei, questa è una cosa che deve chiedere alla signora-disse in tono scherzoso, ma venne subito fulminato dallo sguardo del detective, che in 3 secondi lo fece tornare serio.
-Lei cosa ne pensa?- Disse Robert per porre fine a quel silenzio pungente.
Io credo che le cose tra loro due non vadano affatto bene, infatti, se lei allenasse un po’ di più l'occhio, noterebbe che alcune delle foto sopra le mensole sono capovolte ed il fuoco è acceso, perchè mai accendere un fuoco ad Agosto se non per bruciare qualcosa?-rispose intelligentemente Jacob.
poi continuò: -Secondo me la signora aveva scoperto che suo marito la tradiva con qualcun'altra, così lo aveva chiamato e lo aveva avvertito di non farsi trovare a casa la sera, ma il marito decise di venire comunque, naturalmente furioso, perchè era appena stato cacciato dalla propria casa, e con sé portava però anche una seconda persona, ovvero il proprietario del coltello, Connor James, suo figlio, che non era stato accettato dalla madre per la sua scelta di vita, e Conor aveva dato la prima pugnalata, uccidendola, invece il padre, da vero chirurgo aveva mozzato gli arti.-
-Perchè hai sospettato subito del marito?- chiese Robert.
-Ho subito sospettato del marito per due motivi:
1 Perché aveva detto di trovarsi a Rye, ma questo paesino non ha un ospedale.
2 E’arrivato dopo poco più di un quarto d’ora, e Rye è un paesino molto lontano da qui, quindi per qualche strano motivo si trovava vicino alla casa anche se come aveva detto lui era a lavoro.- Disse velocemente Jacob.
-E come hai fatto a capire che il coltello apparteneva proprio a Conor?-chiese di nuovo Robert.
-Ragiona un po’! Sul coltello c'erano delle iniziali, C e J, le iniziali del suo nome. Mi sembra che stasera tu non sia tanto in forma caro amico mio!- Rispose un po’ snervato Jacob, mentre tornavano alla loro macchina per finire quella tazza di tè che stavano bevendo ormai 3 ore fa.
Luce Severini
Signori e signore ecco a voi Zoe!!!!! Zoe è una ragazza di 27 anni, vive a Cagliari con la sua famiglia; la sua grande passione, nonché il suo lavoro è fare il detective. Nonostante la sua giovane età è molto conosciuta in città, ma anche in tutta l’Italia per il suo spiccato intuito; infatti è riuscita a risolvere anche i casi più improbabili. Lei è alta, molto magra, ha dei capelli, a parer mio, favolosi, di un marrone molto scuro tendente al nero e ricci, il fatto di essere riccia le permette di essere riconosciuta e indossa anche gli occhiali neri. Zoe ha gli occhi di un colore unico, azzurri verso l’interno e sempre più scuri verso l’esterno, il suo sguardo è molto profondo ed è quasi impossibile percepire le sue emozioni, a forza di svolgere indagini osserva tutto ciò che la circonda sempre con molta attenzione, con uno scrupolo quasi maniacale; indossa sempre degli orecchini a perla e dei bracciali che secondo lei portano fortuna; le sue labbra sono abbastanza sottili, a forma di cuore ed è sempre sorridente. La nostra detective ha le braccia e le gambe lunghe; è solita portare un paio di jeans con una felpa, insomma si veste in modo molto sportivo e semplice; ora parliamo del suo carattere: lei è una persona molto amichevole, solare infatti si trova bene con tutti i detective con cui collabora per risolvere i casi più difficili, è anche molto intelligente e non ha paura di affrontare le persone, da tutti i suoi amici è definita molto attenta e precisa, solitamente è allegra. Passiamo alla parte tecnica: il suo metodo di indagine è molto basato sugli indizi ma se non riesce a capire il movente passa allora all’interrogatorio dei sospettati cercando di comprendere e collegare con gli indizi i loro rapporti con la vittima. Zoe ad esempio è riuscita a risolvere un caso in cui stava per essere condannata una persona innocente; una donna, la signora Maddalena è stata trovata morta con un colpo alla testa e il suo corpo gettato dietro ad un cespuglio in giardino; appena appresa la notizia Zoe è subito corsa sul luogo del delitto è ha iniziato a fare rilevamenti in ogni angolo della casa e del giardino, non ha voluto l’aiuto dei suoi collaboratori perché voleva ispezionare tutto di persona. In prima battuta si sospettava che fosse stato il marito ad ucciderla perché nella sua auto era stata ritrovata una mazza da baseball sporca di sangue. Il marito si è sempre dichiarato innocente e anche Zoe dentro di sé pensava che fosse realmente innocente, il suo spiccato intuito l’ha portata a ispezionare un vecchio cellulare della signora Maddalena che sembrava essere stato abbandonato in un cassetto ormai da anni, apparentemente non c’erano impronte digitali ma Zoe dopo nottate passate a cercare di capire è riuscita ad arrivare al colpevole il cui nome era proprio impresso in quel cellulare obsoleto. Riuscì a risalire ad una conversazione registrata esattamente dieci anni prima in cui una donna con l’accento milanese le diceva che sarebbe tornata a trovare la signora Maddalena e per lei sarebbe stata la sua fine. Continuando le indagini Zoe è risalita ad una vecchia compagna di liceo della signora Maddalena, che si era trasferita a Milano e che era molto innamorata del marito e per gelosia e vendetta l’aveva uccisa. Solo con la sua tenacia e insistenza Zoe è riuscita a dare una svolta alle indagini e far condannare la vera colpevole. Ecco a voi presentata la detective Zoe!!!
Borboglini Giulia