La gastronomia

Tutto ebbe inizio nel 1638 vicino Bagnara Calabra, nel paese di Melicuccà, feudo dei latifondisti principi Ruffo, con il fabbro Tommaso Florio, proprietario di una piccola bottega.

Tommaso tramandò la sua arte al figlio Domenico, che nel 1681 si trasferì a Bagnara dove impiantò una propria bottega. Sarà la quarta generazione Florio con Vincenzo ad ampliare l’attività di famiglia, partecipando alla ricostruzione dopo il tremendo terremoto del 1783.

Vincenzo ebbe due figli, Paolo e Ignazio. Il primo era scalco da tavola – ovvero addetto a “scalcare”, trinciare la carne nel banchetti – tra i servitori del principe Ruffo.

Dopo gli avvenimenti politici del 1799 e a causa della crescita del fenomeno del brigantaggio nelle Calabrie, Paolo Florio fu convinto dal genero a iniziare un commercio marittimo di spezie e piccolo abbigliamento con la vicina Messina. In seguito si associò con una bottega di un mercante di droghe e spezie alimentari. Morto Paolo nel 1807 a Messina, la vedova Giuseppa Safflotti fece venire da Bagnara il fratello e lo zio paterno del marito (entrambi si chiamavano Ignazio Florio), facendoli entrare in società.

Si trattava anche di gestire una piccola banca di depositi e pegni legata al negozio in via Materazzi e all’attività di commercio marittimo.

Vincenzo Florio portò anche una macchina automatica polverizzatrice in grado di produrre in grandi quantità il cortice, la corteccia di china che cura la malaria. La produzione di questo rimedio medicamentoso fu enorme: venduto a Messina e Palermo, presto fu smerciato anche a Napoli.

I Florio acquistarono, quindi, varie proprietà agricole. Su uno dei terreni fu impiantata la fabbrica per la produzione dell’olio Sicilia.

Nel 1824 la famiglia entrò in società con i grandi latifondisti siciliani, il principe Pallavicino e il marchese Rusconi, partecipando al business della pesca e della lavorazione del tonno. Il pesce appena pescato era lavorato e conservato sott'olio.

La famiglia Florio entrò in contatto con il principe don Carlo Cottone di Villahermosa, già colonnello dell’esercito borbonico e quindi ministro delle Reali Finanze in Sicilia. Tramite lo zio Ignazio, Vincenzo Florio entrò a far parte delle conoscenze del principe Cottone, in particolare inglesi, e riuscì ad arrivare al mercato britannico lavorando con gli industriali Woodhouse e Ingham&Whitaker.

Sulla scia dei Lloyd di Londra, Vincenzo entrò in società con le Assicurazioni marittime di Palermo.

Nel 1828, morto lo zio Ignazio, Vincenzo fu l’erede unico e generale di tutte le proprietà Florio. Continuò a espandere l’attività commerciale: nel 1828 fondò a Marsala una società per la produzione di vini Madera e Porto, molto apprezzati dagli inglesi. Nacque così la celebre etichetta Florio.

Nel 1829 Vincenzo acquistò la tonnara dell’Arenella di Palermo e iniziò a impiantare zolfare tra Marsala e Trapani, godendo dei privilegi concessi agli amici inglesi.

Intraprendente industriale e sempre attento alle situazioni favorevoli, Vincenzo Florio nel 1833 approfittò del trattato di pace commerciale dei bey di Tunisi e di Algeri con re Ferdinando II per acquistare spezie e droghe orientali, tabacco, caffè turco, chinino, per poi rivenderle a Palermo.