Musica!

14 October 1999

The Artist – il principe che non piaceva a dio

Intervista Esclusiva con il Musicista di Minneapolis Una volta lo chiamavano Prince


Giuseppe Videtti

NEW YORK – Il palazzo di sua altezza è una torre di cristallo nel cuore di Manhattan piantato su una preesistenza in mattoni rossi. Il piccolo Principe è al sicuro come in wia cassaforte nella suite al 49esimo piano. E più emozionato dei giornalisti che riceve, perché lui rifiuta interviste da vent'anni, eccezion fatta per l'incontro informale che qualche anno fa organizzò negli studi della Paisley Park, a Minneapolis. “Nessuno mi chiama più Prince, neanche i miei fan, non lo faccia neanche lei” esordisce The Artist, che dopo le note controversie con la Warner Bros. e gli anni trascorsi a smerciare i propri dischi in rete, ha deciso di affiancarsi di nuovo a una major (la Arista) per la distribuzione di Rave un2 the joy fantastic, l'album che sarà nei negozi a metà novembre, anticipato da un singolo di sublime leggerezza già in programmazione, The greatest romance ever sold. La sera precedente, con un gesto di sorprendente generosità, The Artist aveva regalato un concerto a porte eh.i use alla stampa: un'ora e un quarto di sole cover [da "Sex Machine" a u(Sometimes I feel like a) Motherless child"], con Larry Graham al basso e il Vecchio Buddy Miles della Band of Gypsys di Hendrix alla batteria.

Fuori scena sembra ancora più piccolo. Inorridisce quando vede sul tavolo il nostro registratore portatile. “Parlerò lenta1nente, lei avrà tutto il tempo di scrivere. Forse hanno dimenticato di dirle che non voglio che le interviste vengano incise”. Durante il concerto, aveva scaraventato a terra la telecamera di uno sp~ovveduto operatore, più volte ammonito di interrompere la ripresa. E affabile, cortese, persino sobrio nel suo completino glitterato grigio perla. Dal collo gli pende un ciondolo enorme con il simbolo NPG (New Power Generation) carico di brillanti. Alle dita, più anelli di un rapper.

“E il mio anno. Cantai questo momento nel 1982, e devo dire che quando scrissi 1999 avevo in mente esattamente tutte le stranezze che sono nell'aria in questi giorni che ci separano dal Duemila”. Per scivolare dentro il nuovo millennio The Artist ha scelto d'incidere l'album più pop della sua carriera. Il rneno rivoluzionario. Tanto che Rave un2 the joy fantastic sembra una riedizione di Kiss. “E un brano che incisi nello stesso periodo, nel 1987. Doveva essere la canzone che dava il titolo a un album, poi una parte di quel materiale finì dentro Emancipation.” Prince era già in crisi aperta con la sua casa discografica: di U a poco si sarebbe mostrat~ in scena con la scritta "Slaveschiavo" tatuata sulla guancia destra. E una polemica che ancora scotta. “Cominciarono a proliferare dischi illegali, come il Black album. Io dissi: cerchiamo di bloccare il fenomeno mettendo sul mercato gli originali, qualitativamente migliori. Ma loro non furono d'accordo. E adesso continuano a sfornare tutto quello che è in loro possesso. Ma con The vault (pubblicato due mesi fa) hanno dato fondo alle riserve. Adesso la scorta è finita”. Il discorso si allarga a ·macchia d'olio. “La verità è che nessun uomo può stipulare contratti con i suoi simili. L'ho capito troppo tardi, studiando la Bibbia. Qyando Larry .Graham (l'ex bassista di Sly & Family Stone, ora membro stabile dei New Power generation, ndr) mi ha introdotto al Vecchio Testamento ho iniziato a pormi le domande cruciali: perché è stato Dio a crearci, dov'è Dio? Fino alla Creazione stessa, il momento in cui Dio ha fornito all'uomo gli strumenti per essere libero. Gli ha detto: ora hai carta bianca, hai anche tu facoltà di creare. Ma la libertà può anche indurre all'errore...”

The Artist è nato nel momento stesso in cui Prince ha in cominciato a sentirsi schiavo dell'industria. “Dio è l'unico a poter sottoscrivere un contratto con l'uomo. Nessun altro uomo può dire a un suo simiJe quello che deve o che non deve fare. Prince era la vittima di un contratto, per questo non c'è più. Nessuno può sostituirsi al Creatore con un pezzo di carta. Perché ci sono tanti divorzi nel mondo? Per via di un contratto che dice: starete insieme nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia. No, scusi, non ho nessuna intenzione di ammalarmi”. E' questo il motivo per cui The Artist ha ridefinito il suo "contratto" di nozze con la bella Mayte: ora non sono più marito e moglie, ma solo “un uomo e una donna”. “Un rapporto come il matrimonio non può fondarsi su un giuramento. Non devo giurare a nessuno di dire la verità. Il caso Clinton la racconta lunga in proposito. E comunque voglio precisare che non ho cambiato nome per colpa della Warner. L'ho fatto per essere più vicino a Dio. Sono nelle sue mani: ora mi conoscono con un simbolo, e quel sin,bolo vuol dire anche Prince”.

E' impensabile che tutti i fan del mondo si abituino a decifrare The Artiste l'impronunciabile simbolo dietro il quale si nasconde, dimenticando che egli diventò leggenda col nome di Prince. “Confesso che mi manca il Prince produttore, il modo in cui prendeva le sue decisioni “ ammette. E questo spiega il fatto che quello che peraltro è il suo vero nome (Prince Rogers Nelson, classe 1958) rispunta fuori come produttore di Rave un2 the joy fantastic. “All'inizio del '99 ho incominciato a riflettere sulla mia vita” spiega The Artist per inquadrare l'atmosfera in cui il nuovo album ha preso vita durante i tre mesi di session nei leggendari studi Electric Ladyland, dove Hendrix incise il suo capolavoro. “Volevo incontrare gente nuova e produrre nuove idee. Non avrei potuto parlare ancora alla gente se non avessi recuperato il mio equilibrio. E ]oy è il segno di una felicità ritrovata, la gioia di tornare a comunicare con la musica e di farlo in modo diretto, senza canzoni in chiave minore, che raggiungono l'ascoltatore con più difficoltà”.

Ai vecchi fan di Prince Joy potrà anche sembrare molto commerciale, ma The Artist è estremamente fiero del suo “new power soul” che per la prima volta accetta di confrontarsi con il rock e il ' pop della scena circostante. E insolito che l'ex Prince collabori con artisti fuori dal suo giro, e in questo senso Joy segna una svolta. Nel disco ci sono Chuck D, Sheryl Crow, Ani DiFranco e Gwen Stefani dei No Doubt. “Sono stato a un concerto di Sheryl e sono rimasto folgorato. Qyanto ad Ani DiFranco posso solo dire che il modo in cui si autogestisce è un ese_mpio perfetto per qualsiasi artista. E una grande poetessa, uno spirito libero. L'ho invitata a Minneapolis per una session: era la felicità fatta persona, non faceva che ballare nello studio, come una bimbetta di dieci anni. Mi ha ricordato quella volta che andai a un concerto di Springsteen. Avevo dieci guardie del corpo, ma la gente era talmente felice di essere lì, tutti ballavano, e nessuno badò a me. Qyesti sono artisti veri, non questa roba” dice indicando una foto di Kid Rock che stringe tra le dita una pallottola d'oro sulla copertina del mensile Spin. E aggiunge che ai No Doubt ha restituito il favore collaborando a una canzone del loro nuovo disco.

“Ho scoperto il potere della musica semplice. Ricordate lo Stevie Wonder di Superstition? C'era un giro di clavinet assolutamente elementare, eppure geniale. Qiando tutti cominciarono a copiarlo, lui cambiò direzione”. Ora la priorità di The Artist è di rientrare in possesso del materiale inciso per a Warner. “Qyei 17 album sono la mia eredità artistica. O recupero i master o li incido di nuovo” dice severo. Un lavoro lungo che richiederebbe mesi. “Non creda. Mi limiterei a cambiare i missaggi. Come ha fatto Little Richard che, insieme a Larry Graham, James Brown, Santana, Joni Mitchell e Duke Ellington, è il mio più grande ispiratore”.

Come trascorrerà la notte di capodanno del Duemila? “Nella luce”.