Chitarra Elettrica
La storia della chitarra elettrica inizia quando si avvertì l'esigenza di uno strumento che avesse alcune caratteristiche proprie della chitarra, ma che potesse suonare insieme agli altri senza esserne sovrastato dal volume di suono. Con la nascita delle orchestre jazz e blues ci si rese conto del problema della limitata amplificazione delle chitarre acustiche. Diversi costruttori cercarono di ovviare al problema costruendo strumenti che consentissero un volume maggiore, con un timbro simile a quello della chitarra acustica.
Il concetto di chitarra elettrica deve però molto alle intuizioni di Adolph Rickenbacker, che nel 1931 realizzò il primo pick-up elettromagnetico: un dispositivo in grado di trasformare le vibrazioni delle corde in impulsi di tipo elettrico che tuttavia è troppo debole per essere udibile attraverso la riproduzione per mezzo di altoparlanti. Viene dunque inviato a un amplificatore, e solamente dopo essere stato opportunamente amplificato viene inviato a uno o più altoparlanti che trasformano il segnale elettrico in un segnale sonoro, udibile dall'orecchio umano. Spesso l'amplificatore e l'altoparlante sono integrati in un medesimo apparecchio, chiamato esso stesso "amplificatore" nel linguaggio comune. Sovente, prima di giungere all'amplificatore, il segnale elettrico viene processato da uno o più "effetti" che ne alterano le caratteristiche.
La chitarra elettrica non ha pertanto bisogno di avere una cassa di risonanza: la chitarra elettrica solid body è infatti uno strumento pieno e rigido. D'altra parte, dove una cassa di risonanza è presente (ossia nelle chitarre semiacustiche), essa dona allo strumento particolari caratteristiche timbriche, ma non è essenziale al suo funzionamento.