Il Medioevo

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Il Medioevo è quel periodo storico che va dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C. ) alla scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo (1492). E’ un periodo oscuro, ricco di tensioni, invasioni barbariche e carestie.

I LUOGHI DELLA MUSICA

Dal punto di vista musicale, di fondamentale importanza è il ruolo di CHIESE, BASILICHE e MONASTERI, dove si intonano inni e canti durante le messe o per scandire i vari momenti di preghiera all’interno della giornata.

Nei CASTELLI i menestrelli (musicisti al servizio di un Signore) allietano il padrone ed i suoi ospiti durante feste, banchetti, oppure per festeggiare il ritorno dalla guerra.

Nelle PIAZZE dei villaggi ogni occasione o festività (festa del raccolto, festa di primavera) è accompagnata da canti e danze eseguite dai giullari (musicisti girovaghi).

LA MUSICA SACRA

Con il termine "musica sacra" si intende tutta quella musica nata con lo scopo di accompagnare preghiere o riti religiosi.

Nel Medioevo monaci e fedeli intonano canti cosiddetti monodici, ad una sola voce, composti cioè da una sola melodia. Sono canti vocali, ossia senza accompagnamento strumentale, e vengono rigorosamente cantati in latino. L’uso degli strumenti musicali per accompagnare le voci era severamente proibito nel Medioevo in quanto si riteneva che gli strumenti distogliessero l’attenzione del fedele dalla preghiera e non gli permettessero di entrare in comunicazione spirituale con Dio. Con il tempo è stato introdotto l’utilizzo dell’organo, che è diventato lo strumento liturgico per eccellenza ed è rimasto per molto tempo l’unico strumento ammesso in chiesa. Il ritmo di questi canti è libero; vuol dire che cantando si segue l’andamento del testo senza valori musicali prestabiliti, prolungando naturalmente la sillaba finale di una parola. I canti possono essere in stile sillabico (ad una sillaba del testo corrisponde una nota cantata) o melismatico (ad una sillaba del testo corrispondono più note). Tra i canti della messa troviamo ad esempio Kyrie, Glorja, Sanctus, Agnus Dei.

Papa Gregorio Magno
Papa Gregorio Magno


Il canto gregoriano

La diffusione del Cristianesimo va di pari passo con la diffusione della musica sacra. I fedeli intonano sempre più spesso coralmente Salmi della Bibbia, oppure si alternano ad una voce solista cantando parti di una melodia su un testo tratto dall’ Antico o dal Nuovo Testamento. Questo repertorio di canti con il tempo diventa sempre più vasto e variegato, sfuggendo al controllo della Chiesa di Roma. E’ per questo che il papa Gregorio Magno (540—604) decide di raccogliere e catalogare i canti religiosi in un unico libro chiamato Antifonario, dove vengono inseriti tutti quei canti che la Chiesa di Roma ritiene adatti ad essere eseguiti durante le funzioni religiose. Da allora questi canti prendono il nome di canti gregoriani.

L’invenzione della scrittura musicale

Abbiamo già visto come presso i Greci venne adottato un primo sistema di scrittura musicale che associava le note alle lettere dell’alfabeto. Questo metodo fu tramandato anche agli studiosi medievali. Verso il IX secolo compaiono dei piccoli segni sopra le parole dei canti gregoriani. Si chiamano neumi e indicano in modo approssimativo l’andamento della melodia. Inizialmente hanno la forma di punti e linee; verso il XIII secolo assumono invece la caratteristica forma quadrata o romboidale.

Al monaco benedettino Guido d’Arezzo si deve l’invenzione dei nomi delle note e della attuale scala musicale. Notando la difficoltà dei suoi cantori a memorizzare le melodie dei canti gregoriani, individua una serie di sei suoni consecutivi, abbina a ciascuno di essi le sillabe iniziali dell’inno a San Giovanni e le utilizza come punto di riferimento. Da allora le note musicali hanno lo stesso nome, fatta eccezione per il DO che originariamente veniva chiamato UT. E’ quasi certo che il teorico Giovanni Battista Doni (1594—1647), stanco degli “ululati” prodotti dai vocalizzi sulla prima nota, ne cambia il nome utilizzando le sillabe iniziali del suo cognome.

A Guido d’Arezzo si deve anche l’introduzione del tetragramma, un rigo musicale su cui fissare con più precisione l’altezza dei suoni da cantare, formato da quattro righe. Prima del tetragramma era stata introdotta una linea rossa, corrispondente alla nota fa che faceva capire che le note poste al di sopra erano più acute, quelle poste al di sotto più gravi. Per vedere la comparsa dell’odierno pentagramma bisogna aspettare la fine del 1500, quando il teorico Giuseppe Zarlino aggiunge una riga al tetragramma guidoniano.

La nascita della polifonia — Ars Nova e Ars Antiqua

A partire dal IX secolo si diffonde la pratica di sovrapporre ad una melodia gregoriana una seconda melodia, cantata da un secondo gruppo di cantori. Questo tipo di canto prende il nome di organum, e sancisce l’inizio di una importantissima fase della storia della musica, la nascita della polifonia ossia del canto a più voci. Ad ogni nota della voce principale viene contrapposta una nota della seconda voce. Questa tecnica è alla base della polifonia e si chiama contrappunto. (Il nome deriva dal fatto che le note in latino sono chiamate punctum, quindi punctus contra punctum = nota contro nota). Inizialmente le voci sono solo due.

Con l’aumento delle voci la tecnica del contrappunto si sviluppa notevolmente. Il periodo nel quale nasce la polifonia e vengono compiuti i primi esperimenti compositivi viene definito dagli studiosi Ars Antiqua (1100—1320). Tra i musicisti più importanti dell’Ars Antiqua ricordiamo Leoninus e Perotinus, attivi presso la cattedrale di Notre-Dame de Paris.

Il periodo successivo, dal 1320 in avanti, viene invece denominato Ars Nova, in contrapposizione al periodo precedente, e si caratterizza per l’adozione di figure per la notazione ritmica (durante l’Ars Antiqua erano stati adottati dei simboli che indicavano genericamente un suono lungo o un suono corto) e per il definitivo e florido sviluppo della polifonia, non solo nell’ambito della musica sacra ma anche in quello della musica profana. Tra i musicisti più importanti dell’Ars Nova troviamo il francese Philippe de Vitry e soprattutto Guillame de Machault, autore della Messa di Notre-Dame.


LA MUSICA PROFANA

Con l’espressione "musica profana" si intende tutta la musica non liturgica, non destinata cioè ad accompagnare celebrazioni religiose. Nel Medioevo il repertorio della musica profana è formato inizialmente da brani monodici, ed in particolare:

* Canti su testi poetici di autori classici (Orazio, Virgilio) in lingua latina;

* Canti goliardici (i goliardi erano studenti che giravano per le corti e le città Europee per consolidare la propria formazione) in lingua latina i cui testi esaltavano l’amore, la natura, il vino. L’esempio più celebre è formato dai Carmina Burana, una raccolta di centinaia di canti goliardici ritrovata tra le rovine di una antica abbazia benedettina bavarese;

* Canti in lingua volgare.

Per quanto riguarda i primi due, non esistono testimonianze certe, soprattutto per quanto riguarda la linea melodica. Questi canti venivano infatti tramandati oralmente ed erano pertanto soggetti a possibili variazioni della melodia, del ritmo e del testo. Capitava spesso che venisse usata una melodia sacra a cui veniva aggiunto un testo profano. Un discorso a parte va invece fatto per quanto riguarda in canti in volgare.


Trovatori e trovieri

Nella Francia del Sud i trovatori si esprimono utilizzando la lingua d’Oc (il provenzale) mentre nella Francia del Nord i trovieri si esprimono invece con la lingua d’Oil (francese antico). Sono poeti e musicisti colti che compongono brani vocali in forma strofica, spesso accompagnati dagli strumenti musicali, le cui tematiche rispecchiano quelle dell’amor cortese.

Altri esempi di unione tra poesia e musica si ravvisano in Germania, dove troviamo i Minnesänger (cantori d’amore), in Spagna ed in Italia (lauda).

La musica profana polifonica

A partire dal Trecento la polifonia esce dagli ambienti ecclesiastici per invadere il campo della musica profana. In questo periodo i due generi acquistano pari importanza agli occhi dei compositori. Lo sviluppo della polifonia determina anche la nascita di nuove forme come il madrigale.

Musica profana e danza

Durante il Medioevo esecuzioni di canti e danze accompagnano sia le feste popolari legate alla società contadina, sia i momenti di svago all’interno della corte. Si tratta di brani strumentali, in cui è a volte presente anche una parte cantata, adatti ad essere ballati in cerchio o in coppia. Tra le danze medievali più diffuse ricordiamo la Carola, la Farandola e il Saltarello.

LE FORME

Oltre al canto gregoriano e all’organum, di cui abbiamo già visto le definizioni, nel Medioevo si sviluppano altre forme musicali sia sacre che profane. Vediamole nel dettaglio.

Dramma liturgico: forma di teatro musicale in cui dei cantanti solisti drammatizzano attraverso i gesti e i movimenti una vicenda di argomento sacro.

Messa: insieme dei canti che accompagnano la messa. Alcuni di questi brani sono fissi altri variano in base al calendario liturgico. Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus sono un esempio di brani fissi mentre l’Alleluia è uno di quelli che possono variare.

Chanson: composizione monodica profana con struttura strofica di tema generalmente amoroso cantato in lingua volgare

Lauda: composizione monodica profana di argomento spirituale ma extraliturgico diffusa negli ambienti popolari. Tipica dell’Italia si caratterizza per una melodia semplice ed una forma strofica. Il testo è in volgare italiano.

Ballata: composizione profana di origine italiana in forma strofica, il cui nome si deve al fatto che in origine si trattava di una melodia intonata dagli stessi danzatori. Nel Trecento, la ballata perde la sua funzione originaria e diventa un genere vocale indipendente. Può essere sia monodica che polifonica.

Mottetto: composizione polifonica (a tre o quattro voci) sia sacra che profana caratterizzato dalla politestualità delle voci (ogni voce canta un testo diverso) e dall’utilizzo della tecnica del contrappunto

GLI STRUMENTI MUSICALI

Tra gli strumenti musicali medioevali troviamo

* strumenti ad arco come la viella e la ribeca, la tromba marina;

* strumenti a fiato come la ciaramella oltre a trombe, flauti, corni, chalumeau e cornamuse,

* Strumenti a corde pizzicate come il liuto, l’arpa, il salterio e a corde strofinate come la ghironda;

* Strumenti a percussione come tamburelli, tamburi, cimbali e sonagli;

* L’organo, strumento liturgico per definizione.