Canti di Guerra

La musica da sempre accompagna i momenti salienti della storia di un popolo. Anche nei periodi di guerra. La musica non è utilizzata solamente per incitare gli eserciti, per guidare gli assalti e festeggiare i trionfi, ma anche per ricordare i caduti e le sconfitte.

I canti di trincea - La Prima Guerra Mondiale

Nel 1918 l'Italia esce vittoriosa da quella che fu una guerra lunga e logorante, in cui i soldati fronteggiavano il nemico con interminabili appostamenti nelle trincee, in attesa che arrivasse dal comando l'ordine di assalto. Durante questi momenti che sembravano eterni, i soldati spesso cantavano per "dimenticarsi", anche solo per pochi minuti del luogo in cui si trovavano e della situazione che stavano vivendo, ripensando alla propria vita, alla terra e alle famiglie e agli affetti lontani e abbandonati. Cantavano per cercare conforto, o per scacciare la paura, per sentirsi solidali con gli altri soldati.

Dal punto di vista musicale, i canti di trincea sono riconducibili al patrimonio dei canti popolari. I testi sono semplici, facilmente memorizzabili, a volte in dialetto e possono descrivere la vita quotidiana del soldato in trincea, luoghi di celebri combattimenti, gesta compiute in battaglia, o ancora parlare di sentimenti come il dolore per la perdita di commilitoni, la speranza di rivedere presto i propri cari.

La struttura é strofica (non sempre è presente un ritornello), in trincea erano eseguiti per lo più a cappella (senza accompagnamento strumentale) e venivano trasmessi oralmente, a causa dell'assenza di spartiti. Oggi vengono eseguiti in occasione di ricorrenze patriottiche da cori (principalmente di alpini) accompagnate da bande o fanfare militari.

La leggenda del Piave

Un discorso a parte merita "La leggenda del Piave".

Nella notte tra il 23 e il 24 maggio del 1915 l'Italia entra in guerra. L'esercito, marciando verso la frontiera con l'Austria, attraversa il fiume Piave, che è il vero protagonista di questa canzone. Il brano, contrariamente alla maggior parte dei canti di trincea, non nacque sul campo di battaglia ma venne scritta da un musicista napoletano, Gioviano Gaeta, più conosciuto come E.A. Mario, nel suo studio. Mario era un compositore di canzoni di spettacoli di varietà e non immaginava certo che La leggenda del Piave sarebbe diventata un inno patriottico. Leggendo il testo, ci rendiamo conto che non rappresenta il punto di vista del soldato, ossia chi la guerra l'ha subita, bensì di chi la guerra l'ha voluta. Le parole sono ben diverse dai testi pacifisti che circolavano tra i militari.

Le quattro strofe narrano dei quattro momenti fondamentali del conflitto: l’entrata in guerra, la disfatta di Caporetto, la reazione dell'esercito italiano, la vittoria con il ricordo dei caduti dell’Irredentismo. Naturalmente la data di composizione dell’ultima strofa è posteriore alla data delle prime tre e, secondo l’autore, risale al novembre 1918. Ogni strofa si conclude con la parola straniero e con un'impersonificazione del Piave che mormora o comanda.

Dal punto di vista musicale il brano è una marcia in 2/4 in forma strofica. In ogni strofa sono presenti due melodie differenti (Il Piave mormorava... melodia A, Muti passaron... melodia B)

La Leggenda del Piave
Il Piave mormorava,calmo e placido, al passaggiodei primi fanti, il ventiquattro maggio;l'esercito marciavaper raggiunger la frontieraper far contro il nemico una barriera...Muti passaron quella notte i fanti:tacere bisognava, e andare avanti!S'udiva intanto dalle amate sponde,sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.Era un presagio dolce e lusinghiero,il Piave mormorò:Non passa lo straniero!
Ma in una notte tristasi parlò di un fosco evento,e il Piave udiva l'ira e lo sgomento...Ahi, quanta gente ha vistavenir giù, lasciare il tetto,poi che il nemico irruppe a Caporetto!Profughi ovunque! Dai lontani montiVenivan a gremir tutti i suoi ponti!S'udiva allor, dalle violate sponde,sommesso e triste il mormorio de l'onde:come un singhiozzo, in quell'autunno nero,il Piave mormorò:Ritorna lo straniero!
E ritornò il nemico;per l'orgoglio e per la famevolea sfogare tutte le sue brame...Vedeva il piano aprico,di lassù: voleva ancorasfamarsi e tripudiare come allora...No, disse il Piave. No, dissero i fanti,Mai più il nemico faccia un passo avanti!Si vide il Piave rigonfiar le sponde,e come i fanti combatteron l'onde...Rosso di sangue del nemico altero,il Piave comandò:Indietro va', straniero!
Indietreggiò il nemicofino a Trieste, fino a Trento...E la vittoria sciolse le ali al vento!Fu sacro il patto antico:tra le schiere, furon vistiRisorgere Oberdan, Sauro, Battisti...Infranse, alfin, l'italico valorele forche e l'armi dell'Impiccatore!Sicure l'Alpi... Libere le sponde...E tacque il Piave: si placaron l'onde...Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,la Pace non trovòné oppressi, né stranieri!


L'autore de "La leggenda del Piave" E.A. Mario

Signore delle cime

E' un brano composto dal musicista Bepi de Marzi nel 1958 per commemorare un amico scomparso durante una spedizione in montagna. Sebbene il brano non abbia una stretta attinenza con i canti di trincea, il suo successo fu talmente grande che viene tuttora eseguito da cori di alpini durante celebrazioni e ricorrenze, grazie al messaggio di profonda immedesimazione che contiene.

Il testo è diviso in due strofe: la prima indirizzata a Dio, la seconda alla Madonna. La melodia è semplice ed alterna, analizzando la voce dei soprani, piccoli slanci vocali verso l'acuto a melodie discendenti che procedono invece per grado congiunto. Originariamente il brano era stato composto per coro maschile a quattro voci. Lo stile compositivo è semplice poichè, pur utilizzando quattro voci, mantiene uno stile omoritmico (tutte le voci procedono con lo stesso ritmo), evitando così intrecci complessi.

Dio del cielo, Signore delle cime,

un nostro amico hai chiesto alla montagna,

ma ti preghiamo, ma ti preghiamo,

su nel Paradiso, su nel Paradiso,

lascialo andare per le tue montagne.


Santa Maria, Signora della neve,

copri col bianco, soffice mantello,

il nostro amico, il nostro fratello,

su nel Paradiso, su nel Paradiso,

lascialo andare per le tue montagne.

Il canto degli italiani - Inno di Mameli - Inno nazionale italiano

Il Canto degli italiani è un brano il cui testo fu scritto dal patriota Goffredo Mameli nel 1847 e musicato da Michelo Novaro nello stesso anno. Venne adottato come inno nazionale nel 1947.

Dal punto di vista musicale possiamo riconoscere due sezioni melodiche distinte: A (battute 1 - 17) B (18 - fine)