Sulle pensioni
2025
2025
16 Ottobre 2025 alle 14:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Wal del 14 Ottobre 2025 alle 13:08.
Sig. Wal, penso che con la sua espressione “Ma questi contenuti del link sono una invenzione o sono vicine alla realtà!” lei si stia riferendo ai contenuti del link che ha riportato nel suo commento.
Non saprei dirle se i contenuti del link che lei ci segnala siano una “invenzione”, intesa nel senso di “falsificazione”, “manipolazione” della realtà.
Sono propenso a credere, invece, che l’AI oscilli proprio tra realtà e illusione, come specificato nel titolo dell’articolo che ci ha segnalato.
L’AI generativa (cioè l’AI capace di analizzare e redigere documenti, per intenderci) è una realtà. Credo che tale realtà possa essere avallata dai link che ho segnalato nel mio commento nel quale riporto l’analisi di CyberLutero AI riguardo alla proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
L’AI agentica (cioè l’AI più avanzata della AI generativa e che è capace di raggiungere determinati obiettivi in modo autonomo) è anch’essa una realtà (NOTA: la differenza tra “AI generativa” e “AI agentica” la si può trovare al seguente link di IBM: https://www.ibm.com/it-it/think/topics/agentic-ai).
Un sistema di “AI generativa” è ChatGPT (Generative Pre-trained Transformer) dell’azienda OpenAI.
Un sistema di “AI agentica” non lo conosco di persona, e quindi non ho elementi sufficienti per poterne dare una valutazione. La differenza tra “Agentic Ai” e “Ai Agent”, oltre al link IBM che ho segnalato, è descritta anche al link del Politecnico di Milano https://www.osservatori.net/blog/artificial-intelligence/agentic-ai-come-funzionano/.
Se si cerca con Google cos’è l’AI agentica, una delle tante risposte è la seguente:
“Con l’AI agentica si intende un sistema AI in grado di prendere decisioni autonome basate sia sulle prestazioni passate che sulla valutazione corrente di ciò che è necessario per svolgere un’attività, operando con una supervisione umana minima”.
In base alla definizione di “AI agentica” che viene data da Google e da altri, affermo, senza alcuna ombra di esitazione, che il Computer Mainframe IBM gestito dal sistema operativo z/OS (e dai suoi predecessori, MVS, MVS/SP, MVS/XA, OS390) è un sistema AI AGENTICO (NOTA: il sistema operativo IBM MVS è del 1970).
Nei manuali IBM Il sistema operativo IBM z/OS (più precisamente, il suo componente Workload Manager o WLM) fa le seguenti cose:
• “IMPARA”, e lo si rileva dalla seguente frase presente in uno dei manuali IBM: “At this point, WLM learns the behavior of the workloads and the system“
• “DECIDE”, e lo si rileva dalla seguente frase presente in uno dei manuali IBM: “WLM decides to activate a new address space based on the following information”
(FONTE: https://www.redbooks.ibm.com/redbooks/pdfs/sg246472.pdf).
Che il software z/OS, il sistema operativo per elaboratori di classe mainframe IBM, sia un AI Agentico credo che IBM stessa non ne sia a conoscenza. E questo desta in me grande stupore.
A volte le idee vengono caricate di una certa enfasi: siamo passati dal “cervello elettronico” (il computer, il calcolatore, l’elaboratore) alla “intelligenza artificiale” (un sistema che impara e che decide in maniera autonoma).
Abbiamo parlato della realtà dell’AI, ma qual è l’illusione dell’AI?
L’illusione è quella generata dalle aspettative, che superano la realtà. Se l’economia segue la scia dell’illusione piuttosto che la strada della realtà, allora sì: potrebbe effettivamente esserci la bolla economica. E quindi? E quindi, come sostiene l’Amministratore Delegato di Open Ai, Sam Altman, “Qualcuno perderà una quantità fenomenale di denaro anche se ancora non sappiamo chi.”
Per quanto riguarda l’ipotesi di una prossima “sostituzione” della riforma Fornero, non vedo alcuna difficoltà.
La Riforma Monti-Fornero è simile ad una locomotiva alimentata a carbone dove lavoratori e lavoratrici, dal viso da fumi annerito, stanchi e senza posa conducono la loro locomotiva su un binario morto.
Siamo nell’era tecnologica dove sfrecciano treni ad alta velocità e a conduzione autonoma supervisionati da robot e AI.
Come i treni ad alta velocità e a conduzione autonoma hanno soppiantato locomotive a carbone, così Riforme Previdenziali in linea con l’era digitale soppianteranno la Riforma Monti-Fornero.
Solo con una nuova Riforma Previdenziale flessibile e strutturale l’Italia potrà uscire dalla gabbia economica nella quale si è rinchiusa: denatalità, invecchiamento della popolazione, bassa crescita economica e alto debito pubblico.
15 Ottobre 2025 alle 23:19 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo ai commenti del sig. Massimo (in data 15 ottobre 2025 alle 18:58); del sig. FrancoGiuseppe (in data 15 ottobre 2025 alle 20:37); del sig. Mariano (in data 15 ottobre 2025 alle 19:18)
Sig. Massimo, il lavoratore autonomo effettivamente non percepisce il TFR (lo confermo di persona, perché negli ultimi 9 anni di lavoro sono stato lavoratore autonomo con Partita IVA). Questo, ovviamente, esclude a priori il lavoratore a partita IVA dalla proposta della Lega di aderire al pensionamento a 64 anni con 25 anni di contribuzione e con rendita TFR.
Sig. FrancoGiuseppe, la cifra di 2.500 euro lordi mensili per un lavoratore medio è VOLUTAMENTE elevata. Ho voluto mostrare che anche con un salario relativamente alto non si arriva con 25 anni di contribuzione a maturare un assegno pensionistico di 1.616 euro lordi mensili.
Sig. Mariano, lei ha perfettamente ragione: ho sbagliato i calcoli.
Nel mio commento precedente ho specificato che il TFR è dato dall’importo annuale del salario di 35.000 diviso 13,5. Tale divisione dà 2.407 euro. Il TFR=2.407 euro accumulato in 1 anno corrisponde all’incirca al salario lordo mensile (che nel nostro esempio è 2.500 euro).
Quindi, sig. Mariano, LEI HA PERFETTAMENTE RAGIONE.
Il TFR pari a 185 euro corrisponde, invece, al TFR mensile, dato da 2.407/13=185 euro.
Questo TFR mensile è in effetti il “TFR base” che si trova nel simulatore che ho utilizzato al link che ho esposto nel mio precedente commento. Mi sono lasciato fuorviare dal simulatore, che riporta il Fondo TFR accumulato pari a 4.534,76 euro.
Il fatto che mi sia lasciato fuorviare non è una giustificazione.
Rieseguo i calcoli con il TFR giusto (o, perlomeno, ritenuto più vicino alla realtà).
Se il TFR annuale è 2.407 euro, allora il TFR accumulato in 25 anni è 2.407 x 25 = 60.185 euro. Dividendo 60.185 euro per 18 anni (dato da 82-64), si ha la rendita annuale del TFR che è 3.343. Dividendo 3.343 per 13 mensilità, si ottiene la quota TFR mensile che è data da 3.343/13=257 euro.
Sommiamo ora l’importo pensionistico derivante dal montante contributivo (che nel mio commento precedente è pari a 1.145) a 257 euro della rendita mensile del TFR ed otteniamo: 1.145+257=1402 euro (e NON 1.145+19=1.164 come riportato nel mio precedente commento). Anche qui, non essendo tanto sicuro dei calcoli, applico l’errore del 10% (perché sono più fiducioso di prima di essere vicino alla realtà), cioè maggioro del 10% l’importo di 1.402 euro ed ottengo: 1.402 + (1.402×10%)=1.402+140=1.542 euro.
Nei miei calcoli che ho fatto nel mio precedente commento, ho applicato la maggiorazione del 30% perché non mi convinceva l’importo mensile della rendita TFR di appena 19 euro. Intuivo che c’era qualcosa che avevo trascurato nei miei calcoli.
CONCLUSIONE
I miei calcoli sbagliati nel mio precedente commento (calcolando la rendita TFR in modo errato) dava l’importo pensionistico pari a 1.513 euro mensili (perché ho utilizzato la maggiorazione del 30% includendo l’errore del 30% perché poco fiducioso della correttezza dei calcoli).
I miei calcoli più precisi effettuati considerando la rendita TFR più vicina alla realtà dà l’importo pensionistico pari a 1.542 euro mensili (perché ho utilizzato la maggiorazione del 10% includendo l’errore del 10% perché più fiducioso della correttezza dei calcoli) .
SONO VALORI PRESSOCHÉ UGUALI. Ne conviene, sig. Mariano?
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio il sig. Carlo per avermi offerto la possibilità di cimentarmi in questo esercizio che ho trovato particolarmente interessante.
Ringrazio il sig. Mariano per avermi fatto notare il mio errore, e per avermi dato la possibilità di rimediare al mio errore.
Ringrazio i gestori del sito per averci dato la possibilità di innescare questa costruttiva interazione.
15 Ottobre 2025 alle 17:06 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Carlo in data 15 Ottobre 2025 alle 10:42.
Nessuno al momento sa dire se verrà introdotta la proposta di pensionamento con 64 anni di età con almeno 25 anni di contributi ed utilizzo TFR come rendita pensionistica. Tutto è ancora in sede di discussione.
Tale proposta della Lega richiede anche un altro requisito da rispettare: occorre raggiungere la soglia minima dell’importo pensionistico pari a 1.616 euro lordi mensili (ovvero, 21.008 euro lordi annuali, considerando 13 mensilità).
Personalmente, ritengo che la proposta della Lega verrà introdotta, e i razionali sui quali mi baso sono i seguenti:
1. Utilizzare il TFR come rendita pensionistica equivale ad affiancare alla pensione obbligatoria la pensione integrativa, che è la tendenza verso la quale il sistema pensionistico si sta orientando;
2. Il TFR come rendita pensionistica verrebbe gestita dall’INPS, con grande sollievo da parte delle casse dell’INPS che si troverebbe ad erogare il TFR in più rate anziché in un’unica soluzione;
3. Ipotizzando che lo stipendio medio di un lavoratore sia di 2.500 euro lordi mensili, Il RAL (Retribuzione Lorda Annuale) sarà di 2.500 x 13 = 32.500 euro. Il montante contributivo annuale sarà 32.500 x 33% = 10.725 euro. Il montante contributivo per 25 anni sarà 10.725 x 25 = 268.125 euro (escludendo la rivalutazione dovuta all’inflazione). Ipotizzando che l’aspettativa di vita sia mediamente di 82 anni, l’INPS erogherebbe la pensione per 82-64=18 anni. La pensione lorda annuale risulterebbe pari a 268.125/18= 14.895 euro. La pensione lorda mensile risulterebbe pari a 14.895/13= 1.145 euro;
4. Ipotizzando che lo stipendio medio di un lavoratore sia di 2.500 euro lordi mensili, la quota che confluisce nel Fondo TFR è di 185 euro lordi, dato dall’importo annuale del salario di 32.500 diviso per 13,5. In 25 anni, la quota accumulata al Fondo TFR risulterebbe 185 x 25 = 4.625 euro. (NOTA: come “prova del nove” si può utilizzare il calcolo del TFR al seguente link: https://www.avvocatoandreani.it/servizi/calcolo-tfr.php. Ho eseguito la simulazione specificando la data di inizio lavoro 01/01/2000 e fine lavoro 31/12/2019, pari a 25 anni e inserendo per ogni anno il salario di 2500,00 euro. Il valore complessivo del Fondo TFR risulta 4.534,76 euro). Ipotizzando che l’aspettativa di vita sia mediamente di 82 anni, l’INPS erogherebbe la rendita TFR per 82-64=18 anni. La rendita TFR lorda annuale risulterebbe pari a 4.534/18= 252 euro. La rendita TFR lorda mensile risulterebbe pari a 252/13= 19 euro.
Da semplici (per non dire “semplicistici”) calcoli che abbiamo svolto, risulta che la pensione lorda mensile di un lavoratore che abbia percepito 2.500 lorde mensili per 25 anni è di 1.145 + 19 = 1.164 euro.
Sono calcoli certamente esposti ad errori, diciamo pure col 30% di errore, per cui è lecito introdurre la maggiorazione (favorevole) del 30% sui 1.164 euro pari a 349 euro. L’importo lordo mensile pensionistico risulterebbe quindi pari a 1.164+349=1.513 euro che è inferiore alla soglia minima richiesta che è pari a 1.616 euro lorde mensile.
CONCLUSIONE
Si conclude che la platea di persone che raggiungerebbe l’importo pensionistico di 1.616 euro lorde mensili risulterebbe molto ridotta. Pochissimi lavoratori potrebbero utilizzare la proposta della Lega relativa al pensionamento a 64 anni di età con 25 anni di contributi e con utilizzo del TFR.
Facendo passare la proposta della Lega, il vantaggio che il Governo ne trarrebbe sarebbe quello di introdurre nei calcoli della pensione anche il TFR come rendita.
Il vantaggio sarebbe quello di creare il “precedente”, proprio come è stato fatto con il Governo Conte 1 (coalizione Lega + M5S) che ha reintrodotto la finestra di attesa dopo che la Riforma Monti-Fornero aveva abolito tale “bizantinismo” (come è stato definito dall’allora Ministro Fornero alla Conferenza stampa di dicembre 2011 in occasione della presentazione della Riforma Monti-Fornero).
Reintroducendo la finestra di attesa, il Governo si è trovato ad avere un grado maggiore di flessibilità nel modulare l’accesso alla pensione:
• Aumentando l’aspettativa di vita (senza aumentare la finestra di attesa)
oppure
• Aumentando la finestra di attesa (senza aumentare l’aspettativa di vita)
Ma, se le condizioni finanziarie lo richiederanno, si potranno aumentare entrambe: aspettativa di vita e finestra di attesa.
In aggiunta a ciò, si interviene anche sull’aumento dell’importo pensionistico minimo da raggiungere per accedere al pensionamento anticipato (rispetto ai 67 anni di età) come appunto accade con il pensionamento a 64 anni di età con utilizzo del TFR come rendita pensionistica, una soluzione praticamente impraticabile per la maggior parte dei lavoratori e lavoratrici.
In definitiva, per non crearsi illusioni, occorre accettare la seguente realtà: senza una NUOVA VISIONE DELLA ECONOMIA che inglobi nella forza lavoro umana anche la forza lavoro robotica (robot e AI) e SENZA IL RICAMBIO GENERAZIONALE, IL GOVERNO POTRÀ SOLO TENDERE A RITARDARE SEMPRE PIÙ L’ACCESSO ALLA PENSIONE.
Mi preme sottolineare che le considerazioni da me espresse riguardo al pensionamento a 64 anni di età con 25 anni di contribuzione e utilizzo del TFR come rendita pensionistica, sono di carattere strettamente personale, esposte dal mio punto di vista, non supportate da calcoli matematici precisi, e quindi le mie considerazioni vanno recepite con riserva, in quanto potrebbero essere smentite quando si saprà con certezza ciò che il Parlamento avrà deciso.
14 Ottobre 2025 alle 9:03 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. FrancoGiuseppe, qualora il Governo e l’ABI riuscissero a trovare l’accordo su ciò che il Governo chiama “contributo”, non penso che possa essere equiparata ad una “tassa”.
Se il “contributo” si configurasse come tassa, certamente le banche ribalterebbero l’onere sui correntisti, ai quali, come alternativa a non accettare una nuova imposizione da parte delle banche, non rimarrebbe altra scelta che spostare il conto corrente presso le Poste italiane.
Penso che se il Governo volesse “forzare la mano”, le banche troverebbero comunque il modo di non essere forzati, orientando gli extra profitti verso impieghi alternativi e quindi, “sparendo” gli extra profitti, sparirebbe anche la tassa.
Credo che la via più conciliante sia quella di vedere il “contributo” proveniente dagli extra profitti come un anticipo di versamento di imposta. In altre parole, le banche pagherebbero nel 2025 una parte di imposte che dovrebbero pagare nel 2026.
Se così fosse, il Governo risolverebbe il suo problema nel 2025, e confidando in una crescita significativa del PIL nel 2026, si troverebbe a colmare, col maggiore gettito erariale dovuto alla crescita del PIL, il vuoto contributivo delle banche nel 2026 derivante dell’anticipo di imposta versato nel 2025.
13 Ottobre 2025 alle 21:37 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Nicola T. in data 13 Ottobre 2025 alle 17:56.
L’AI (in particolare quella generativa, quella che genera documenti) può contribuire molto nella riduzione dei tempi procedurali e di conseguenza aumentare la produttività.
Ho visto all’opera CyberLutero AI che analizza i contenuti della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Devo riconoscere che CyberLutero AI ha svolto davvero una buona analisi (https://www.pop-bullet.it/invecchiamento-e-cura/riforma-pensioni-2025-perche-la-proposta-perfetto-armiliato-gibbin-e-cruciale-e-chi-ne-beneficera-di-piu/).
Anche il Parlamento italiano ha in programma di utilizzare l’intelligenza artificiale a supporto del lavoro parlamentare (https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg19/attachments/uploadfile_comitato_vigilanza/pdfs/000/000/001/Rapporto_IA_Camera_deputati.pdf).
Mi domando se l’AI di livello superiore all’AI generativa (cioè l’AI che è in grado di apprendere, di imparare) possa far tesoro di quanto ha sviluppato lo studente Marco Cimolai riguardo al “tessuto normativo italiano” (https://labs.marcocimolai.xyz/tessuto-normativo) in modo da dare ai nostri Parlamentari maggiori opportunità di sbrogliare “l’infernale ragnatela delle leggi italiane” (https://www.repubblica.it/cronaca/2023/03/29/news/leggi_diritto_legal_design_marco_cimolai-394043811/ ).
Sappiamo cosa può fare l’AI: aumentare la produttività, e quindi la ricchezza.
Ma cosa potrà fare il Governo per ridistribuire la ricchezza generata dall’AI?
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin individua nell’IRAUT (Imposta sul Reddito da lavoro prodotto da AUTomi, robot e AI, lavoratori digitali) il mezzo per ridistribuire la ricchezza.
CyberLutero AI, analizzando la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin, ha individuato che per poter ridistribuire la ricchezza generata da robot e Ai occorrerebbe:
• Modificare Il modello IGEM (Italian General Equilibrium Model) utilizzato dal Dipartimento del Tesoro (Dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze) che ad oggi non tiene conto dei lavoratori digitali
• Modificare il modello econometrico trimestrale della Banca d’Italia che ad oggi non contempla la trasformazione dell’accumulazione di capitale in moneta digitale
Anche qui devo riconoscere che CyberLutero AI ha individuato i punti focali sui quali intervenire, che ci conducono alla seguente
CONCLUSIONE:
NON si può gestire la trasformazione tecnologica, la trasformazione digitale se si continuano ad utilizzare i vecchi modelli macroeconometrici che non contemplano i fattori digitali (in particolare, i lavoratori digitali, robot e AI).
11 Ottobre 2025 alle 12:58 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Diridero in data 11 Ottobre 2025 alle 10:43
Il pensiero del sig. Diridero è molto chiaro. Ma… c’è un ma.
Prima di rivelare il “ma” nel suo pensiero, mi si lasci esprimere la seguente considerazione.
Se un oggetto cade dall’alto di un balcone e finisce sulla testa di un passante, non si può mettere in discussione la legge di gravità. La legge di gravità agisce sia che l’oggetto cada sul suolo, sia che cada sulla testa del passante.
Analogamente, se l’azione di un essere umano razionale è volta a commettere atti leciti o illeciti, non si può mettere in discussione il postulato di razionalità. Il postulato di razionalità si applica sia che si commettano azioni lecite, legittime, legali, sia che si commettano azioni illecite, illegittime, illegali.
Il “ma” che sorge nel pensiero del sig. Diridero viene risolto cogliendo la differenza che passa tra “economia positiva” ed “economia normativa”.
Se a causa della siccità la domanda di acqua aumenta e l’offerta di acqua non aumenta, allora il prezzo dell’acqua aumenta. È un fatto. È la legge della domanda e dell’offerta (la si chiama “legge” ma non è proprio una legge, è più che altro un andamento, un “fatto” che per l’appunto si osserva). Questa è economia positiva.
L’economia positiva, dunque, si occupa dei FATTI.
Ma l’acqua è un bene essenziale! Diciamo noi: “NON È GIUSTO CHE AUMENTI”! (nota: si sta introducendo un giudizio di valore). Lo Stato potrebbe intervenire (e qui entra in gioco l’etica, ovvero l’applicazione del giudizio di valore morale) calmierando il prezzo dell’acqua, cioè fissando un prezzo massimo. Quando nell’analisi dei fatti si introducono giudizi di valore, giudizi morali profondamente radicati, si entra nel campo della economia normativa.
L’economia normativa si occupa di: GIUDIZI DI VALORE (morale) e di ETICA (comportamenti che discendono dalla morale).
CONCLUSIONE.
Di un problema non esiste una soluzione giusta, o una soluzione sbagliata.
La risoluzione dei nostri problemi è affidata alla scelta politica.
La scelta politica viene fatta in base ai valori, alla morale, all’etica dei nostri politici.
10 Ottobre 2025 alle 16:42 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Diridero in data 10 Ottobre 2025 alle 13:32
Sia l’elusione fiscale che l’evasione fiscale hanno la medesima finalità: massimizzare il proprio interesse.
Entrambe sono contro la legge, ma dal punto di vista legale, vengono sanzionate in maniera differente, in quanto l’evasione fiscale viene giudicata con un grado di severità maggiore rispetto all’elusione fiscale e quindi con l’attribuzione di una sanzione negativa maggiore (al sostantivo “sanzione” ho aggiunto l’aggettivo “negativa” perché esistono anche “sanzioni positive” che recano beneficio).
L’imprenditore che evade fiscalmente, o che elude fiscalmente, agisce in accordo col postulato di razionalità, in quanto massimizza il proprio obiettivo, il proprio interesse, il proprio profitto. Tale imprenditore, in quanto razionale, valuta e ACCETTA IL RISCHIO di incorrere in eventuali accertamenti e quindi di essere sanzionato.
Ogni imprenditore, qualsiasi imprenditore che abbia un obiettivo, si comporta in maniera razionale.
Un imprenditore che non produce, perché, per produrre, inquina, non si comporta in modo razionale e quindi non può essere soggetto alle leggi dell’economia.
A questo punto interviene lo Stato.
Lo Stato dice all’imprenditore: tu puoi esercitare la tua attività installando il depuratore, che ti comporta un certo costo. Se non installi il depuratore, pagherai una determinata imposta.
L’imprenditore valuta che installando il depuratore pagherebbe meno di quanto pagherebbe se non lo installasse, perché altrimenti dovrebbe pagare l’imposta contro l’inquinamento.
Seguendo quindi il postulato di razionalità, l’imprenditore, per massimizzare il suo profitto, installa il depuratore (ma poi, sempre seguendo il postulato di razionalità, ribalterà sui consumatori finali i costi che ha dovuto sostenere per installare il depuratore).
L’esempio che ho appena portato, evidenzia quella che in economia si chiama “imposta pigouviana”, che è una IMPOSTA (NON è una tassa, come riporta l’intelligenza artificiale generativa di Google) per correggere le “esternalità”; tale imposta non fa altro che rendere partecipe l’imprenditore di costi che altrimenti rimarrebbero a carico totale della collettività.
A questo punto vorrei aprire una breve parentesi riguardo ad un’altra esternalità.
Mi riferisco alla sostituzione (al rimpiazzo) della forza lavoro umana con la forza lavoro robotica.
Riporto uno stralcio della “Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale” a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin che è stata inviata a tutte le Istituzioni italiane (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, Parlamentari della Camera e del Senato, Ragioneria Generale dello Stato, Corte dei Conti, Ufficio Parlamentare di Bilancio, CNEL, Confindustria, Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani (OCPI), INPS, Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, e molti altri ancora):
“Se le azioni di un agente comportano benefici per altri individui, l’agente (es. l’impresa) esercita una esternalità positiva (es., l’uso di robot in lavori pericolosi). Se le azioni di un agente impongono costi su altri individui, ovvero sulla società (es., la disoccupazione causata dal rimpiazzo della forza lavoro umana con la forza lavoro robotica), l’agente (es. l’impresa) esercita una esternalità negativa.
In presenza di esternalità positive, la politica interviene mediante sussidi, per incentivare le imprese a produrre beni a beneficio della società.
In presenza di esternalità negative, la politica interviene mediante imposte (conosciute come “imposte pigouviane”), per rendere l’impresa partecipe dei costi esterni (es., pagamento della disoccupazione) indotti dalla sua attività produttiva (es., impiego di robot).”
Chiudo la parentesi sull’esternalità negativa indotta dall’uso della forza lavoro robotica quale rimpiazzo della forza lavoro umana, e continuo con il tema aperto dal sig. Diridero.
Ogni azione umana, a carattere razionale, è tesa al conseguimento di un particolare interesse umano (sia personale che collettivo). Questo è più che un postulato: è un ASSIOMA (vero per definizione).
Persino la persona che sia appena uscita dalla chiesa dopo aver partecipato alla messa ed elargisse l’elemosina ad un mendicante, lo fa certamente per il bene del mendicante, ma anche per il fatto di sentirsi gratificata per aver commesso un gesto di bontà (ma forse non di “compassione”, secondo la definizione che ne dà la dottrina buddista e cioè sollevare gli altri dai problemi e renderli felici).
Per quanto riguarda l’omicida, anch’egli agisce sulla base del proprio interesse, in base al postulato di razionalità.
PERÒ occorre, in sede di giudizio, dimostrarlo!
Un eventuale referto medico che dichiarasse l’imputato incapace di intendere e di volere al momento dell’omicidio, ne allevierebbe la pena. In tal caso si potrebbe senz’altro affermare che l’omicida, essendo incapace di intendere e di volere, non ha agito in accordo col postulato di razionalità.
9 Ottobre 2025 alle 11:15 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
È vero, sig. Diridero (anche qui, come prima, mi serviva una rima), gli Stati Uniti riuscirono a fermare Al Capone.
Nonostante fossero noti i comportamenti fuori legge di Al Capone, tuttavia non si riusciva a trovare un benché minimo capo d’accusa per il quale i giudici potessero condannare Al Capone, fino a quando si riuscì a provare che Al Capone aveva evaso le tasse e quindi si riuscì ad individuare il giusto capo d’accusa per poterlo imprigionare.
In Italia si agisce in maniera differente. Si fa ricorso al condono fiscale.
“Il condono fiscale è una misura straordinaria che consente di regolarizzare debiti con il fisco. Viene adottato in circostanze eccezionali, come crisi economiche o esigenze di bilancio statale. L’obiettivo è favorire il rientro dei contribuenti nel sistema tributario, alleggerendo l’importo dei debiti o cancellando sanzioni e interessi”. (FONTE: https://avvocatotributarista.legal/cose-e-come-funziona-il-condono-fiscale/).
Ma poiché in Italia le “esigenze di bilancio statale” sono circostanze non già eccezionali ma, invece, ordinarie, ecco che anche la misura straordinaria del “condono fiscale” diventa misura ordinaria (mia riflessione).
MORALE.
Anche chi si pone FUORI legge,
potrà rientrare DENTRO la legge.
(due versi decasillabi a rima baciata, come nei distici finali dei 154 Sonetti di William Shakespeare, il più bello dei quali è certamente il Sonetto 116).
8 Ottobre 2025 alle 22:58 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. FrancoGiuseppe, è sempre bene astenersi dal parlare di evasione fiscale, perché si predica bene ma si razzola male (mi serviva una rima, una rima da fare).
Lei ci cita piccoli nomi di grandi personaggi.
Ma ci sono grandi nomi di piccole aziende (“piccole”, s’intende, al confronto di quelle grosse).
https://www.panorama.it/attualita/economia/aziende-italiane-sede-legale-olanda
DOMANDA: se in Europa c’è la libera circolazione dei capitali, delle persone e delle merci, non sembra logico che anche uno Stato (o chi per esso) paghi le tasse lì dove si paga di meno?
Chi potrebbe evadere le tasse e non lo fa, violerebbe quello che in economia si chiama postulato di razionalità (un’altra rima che mi è uscita, che mi pare ben riuscita).
Il postulato di razionalità afferma che gli individui agiscono sempre in modo tale da massimizzare il proprio interesse.
Se gli individui obbediscono al postulato di razionalità, vi obbediscono anche le aziende, e quindi anche lo Stato (o chi per esso).
MORALE.
Non occupiamoci di ciò che gli altri fanno. Facciamo ciò che gli altri non fanno.
PAGARE LE TASSE
7 Ottobre 2025 alle 20:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vede, sig. Nicola T., mi considero un pensatore sotto una pioggia di parole.
Le parole mi scivolano addosso, come gocce di rugiada su di un petalo di rosa.
Quando il principe indiano Siddharta Gautama, detto il Buddha, sedeva in meditazione sotto l’albero della Bodhi, si narra che venisse spesso tentato da Mara (la Morte).
Mara tentava Siddharta (bellissimo il racconto del Buddha che ne fa Hermann Hesse nel suo magnifico libro intitolato proprio “Siddharta”) facendo apparire dinanzi a lui magnifiche danzatrici che provavano a distoglierlo dalla sua meditazione.
Non riuscendo nel suo intento, Mara cominciò a scagliare frecce mortali verso il Buddha.
Ma non appena le frecce giungevano a pochi passi dal Buddha, ecco che si trasformavano in rose (mi pare di ricordare che questa scena sia presente nel film di Bernardo Bertolucci “Il Piccolo Buddha” che ho visto al cinema Manzoni di Milano nel 1993 o giù di lì).
Ecco dunque: quando giungono al mio orecchio, o ai miei occhi, parole offensive, queste si tramutano in boccioli di rose.
7 Ottobre 2025 alle 18:17 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Alessandro, lei sta suggerendo, in sostanza, di distogliere risorse per spese militari per finanziare le pensioni.
Si potrebbe anche fare, ma occorrerebbe intervenire in maniera significativa sul “motore” (per così dire) delle pensioni. Le pensioni, come sappiamo, sono alimentate dal “carburante” costituito dai contributi previdenziali del lavoro.
Come non è possibile alimentare un’auto a benzina con l’elettricità, così non è possibile alimentare le pensioni con il “carburante” delle spese militari (carburante derivante dalla fiscalità generale e non dai contributi previdenziali).
È possibile, però, alimentare un’auto ibrida sia con la benzina che con l’elettricità.
Analogamente, potrebbe essere possibile alimentare le pensioni sia con i contributi previdenziali derivanti dal lavoro, sia con i contributi previdenziali derivanti dalla fiscalità generale (cosa che, almeno in apparenza, già avverrebbe tramite il taglio del cuneo fiscale a favore del lavoratore con la decontribuzione per mezzo della quale il lavoratore non versa una parte dei contributi – e quindi il suo salario diventa più alto – e la sua parte non versata la versa lo Stato attingendo alla fiscalità generale).
Dal punto di vista contabile, si possono effettuare alchimie finanziarie che certamente superano l’immaginazione umana. Organi di controllo europei esercitano una forte presa sui Paesi dell’Unione europea per limitare l’immaginazione di eventuali alchimisti finanziari al Governo.
Le pensioni (in numero o in importo) possono essere aumentate tenendo in debito conto il rapporto lavoratori/pensionati in questi termini:
1. O si aumentano i salari dei lavoratori (a parità di numero di lavoratori attivi, e SENZA la decontribuzione)
2. O si aumenta il numero di lavoratori attivi (a parità di salario)
Non è un ultimatum del tipo “aut, aut”, ma è un’alternativa del tipo “vel, vel”.
CONCLUSIONE.
Per fare le pensioni ci vuole il lavoro.
7 Ottobre 2025 alle 12:36 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Diridero del 7 Ottobre 2025 alle 8:47.
Il sig. Diridero si domanda giustamente “quale sarebbe il modello win-win di cui ho letto in questo forum” (sue parole).
Non sto a citare l’equilibrio di Nash, nel quale l’individuo trae vantaggio dalla sua azione SE la sua azione porta vantaggio anche al gruppo al quale egli appartiene.
Il modello win-win che ho in mente io, e in base al quale le controparti traggono tutte vantaggio nell’adottare tale modello, consiste nell’uscire da una determinata situazione di impasse (una situazione che è in apparenza senza via di uscita).
La situazione di impasse nella quale ci troviamo è la seguente:
• Non ci sono soldi sufficienti, e quindi non riusciamo a mandare in pensione la gente con requisiti più flessibili di quelli della legge Fornero. Ma, non mandando in pensione la gente con requisiti più flessibili di quelli della legge Fornero, ecco che non ci sono soldi sufficienti per mandare in pensione la gente con requisiti più flessibili di quelli della legge Fornero
È ciò che si chiama “circolo vizioso” (questo è anche il punto cruciale che è stato evidenziato nella “Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale” a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin).
Per costruire un modello win-win ed uscire dalla situazione di impasse occorre introdurre elementi nuovi: ESPLORARE SOLUZIONI NUOVE.
Adottando “soluzioni” vecchie (“soluzioni” che non sono affatto tali) non si fa altro che “cambiare tutto per non cambiare nulla” e cioè, introdurre forme di pensionamento non strutturali (e quindi a scadenza) dotate di una relativa flessibilità, senza tuttavia cambiare la forma di pensionamento strutturale che è la legge Fornero (che è proprio ciò che si vuole invece cambiare).
Il problema non è superare la legge Fornero. Il problema è CHE COSA PUÒ ESSERE SOSTITUITO ALLA LEGGE FORNERO.
La legge Fornero ha carattere strutturale, e quindi solo un’altra legge a carattere strutturale può prendere il suo posto.
La legge Fornero non è sbagliata! La legge Fornero è INADEGUATA! Inadeguata per la nostra era che è l’era digitale.
Il meccanismo di autoregolazione della legge Fornero è perfetto, ed è per questo che è difficile smontare la legge Fornero. In pratica, se nascono sempre meno bambini e ci saranno quindi sempre meno lavoratori, è giocoforza allungare progressivamente la permanenza al lavoro dei lavoratori anziani e quindi ritardare il loro accesso alla pensione.
Se mancano i lavoratori che versano i contributi, chi paga le pensioni ai pensionati che tendono a vivere sempre più a lungo?
Ma non è solo questo il problema, che, peraltro, potrebbe essere risolto ricorrendo alla pensione integrativa, complementare, oppure utilizzando il TFR come rendita, cioè come restituzione a rate di quanto è stato accumulato durante la vita lavorativa (cosa che è perfettamente ragionevole, in quanto il TFR altro non è che reddito, che non viene percepito durante l’attività lavorativa ma viene differito a dopo l’attività lavorativa. Ma sempre reddito è, e quindi se si prelevano contributi previdenziali dal reddito corrente, si possono benissimo prelevare contributi previdenziali anche dal reddito differito).
Il problema più grosso è invece il seguente: SE MANCANO I LAVORATORI CHI È CHE PRODUCE?
Nei Paesi mediorientali pieni zeppi di petrolio la popolazione può benissimo non lavorare, ma c’è un massivo ricorso ai lavoratori stranieri.
Anche l’Italia potrebbe fare ricorso agli immigrati regolari. Ma è una soluzione che, a quanto mi risulta, non è ancora consolidata.
CONCLUSIONE: A QUALE MODELLO WIN-WIN VOGLIAMO RIFERIRCI?
• PUNTO 1: Considerare oltre al patto intergenerazionale tra generazioni umane (contemplato dalla legge Fornero) ANCHE il “patto” intergenerazionale tra generazioni umane e GENERAZIONE ROBOTICA, robot e AI (non contemplato dalla legge Fornero). WIN: LEGA, e GOVERNO in carica (perché realizzerebbero finalmente le aspettative di lavoratori e famiglie)
• PUNTO 2: Far versare i contributi previdenziali anche alla generazione robotica, in modo da favorire il pensionamento dei lavoratori anziani. WIN: LAVORATORI, e FUTURI PENSIONATI (che non si vedranno decurtare le proprie pensioni)
• PUNTO 3: Ricambio generazionale attraverso l’assunzione di giovani al posto di coloro che sono andati in pensione. Ciò permetterà alle aziende di rinnovare la propria forza lavoro conseguendo aumento di produttività e quindi di redditività anche a fronte del versamento di contributi previdenziali pari al 33% dell’ipotetico reddito attribuito a robot e AI. WIN: IMPRESE
• PUNTO 4: Grazie al ricambio generazionale si svilupperanno nuovi consumi e quindi nuova produzione, investimenti e nuova occupazione. Si svilupperà domanda interna di nuovi consumi e ciò porrà le aziende al riparo da ripercussioni negative a causa di minore export verso Paesi che aumentano dazi all’importazione. Inoltre, l’erario incasserà maggiori entrate, che consentiranno di richiedere meno prestiti e finanziare Sanità e Istruzione. WIN: IMPRESE, GOVERNO, FAMIGLIE, PERSONALE SANITARIO, PERSONALE SCOLASTICO
• PUNTO 5: Incontro attorno ad un tavolo (possibilmente rotondo come ai tempi di Re Artù) tra Governo, Imprese e Sindacati (che partecipano all’incontro in rappresentanza di lavoratori, pensionati e famiglie) e valutare TEMPI e MODI per attuare la “Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale” a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin. WIN: GOVERNO, IMPRESE, SINDACATI, LAVORATORI, PENSIONATI, FAMIGLIE, PERSONALE SANITARIO, PERSONALE SCOLASTICO.
È possibile tutto ciò?
SÌ, è possibile, se si ci si focalizza sulle SOLUZIONI e NON sui problemi, su ciò che si VORREBBE fare, e NON su ciò che non si può fare.
5 Ottobre 2025 alle 23:18 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Al momento, sig. FrancoGiuseppe, non posso esprimermi sul Progetto in corso d’opera che mi coinvolge così tanto da non lasciarmi un attimo di respiro.
Posso solo dirle che la Dott.ssa Venditti ne è al corrente. E dico questo, perché desidero essere creduto non già sulla sola parola, ma sulla base di testimonianze da parte di altre persone.
Non conosco la probabilità di successo di questo Progetto. Ma dai primi riscontri che ho ricevuto, posso dire che ci sono buone prospettive perché il Progetto abbia successo.
In marzo 2026 saprò l’esito. E allora potrò sciogliere la mia riserva e descrivere il Progetto che è stato realizzato.
Per quanto riguarda la mia persona, non mi ritengo affatto permaloso. Allo stadio evolutivo al quale oggi mi trovo, non credo che ci sia qualcosa che possa riuscire a ferirmi (nemmeno gli scioperi).
Non nutro aspettative di alcun genere, né mi aspetto qualcosa da altri. E pertanto non potrò mai incorrere in una delusione.
Ho raggiunto vette di pensiero così elevate che quando sono raccolto nella mia profonda solitudine e nel mio intenso silenzio sia esteriore che interiore, mi sento tre metri sopra il cielo, avvolto in un manto di pace immensa, al punto che nulla e nessuno può mai turbarmi.
5 Ottobre 2025 alle 19:03 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. FrancoGiuseppe del 5 Ottobre 2025 alle 17:46.
Per la verità, sig. FrancoGiuseppe, se proprio devo esprimere da quale parte mi trovo, dico che mi trovo sulla linea di confine tra Governo e lavoratori.
Sostengo che parti contrapposte hanno entrambe ragione. Occorre mediare tra ragioni contrapposte in un modello win-win (in cui entrambe le parti vincono).
Io ho parlato di continuità operativa nell’ambito dei servizi. Da esperto di Continuità Operativa Aziendale devo precisare che non è contemplata la continuità operativa aziendale in caso di forza maggiore. Lo sciopero rientra nella categoria delle cause di forza maggiore e quindi l’azienda può restare ferma a causa di sciopero.
La Continuità Operativa Aziendale va invece garantita in caso di alluvione e terremoto (utilizzando risorse ubicate in altri luoghi geografici, o sostituendo mezzi con altri mezzi come autobus che sostituiscono treni di metropolitana che si è allagata); oppure in caso di mancanza di energia elettrica (utilizzando gruppi di continuità); oppure in caso di pandemia (ricorrendo al lavoro da remoto).
In altre parole, il Governo non è sollecitato a garantire la continuità di erogazione dei servizi pubblici utilizzando il Genio Militare. Potrebbe al massimo ricorrere alla precettazione. Ma la precettazione è comunque un atto di forza esercitata da una parte sull’altra, e quindi non è un modello win-win.
I modelli win-win si sviluppano attorno ad un tavolo di discussione, possibilmente attorno ad un tavolo rotondo (come quello utilizzato durante del Consiglio dei Ministri) dove tutti sono alla pari, e non dietro ad un tavolo rettangolare (dove una parte siede sul lato opposto all’altra parte) in cui alcuni sono impari.
I modelli win-win non si sviluppano “scendendo in piazza” che, al pari della precettazione, è anch’essa un atto di forza esercitata da una parte sull’altra.
Chiaramente, ci sono servizi di emergenza che vengono garantiti in ogni circostanza (come quelli della Sanità, per esempio).
Mi rincresce farle presente, sig. FrancoGiuseppe, che nel suo commento la sua ironia finale rasenta il sarcasmo. Mi sorge il pensiero che i disoccupati vorrebbero poter anche loro scioperare, perché in tal caso significherebbe che avrebbero un lavoro, e quindi non sarebbero più disoccupati.
Tuttavia, penso che la sua ironia possa essere in qualche modo giustificata. Probabilmente, lei non ha attraversato periodi di disoccupazione, e quindi non ha esperienza di cosa si può provare quando ci si trova nello stato di disoccupazione (involontaria o volontaria che sia).
Io sì.
5 Ottobre 2025 alle 15:32 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Mi sono concesso una breve pausa in un Progetto che mi impegna da “mane a sera”.
“Da sera a mane” dice invece Dante nell’ultimo Canto dell’Inferno, il trentaquattresimo, al verso 105.
Ho letto i commenti del sig. Giovanni e del sig. Wal, che tra altre cose fanno anche riferimento alla “disoccupazione”.
In tema di occupazione mi ritengo più keynesiano di Keynes stesso. E quindi non ho potuto fare a meno di dire la mia, dal momento che i sigg. Giovanni e Wal hanno creato il precedente.
Ho studiato su moltissimi testi universitari di economia. Il migliore testo universitario in assoluto sul quale ho preparato e dato l’esame di Economia Politica, in data 9 luglio 1991 all’Università degli Studi di Milano, Corso di Laurea in Scienze Politiche, è stato “ECONOMIA” di Paul Samuelson e William Nordhaus (Dodicesima edizione, Zanichelli Editore, 1987).
Nel capitolo 3, a pag. 45, al paragrafo “Le tre funzioni dello Stato”, gli autori scrivono:
“Quando si discute il ruolo dello Stato, generalmente si dà per scontato che esso stabilisce le regole del gioco. Ma quali sono le sue funzioni peculiarmente economiche? Sono tre: efficienza, equità e stabilità. Le azioni dello Stato riguardanti l’efficienza sono tentativi di correggere i fallimenti di mercato, come il monopolio. Gli interventi pubblici diretti a promuovere l’equità usano tecniche come la ridistribuzione del reddito che rispecchiano le preoccupazioni della società verso i poveri o gli sfortunati. La politica di stabilizzazione tenta di attenuare gli alti e bassi del ciclo economico, riducendo la disoccupazione e l’inflazione e promuovendo lo sviluppo economico”.
Nel capitolo 11, dal titolo “La disoccupazione”, a pag. 215, si legge testualmente “Un suggerimento più radicale è che il governo funga da ‘datore di lavoro di ultima istanza’ per i disoccupati”.
Non so come gli economisti oggi possano vedere il Governo come “datore di lavoro di ultima istanza” dal momento che nel 1985 gli economisti (riprendo le parole di Samuelson) “sono generalmente scettici riguardo alla capacità di ampi programmi di assunzioni pubbliche temporanee di abbassare il tasso naturale [nota: ci si riferisce al cosiddetto ‘tasso naturale di disoccupazione’). Questi posti di lavoro pubblici soppianterebbero altri posti nel settore privato, se fossero finanziati con fondi distolti dalla spesa pubblica per carri armati e matite”.
CONCLUDO
Dal momento che l’Italia è invasa non già dalla piaga delle cavallette d’Egitto ma da quelle elencate al seguente sito https://www.cgsse.it/calendario-scioperi (NOTA: non sia mai ch’io ponga impedimenti al diritto di sciopero sancito dall’Articolo 40 della Costituzione della Repubblica italiana), mi piacerebbe rivolgere al Governo italiano questo suggerimento in forma di domanda:
PERCHÉ NON fungere da “datore di lavoro di ultima istanza”, in occasione del blocco dei trasporti, occupando il Genio Militare per garantire la continuità operativa dei servizi pubblici gestiti dai privati? Un tempo, la linea ferroviaria Aosta-Torino era gestita proprio dal Genio Militare.
Ritorno al mio Progetto che mi impegna da mane a sera, e, a dire la verità, pure da sera a mane.
3 Ottobre 2025 alle 21:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
La ringrazio, sig. Nicola T., per il suo chiarimento.
Il suo commento mi ha offerto anche lo spunto per approfondire l’argomento.
Ho letto sul sito INPS quanto segue:
“L’addizionale regionale a saldo viene trattenuta sulla pensione l’anno successivo a quello cui si riferisce e viene suddivisa in 11 rate, dal mese di gennaio a quello di novembre. Ad esempio, l’addizionale regionale relativa al 2019 viene trattenuta sulla pensione in 11 rate, da gennaio 2020 a novembre 2020.”
3 Ottobre 2025 alle 17:59 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Salvatore, non appena ricevuto l’assegno di quiescenza, si avrà una somma forfettaria superiore alla cifra esatta.
Ciò è dovuto al fatto che nel primo anno in cui si percepisce l’assegno pensionistico non vengono conteggiate l’addizionale IRPEF Regionale e l’addizionale IRPEF Comunale.
Nell’anno successivo, però, vengono conteggiate l’addizionale IRPEF Regionale a debito del pensionato relativo all’anno precedente, e l’addizionale IRPEF Comunale a debito del pensionato relativo all’anno precedente.
Pertanto, nell’anno successivo a quello nel quale si comincia a percepire l’assegno pensionistico, l’importo pensionistico risulta essere, A PARITÀ DI IMPORTO LORDO, inferiore all’importo pensionistico del primo cedolino della pensione.
Non mi è chiaro, tuttavia, perché l’INPS non conteggi le addizionali IRPEF Regionale e Comunale sin dalla prima erogazione dell’importo pensionistico.
1 Ottobre 2025 alle 16:10 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Quando si parla di pensioni si evoca sempre il cosiddetto “patto fra generazioni” che in poche parole consiste in questo: io che sono giovane pago la pensione a te che sei anziano; quando io sarò anziano, sarà un giovane che pagherà la pensione a me.
Tutti parlano del cosiddetto “inverno demografico”. Le previsioni dell’INAPP (l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) dicono che ci saranno “sei milioni di lavoratori in meno nel giro di dieci anni, col rischio di non riuscire a rimpiazzarli” (FONTE: https://www.ilsole24ore.com/art/demografia-61-milioni-lavoratori-meno-10-anni-AHqbWFnC).
Forse, si potrà pensare di affrontare l’inverno demografico facendo lavorare i robot, e anzi molte aziende ci stanno già pensando da tempo, e “l’Italia non è fuori dalla partita, abbiamo anzi una delle poche aziende del mondo, Oversonic, che sta già vendendo un robot umanoide, Robee” (FONTE: https://www.industriaitaliana.it/robot-umanoidi-tesla-amazon-oversonic-ia/).
Sì, proprio lui, RoBee, il robot umanoide per la neuroriabilitazione ospedaliera. RoBee ha trovato già lavoro (oramai già da tre anni) presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS (FONTI: https://www.hsantalucia.it/news/robot-umanoidi-la-neuroriabilitazione-ospedaliera-santa-lucia-irccs-collabora-con-oversonic e anche https://www.youtube.com/watch?v=qqs2Gfn-k00 ).
CONCLUDENDO
Tra meno di dieci anni si prevede che mancheranno sei milioni di lavoratori (giovani, si suppone). Di quale “PATTO FRA GENERAZIONI” stiamo parlando se verranno a mancare le future generazioni di giovani? Forse si parla di “patto fra generazioni anziane”?
C’è una nuova generazione da tenere in conto: la generazione robotica. Nel “patto fra generazioni” vogliamo inserire anche la “generazione robotica”?
Gli attuali esperti di pensioni che parlano di “patto fra generazioni” e di “legge Fornero” riescono ancora a credere vero ciò che essi stessi affermano? Hanno ancora ragione nel considerare il patto fra generazioni senza tenere in conto la generazione robotica?
Ai posteri l’ardua risposta (la mia l’ho già espressa da tempo).
30 Settembre 2025 alle 21:04 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Mario pala, in riferimento a questo articolo della giornalista Erica Venditti, lei afferma “Solo articoli giornalistici come tanti altri.”
La sua affermazione ci può anche stare. I giornalisti riportano ciò che è nell’aria, senza “inquinarla” con le proprie convinzioni. E l’aria è la stessa per tutti i giornalisti. E questo spiega la sua osservazione “solo articoli giornalistici come tanti altri”.
Ma faccia un passo più avanti. E allora potrà osservare che è un articolo che consente ai lettori di esprimere i propri pensieri e le proprie convinzioni.
Un tempo scrivevo commenti anche su altre testate giornalistiche. Ma mi resi conto che da parte dei lettori che commentavano c’era un grande caos di parole, un vociare fatto di sproloqui senza né capo e né coda. Non ho più scritto commenti su alcuna testata giornalistica, ma solo su pensionipertutti.
Scrivo commenti solo su pensionipertutti per almeno 2 motivi: 1) perché sono articoli informativi che inducono ad approfondire la notizia; 2) perché i lettori espongono i loro commenti in maniera ragionata, senza generare sproloqui che non hanno né capo e né coda.
(almeno, io la vedo così).
26 Settembre 2025 alle 13:34 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
“È il lavoro la vera riforma sulla previdenza”.
È la brillante espressione di verità espressa da Mauro Marino nel suo editoriale.
Si dice che i militari vedano ogni cosa in termini militari, non solo la guerra ma anche la pace (“si vis pacem para bellum” che, tradotto dal latino in italiano, significa “se vuoi la pace prepara la guerra).
Anch’io vedo ogni cosa in termini che mi sono più congeniali: se vuoi la pensione, prepara il lavoro.
“È il lavoro la vera riforma sulla previdenza”, dicevamo.
Penso che nemmeno l’allora Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero riuscì a sviluppare una “visione profonda” in grado di unificare “pensioni e lavoro” in “lavoro pensioni”.
Nella Conferenza Stampa di dicembre 2011, in occasione della presentazione della Riforma Monti-Fornero, il Ministro Fornero disse testualmente:
“Quindi questa è la riforma delle pensioni ma la riforma del mercato del lavoro completerà questo primo pezzo, [che] viene prima, per necessità, per vincoli finanziari”
(si veda in proposito l’articolo in data 26 Agosto 2022 a firma di Erica Venditti dal titolo “Riforma pensioni, obiettivo sostituire la Fornero: tra il dire ed il saperlo fare” (https://www.pensionipertutti.it/riforma-pensioni-obiettivo-sostituire-la-fornero-tra-il-dire-ed-il-saperlo-fare/ – nell’articolo viene “sbobinata”, ovvero trascritta, parola per parola la spiegazione del Ministro Fornero).
Per il Ministro Fornero veniva PRIMA la riforma delle pensioni (per necessità, per vincoli finanziari), e POI la riforma del mercato del lavoro.
Pensioni e Lavoro vanno riformati, invece, INSIEME, perché “è il lavoro la vera riforma sulla previdenza”.
Si pone quindi il PROBLEMA di COME riformare il Lavoro.
La SOLUZIONE la dà la “Riforma Previdenziale flessibile e strutturale” a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin che ha come obiettivo il ricambio generazionale (facendo quindi PENSIONARE gli anziani e LAVORARE i giovani ).
Si pone ancora il PROBLEMA di COME finanziare le pensioni.
La SOLUZIONE la dà ancora la “Riforma Previdenziale flessibile e strutturale” a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin: si fanno versare i contributi previdenziali anche a robot e AI e, se non bastasse, si introduce la moneta digitale di Stato ancorata al patrimonio dello Stato, circolante parallelamente all’euro e solo all’interno del territorio italiano.
I lettori rimarranno certamente meravigliati, stupiti, sbalorditi, increduli nel sentir parlare di “moneta digitale di Stato italiana”. Ma, al fine di rimuovere la incredulità dei lettori, posso affermare con assoluta serenità che questo sarebbe davvero l’ultimo dei problemi dell’Italia.
Tutti sanno oramai che la BCE sta per lanciare l’euro digitale, e che verrà consentito ai cittadini di avere a loro disposizione nei loro portafogli digitali (e-wallet) solo una piccola quantità di euro digitale gestita direttamente dalla BCE, per non mettere in difficoltà le banche commerciali.
Ma forse non tutti sanno (perché è una notizia che è cominciata a trapelare tra ieri 25 settembre e oggi 26 settembre 2025) che è stato costituito un Consorzio europeo di 9 banche (tra cui sono presenti Unicredit e Banca Sella) per l’emissione di una criptovaluta ancorata all’euro (che sarà quindi una “stablecoin”, moneta stabile).
Nell’articolo pubblicato in data 26 settembre 2025 da tg24.sky si legge testualmente:
“Secondo le banche che presto lanceranno la nuova cripto, nonostante lo scetticismo della Banca Centrale europea e di alcune banche digitali, la stablecoin potrà essere utilizzata per pagamenti e regolamenti rapidi e a basso costo. A luglio Christine Lagarde, Presidente della BCE, ha dichiarato che la cripto ancorata all’euo potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio perchè potrebbe mettere a rischio la politica monetaria e la stabilità finanziaria dell’euro”. (FONTE: https://tg24.sky.it/economia/2025/09/26/criptovaluta-euro-stablecoin-banche-europa).
Ricordo che la politica monetaria è di competenza della Banca Centrale Europea, e non delle banche commerciali europee.
Non saprei proprio come interpretare il pensiero della Presidente della BCE, ma mi sembrerebbe di capire che non sia d’accordo su come le banche europee intenderebbero muoversi con la loro stablecoin ancorata all’euro (potrei, però, leggendo l’articolo, avere interpretato in modo non corretto il pensiero del Presidente della BCE).
Conclusioni.
Se per finanziare le pensioni occorresse fare ricorso alla moneta digitale di Stato italiana, credo proprio che ciò non interferirebbe affatto con i problemi ancora più grossi che (probabilmente) si stanno profilando all’orizzonte tra Banca Centrale Europea e banche commerciali europee.
25 Settembre 2025 alle 13:53 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. FrancoGiuseppe, non sono alla ricerca di discepoli, e il nome che mi verrebbe in mente per un possibile nuovo ordine religioso o partito politico è FCVF (Fate Come Volete Fratelli).
Lei attende delle spiegazioni. Provo a dargliene sulla base delle mie esperienze lavorative.
Lei osserva che c’è chi ha dovuto sborsare molti soldi per andare in pensione con l’anticipata Fornero (e tra questi c’è qualcuno della sua famiglia). C’è chi, invece, con Quota 100 non ha dovuto sborsare proprio nulla per andare in pensione diversi anni prima senza raggiungere i requisiti né di vecchiaia (67 anni) e né di anticipata (42 anni e 10 mesi) Fornero (e tra questi ci sono anch’io).
Lungo il mio percorso di vita lavorativa ho trovato il cartello “USCITA ANTICIPATA” (proprio identico a quello utilizzato talvolta dal sito pensionipertutti in testa ai propri articoli). Sotto la scritta “USCITA ANTICIPATA” era riportata, un po’ più in piccolo, “Quota 100”. Io sono andato tranquillamente verso Quota 100.
Altri invece si sono ritrovati (a causa di lavori in corso lungo la strada lavorativa) ad imboccare la corsia con la scritta “DOGANA”, e si sono ritrovati dinanzi ad un dilemma: pagare il pedaggio per imboccare la direzione di “USCITA ANTICIPATA”, oppure tornare indietro e farsi altri chilometri e chilometri di vita lavorativa lungo la strada con tanto di scritta sull’asfalto “2026” (proprio come nell’immagine riportata in testa al presente articolo di Stefano Rodinò).
Con chi ce la vogliamo prendere, sig. FrancoGiuseppe?
Quante volte, sig. FrancoGisueppe, le sarà capitato di andare in autostrada e, a causa di lavori in corso, si è trovato a dover scegliere una corsia piuttosto che un’altra? Magari, se chi stava facendo i lavori in corso avesse fatto ricongiungere le due corsie nello stesso punto, ci si sarebbe potuti fermare all’Autogrill indipendentemente dal fatto che fosse scelta una corsia piuttosto che un’altra. E invece no! Chi ha scelto la corsia che porta all’Autogrill si può rifocillare. Chi invece ha scelto la corsia differente, non potrà fermarsi all’Autogrill e dovrà attendere la prossima uscita a ben 42 km di distanza!
Con chi ce la vogliamo prendere, sig. FrancoGiuseppe?
Qui non entrano in gioco né la logica, né l’equità, né la moralità.
Qui entra in gioco il fatto che il Governo, QUALUNQUE esso sia, opera in uno stato continuo di LAVORI IN CORSO nella gestione della Nazione.
Ancora una volta: con chi ce la vogliamo prendere, sig. FrancoGiuseppe?
25 Settembre 2025 alle 0:28 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. FrancoGiuseppe, proviamo a vederla in questi termini.
L’Europa dice che SI DEVE ridurre il rapporto debito pubblico/PIL al 60%. Attualmente il debito pubblico italiano è al 137,9% del PIL (quindi c’è molta strada da fare e tutta in salita con una pendenza di 45°).
Se aumentiamo il PIL, siamo sulla strada giusta per ridurre il rapporto debito pubblico/PIL.
Gli scioperi riducono la busta paga dei lavoratori.
Poiché i salari dei lavoratori vengono conteggiati nel PIL, se i salari si riducono, anche il PIL si riduce.
A MIO AVVISO, se gli scioperi non fossero attuati, il rapporto debito pubblico/PIL non calerebbe.
La mia affermazione riflette una relazione tra causa ed effetto, e non esprime alcun giudizio, o suggerimento.
Non sto dicendo che “NON SI DEVE” scioperare.
Sto affermando che SE NON SI SCIOPERASSE, il rapporto debito pubblico/PIL NON calerebbe.
La Costituzione della Repubblica italiana consente la libertà di sciopero, e pertanto i lavoratori hanno facoltà di esercitare il diritto che la Costituzione consente loro.
Ognuno è libero di agire come meglio crede.
24 Settembre 2025 alle 18:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig, FrancoGiuseppe, dove ha letto nel mio commento che toglierei il diritto di sciopero in nome del risparmio sul debito pubblico? Certamente è una sua deduzione dovuta ad una sua interpretazione delle mie parole. Mi ha frainteso.
Ultimamente ho detto ad una persona testualmente: “Se lei fraintende ciò che dico, non è un suo problema, ma il mio. Sta a me fare in modo di non essere frainteso”.
E allora provo ad esprimermi in maniera tale da non essere frainteso.
Lo sciopero di un’intera giornata implica la decurtazione di un’intera giornata dalla busta paga del lavoratore nonché la mancata erogazione di servizi e di produzione dei beni da parte delle aziende.
Poiché salari, consumi e produzione di beni e servizi contribuiscono al PIL, ne deriva come semplice conseguenza che a fronte di scioperi il PIL si riduce (ma è più preciso dire: non aumenta).
A parità di debito pubblico, se il PIL si riduce, il rapporto debito pubblico/PIL aumenta. Questo è il concetto che ho inteso esprimere.
Per quanto riguarda il togliere il diritto di sciopero, io mi affido alla Costituzione della Repubblica italiana il cui Art. 40 recita testualmente: “Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”. (FONTE: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Costituzione_della_Repubblica_italiana.pdf, pag. 11).
Tutto qua.
24 Settembre 2025 alle 16:54 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Il sig. Nicola T. ha pienamente ragione quando nel suo commento del 24 Settembre 2025 alle 14:44 afferma che il Governo italiano deve agire in conformità agli accordi presi con gli Stati dell’Unione europea (Patto di Stabilità e di Crescita), e tenendo conto del giudizio delle Agenzie di rating (Spread) in merito alla capacità dell’Italia di ripagare il debito contratto con gli investitori.
Tutto ciò è quello che io chiamo metaforicamente “stesura della Legge di Bilancio sotto dettatura degli eventi”.
Attualmente la bilancia dell’Italia tra ciò che si VORREBBE fare (recupero del potere di acquisto dei salari, riforma previdenziale flessibile e strutturale) e ciò che SI DEVE fare pesa di più sul piatto di ciò che SI DEVE fare. È una bilancia sbilanciata.
Ci sono troppi PESI sul piatto del “SI DEVE”, e i più pesanti sono:
• SI DEVE ridurre il rapporto debito pubblico/PIL al 60% stabilito dal Patto di Stabilità e di Crescita
• SI DEVE ridurre la spesa pubblica (in particolare, quella per le pensioni)
• SI DEVE evitare il ricorso al pensionamento anticipato
A mio avviso, tutti i pesi possono essere rimossi dal piatto del “SI DEVE” se:
• le pensioni venissero finanziate esclusivamente con i contributi provenienti dal lavoro: ciò non peserebbe affatto sulla spesa pubblica ma sulla spesa dei lavoratori
• gli scioperi non venissero attuati, dal momento che riducono il PIL e quindi fanno aumentare il rapporto debito pubblico/PIL (NOTA: nel 2012 il Segretario Generale della UIL Luigi Angeletti affermò che “una giornata di sciopero, se riuscisse completamente, porterebbe un calo di Pil di quasi lo 0,5%” FONTE: https://www.repubblica.it/economia/2012/04/24/news/sciopero_generale_angeletti_frena_calo_0_5_pil-33850814/. Ci sarebbe da calcolare di quanto si ridurrebbe il PIL oggi, a seguito di uno sciopero generale)
• I prestiti non venissero richiesti né agli investitori esteri né alle famiglie italiane: ciò metterebbe l’Italia al riparo dal giudizio delle Agenzie di rating, dallo Spread (e quindi dagli interessi da pagare sul debito) e si ridurrebbe il rapporto debito pubblico/PIL. Si potrebbe evitare il ricorso all’indebitamento introducendo accanto all’euro la moneta digitale di Stato italiana, parallela all’euro, agganciata al patrimonio dello Stato (cosa che peraltro impedirebbe anche di vendere il patrimonio di Stato per ripagare il debito pubblico)
A conferma del fatto che l’Italia viene guidata dallo Spread è una notizia di poco fa nella quale il Ministro dell’Economia Giorgetti afferma: “Non giro col trofeo dello Spread a 80 punti, ma il calo è un beneficio per tutti” (FONTE: https://www.italpress.com/giorgetti-non-vado-in-giro-col-trofeo-dello-spread-a-80-punti-ma-il-calo-e-un-beneficio-per-tutti/).
23 Settembre 2025 alle 15:23 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Wal del 23 Settembre 2025 alle 8:10.
Nel suo commento il sig. Wal, dopo aver ascoltato le osservazioni dell’economista Cottarelli, si rende conto che, ad ora, non vi è interesse riguardo alla Proposta PAG (Perfetto-Armiliato-Gibbin).
Ebbene, i nostri economisti si rifanno all’economia tradizionale, ovvero, alla “economia analogica” (giusto per poterla distinguere dalla “economia digitale”).
L’economia analogica vede il presente come il passato, e adotta sillogismi di questo tipo:
• Il software è fattore di produzione capitale (fisico)
• L’IA è software
• Dunque: l’IA è fattore di produzione capitale (fisico)
Altro sillogismo adottato dall’economia analogica:
• La moneta è un mezzo di scambio
• L’euro digitale è un mezzo di scambio
• Dunque: forse, l’euro digitale ha la stessa natura della moneta
Lasciamo il passato e guardiamo al futuro (che, in fondo, è già il nostro presente): mi riferisco all’economia digitale, il cui cuore è l’Economia Informatica, una nuova disciplina STEM, non ancora diffusa.
L’Economia Informatica vede il presente come futuro, e adotta sillogismi di questo tipo:
• Il software è fattore di produzione capitale (fisico)
• L’IA è software con funzioni di fattore di produzione lavoro
• Dunque: l’IA non è fattore di produzione capitale (fisico)
Altro sillogismo adottato dall’Economia Informatica:
• La moneta è un mezzo di scambio
• La moneta digitale è anch’essa un mezzo di scambio
• Dunque: forse, la moneta digitale non ha la stessa natura della moneta
CONCLUSIONE
Se dopo aver letto questo mio commento qualcuno prova la sensazione di un leggero smarrimento, non se ne preoccupi affatto, è solo perché il lettore non ha avuto modo di vivere nel mondo in cui ho vissuto io per 41 anni, che è il Centro di Elaborazione Dati, il prototipo di economia digitale e di società digitale.
Lo stesso dicasi per gli economisti tradizionali.
Come potrebbero gli economisti tradizionali parlare di euro digitale se non hanno mai conosciuto la vera natura della moneta digitale?
Come potrebbero gli economisti tradizionali parlare di intelligenza artificiale, di agenti artificiali, se non ne hanno mai visto uno all’opera?
Io credo che si parli molto di intelligenza artificiale, di AI generativa (Agenti AI) e di AI con capacità decisionali (AI Agentica), senza conoscere in concreto cosa sarebbe davvero in grado di fare l’AI con capacità decisionali.
Una vera “AI AGENTICA” è il computer mainframe IBM z/OS che è in grado di gestire in maniera autonoma l’intera produzione del Centro di Elaborazione Dati (e quindi di una economia digitale e di una società digitale) DECIDENDO chi può lavorare e quando può lavorare e con quale salario; e DECIDENDO la quantità di moneta digitale da immettere nel circuito produttivo in base al tasso di interesse stabilito in maniera automatizzata; e DECIDENDO quanto produrre in modo da non generare inflazione.
La Proposta PAG? Verrà attuata. Non in questa legislatura, e nemmeno nella prossima. Ma certamente in quella successiva.
Verrà attuata quando economisti, esperti previdenziali, tributaristi comprenderanno l’Economia Informatica, che attribuisce alla Politica Fiscale le stesse funzioni della Politica Monetaria rendendo quindi superflui Politica Monetaria, mercati finanziari, e speculazioni finanziarie.
E, per ultimo ma non per questo meno importante, azzerando l’evasione fiscale.
22 Settembre 2025 alle 22:32 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Giovanni del 22 Settembre 2025 alle 19:29, che mi chiama direttamente in causa. Esprimo quindi il mio parere.
Innanzitutto vorrei esprimere la mia solidarietà al Governo Meloni.
Il Governo Meloni ce la sta mettendo tutta per riuscire a salvaguardare il potere di acquisto dei salari. Lo fa attraverso il taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori, e consiste nel far pagare mento contributi previdenziali ai lavoratori colmando il vuoto contributivo con la fiscalità generale.
Il Governo Meloni ce la sta mettendo tutta per riuscire a favorire il pensionamento anticipato rispetto ai 67 anni di età, tramite l’intenzione di introdurre un grado di flessibilità maggiore di quello offerto dalla Riforma Monti-Fornero. Lo fa avanzando diverse proposte la cui attuabilità deve essere compatibile con la sostenibilità dei conti pubblici.
Gli sforzi del Governo Meloni, per quanto apprezzabili, non approdano (e non possono approdare) a nulla.
C’è un problema di fondo al quale (io credo) nessuno ancora ha pensato: la crescita occupazionale dei lavoratori ultracinquantenni. Cresce l’occupazione (lo dicono le statistiche) e cresce anche l’età media degli occupati.
Molti osservatori ritengono che l’aumento occupazionale (di cui si fa vanto il Governo Meloni) derivi dal fatto che sempre più lavoratori ultracinquantenni rimangono al lavoro perché non riescono (per motivi vari) ad andare in pensione.
Uno di tali osservatori è il Segretario della CGIL Maurizio Landini, il quale afferma testualmente: “l’età media degli occupati cresce solo per chi ha più di 50 anni perché hanno bloccato le pensioni” (Fonte: https://www.cgil.it/la-cgil/aree-politiche/segreteria-generale/landini-boom-delloccupazione-balle-aumenta-solo-la-precarieta-ibykwh63).
La crescita occupazionale dovuta alla permanenza al lavoro di lavoratori ultracinquantenni dovrebbe essere considerata con la massima attenzione, perché assomiglia ad un tipo di crescita associata al tumore.
Il tumore è una crescita incontrollata delle cellule di un organo, come il fegato o il pancreas. Tali cellule, anziché morire dopo un certo numero che si sono riprodotte, continuano a riprodursi.
Non è forse così anche per i lavoratori anziani? Anziché lasciare il lavoro (“morire”), non riproducono, forse, se stessi, restando al lavoro?
Il tumore può essere benigno o maligno. Il tumore è benigno se è localizzato ad un particolare organo, mentre è maligno se si estende ad altri organi, creando le metastasi (in tal caso, il tumore si chiama “cancro”).
Non è forse così anche per i lavoratori anziani? Anziché lasciare lavoro ad altri più giovani, non invadono, forse, altre sfere vitali?
L’organismo umano vive grazie al ricambio cellulare. L’organismo società vive grazie al ricambio generazionale.
L’Economia non è solo contabilità. L’Economia è vita. E, come tale, i suoi modelli dovrebbero ispirarsi anche alla Biologia.
La Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale Perfetto-Armiliato-Gibbin ha come obiettivo il ricambio generazionale, che è l’equivalente economico (applicato alla società) del ricambio cellulare (applicato all’organismo).
La Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale Perfetto-Armiliato-Gibbin si fonda sull’Economia Informatica, i cui modelli si ispirano alla Biologia, e si chiamano “DNA-based Models” (Modelli basati sul DNA).
In sintesi, né il Governo Meloni, né i Governi che gli succederanno saranno in grado di attuare una Riforma Previdenziale flessibile e strutturale tale da rimuovere il “cancro sociale” generato dalla Riforma Monti-Fornero, senza l’adozione di nuovi modelli economici che si ispirano alla Biologia molecolare e in linea con l’Economia Informatica, che è il cuore dell’economia digitale.
14 Settembre 2025 alle 1:24 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
La ringrazio, Dott. Guido, per aver postato questa interessante analisi dell’Intelligenza Artificiale.
La trovo un’analisi chiara, approfondita e competente.
L’ho letta con la dovuta attenzione e mi trovo d’accordo con i contenuti e le spiegazioni fornite dall’A.I.
I suggerimenti, i consigli che Le ha fornito l’A.I. e cioè di far presente la Sua situazione al Patronato e all’INPS, facendosi rappresentare da un legale, valgono la pena di essere seguiti, vista la significativa perdita di 12.000 euro l’anno cui andrebbe incontro.
Al tempo stesso, non posso fare a meno di pensare alle difficoltà che Lei potrebbe incontrare lungo questo percorso di chiarimento.
Non mi sembra di ravvisare nell’INPS una mancanza di informazione. E occorre ricordare che in situazioni in cui si agisce senza prendere nella dovuta considerazione una determinata regola solo per il fatto che non se conosceva l’esistenza, la frase di rito è “La legge non ammette ignoranza”.
Una probabile responsabilità potrebbe averla il Patronato, perché probabilmente non aveva il software aggiornato. L’A.I. riporta che ‘L’INPS ha “raccordato” gli applicativi da inizio 2025, ma i patronati devono verificare autonomamente le norme (non c’è obbligo di preavviso su circolari). Fornire info errate può configurare responsabilità civile per danno (art. 2043 c.c.), se dimostrabile (es. affidamento legittimo sulle loro ipotesi)’.
È certamente una situazione difficile da affrontare e risolvere.
Ammiro comunque la Sua determinazione nel non rassegnarsi.
13 Settembre 2025 alle 23:04 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del Dott. Guido del 13 Settembre 2025 alle 18:39 che pone in evidenza come carenze di natura informativa possano incidere in maniera significativa sulle scelte di vita.
Ho letto la comunicazione dell’INPS dal titolo “Aliquote di rendimento per le pensioni di vecchiaia e anticipata. Chiarimenti sull’applicazione per gli iscritti alle casse pensionistiche CPDEL, CPS, CPI e CPUG dopo la legge di bilancio 2025” pubblicato sul sito INPS in data 26 agosto 2025.
Presumo che il Dott. Guido, in qualità di medico, sia iscritto alla cassa pensionistica CPS (Cassa Pensioni Sanitari).
Nel comunicato INPS si legge testualmente:
“chi presenta dimissioni volontarie prima dell’età prevista per la pensione di vecchiaia non potrà beneficiare della deroga e vedrà applicate le nuove aliquote di rendimento”.
L’affermazione “non potrà beneficiare della deroga e vedrà applicate le nuove aliquote di rendimento” lascia intendere che le “nuove aliquote di rendimento” siano penalizzanti.
Il Dott. Guido ci informa che ha rassegnato le dimissioni dal servizio in data 2 luglio 2024 con ultimo giorno lavorativo il 31 dicembre 2024, in attesa di potersi pensionare con la pensione di vecchiaia al compimento dei 67 anni. Anche qui presumo che le dimissioni siano state volontarie.
Sono rimasto molto meravigliato nell’apprendere dal commento del Dott. Guido che anche la pensione di vecchiaia a 67 anni, uno dei pilastri fondamentali della Riforma Monti Fornero, ha subito delle variazioni, in senso peggiorativo.
Un po’ per scrupolo e un po’ per curiosità sono andato a leggermi la Legge di Bilancio 2025, ovvero la Legge del 30/12/2024 n. 207 (cui fa riferimento il comunicato INPS) per chiarirmi le idee su quali sono le “nuove aliquote di rendimento” riportate nell’ART. 1, commi 162-165 (cui fa riferimento la nota INPS).
Ho trovato il documento praticamente illeggibile.
Senza alcun timore di mostrare la mia ignoranza, devo confessare che non sono riuscito a capire nemmeno il contesto, di cosa si sta parlando. La sola cosa che ho compreso è il riferimento nell’ART. 1 comma 162 “all’articolo 24, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201” che è la famigerata (tristemente famosa) Legge Fornero (che però ora i nostri governanti sono riusciti a farci apprezzare in tutto il suo splendore se guardiamo a tutti i tentativi che ha fatto e sta facendo per “superare” la Legge Fornero).
Penso che nemmeno i Patronati siano riusciti a capire la Legge di Bilancio 2025. E se hanno dato informazioni incoerenti, presumo che il software di simulazione non fosse ancora aggiornato, non potendo quindi offrire al Dott. Guido una chiara prospettiva che avrebbe potuto consentire al Dott. Guido di maturare una scelta differente, più favorevole, di quella che invece ha fatto.
Di solito non mi lascio influenzare emotivamente da ciò che accade attorno a me. Ma devo riconoscere che la testimonianza così personale che il Dott. Guido ha voluto condividere con noi (ed io personalmente gli invio il mio apprezzamento) ha lasciato dentro di me una sensazione lievemente amara. E che mi induce a rivedere in discesa la capacità di questo Governo di maturare una chiara visione strategica su pensioni e lavoro.
12 Settembre 2025 alle 8:35 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Loriano, la quota 41 flessibile è 62 anni di età non è sparita, esiste ancora.
Come riportato nell’articolo, la formula “41 anni di contribuzione con 62 anni di età anagrafica” corrisponde alla pensione anticipata “Quota 103 con ricalcolo contributivo”.
Quota 103 è stata prorogata fino al 31 dicembre 2025. Chi matura i requisiti 41 anni di contributi e 62 anni di età entro il 31 dicembre 2025 potrà cristallizzare i requisiti ed esercitare il suo diritto acquisto di andare in pensione con Quota 103 anche nel 2026 ed oltre.
Quota 103 non è una misura strutturale, è di natura provvisoria, quindi è soggetta a eventuali proroghe, al rinnovo anno dopo anno.
Qualora dovesse essere approvato il pensionamento a 64 anni con 25 anni di contribuzione ed utilizzo del TFR, è molto, molto probabile che Quota 103 sparisca e non esista più.
Al momento circolano solo ipotesi su quali muove misure pensionistiche potrebbero essere attuate e su quali misure pensionistiche in vigore potrebbero invece non essere più prorogate.
Quando il Governo ricorre a “proroghe” vuol dire che non ha una strategia, una indicazione precisa in quale direzione andare per realizzare obiettivi di lungo periodo; e non ha nemmeno una tattica, obiettivi di breve periodo da attuare nell’ambito di una strategia. proprio perché non ha una strategia.
Insomma, per dirla in breve, dal momento che economisti ed esperti previdenziali non hanno ad oggi maturato significative idee su come gestire lavoro e pensioni nell’era digitale, caratterizzata da ampia diffusione di automazione e intermediazione digitale, non sono in grado di consigliare il Governo su quale “strategia digitale” adottare.
E il Governo è costretto a “navigare a vista”. Proroghe dopo proroghe.
11 Settembre 2025 alle 18:29 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Alessandro Luzzi,
qualora la Proposta della Lega di pensionamento a 64 anni con un minimo di 25 anni di contribuzione e utilizzo del TFR venisse approvata e diventasse legge (cosa che io do per certa), lei potrebbe certamente usufruire di questa possibilità, maturando tra 1 anno 64 anni, e avendo già maturato 37 anni di contribuzione (quindi abbondantemente sopra i 25 anni di contribuzione richiesti).
C’è un altro requisito da rispettare: occorre raggiungere la soglia minima dell’importo pensionistico pari a 1.616 euro lordi mensili (ovvero, 21.008 euro lordi annuali, considerando 13 mensilità).
Se lei arriverà al minimo di 1.616 euro lordi mensili solo con la pensione obbligatoria, potrà andare tranquillamente in pensione.
Se invece non arriva a 1.616 euro lordi mensili con la pensione obbligatoria, potrà utilizzare il suo TFR come rendita pensionistica che si aggiunge alla sua pensione obbligatoria.
Lei ci informa che ha già utilizzato una parte del TFR. Se per andare in pensione necessita di utilizzare il TFR, occorre fare i calcoli per vedere se con il resto del TFR che le è rimasto lei riesce a raggiungere la soglia minima di 1.616 euro lordi mensili assieme alla sua pensione obbligatoria.
Per sapere se l’ammontare del suo TFR è sufficiente, si rende necessario recarsi da un Patronato per eseguire la simulazione. Il Patronato potrà accedere al suo montante contributivo, conoscerà l’ammontare del suo TFR, applicherà il coefficiente di trasformazione relativo all’età di 64 anni e saprà dirle se potrà andare in pensione con la Proposta della Lega.
La consulenza del Patronato è gratuita, perché i suoi servizi sono finanziati dallo Stato (tuttavia, in qualche caso potrebbe essere richiesto un contributo economico davvero modesto).
11 Settembre 2025 alle 17:10 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Walter dell’11 Settembre 2025 alle 15:46.
Il sig. Walter afferma testualmente: “Si può agire sulla perequazione, non aumentando le pensioni fino a quando non saranno pari al calcolo contributivo”.
In un certo qual modo, anche se per una via parallela a quella indicata dal sig. Walter che si riferisce alla perequazione applicata ai sistemi di calcolo (retributivo, misto, contributivo) da effettuarsi nel tempo, si sta già procedendo in una direzione simile a quella indicata dal sig. Walter, sebbene gli elementi ai quali la perequazione viene applicata sono differenti, ovvero sono le pensioni alte.
Mi riferisco al fatto che, quando occorre adeguare le pensioni all’inflazione, si applicano percentuali del tasso di inflazione minori a pensioni più alte.
Esempio di perequazione pensionistica (rivalutazione automatica) per il 2025:
• Pensioni fino a quattro volte il minimo INPS (fino a €2.393,60): rivalutazione al 100% del tasso, quindi aumento dello 0,8%.
• Pensioni tra quattro e cinque volte il minimo INPS (€2.393,60 – €2.992,00): rivalutazione al 90% del tasso, quindi aumento dello 0,72%.
• Pensioni oltre cinque volte il minimo INPS (oltre €2.992,00): rivalutazione al 75% del tasso, quindi aumento dello 0,6%.
(FONTE: https://www.bancobpm.it/magazine/privati/proteggi-il-tuo-futuro/rivalutazione-pensioni/).
Dal mio punto di vista, dalla mia prospettiva (“vantage point”, un’espressione molto significativa che prendo in prestito dal titolo di un film con Dennis Quaid, Sigourney Weaver e William Hurt) noto uno scollamento tra pensioni e lavoro causato proprio dalla perequazione pensionistica, ovvero dall’adeguamento delle pensioni all’inflazione senza un adeguato corrispondente adeguamento dei salari all’inflazione (sebbene tale scollamento venga incollato tramite la decontribuzione).
Questo scollamento tra pensioni e lavoro è senza dubbio uno dei motivi per cui si riducono sempre più le risorse per finanziare le pensioni.
Il Governo, per la verità, è intervenuto ad applicare la perequazione anche ai salari, ovvero ad adeguarli all’inflazione, tramite la decontribuzione: il lavoratore non versa più il 10 % del suo salario lordo in contributi previdenziali, ma ne versa una percentuale minore (anche qui in base al livello del salario).
Il Governo ha espresso l’intenzione di rendere la decontribuzione salariale strutturale.
CONCLUSIONE
1. Le pensioni vengono adeguate all’inflazione tramite la perequazione automatica
2. I salari vengono adeguati all’inflazione tramite la decontribuzione (perequazione strutturale)
3. La decontribuzione viene finanziata tramite la fiscalità generale
Da qui credo che emerga chiaramente che se si continua a colmare il vuoto contributivo con la fiscalità generale e non con il versamento “normale” dei contributi provenienti dal lavoro, è molto difficile allargare la platea dei potenziali beneficiari pensionabili.
Riscontro una scarsa linearità nei tre passi elencati. Mi sembra più che altro “alchimia finanziaria”, una cosa da maghi, certamente bravi maghi, per carità.
Mi viene in mente l’espressione dell’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti “Le riunioni degli economisti ricordano quelle dei maghi”.
Sig. Walter, dove eravamo rimasti? di quante perequazioni lei ha bisogno?
La sola, unica soluzione possibile, è far versare i contributi previdenziali anche ai lavoratori digitali (robot e AI).
10 Settembre 2025 alle 13:27 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Come spesso accade, il sig. Wal ci mette al corrente di informazioni davvero pregiate.
Mi riferisco, in questo caso specifico, al commento del sig. Wal del 10 Settembre 2025 alle 10:17 nel quale è riportato il link ad un articolo dal titolo “Pensione, la beffa del Tfr: l’anticipo aiuta solo i redditi più alti” a firma di Paolo Florio pubblicato sul giornale “La Legge per Tutti” in data 9 Settembre 2025 (https://www.laleggepertutti.it/742726_pensione-la-beffa-del-tfr-lanticipo-aiuta-solo-i-redditi-piu-alti).
La “beffa” che individua l’Avv. Paolo Florio (coordinatore della Redazione del giornale “La Legge per Tutti”) consiste nel dare SÌ la possibilità di pensionarsi a 64 anni con 25 anni di contributi utilizzando il TFR, ma SOLO per chi ha redditi alti.
È davvero una beffa, una delusione, per i lavoratori?
Già in passato i lavoratori sono rimasti “scottati”, delusi, “beffati”, dalle varie proposte divenute poi legge. Forse, oggi i lavoratori andrebbero più cauti nel valutare le proposte. Se le proposte sembrano andare incontro alle loro aspettative, forse i lavoratori comincerebbero a sospettare: “cosa c’è sotto questa proposta di pensione anticipata?” Ed ecco la verità espressa dall’Avv. Florio: “l’anticipo aiuta solo i redditi più alti”. E il lavoratore allora si dà da solo la risposta alla sua domanda: “Ah, ecco, lo sapevo che dietro a questa proposta si nascondeva una ‘fregatura’!”
Ma questa volta il lavoratore non ci casca. E quindi la beffa, la delusione, non sorge.
Sul finire del suo articolo, l’Avv. Florio pone la seguente domanda: “La proposta rispetta le aspettative dei lavoratori sul Tfr?”
Riporto le testuali parole dell’Avv. Florio espresse nel suo articolo:
“Infine, la misura tradisce le aspettative di una vasta platea di dipendenti. La maggior parte di coloro che hanno scelto di mantenere il Tfr in azienda lo hanno fatto con la precisa intenzione di ricevere l’intera somma maturata sotto forma di capitale al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
La proposta Durigon, invece, obbligherebbe chi aderisce a trasformare quel capitale in una rendita mensile erogata dall’Inps, negando di fatto una scelta di liquidità a lungo pianificata da milioni di persone”.
È vero. Sono certamente in molti (davvero milioni?!) i lavoratori che hanno rinviato la realizzazione di alcuni progetti di vita a quando andranno in pensione, perché si entra in possesso della liquidazione, del TFR, e allora si potrà comprare una nuova cucina, si potrà finanziare lo sposalizio della figlia o del figlio, o magari (perché no?) fare quella crociera che non si è potuta fare in occasione del viaggio di nozze.
Ora, invece, il lavoratore deve fare una scelta: usare il TFR per realizzare un progetto di vita a lungo rinviato, MA rinunciando ad andare in pensione; oppure usare il TFR per andare in pensione, MA rinunciando (o ridimensionando) un progetto di vita a lungo rinviato.
OGNI SCELTA IMPLICA UNA RINUNCIA: è ciò che in economia si chiama “costo opportunità”.
Ma c’è un’altra prospettiva sul TFR che meriterebbe di essere considerata, ed è stata illustrata nell’articolo di ieri 9 Settembre 2025 a firma di Erica Venditti dal titolo “Pensioni 2026: In pensione a 64 anni con uso del TFR. Una proposta brillante”.
Riguardo alla considerazione che il TFR è “reddito differito” (reddito che verrà percepito nel futuro) si afferma testualmente:
“Trasformare il TFR in rendita pensionistica equivale ad applicare una percentuale al “reddito differito” in termini di contribuzione. Perciò, il vuoto contributivo che si viene a determinare con la decontribuzione viene ora colmato con i contributi versati sempre dal lavoratore col suo reddito differito e non più dallo Stato con la fiscalità generale. In soldoni, con la decontribuzione il lavoratore si troverà a versare non più il 6% (con il 4% versato dallo Stato) ma ancora il 10% del suo reddito costituito da “reddito corrente” + “reddito differito” (come prima della decontribuzione)”.
DOMANDA: perché nessuno (lavoratore, sindacalista, giuslavorista specializzato in diritto del lavoro, esperti previdenziali, Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS) alza la voce per dire “NON SI COPRE LA DECONTRIBUZIONE ATTINGENDO ALLA FISCALITÀ GENERALE”?
CONCLUSIONE
Non è l’INPS che paga le pensioni ai pensionati.
Sono i lavoratori attivi che pagano le pensioni ai pensionati.
Utilizzare il proprio TFR per andare in pensione risolve il “problema finanziario”, ma non risolve il “problema fisico”. Occorrerà ancora un numero sufficiente di lavoratori attivi che pagano le pensioni ai pensionati.
Nell’era digitale vi sono i “lavoratori attivi digitali”.
Una delle definizioni di “lavoratore digitale” viene offerta da Salesforce, un’impresa americana che fornisce servizi di cloud computing principalmente in ambito CRM (Customer Relationship Management):
“Un lavoratore digitale è un’applicazione software di intelligenza artificiale che opera come un collega, imitando le capacità umane e gestendo compiti complessi”. (FONTE: https://www.salesforce.com/it/agentforce/digital-worker/).
La cosa sulla quale dovrebbero riflettere economisti, esperti di diritto tributario (come l’Avv. Paolo Florio), Governo e Sindacati è questa: PERCHÉ NON inserisce i “lavoratori digitali” nel novero della forza lavoro attiva ed equipararli a tutti gli effetti ai lavoratori umani, facendo versare anche ai lavoratori digitali i contributi previdenziali?
I progressi che personalmente sono riuscito ad ottenere nello sviluppo del mio pensiero scientifico in ambito economico e informatico elevando la disciplina economica al rango di scienza sperimentale al pari della Fisica, della Chimica e della Biologia li ho ottenuti proprio ponendomi la domanda: “PERCHÉ NON…?”
9 Settembre 2025 alle 18:38 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. FrancoGiuseppe del 9 Settembre 2025 alle 14:01.
Sig. FrancoGiuseppe, il calcolo sulla speranza di vita vale per tutti. Nel 2025 la speranza di vita per le donne si aggira intorno a 85 anni, mentre quella per gli uomini si aggira intorno a 81 anni.
Andando in pensione a 64 anni, il periodo stimato di erogazione della pensione è di 81-64= 17 anni.
Per fare un esempio di calcolo del TFR, riporto l’esempio tratto da https://www.altalex.com/guide/trattamento-di-fine-rapporto:
Se un lavoratore percepisce una retribuzione annua lorda (RAL) di euro 21.000, la quota di TFR accantonata sarà data:
• dall’ammontare annuo della retribuzione diviso il convenzionale numero previsto dalla legge 21.000:13,5 = € 1.555,55
• all’ammontare annuo si sottrae la percentuale da versare all’INPS e dunque 21.000 – 0,50% = € 105
• la quota di TFR sarà poi data da 1.555,55 – 105 = € 1.450,55
Il TFR accantonato dal lavoratore in un determinato anno sarà pari ad euro 1.555,55, somma che si aggiungerà alle quote accantonate e rivalutate negli anni precedenti e formerà il totale del TFR lordo cui quel lavoratore avrà diritto alla cessazione della propria attività lavorativa.
Giusto per restare nel mondo della semplicità, il TFR accumulato in 25 anni di lavoro sarà pari a 1.555,55 x 25 = 38.888,75 euro.
Spalmando l’importo del TRF accumulato in 25 anni su 17 anni – periodo di erogazione della pensione – si ha 38.888,75 / 17 = 2.887,574 euro lordi annui.
Dividendo la quota TFR annuale per 13 mensilità si ottiene: 2.887,574 / 13 = 176 euro mensili.
In definitiva, il lavoratore che guadagna 21.000 euro lordi annui per 25 anni riceverà una rendita proveniente dal TFR pari a circa 176 euro netti mensili.
La rendita del TFR si aggiungerà, chiaramente, alla pensione obbligatoria derivante dal versamento dei contributi per 25 anni.
Ma chi è arrivato all’età di 64 anni, e per 25 anni solari (quindi con lavori saltuari, non continuativi) ha sempre guadagnato 21.000 euro l’anno, non arriverà a maturare un assegno mensile minimo di 1,616 euro (tra pensione basata su contributi e rendita TFR).
Per andare in pensione con 64 anni e 25 di contribuzione con rendita TFR, in base ai miei calcoli (effettuati col braccio teso e palmo oscillante) occorrerebbe guadagnare 40.000 euro lordi all’anno.
In alternativa, guadagnando sempre 21.000 euro all’anno, occorrerebbe lavorare 47 anni per arrivare ad avere la pensione di 1.619,764 euro al mese (occorrerebbe avere iniziato a lavorare a 17 anni). Queste mie considerazioni numeriche vanno prese con le pinze. Servono solo a formarsi l’idea che con stipendi bassi non si può andare in pensione a 64 anni con 25 anni di contributi e rendita TFR.
Per quanto riguarda la Riforma Monti-Fornero, essendo questa una Riforma di carattere strutturale, può essere sostituita soltanto da un’altra Riforma a carattere strutturale.
Al momento nessuno ancora è riuscito a formulare una Riforma Previdenziale a carattere strutturale, fatta eccezione la Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Per quanto riguarda l’aspetto occupazionale, se suddividiamo l’impianto produttivo nelle due componenti Industria e Servizi, è possibile avere un aumento degli occupati nonostante la diminuzione della produzione industriale, qualora aumenti l’occupazione nel settore Servizi (come correttamente osserva il sig. Nicola T. nel suo commento del 9 Settembre 2025 alle 15:42).
Per concludere, direi proprio che non è possibile difendere le idee indifendibili, in quanto le idee indifendibili non vivono abbastanza per venire difese.
Ma prima di chiudere, vorrei dire questo.
Una persona che arriva a ricoprire una carica istituzionale mostra di possedere, in quanto persona, un’intelligenza che non bisogna mai sottovalutare, e, in quanto rappresentante di un’Istituzione, un’integrità che non bisogna mai sminuire.
9 Settembre 2025 alle 12:43 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. FrancoGiuseppe del 9 Settembre 2025 alle 10:25 nel quale vengono sollevate osservazioni pertinenti, importanti e di rilievo.
PUNTO 1: CHI potrà andare in pensione a 64 anni con il TFR? La Repubblica pubblica l’articolo a firma di Valentina Conte in data 09 Settembre 2025 alle 01:00 dal titolo “In pensione a 64 anni con il Tfr: ecco a chi conviene. Redditi bassi esclusi”. Il Corriere della Sera pubblica l’articolo a firma di Enrico Marro in data 25 agosto 2025 dal titolo “Il Tfr per andare in pensione a 64 anni rinunciando alla liquidazione, a chi converrebbe: gli anni di contributi e i calcoli da fare”. Entrambi gli articolisti convergono verso la medesima previsione, e cioè che il pensionamento a 64 anni con 25 anni di contribuzione e utilizzo del TFR coinvolgerebbe una platea di lavoratori con redditi medio-alti.
Nell’articolo di domani su Pensionipertutti, come anticipato dalla Dott.ssa Erica Venditti, verrà pubblicata la seconda parte del presente articolo in cui si darà la risposta alla domanda “Quanti lavoratori potrebbero pensionarsi?”, indipendentemente dai contenuti degli articoli pubblicati su Repubblica e Corriere della Sera.
PUNTO 2: PERCHÉ aumenta il numero di occupati? Per rispondere alla domanda vorrei riportare l’osservazione del Presidente del CNEL Prof. Brunetta che esprime in maniera chiara la relazione tra numero di occupati, produttività e salari (riporto in caratteri MAIUSCOLI le parole chiave):
“Il NON PIENO RECUPERO DEL SALARIO REALE in Italia è di fatto il contraltare dei LIVELLI RECORD DI OCCUPAZIONE che il Paese ha registrato, anche questi riportati nella nota dell’OCSE. Evidenze recenti suggeriscono, infatti, che le imprese italiane negli ultimi due anni abbiano preferito ASSUMERE LAVORATORI, piuttosto che investire in capitale, in particolare tecnologico. Questo perché il capitale porta con sé un costo d’uso legato alla disponibilità di COMPETENZE sul mercato del lavoro che è molto DIFFICILE DA TROVARE. Il risultato è stato un RALLENTAMENTO DELLA PRODUTTIVITÀ e dunque un faticoso recupero dei livelli salariali dopo lo shock energetico. La SOLUZIONE STRUTTURALE per uscire da questo equilibrio è destinare PIÙ RISORSE ALLA FORMAZIONE, a tutti i livelli. Dalla RIFORMA DEGLI ITS, al potenziamento delle politiche attive di formazione dei disoccupati, alla formazione continua sul posto di lavoro. Solo così l’Italia potrà recuperare CRESCITA, PRODUTTIVITÀ e SALARI in maniera sostenibile, PRESERVANDO I LIVELLI OCCUPAZIONALI” (FONTE: https://www.rainews.it/articoli/2025/07/italia-salari-in-caduta-libera-nel-2025-si-registra-71-rispetto-al-2021-9aaef8a1-aaec-4a49-aa35-98f40361c2c6.html).
PUNTO 3: COME verrebbe gestito il TFR ai fini pensionistici? Ebbene, la logica vorrebbe che il TFR venisse gestito a tutti gli effetti come il montante contributivo. Verrebbe SPALMATO sul periodo di vita del pensionato, periodo che va dal momento in cui il lavoratore entra in pensione al momento in cui il pensionato esce dalla vita. La lunghezza del periodo di erogazione della pensione dipende, come sappiamo, dalla speranza di vita. Pertanto, l’apporto del TFR alla pensione obbligatoria funziona esattamente come funziona la pensione complementare: 100 euro, o 200 euro, o 300 euro in più al mese, in base a quanto si è accumulato come TFR. Quindi, non si deve affatto temere che il TFR a rate prima o poi finisca. Durerà fino a quando si percepirà la pensione.
3 Settembre 2025 alle 19:26 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Good question!
Mi vengono in mente le parole di Joe. Sì, proprio lui, l’economista Joseph Stiglitz premio Nobel per l’economia nel 2001.
Al forum Ambrosetti del 2023, Stiglitz ha lanciato un ammonimento all’operato dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, dicendo testualmente:
«Credo ci sia un problema di mancanza di competenza. Ne ho già parlato: qualunque sia la filosofia politica di questo governo, c’è il timore che le persone alla guida non siano di grande esperienza, che la qualità delle scelte non sia all’altezza».
“Ehi, Joe”, mi verrebbe di rispondere a Joseph Stiglitz, “chiunque sia andato alla guida del Governo per la prima volta l’ha fatto privo di esperienza. Qualcuno è stato anche ripetente, una sola volta. Qualcun altro ripetente persino quattro volte. Sappiamo solo che chiunque vada al Governo cerca di mettercela tutta per dimostrare quanto sia bravo a governare, per risolvere i reali problemi dell’Italia. Se il massimo che il Governo riesce a fare, nella scala da 1 a 10, è 5, cioè non raggiunge nemmeno la sufficienza, ebbene, questo è il massimo che il Governo riesce a fare. PUNTO!”
1 Settembre 2025 alle 18:56 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Il principio della irretroattività della legge afferma:
“Generalmente la legge dispone solo per l’avvenire, cioè non ha effetto retroattivo ovvero interviene a disciplinare i rapporti e le situazioni che si verificano dopo la sua entrata in vigore”.
(FONTE: https://www.notaio-busani.it/it-IT/diritto-irretroattivita.aspx).
La non retroattività di una legge la si evince dal secondo comma dall’Art. 25 della Costituzione della Repubblica Italiana, la quale recita così:
“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
(FONTE: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Costituzione_della_Repubblica_italiana.pdf, pag. 8).
Qualora il Governo avesse l’intenzione di modificare i trattamenti pensionistici tramite una legge con effetti retroattivi, si espone al richiamo da parte della Corte Costituzionale.
23 Agosto 2025 alle 16:27 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
A corredo di quanto viene esposto nell’articolo, vorrei aggiungere un paio di osservazioni.
Qualora ci si rivolgesse al Patronato per sapere di quanto aumenterebbe la propria pensione nel passaggio da APE Sociale alla pensione di vecchiaia a 67 anni, il Patronato potrebbe trovarsi nella condizione di non poter rispondere in maniera efficace.
Infatti, come possiamo osservare, non c’è certezza su come il Governo intenderà regolamentare l’acceso alla pensione a 67 anni di età anagrafica. È molto probabile che non ci siano variazioni, e che rimanga la pensione di vecchiaia della Riforma Monti-Fornero come attualmente è oggi.
Per quanto riguarda, invece, il coefficiente di trasformazione relativo all’età di 67 anni che verrà applicato nel biennio 2025-2026, tale coefficiente è già noto, e vale 5,608% (FONTE: https://www.pensionioggi.it/dizionario/coefficienti-di-trasformazione)
Ricordiamo che, quanto più è alto il coefficiente di trasformazione (che è legato alla speranza di vita), tanto più è alto l’importo pensionistico.
Si potrebbe tuttavia chiedere al Patronato di effettuare comunque la simulazione di quanto aumenterebbe la pensione nel passaggio dall’APE Sociale alla pensione di vecchiaia a 67 anni, A LEGISLAZIONE VIGENTE, cioè se nulla cambierà per la pensione di vecchiaia a 67 anni di età anagrafica con la Legge di Bilancio 2026 che verrà emanata entro il 31 dicembre 2025 per entrare in vigore dal 1° gennaio 2026.
22 Agosto 2025 alle 17:12 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Mog, lei vorrebbe sapere se il passaggio dall’APE Sociale alla pensione di vecchiaia a 67 anni comporta un miglioramento, e se il passaggio cambia in meglio o meno.
DOMANDA DEL SIG. MOG N° 1: Il passaggio comporta un miglioramento?
RISPOSTA AL SIG. MOG N° 1: Sì, Il passaggio comporta certamente un MIGLIORAMENTO.
Ricordiamo innanzitutto che, per accedere all’APE Sociale occorre avere almeno 63 anni di età anagrafica e almeno 30 anni di contribuzione. Per chi accede all’APE Sociale nel 2025, invece, i requisiti sono i seguenti:
• avere almeno 63 anni e 5 mesi di età;
• avere almeno 30 anni di contributi versati, oppure 36 anni (o 32) in base alla categoria di appartenenza.
(FONTE: Patronato ITALUIL https://www.italuil.it/index.jsp?id=402&dettaglio=2251).
Sempre sulla pagina web del Patronato ITAUIL su legge:
“L’Ape Sociale ha un importo pari alla rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione, che non può comunque superare i 1500 euro mensili. Viene erogata per 12 mensilità all’anno, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia”.
DOMANDA DEL SIG. MOG N° 2 (ristrutturata da me): Per chi è passato da APE Sociale a Pensione di vecchiaia a 67 anni, il passaggio ha comportato un miglioramento? Ovvero, c’è stato un aumento della pensione?
RISPOSTA AL SIG. MOG N° 2: Il passaggio dall’APE Sociale a Pensione di vecchiaia a 67 anni comporta certamente un aumento dell’assegno pensionistico.
L’APE Sociale ha delle restrizioni che la pensione di vecchiaia non ha. E quindi, certamente la Pensione di vecchiaia sarà più alta dell’APE Sociale. Ma per sapere di QUANTO è più alta, è necessario ricorrere ai calcoli che solo un Patronato può riuscire a fare.
DOMANDA DI UN LETTORE, SIMILE ALLA DOMANDA DEL SIG. MOG.
“Buongiorno, sono Matteo e sono un pensionato con l’Ape sociale dal 2020. Nel 2024 compirò 67 anni di età e devo passare a percepire la pensione di vecchiaia. Mi hanno già avvisato che a marzo, quando farò 67 anni di età dovrò presentare la domanda di pensione di vecchiaia perché l’INPS mi bloccherà l’Ape sociale. Mi sapete dire cosa cambia tra le due misure e come devo fare per non perdere niente dal punto di vista della pensione?”
La risposta è stata fornita due anni fa da Giacomo Mazzarella, Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco e scrittore su Investireoggi:
“Se la paura del nostro lettore è quella di perdere una parte della sua pensione passando dall’Ape sociale alla pensione di vecchiaia è completamente fuori pista. Infatti il passaggio dalla vecchia alla nuova misura porterà esclusivamente benefici allo stesso pensionato”.
“A prescindere dalla categoria di appartenenza che ha consentito al nostro lettore di poter andare a riposo con l’Ape sociale, la misura è ricca di penalizzazioni. Ma tutte a termine, cioè tutte che scompaiono insieme alla misura una volta giunti ai 67 anni di età”.
“A 67 anni di età quindi il nostro lettore se aveva diritto ad una pensione più alta di 1.500 euro al mese, inizierà a percepire per la prima volta quello che effettivamente gli spetta.”
19 Agosto 2025 alle 12:56 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Walter in data 19 Agosto 2025 alle 11:30.
Sig. Walter, la reversibilità è previdenza (non assistenza).
Le riporto quanto viene specificato dallo Studio Legale Monti Bruni (https://www.studiolegalemontibruni.it/:
“La pensione di reversibilità non è un trattamento di assistenza ma un trattamento di previdenza che si fonda sulla contribuzione accreditata all’assicurato, dante causa. Non ha un importo fisso ma un importo che viene aggiornato annualmente (in base all’andamento dell’inflazione) e che corrisponde ad una percentuale della pensione spettante al soggetto defunto oppure a una percentuale della pensione alla quale avrebbe avuto diritto”. (FONTE: https://www.studiolegalemontibruni.it/approfondimenti/pensione-di-reversibilit-a-chi-spetta).
Segnalo un articolo dal titolo alquanto esplicativo sul sito ‘Dirigenti Senior Industria’: “Assistenza e Previdenza: equivoco permanente”.
Nell’articolo viene spiegato a chiare lettere cosa si intende per “Previdenza”, cosa si intende per “Assistenza”, e “Perché l’Italia non separa i conti della previdenza e dell’assistenza”:
“La Commissione Tecnica istituita dal Ministero del Lavoro per la separazione tra previdenza e assistenza ha predisposto un dossier che evidenzia una forte difficoltà nel procedere a tale separazione. Per la Commissione non appare praticabile una separazione netta della previdenza dall’assistenza anche a causa della natura spesso ibrida della prestazione. Una sorta di ambiguità che rende complicata una distinzione delle fonti di finanziamento. Integrazione al minimo, 14esima, maggiorazioni sociali ma anche Tfr, assegno sociale di disoccupazione, reddito di cittadinanza: sono tutte prestazioni che mescolano i caratteri propri sia della assistenza che della previdenza”. (FONTE: https://dirigentisenior.it/pensioni/assistenza-e-previdenza-equivoco-permanente.html).
Nell’articolo viene anche evidenziato che:
“La nostra Costituzione all’articolo 38 distingue tra Assistenza e Previdenza. Comma 1: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”. Comma 2: “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.
Il riferimento all’articolo 38 della Costituzione della Repubblica Italiana è consultabile al seguente link: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Costituzione_della_Repubblica_italiana.pdf.
Colgo l’occasione per informare che nella Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin viene posta un’attenzione particolare sul concetto di “previdenza”:
“Nel linguaggio usuale si tende spesso a utilizzare le due espressioni in maniera intercambiabile. Ma, mentre il sistema pensionistico riguarda nello specifico solo le pensioni (finanziate con i contributi versati dai lavoratori attivi), il sistema previdenziale riguarda non solo le pensioni ma anche altri trattamenti previdenziali di tutela ai lavoratori come la disoccupazione, la disabilità, la maternità, gli infortuni sul lavoro (finanziate con la fiscalità generale).
Pertanto, quando nella nostra Proposta facciamo riferimento al sistema previdenziale, intendiamo prendere in considerazione contemporaneamente due trattamenti specifici: pensioni e disoccupazione. L’IRAUT è l’imposta tramite la quale vengono versati i contributi che serviranno sia a pagare le pensioni che a colmare i vuoti contributivi dei lavoratori che attraversano un periodo di disoccupazione”.
15 Agosto 2025 alle 13:19 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Silvano, lei afferma:
“Io sogno sempre un mondo dove i ricchi non lo siano troppo, e i poveri abbiano almeno un tetto e un pasto caldo”.
Il suo sogno comporta un cambiamento di molte persone, che potrebbe certamente avvenire, ma in un tempo ragionevolmente estremamente lungo.
C’è, invece, un cambiamento che può avvenire nell’arco di una vita, perché il cambiamento riguarda una sola persona: se stesso.
L’essere umano cerca di cambiare le circostanze, senza provare a cambiare prima se stesso.
Ma vogliamo proprio rinunciare a “homo faber fortune sue est”?
Personalmente sono arciconvinto che l’uomo è artefice del proprio destino, intendendo il destino non già come fato ma come percorso di crescita e di sviluppo (percorso che va “a destino” “a destinazione”) che la persona decide di propria volontà e sotto determinate circostanze che lo inducono a cambiare.
Premesso tutto ciò, a me sembra più realizzabile, e più pragmatico, un altro sogno, che ricordo di avere già espresso in un altro mio commento, ed è quello di John Kennedy:
“Non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”.
Se lei, sig. Silvano, agisce secondo la legge, paga le tasse dovute, non si lascia corrompere per tutelare interessi personali, ebbene, questo è ciò che viene chiesto di fare al cittadino italiano.
Se poi ha anche idee da esporre come soluzioni per tutti e non già come problemi di tutti, allora dimostra di avere anche una marcia in più rispetto agli evasori, agli amici degli amici, a chi si arricchisce rendendo poveri gli altri. Insomma, una marcia in più rispetto ai soliti noti o ig-noti (ignobili noti).
13 Agosto 2025 alle 22:26 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento di Mauro Marino del 13 Agosto 2025 alle 19:17.
Sono d’accordo con la ricetta di Mauro Marino.
In particolare, mi trovo d’accordo sul “far pagare in parte alle aziende contributi da robot e IA”.
Immaginando di voler separare previdenza da assistenza, si vorrebbe forse far gestire la previdenza dall’INPS e l’Assistenza da un altro ente?
Forse, proprio nell’ottica di contenimento costi in ambito organizzazione e personale, è utile una gestione centralizzata (presso un solo Ente) della previdenza e dell’assistenza.
Io penso che qualsiasi altra famiglia agisca come io agisco.
Ogni mese precedente al mese in cui io ricevo la pensione, individuo le voci di spesa da sostenere e formulo il mio budget di spesa per il mese successivo, per quando riceverò la pensione.
Può capitare che durante il mese corrente in cui ho percepito la pensione io sposti verso una voce di spesa differente una somma che avevo previsto, nel mese precedente, di allocare ad un’altra voce di spesa.
Ebbene, è come se avessi spostato, sotto determinate circostanze pressanti, dalla “previdenza” (risparmio per comprarmi un nuovo PC perché in ottobre 2025 Window10 non sarà più supportato) all’“assistenza” (la caldaia mi si è bloccata e devo chiamare l’assistenza).
La stessa cosa accade per lo Stato. Lo Stato agisce proprio come una famiglia.
Lo Stato agisce come una famiglia, perché non gode di sovranità monetaria, e quindi è costretto a chiedere prestiti, a risparmiare qua e là, a fare i conti della spesa proprio come li facciamo noi.
Io credo che nella gestione dello Stato entrino in gioco sì la moralità e l’etica, come pure l’onestà e la rettitudine. Ma non sono queste le qualità che spingono il Governo a gestire lo Stato, la nazione.
Ciò che spinge il Governo a gestire lo Stato sono lo Spread tra i Bund tedeschi e i titoli di Stato italiani; l’AAA o il BBB delle Agenzie di rating, che potrebbero richiamare o allontanare gli investitori che prestano soldi; il tasso di interesse della BCE che influenza l’ammontare di interessi sul debito pubblico da restituire agli investitori (italiani ed esteri).
“Moralità”, “Etica”, “Onestà”, Rettitudine” non sono quotate sui mercati finanziari. E quindi verso di loro c’è un interesse parziale (per lo più di facciata) da parte del Governo nel perseguirli.
“Moralità”, “Etica”, “Onestà”, Rettitudine” sono quotate invece nell’animo dell’individuo capace di cambiare se stesso. Capace di cambiare la propria visione del mondo per riuscire a comprendere la visione del mondo anche di altri (compresa quella del Governo), e di aiutare gli altri in condizioni di reale bisogno (a cominciare dai propri familiari).
13 Agosto 2025 alle 21:19 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Don, provo a vedere la decontribuzione dal suo punto di vista.
Lei afferma:
1. “Con la decontribuzione lo Stato mette i soldi mancanti coi contributi e la pensione non cala”.
CORRETTO
2. “La fiscalità generale finanzia anche l’assistenza, ma non passando dalla previdenza: il legame è indiretto”.
CORRETTO
CONCLUSIONE
Lei, sig. Don, individua due percorsi paralleli: il percorso 1 in cui la decontribuzione viene alimentata con i soldi dello Stato; e il percorso 2 in cui l’Assistenza viene alimentata dalla fiscalità generale.
Sono due percorsi paralleli, che non si incrociano.
Quindi, seguendo il percorso 1 (“Con la decontribuzione lo Stato mette i soldi mancanti coi contributi e la pensione non cala”), si deduce che, poiché la decontribuzione viene finanziata con la fiscalità generale, allora L’ASSISTENZA FINANZIA LA PREVIDENZA.
Già ai tempi del Governo Renzi (Giuramento 22 febbraio 2014 – Dimissioni 7 dicembre 2016) quando il Governo Renzi decise di applicare la decontribuzione a favore dei datori di lavoro (per aumentare l’occupazione), la Corte dei Conti lanciò l’allarme sulla decontribuzione affermando che “il mancato introito di risorse proprie per effetto della decontribuzione richiederebbe un ulteriore incremento di trasferimenti dal settore pubblico la cui provvista ricadrebbe sulla fiscalità generale” (Corte dei Conti, https://www.inps.it/content/dam/inps-site/pdf/file-at/amministrazione-trasparente/documenti/controlli-e-rilievi-amministrazione/5908KEY-determinazione_n6-2016.pdf, pag. 46).
Attingere alla fiscalità generale per compensare le mancate entrate contributive a seguito della decontribuzione significa ridurre la disponibilità di risorse da dedicare all’Assistenza, alla Sanità, e all’Istruzione.
Personalmente, sono decisamente contrario alla decontribuzione per finanziare il Sistema Previdenziale tramite la fiscalità generale (nemmeno per salvaguardare il potere di acquisto dei salari, perché si innescherebbe una spirale inflattiva proprio come accadeva con la scala mobile sui salari).
Per la stabilità del Sistema Previdenziale, le pensioni vanno legate “a doppia mandata” con il lavoro: lavoro e pensioni (il lavoro finanzia le pensioni); pensioni e lavoro (le pensioni liberano posti per nuovi lavoratori).
13 Agosto 2025 alle 17:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Separare la Previdenza dall’Assistenza.
È opinione diffusa che occorrerebbe separare la Previdenza dall’Assistenza per evitare che i contributi previdenziali vengano utilizzati per pagare l’Assistenza anziché le pensioni.
Come sappiamo, l’Assistenza, di norma, deve essere pagata con la fiscalità generale e non con i contributi previdenziali provenienti dai lavoratori attivi.
Vorrei avanzare una congettura: la Previdenza potrebbe benissimo finanziare l’Assistenza, senza tuttavia penalizzare le pensioni.
Ribadisco che si tratta di una congettura, di una ipotesi probabilmente vera ma non dimostrata.
Come sappiamo, con la Legge di Bilancio 2025 è stato riconfermato il taglio del cuneo fiscale a favore del lavoratore tramite la decontribuzione. In altre parole, il lavoratore versa una parte di contributi previdenziali mentre la parte rimanente è carico dello Stato. Tramite la decontribuzione, l’intenzione del Governo è quello di salvaguardare il potere di acquisto del salario a fronte dell’aumento dei prezzi (inflazione). Il risultato è che il lavoratore (qualora il suo reddito rientri in una determinata fascia) si ritrova con un salario più alto, in quanto versa meno contributi previdenziali.
Ci si potrebbe domandare se con la decontribuzione, versando meno contributi previdenziali, l’importo pensionistico diminuirà. Ebbene, la risposta è no, l’importo pensionistico non diminuirà, in quanto lo Stato versa la quota di contributi previdenziali che il lavoratore non versa.
A tal proposito, si legga l’articolo della consulente del lavoro Elisa Lupo pubblicato in data 13 giugno 2023 col titolo “Il taglio del cuneo fiscale avrà conseguenze sulla pensione?” (https://www.rameplatform.com/articoli/il-taglio-del-cuneo-fiscale-avra-conseguenze-sulla-pensione/).
Per coprire il vuoto contributivo lasciato dal lavoratore, lo Stato attinge dalla fiscalità generale.
Dunque, la catena di causa-effetto risulta essere la seguente:
1. La decontribuzione viene alimentata dalla fiscalità generale
2. La fiscalità generale alimenta la Previdenza
3. La Previdenza finanzia l’Assistenza
CONCLUSIONE
La fiscalità generale, tramite la Previdenza, finanzia l’Assistenza, come è giusto che sia.
Il valore aggiunto apportato dalla decontribuzione è che il lavoratore si ritrova con un salario più alto.
Insomma, con la decontribuzione si prendono due piccioni (finanziamento dell’Assistenza e recupero del potere di acquisto dei salari) con una sola fava (la decontribuzione, appunto).
Onestamente, non saprei dire se la decontribuzione è un ingegnoso meccanismo finanziario, oppure se nel mio ragionamento c’è qualche lacuna logica/finanziaria.
11 Agosto 2025 alle 13:45 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Spesso si fa il confronto tra l’Italia e gli altri Paesi, più virtuosi, dove lo Stato funziona meglio e la popolazione è soddisfatta.
Spesso si fa riferimento agli Stati Scandinavi (Danimarca, Norvegia e Svezia).
La Danimarca ha circa 6 milioni di abitanti, la Norvegia ha poco più di 5 milioni di abitanti, la Svezia ha poco più di 10 milioni di abitanti. L’Italia ha 59 milioni di abitanti.
Ma non è solo il numero di abitanti di un Paese che fa la differenza. La differenza la fanno soprattutto la cultura di un Paese: la sua storia, i suoi valori, la sua morale, la sua etica, unitamente alle risorse fisiche che possiede (miniere, petrolio, gas) e alla sua collocazione geografica (sbocchi sul mare, porti, canali).
L’Italia è l’Italia, e deve trovare la sua via magari acquisendo le “best practice” (le pratiche migliori) adottate da altri Paesi in merito ad una specifica materia. Prendiamo le pensioni, per esempio, visto che parliamo di pensioni.
Il sistema pensionistico danese, per esempio, si fonda, oltre che sulla pensione pubblica anche sulla pensione complementare. L’Italia si sta muovendo in quella stessa direzione.
Il sistema pensionistico tedesco collega l’aumento delle pensioni all’aumento dei salari. Il sistema pensionistico italiano, invece, collega l’aumento delle pensioni al tasso di inflazione, esiste una sorta di “scala mobile per pensioni” mentre invece non esiste la “scala mobile per salari”. Quindi, si aumentano le pensioni senza aumentare i contributi previdenziali derivanti dai lavoratori attivi. L’Italia dovrebbe forse, per mantenere in equilibrio il sistema previdenziale, collegare l’aumento delle pensioni all’aumento dei salari, proprio come fa la Germania? In altre parole, se non aumentano i salari, allora neppure le pensioni possono aumentare?
Il mio pensiero, maturato durante l’esercizio della mia attività professionale da consulente informatico, è il seguente: ogni azienda, ogni nazione, per quanti pregi o difetti possa avere, è giusto che guardi ad aziende e a nazioni più virtuose, studiandone le “best practice” e valutandone attentamente l’applicazione alla propria realtà. Che è una realtà specifica, diversa da tutte le altre.
Quando venivo chiamato dalle aziende per risolvere i loro problemi prestazionali o in ambito Sicurezza (sviluppo del Piano di Continuità Operativa Aziendale) e portavo in riferimento le best practice di mercato, il più delle volte mi veniva detto:
“Sì, Perfetto, quello che lei dice è giustissimo, e l’approviamo. Ma vede, lei conosce la nostra realtà, le persone che abbiamo, gli strumenti e le procedure che adottiamo oramai da tempo, il modo in cui i nostri impiegati fanno ciò che sanno fare. Le domandiamo: come possiamo cambiare tutto ciò per seguire le “best practice” che lei ci propone? Vediamo dunque di adattarle alla nostra realtà. Perché, vede, Perfetto: NOI SIAMO DIVERSI”.
10 Agosto 2025 alle 22:04 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vorrei informare i lettori che la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin è non solo un tema di discussione sul sito pensionipertutti.it, ma anche un documento che viene inviato alle Istituzioni sia pubbliche che private.
Proprio ieri, per esempio, 9 agosto 2025 alle ore 20.01, ho inviato una mail al Presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, e al Sottosegretario al Lavoro, Sen. Claudio Durigon.
Il titolo della mail era il seguente: “Come intervenire per abbassare l’età pensionabile a meno di 64 anni”.
Ho pensato di contattare Unimpresa dopo aver letto su Teleborsa l’articolo dell’8 agosto 2025 dal titolo: “Pensioni, Unimpresa: con 64 anni a rischio sostenibilità del sistema previdenziale italiano” (https://www.teleborsa.it/News/2025/08/08/pensioni-unimpresa-con-64-anni-a-rischio-sostenibilita-del-sistema-previdenziale-italiano-21.html).
Nell’articolo si evince che il Presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, è contrario all’abbassamento dell’età pensionabile, in quanto si legge che “L’idea di abbassare l’età pensionabile a 64 anni per tutti va considerata con grande attenzione, soprattutto alla luce dei conti pubblici e dell’equilibrio previdenziale”.
Ho allegato alla mail i documenti relativi alla Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin, mentre nella mail ho illustrato in estrema sintesi in che modo la suddetta Proposta garantisce la sostenibilità dei conti pubblici (deficit pubblico e debito pubblico) in un periodo come quello attuale caratterizzato da denatalità e invecchiamento della popolazione; e in che modo garantisce la sostenibilità del Sistema Previdenziale nell’era digitale caratterizzata da elevata automazione e intermediazione digitale.
Ho concluso la mail dicendo che resto in attesa di conoscere il giudizio di Unimpresa e del Sen. Claudio Durigon in merito alla “Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale” a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Secondo il “sentiment” dei lettori di pensionipertutti.it, risponderanno?
10 Agosto 2025 alle 21:31 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Silvano, le pensioni vengono pagate con i contributi previdenziali versati dai lavoratori e lavoratrici. Pertanto, solo recuperando i soldi dall’evasione contributiva è possibile finanziare più pensioni.
Nel 2021, per esempio si stima che l’evasione contributiva si aggiri attorno a 7,5 miliardi di euro (FONTE: “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva Anno 2024” – https://www.mef.gov.it/export/sites/MEF/documenti-allegati/2024/Relazione-2024.pdf, pag. 43).
Pertanto, anche se si recuperassero soldi dall’evasione fiscale che nel 2024 sono stati 26,3 miliardi (FONTE: Agenzia delle Entrate https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/cs_febbraio_18_2025), i 26,3 miliardi di euro (o comunque una parte di esso) non potrebbero essere impiegati per finanziare le pensioni.
E comunque, ammesso e non concesso di poter finanziare le pensioni anche con i 26,3 miliardi di euro derivanti dalla fiscalità generale, il Governo sarebbe più propenso ad utilizzare quei soldi per pagare gli interessi sul debito pubblico piuttosto che per finanziare le pensioni.
Si potrebbe anche dire di ricorrere alla spending review, e fare in modo di risparmiare sulle spese dello Stato. Ma questo vorrebbe solo dire risparmiare su istruzione e sanità, e non già finanziare più pensioni con i soldi risparmiati per le spese dello Stato.
In definitiva due sono le possibili strade percorribili per finanziare più pensioni: 1) a parità di numero di lavoratori, aumentare i salari; 2) a parità di salari, aumentare il numero di lavoratori.
L’ottimo sarebbe entrare nella logica della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin: pagare con i contributi versati dall’automazione le pensioni e quindi, grazie al ricambio generazionale, far lavorare più giovani i quali, proprio grazie all’utilizzo dell’automazione, aumentano la propria produttività e quindi percepirebbero salari più elevati (in quanto, dal punto di vista della disciplina economica, il salario è direttamente proporzionale alla produttività).
8 Agosto 2025 alle 22:31 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Carlo Giacchin da Padova, la sua riflessione “non giunge a nulla”, come lei pensa. Giunge a noi.
Mi piace la sua auto-ironia, una capacità che solo in pochi riescono a destreggiare per non cedere ad una scontata auto-commiserazione.
Leggendo la descrizione della sua vita lavorativa, mi è saltato in mente il Sonetto n° 50 di Shakespeare. Vorrei riportarle le prime 4 righe:
“Come mi è penoso continuare il cammino
quando ciò che anelo, fine del mio triste andare,
insegnerà alla quiete e a quel riposo a dirmi
quante son le miglia che mi separan dall’amico”.
All’insaputa di Shakespeare mi sono preso la briga di ristrutturare le sue 4 rime per costruire altre 4 rime in versi endecasillabi a rima alternata adattandole allo stato d’animo (io credo) di molti lavoratori e lavoratrici:
“Come mi è penoso continuare
il mio lavoro quando ciò che anelo,
il fine di questo mio triste andare,
la mia pensione l’avrò solo in cielo”.
Ho voluto anch’io smorzare, con un pizzico di ilarità, lo stato d’animo, talvolta struggente, di chi anela alla pensione.
Forse, sig. Carlo Giacchin, si domanderà perché mai mi è venuta in mente proprio una poesia di Shakespeare. Ebbene, perché l’ho studiato a fondo, ed ho persino scritto 15 Sonetti sulla falsariga dei Sonetti di Shakespeare, imitando la sua tecnica: sonetti di 14 versi, ciascun verso di 10 sillabe, a rima alternata e con distico finale (gli ultimi due versi) a rima baciata.
Se ha voglia, anche se solo per semplice curiosità, potrà leggere i miei Sonetti risalenti al 2004 riportati sul seguente sito: https://www.poetare.it/perfetto.html. Il primo Sonetto, Sonnet N. 1 (The Rose) è in lingua inglese ed è, eccezionalmente, composta da versi con 9 sillabe (invece di 10). Il Sonetto N. 1 coincide col Sonnet N.1 di Shakespeare, The Rose, ed è scritto in inglese per testimoniare il fatto che scrivo imitando Shakespeare.
Come vede, sig. Carlo Giacchin, non è vero che la sua riflessione “non giunge a nulla” (perché giunge a noi) ma, proprio perché giunge a noi, ci consente di aggiungere ancora qualcosa alla mirabile storia della sua vita lavorativa (anche se solo una semplice quartina).
8 Agosto 2025 alle 20:00 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
“robot tax (proposta P.A.G) unica soluzione per stop età pensionabile?”
La domanda è una domanda retorica, non ci si aspetta una risposta in quanto la risposta è già nella domanda. E la risposta la si ottiene semplicemente omettendo il punto interrogativo (?).
Ecco dunque la risposta alla domanda iniziale:
“robot tax (proposta P.A.G) unica soluzione per stop età pensionabile”.
Ora, però bisogna spiegare perché la Proposta P.A.G è l’UNICA SOLUZIONE per stop età pensionabile.
Prima, però, occorre sgombrare il campo da un dilemma: come DEFINIRE robot e AI.
Già esiste il concetto di “identità digitale”: lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale).
Quando una “identità” (individuo) si inserisce in un contesto sociale, si relaziona con altri, diviene una “persona”, e quindi diviene una “identità fisica”, diviene una “persona fisica”, e le persone fisiche che lavorano percepiscono un reddito da lavoro e quindi pagano l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF).
Ebbene, se l’essere umano può essere dotato di “identità digitale”, non possono anche robot e Ai possedere pure loro una “identità digitale”? E se robot e Ai interagiscono con gli umani, si relazionano con gli umani, non possono sviluppare una “personalità digitale”? E se una personalità digitale diventa un “lavoratore digitale” non gli spetterebbe (se non per contratto, almeno per logica) un reddito da lavoro proprio come lo riceve un lavoratore umano con stesse mansioni, e quindi pagare l’Imposta sul Reddito delle Persone Digitali? La Proposta P.A.G. chiama tale reddito col termine “IRAUT” (Imposta sul Reddito degli AUTomi).
Chiarita la natura di “identità digitale”, “persona digitale”, “lavoratore digitale” attribuita a robot e AI, possiamo spiegare perché la Proposta P.A.G è l’UNICA SOLUZIONE per stop età pensionabile.
La Proposta P.A.G è l’UNICA SOLUZIONE per stop età pensionabile perché è l’UNICA SOLUZIONE finora proposta per risolvere il problema della denatalità (impiegando i lavoratori digitali per supplire alla mancanza dei lavoratori umani a seguito del calo delle nascite), e all’invecchiamento della popolazione (facendo versare i contributi previdenziali anche a robot e AI in modo da finanziare le pensioni anche per periodi più lunghi dovuti all’aumento dell’aspettativa di vita).
Tutte le altre Proposte che vengono avanzate (Quota 100, Quota 102, Quota 103, “Quota 41 indipendente dall’età”, “Pensione con 64 anni e determinati requisiti di accesso”) non affrontano il duplice problema della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione, ma assumono “denatalità” e “invecchiamento della popolazione” come input (ovvero, “poiché a causa della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione … allora si lavorerà sempre più a lungo) da cui discendono le misure che si potranno attuare in base alla disponibilità di risorse finanziarie.
La disponibilità di risorse finanziarie sarà sempre di meno, proprio a causa di denatalità (sempre meno lavoratori che versano contributi) e dell’invecchiamento della popolazione (sempre più pensionati che percepiscono la pensione).
Anche con la pensione integrativa, complementare, utilizzando persino il TFR/TFS come rendita (e cioè, non più come somma da ricevere in blocco, per esempio, di 40.000 euro che potrebbe servire magari per far sposare i figli, ma come somma che viene rilasciata a rate nel tempo come pensione), ebbene, dicevo, nemmeno con la pensione integrativa si potrebbe andare in pensione anticipata, in quanto verrebbero comunque a mancare lavoratori che versano contributi previdenziali.
Che ironia della sorte! Denatalità e invecchiamento della popolazione diventano da “input” a “output”, da causa ad effetto. Denatalità e invecchiamento della popolazione non fanno altro che autoalimentarsi, autorigenerarsi.
Certamente ci sono persone che sviluppano ragionamenti simili a quello da me appena esposto. Persone del Parlamento europeo, del Parlamento italiano, esperti di diritto tributario di fama internazionale, Direttori di stabilimenti, professionisti come quelli di Digital4PRO citati nell’articolo.
Concludo citando un estratto dall’articolo di Laura Allevi (Senior Tax Auditor c/o Agenzia delle Entrate) risalente al 2020 dal titolo “Robot, soggettività passiva e presupposti d’imposta. Una nuova categoria di lavoratori soggetti ad imposta sul reddito?”:
“Non è da escludere, anzi, la creazione legislativa di una terza personalità (accanto a quelle delle persone fisiche e delle persone giuridiche), vale a dire delle personalità elettroniche, cui imputare diritti ed obblighi e, quindi, anche carichi d’imposta”.
7 Agosto 2025 alle 22:20 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Mi ricollego al commento del sig. Nicola T. del 7 Agosto 2025 alle 19:35, dal momento che il sig. Nicola T. ha aperto il varco sul fronte fiscalità-automazione.
Come sappiamo, è dal 2017 che si parla di applicare la tassazione su robot e intelligenza artificiale, la cosiddetta “Robot Tax”; se ne continua a parlare anche nel 2025.
Desidero segnalare il recentissimo articolo dell’11 Giugno 2025 a firma di David Licursi dell’azienda Dgital4PRO dal titolo “La Robot Tax: Una nuova frontiera fiscale nell’Era dell’automazione”.
Tutti i punti espressi nel documento coincidono con i razionali espressi dalla Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin; mi limito a riportarne alcuni:
• “In una società in cui il lavoro è sempre più svolto da “entità non umane”, la tassazione del lavoro tradizionale rischia di diventare obsoleta. Ecco dove nasce il dibattito sulla robot tax: dovremmo tassare le macchine, le AI e gli algoritmi come se fossero lavoratori?”
• “Il vero nodo è la riconversione: la capacità dei sistemi educativi, delle politiche pubbliche e delle imprese di riqualificare i lavoratori in tempi rapidi. La robot tax è proposta da alcuni come uno strumento per finanziare questa transizione, raccogliendo risorse da chi trae vantaggio dall’automazione per sostenere chi rischia di esserne penalizzato.”
• “Il welfare state è stato storicamente costruito sulla base del lavoro umano. Le pensioni, l’assistenza sanitaria, i sussidi di disoccupazione e altri servizi pubblici sono finanziati principalmente attraverso i contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro. Tuttavia, con la crescente automazione, questo equilibrio si spezza: più robot lavorano al posto delle persone, minori sono i contributi versati.”
• “Una delle proposte più discusse è quella di introdurre una tassa diretta su ogni robot che sostituisce un lavoratore umano. Il principio sottostante è semplice: se un robot prende il posto di un impiegato, l’azienda dovrebbe versare un contributo pari alle imposte che quel lavoratore avrebbe pagato, più i relativi oneri sociali.”
• “Un altro approccio è tassare i profitti incrementali generati dall’automazione. Se un’impresa automatizza e, grazie a ciò, aumenta i suoi margini, la parte eccedente dei profitti potrebbe essere soggetta a un’aliquota più alta. Questo modello si basa sull’idea che l’automazione genera un valore economico che deve essere redistribuito. Il vantaggio di questo metodo è che non richiede di misurare direttamente l’uso dei robot, ma si concentra sui risultati finanziari. Tuttavia, può essere difficile distinguere tra profitti derivanti da automazione e quelli derivanti da altri fattori (strategie di mercato, aumento della domanda, riduzione dei costi generali).”
• “La robot tax deve essere parte di una strategia complessiva che includa istruzione, innovazione responsabile, diritti dei lavoratori e sostenibilità. Solo così sarà possibile sfruttare le immense opportunità offerte dall’automazione, senza lasciare indietro nessuno.”
Nell’ultimo punto citato sopra, che costituisce le Conclusioni dell’articolo di Digital4PRO, vengono elencate caratteristiche salienti che sono proprio le peculiarità della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin:
─ innovazione responsabile (imprese più produttive con tecnologie avanzate, ma senza creare disoccupazione tecnologica)
─ diritti dei lavoratori (libertà di scelta di restare al lavoro o di lasciarlo, ma anche occupazione di giovani disoccupati, scoraggiati, e NEET)
─ sostenibilità (sotto il profilo finanziario dello Stato, ma anche sotto il profilo finanziario delle famiglie)
─ istruzione (riqualificazione del personale che viene sostituito dalle tecnologie, ma anche formazione e avviamento al lavoro degli studenti con l’introduzione nei piani di studio sia universitari che di scuole medie (superiori e inferiori) di discipline in linea con l’era digitale).
6 Agosto 2025 alle 21:20 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Silvano, come buon bene immaginare qualunque cosa noi possiamo pensare ha influenza totalmente nulla su INPS.
L’INPS adotta una logica che alle nostre logiche è, a prima vista, incomprensibile. Sono tuttavia propenso a ritenere che la logica dell’INPS debba avere una sua giustificazione.
Qui possiamo solo portare le nostre esperienze.
Io, per esempio, sono andato in pensione il 1° gennaio 2021. Quindi, non sono un pensionato “infra annuale”.
Sono rimasto subito colpito dal fatto che non pagavo l’Addizionale IRPEF Regionale, né pagavo l’Addizionale IRPEF Comunale.
Per tutto il 2021 non ho pagato le suddette Addizionali IRPEF. Certamente non era uno sbaglio dell’INPS!
Da Gennaio 2022 ho cominciato a pagare “L’Addizionale IRPEF Regionale anno 2021”, e a pagare “L’Addizionale IRPEF Comunale a debito anno 2021”.
Da Marzo 2022 ho continuato a pagare “L’Addizionale IRPEF Regionale a debito anno 2021”, e a pagare “L’Addizionale IRPEF Comunale a debito anno 2021”. Si è aggiunta la voce “Acconto Addizionale IRPEF Comunale Anno 2022”.
In Aprile 2022, alle tre voci precedenti si è aggiunta una quarta voce: “IRPEF ANNI PRECEDENTI DA CONGUAGLIO ARRETRATI”. Questa quarta voce è presente solo in Aprile 2022.
Siamo franchi: quello che non ho pagato prima, ho cominciato a pagare dopo. Suvvia! Ci può stare!
Oggi, nei miei cedolini dell’anno 2025, compaio le seguenti voci divenute oramai stabili in tutti i cedolini di ogni mese:
• Addizionale IRPEF Regionale a debito anno 2024
• Addizionale IRPEF Comunale a debito anno 2024
• Acconto Addizionale IRPEF Comunale Anno 2025
È per me un rompicapo finanziario capace di sfidare la mia logica, e poiché il processo di comprensione mentale mi assorbe più energia di quanto desideri impiegare, ho deciso di non approfondire il motivo di questi “sfasamenti” di pagamenti riferiti ad anni differenti.
6 Agosto 2025 alle 14:50 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Aldemaro, mi fa enorme piacere apprendere del suo stato di felicità in occasione dei festeggiamenti del suo primo mese di pensione in concomitanza del suo 65° compleanno.
È così che dovrebbe essere per tutti i lavoratori e le lavoratrici che aspirano alla libera scelta di accesso alla pensione (potere scegliere tra l’uovo oggi, o la gallina domani).
5 Agosto 2025 alle 14:05 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Elsa lesa da lacrime di sale.
Non so se un giorno l’intelligenza artificiale riuscirà sviluppare quella empatia di cui si dice siano dotati gli umani.
Voglio dire, non so se l’intelligenza artificiale riuscirà a capire che le lacrime di Elsa erano generate dal conflitto interiore emerso tra il Ministro Fornero (che doveva agire un determinato modo) e l’Umana Fornero (che avrebbe voluto non seguire il Ministro Fornero).
Una cosa però credo di saperla.
Nemmeno noi umani (che, a quanto si dice, siamo dotati di empatia) siamo riusciti a capire a fondo da cosa sono state generate le lacrime di sale di Elsa, lesa dai nostri commenti.
5 Agosto 2025 alle 13:34 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Il sig. Wal, con il suo commento del 5 Agosto 2025 alle 8:36, ci invita a varcare la soglia del presente. Nel momento in cui varchiamo quella soglia che ci immette nel futuro, il futuro diventa il nostro presente. Ora cosa ci attende?
Mi colpisce la parola “singolarità”. La Teoria della Relatività Generale di Einstein predice che nella storia dell’universo c’è un punto in cui la teoria stessa viene meno. Il Big Bang, che ha dato origine al nostro universo, è una singolarità dello spazio-tempo in cui le leggi della fisica, come le conosciamo, cessano di essere valide.
Come dovremmo dunque interpretare la SINGOLARITÀ TECNOLOGICA?
Io la interpreto così: la singolarità tecnologica è la condizione in cui le leggi dell’economia, così come le conosciamo, cessano di essere valide.
Se applicassimo alla singolarità tecnologica le leggi dell’economia come noi oggi le conosciamo, ebbene vedremmo una “Terra desolata” (forse un riferimento inconscio a Thomas Eliot?) abitata da “uomini vuoti” vaganti senza lavoro né identità sociale perché drogati dal reddito universale. Vedremmo robot industriali, software intelligenti e algoritmi generativi che con il loro lavoro offrono la droga del reddito universale a “uomini vuoti”.
La tassazione sull’automazione non dovrà servire per fornire il reddito universale agli umani che non lavorano perché al loro posto lavorano robot e AI.
NO!
La tassazione sull’automazione dovrà servire per dare ai lavoratori anziani la possibilità di pensionarsi affinché altri lavoratori possano realizzarsi dando il loro contributo alla società fatta sia di umani che di robot e AI.
Ora cosa ci attende?
Ogni problema ha in sé la propria soluzione. La singolarità tecnologica invalida le leggi dell’economia come oggi le conosciamo, ma ci mostra altre leggi che sono valide nella singolarità tecnologica.
Ecco perché io parlo di un nuovo paradigma, parlo di quella Economia Informatica le cui leggi (che altro non sono che le leggi dell’economia tradizionale attualizzate ai tempi del digitale) consentiranno la piena coesistenza di identità umana e identità digitale (robot e AI), di lavoro umano e lavoro digitale (robot e AI).
Thomas Eliot, nella sua poesia “The Hollow Men” (Gli uomini vuoti) conclude con le seguenti parole:
“È così che il mondo finisce
Non con un bang ma con un gemito”.
Mi spiace contraddire Thomas Eliot:
“È così che il vecchio mondo finisce:
Con un gemito del nuovo mondo che nasce”.
4 Agosto 2025 alle 15:08 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Franco Giuseppe del 4 Agosto 2025 alle 11:41.
Sig. Franco Giuseppe, desidero innanzitutto esprimerle il mio piacere nel risentirla e nel leggere ancora i suoi graditi commenti. Mi sono continuamente domandato ‘ma dov’è andato a finire il sig. Franco Giuseppe, il “Gatto del faro”?’. Bentornato, dunque, sig. Franco Giuseppe.
Chiedo al sig. Franco Giuseppe e ai lettori un credito di pazienza per motivare questo mio particolare piacere. Vorrei raccontare una breve storiella, che non ricordo dove l’ho letta, e che pertanto riproduco ricorrendo alla mia memoria.
Ogni qualvolta un Maestro insegnava ai suoi discepoli, si presentava puntualmente un uomo che contestava le parole del Maestro.
I discepoli se ne risentivano e a fine di ogni riunione domandavano: “Maestro, ma come fa a sopportare questo signore?”
Ci fu un giorno in cui il contestatore non si presentò. Né si presentò il giorno seguente, e nemmeno nei giorni successivi. I discepoli videro il Maestro piangere.
I discepoli si guardavano tra di loro, attoniti, domandandosi in cuor proprio perché mai il Maestro stesse piangendo.
Uno dei discepoli, interpretando il sentimento comune dei presenti, domandò al Maestro: “Maestro, perché mai piange? Non è contento che quella persona che metteva sempre in dubbio le sue parole non si presenta più?”
Il Maestro rispose: “Chi più mai metterà alla prova i miei insegnamenti? Chi più mai mi offrirà l’occasione di migliorare la mia comprensione della vita?”
Ho voluto raccontare questa storiella perché anch’io vado alla ricerca di chi può mettere alla prova le mie idee, di chi può confutarle, di chi può riuscire a trovare una crepa nel mio impianto concettuale.
Ebbene, il sig. Franco Giuseppe sin dal 2019 avanzava, proprio sul sito Pensionipertutti, motivate critiche alla pensione anticipata Quota 100, alla quale ho aderito anch’io nel 2020. Da allora ho avuto modo di affinare il mio pensiero su alcuni aspetti previdenziali proprio (e anche) grazie alle osservazioni critiche ben motivate del sig. Franco Giuseppe.
Intanto, vorrei dire che non provo affatto a “sminuire la proposta e spegnere la speranza della Sig.ra Delfina e di tante altre donne su una quota che permetta al genere femminile di superare il disagio patito nelle proprie carriere lavorative” (come riferisce il sig. Franco Giuseppe nel suo commento).
Ho solo fatto presente che nel quadro generale relativo alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata, presentato dalla Ragioneria Generale dello Stato, la proposta e la speranza della sig. Delfina (come pure di altre donne) non hanno possibilità alcuna di poter essere realizzate.
Questo non vuol dire spegnere le speranze. Vorrebbe dire, semmai, non accendere illusioni.
Accettando comunque l’invito del sig. Franco Giuseppe nel volere accendere le speranze delle donne, sperando “in qualche altro colpo di testa dei nostri governanti” (come dice il sig. Franco Giuseppe riferendosi a Quota 100), si può confidare sin d’ora in promesse di taluni Partiti volte a catturare il voto favorevole dei lavoratori e delle lavoratrici in occasione delle elezioni in autunno in sei regioni: Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle D’Aosta, Veneto.
Il sig. Franco Giuseppe afferma che Quota 100 è una norma vergognosa sotto tutti gli aspetti. Vorrei segnalare la testimonianza di Carlo Cottarelli su Quota 100, espressa sul seguente video di youtube al minuto 4:55: https://www.youtube.com/watch?v=CvHnQcKCQKo.
A mio avviso, non ci sono “nome vergognose”, ma ci sono solo norme “sperimentali” (e quindi a tempo, a scadenza), talvolta anche onerose finanziariamente (come Quota 100, appunto, evidenziato da Carlo Cottarelli nel video di cui ho fornito il link). Il Governo cerca di volta in volta di “calibrare”, tarare meglio la misura previdenziale in modo da renderla più aderente alle reali possibilità finanziarie per poterle soddisfare (per questo sono nate, dopo Quota 100, misure progressivamente più restrittive come Quota 102 e poi Quota 103, “quote” che sono tornate alla ribalta – dopo che il concetto di “quota” era stato eliminato dalla Riforma Monti-Fornero – per rendere la Riforma Monti-Fornero più flessibile di quanto lo fosse già in origine).
Riguardo alla possibilità che la proposta “P.A.G.” (la Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale Perfetto-Armiliato-Gibbin) ha di essere attuata, rimando alla lettura dell’articolo di Erica Venditti pubblicato su Pensionipertutti in data 13 febbraio 2024 col titolo “E se a pagare le nostre pensioni fossero (anche) i robot? Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin” (https://www.pensionipertutti.it/e-se-a-pagare-le-nostre-pensioni-fossero-anche-i-robot-proposta-perfetto-armiliato-gibbin/).
Nell’articolo che ho citato si parla di un “New Deal” tra Lavoratori, Imprese, INPS e Stato. Oggi sussistono ulteriori elementi di valutazione che potrebbero incentivare a realizzare questo New Deal.
Mi riferisco, in particolare, alle richieste avanzate il 3 agosto 2025 dal Segretario generale della CGIL Maurizio Landini che, a causa dei dazi, chiede al Governo di tassare rendite e profitti per dare ristori ai lavoratori (FONTE: https://www.cgil.it/la-cgil/aree-politiche/segreteria-generale/landini-a-la-stampa-dazi-ristori-anche-ai-lavoratori-il-governo-tassi-rendite-e-profitti-vvchxf8h).
Orbene, mi domando: che differenza passa tra il tassare rendite e profitti, e l’applicare un’imposta sull’automazione in base al livello di automazione raggiunto dalle imprese? Il “ristoro” di cui godrebbero i lavoratori e le lavoratrici sarebbe l’agognata pensione in grado di soddisfare pienamente le aspettative di lavoratori e lavoratrici (non saprei dire, però, se la “pensione” è lo stesso tipo di “ristoro” cui si riferisce Landini).
Concludo unendomi all’invito espresso dal sig. Franco Giuseppe, e cioè che la sig.ra Delfina e tutte le altre lavoratici portino avanti le loro istanze, impegno che da tempo sta sostenendo il Comitato Opzione Donna Social (CODS) amministrato da Orietta Armiliato.
2 Agosto 2025 alle 12:15 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento della sig.ra Lory del 1 Agosto 2025 alle 13:21.
Sig.ra Lory, il suo commento presenta diversi spunti di riflessione che stimolano il confronto di idee.
Nel 1964 (periodo cosiddetto dei “baby boomer”) le nascite sono state 1.016.120. Nel 2024, invece, 60 anni dopo, le nascite sono state 369.922, esattamente 646.198 in meno (FONTE Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Demografia_d%27Italia#:~:text=Il%20progresso%20%C3%A8%20notevole%20se,e%2065%2C5%20nel%201959).
Mentre da un lato si assiste ad una progressiva diminuzione delle nascite, dall’altro si assiste ad un aumento della popolazione anziana. Nella Fonte Wikipedia citata sopra è presente l’immagine animata dal titolo “Piramide di popolazione dell’Italia dal 1982 al 2021”: nell’animazione risulta piuttosto evidente di come la base della piramide vada progressivamente restringendosi mentre la parte superiore della piramide vada progressivamente allargandosi. Ciò significa che è in atto una tendenza per la quale un numero sempre minore di giovani lavoratori finanzierà con i propri contributi previdenziali le pensioni di un numero sempre maggiore di anziani.
Il Governo e gli esperti previdenziali intervengono su diversi parametri per mantenere in equilibrio il flusso delle uscite per pensioni con il flusso delle entrate contributive, agendo su due fronti: da un lato, per garantire la completa restituzione del montante contributivo del lavoratore che l’ha accumulato; dall’altro, per garantire che il montante contributivo possa essere effettivamente restituito. Pertanto:
• Si agisce sul coefficiente di trasformazione, che dipende da altri parametri tra cui l’aspettativa di vita e l’età anagrafica. Per fare in modo che il montante contributivo accumulato durante la vita lavorativa venga restituito al lavoratore né maggiorato e né ridotto rispetto all’importo accumulato, il coefficiente di trasformazione tende a ridursi se l’aspettativa di vita aumenta (perché si tende a percepire la pensione per più tempo), e tende ad aumentare se si va in pensione ad un’età più avanzata (perché si tende a percepire la pensione per meno tempo);
• Si tende a mantenere più a lungo al lavoro i lavoratori per avere un numero sufficiente di lavoratori contribuenti in modo da compensare la riduzione dei lavoratori a causa del calo delle nascite. Si tende quindi ad allungare l’età pensionabile, oppure ad allungare gli anni di contribuzione, oppure ad aumentare il valore minimo dell’importo pensionistico di “n” volte l’importo dell’assegno sociale (n=1,5, n= 2,5, n=3,5, …). Per rafforzare tale meccanismo di permanenza prolungata al lavoro si interviene mediante incentivi per restare al lavoro (premialità, ovvero aumento dell’assegno pensionistico pari, per esempio, al 2% per ogni anno che si resti al lavoro oltre i 67 anni); e si interviene mediante disincentivi per lasciare il lavoro (penalità, ovvero riduzione dell’assegno pensionistico pari, per esempio, al 2% per ogni anno in meno che si lavori rispetto ai 67 anni).
Sotto il profilo CONTABILE (equilibrio finanziario della spesa pubblica per pensioni) non c’è proprio nulla da eccepire riguardo al nostro Sistema Previdenziale: denatalità (per cui ci saranno sempre meno lavoratori che pagheranno le pensioni) e invecchiamento della popolazione (aspettativa di vita in aumento e quindi tendenza a percepire la pensione per più tempo) inducono ad adottare il sistema contabile che attualmente abbiamo in esercizio.
Ma oggi sussistono le condizioni per mantenere in vita l’attuale sistema contabile previdenziale favorendo, allo stesso tempo, anche un’attenzione più accurata verso l’aspetto SOCIALE del Sistema Previdenziale: favorire la formazione di famiglie (facendo lavorare i giovani al posto degli anziani in modo che possano contare su un reddito da lavoro stabile e ben remunerato); valorizzare il lavoro di cura (dove spesso la famiglia interviene al posto dello Stato); garantire il pensionamento ai disoccupati inoccupabili (anziché erogare l’indennità di disoccupazione).
Oggi abbiamo robot e sistemi di intelligenza artificiale e altri sistemi di intermediazione digitale (come le casse automatiche dei supermercati e delle librerie, o applicazioni software come home banking, home insurance, Anagrafe Nazionale Popolazione Residente) che lavorano al posto degli umani. Quindi: sussistono le condizioni tecnologiche per compensare il vuoto lasciato dalla mancanza di lavoratori a causa della denatalità.
Poiché robot, sistemi di intelligenza artificiale e altri sistemi di intermediazione digitale eseguono gli stessi lavori degli umani, non c’è alcun razionale perché non debbano anch’essi versare i contributi previdenziali per finanziare le pensioni. Quindi: sussistono le condizioni tecnologiche per finanziare le pensioni dei lavoratori anziani e favorire quindi il ricambio generazionale.
Qualora sorgesse il pensiero di chiedere all’INPS la restituzione del proprio montante contributivo, ebbene temo proprio che l’INPS non sia nella concreta possibilità di poter evadere una simile richiesta: LA CASSA DELL’INPS È SEMPRE VUOTA!
Poiché il nostro sistema previdenziale è a ripartizione, i contributi versati dal lavoratore vengono immediatamente ritirati dal pensionato. Quindi, nella cassa dell’INPS i soldi non ci sono (Nota: tale aspetto viene bene illustrato nel video di youtube risalente a 13 anni fa “Superquark, demografia e pensioni in Italia” al seguente link https://www.youtube.com/watch?v=bcRwgQVTjfkl).
31 Luglio 2025 alle 18:32 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giorgio, non è possibile ricalcolare tutte le pensioni in essere con il calcolo contributivo. Vige il principio di “non retroattività delle leggi” (FONTE: https://www.notaio-busani.it/it-IT/diritto-irretroattivita.aspx#:~:text=Generalmente%20la%20legge%20dispone%20solo,la%20sua%20entrata%20in%20vigore).
In altre parole, una legge può modificare il futuro, ma non il passato.
Esempio. Se si fa una legge che stabilisce che si andrà in pensione con il sistema di calcolo contributivo allora:
• chi ha maturato i requisiti pensionistici PRIMA dell’entrata in vigore della nuova legge, e ricade nel sistema di calcolo misto, andrà in pensione col sistema di calcolo misto;
• chi maturerà i requisiti pensionistici DOPO l’entrata in vigore della nuova legge, andrà in pensione col sistema di calcolo contributivo.
31 Luglio 2025 alle 13:39 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Silvano del 31 Luglio 2025 alle 10:01.
Mi sembra di capire, sig. Silvano, che la soluzione che lei propone sia quella di cambiare i personaggi che ci amministrano.
In un certo qual modo, ci viene data la possibilità di cambiare i personaggi che ci amministrano con le votazioni amministrative e politiche.
Ma, a quanto pare, plus ça change, plus c’est la même chose (più le cose cambiano, più restano le stesse).
Talvolta occorre domandarsi non già “perché” le cose non cambiano, bensì “che cosa” sta accadendo (qui ed ora).
Il “perché” le cose non cambiano ce l’ha spiegato in parte lei, sig. Stefano, riferendosi ai personaggi che ci amministrano:
– “Gente che non ha né arte né parte”,
– “la maggior parte dei parlamentari, pensano che Spinoza o Schopenhauer, siano degli eccellenti musicisti o cantanti di heavy metal”.
Ma proviamo a domandarci “che cosa” sta accadendo qui ed ora:
– Robot (come BellaBot) che sostituiscono camerieri umani (https://www.youtube.com/watch?v=x8jvwBG0jQI)
– Assistenti digitali (come Camilla) basati su intelligenza artificiale che sostituiscono impiegati comunali (https://www.youtube.com/watch?v=qzX8wHeVEXI
ed anche:
– Clienti che si sostituiscono ad impiegati comunali (https://www.anagrafenazionale.interno.it/)
– Clienti che si sostituiscono ai cassieri di un supermercato (https://www.terya.com/blog-retail/casse-automatiche-supermercati-come-funziona-la-gestione-flussi)
Il “che cosa” sta accadendo, qui ed ora, è l’avanzare dell’automazione ad un tasso molto più rapido dello sviluppo di nuove professioni: il risultato è disoccupazione tecnologica.
Per evitare la disoccupazione tecnologica si rende necessario il ricambio generazionale favorendo l’uscita dei lavoratori anziani e l’ingresso di giovani nel mondo del lavoro (disoccupati, scoraggiati e NEET), in modo che avviino nuovi consumi (case, mobili, automobili, elettrodomestici, vestiti, ecc.) che faranno da volano alla produzione, e quindi agli investimenti e quindi a nuova occupazione.
Il finanziamento delle pensioni dei nuovi lavoratori anziani avverrebbe facendo versare i contributi previdenziali anche a robot e AI (e all’automazione più in generale, e quindi anche alle aziende che utilizzano casse automatiche o software di intermediazione digitale). Al tempo stesso, con l’applicazione dell’imposta sull’automazione, si eserciterà un po’ di freno all’avanzare dell’automazione in modo da formare e sviluppare le nuove professioni e quindi evitare la disoccupazione tecnologica.
Il Programma di diffusione dell’insegnamento della nuova disciplina STEM Economia Informatica che stiamo inviando a tutte le Università italiane e alle Scuole Medie Superiori ha come obiettivo proprio la formazione di nuove professioni e ridurre l’abbandono scolastico (sia nelle università che nelle scuole medie superiori).
Per realizzare tutto ciò, sig. Stefano, non è necessario che chi ci amministra abbia conoscenza del “Deus sive Natura” di Spinoza (tra parentesi, quando Einstein affermava che il “Grande Vecchio non gioca a dadi”, si riferiva non già al Dio del Vecchio Testamento, ma proprio al “Dio” di Spinoza, ovvero alla Natura).
CONCLUSIONE
Ispirandoci a Schopenhauer, lasciamo pure che ci amministra utilizzi la propria conoscenza a mo’ di lanterna che illumina la strada.
Ciò di cui abbiamo estremo bisogno, invece, è di uomini e donne che utilizzino la conoscenza a mo’ di sole che rivela il mondo.
Oso affermare, senza tema di essere smentito, che la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin è la nuova conoscenza che ci rivela il mondo in cui oggi viviamo; e l’Economia Informatica è la nuova conoscenza di cui abbiamo bisogno per governare gli eventi da cui oggi siamo governati (di cui né il nostro Governo, né i nostri Parlamentari hanno responsabilità).
30 Luglio 2025 alle 22:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Le confesso, sig. NicolaT, che ho trovato molto stimolanti i commenti del sig. Quota Bara e del sig. Marco.
In primo luogo perché i loro commenti si riferiscono alla loro diretta esperienza lavorativa, e alle loro aspirazioni più vive.
In secondo luogo perché i loro commenti hanno toccato aspetti importanti che vengono sviluppati proprio nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
In terzo luogo perché mi hanno offerto la possibilità di delineare ai lettori di Pensionipertutti, ancora una volta, i tratti salienti della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Non immaginavo – e per questo sono rimasto particolarmente e piacevolmente sorpreso – che la Dott.ssa Erica Venditti avrebbe composto con i nostri commenti un articolo, così sapientemente ritagliato ed armonizzato, e corredato da un incipit ed un epilogo ben strutturati.
Mi piacerebbe trovare altrettanti sig. Quota Bara e altrettanti sig. Marco in 12 docenti universitari, 6 economisti e 6 informatici.
Mi piacerebbe trovarmi dinanzi ad una commissione di 12 docenti universitari intenta a mostrarmi i punti di debolezza della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin e della disciplina Economia Informatica sulla quale la Proposta si regge.
30 Luglio 2025 alle 14:17 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Marco del 30 Luglio 2025 alle 9:35.
Il sig. Marco ritiene che ciò che è “giusto”, “equo”, “sociale”, “morale” siano poco considerati (se non addirittura ignorati) nelle mie considerazioni.
Il sig. Marco dissente, quindi, dalle mie considerazioni che, a suo avviso, non consentirebbero il raggiungimento di una “dimensione finalmente umana dell’esistenza” (espressione del sig. Marco).
Prima di chiarire il profondo equivoco che sembra essere sorto dalla lettura delle mie considerazioni – oltre che da parte del sig. Marco anche da una parte di altri lettori – desidero fare chiarezza su due punti.
PUNTO 1: NON DO LEZIONI DI VITA
Chiunque si sia preso la briga di leggere il mio CV pubblicato su Linkedin, cliccando anche sulla casella “Visualizza altro”, (https://it.linkedin.com/in/claudio-maria-perfetto-942484190) troverà le esperienze di lavoro che ho maturato, con annesse ben 6 “Lezione di vita appresa”.
Le lezioni di vita le dà la propria esperienza, maturata in ambito familiare, scolastico, lavorativo.
L’esperienza talvolta è un’insegnate alquanto severa, in quanto “prima ti fa l’esame, e poi ti spiega la lezione” (Oscar Wilde).
PUNTO 2: ANALIZZO I FATTI IN MANIERA DISTACCATA
Il fatto che io sia in pensione non mi dà il passaporto per esprimere le mie considerazioni con leggerezza.
Sono stato anch’io lavoratore, ho lavorato in molte aziende, ho interagito con impiegati, quadri, dirigenti, Top management, con Clienti (tra cui banche e assicurazioni) e con Fornitori di alto profilo. Conosco, per averli vissuti, i sentimenti di rabbia che potrebbe provare un lavoratore.
Il fatto che io sia in pensione mi dà, invece, il passaporto per esprimere le mie considerazioni con distacco: senza quella la rabbia del lavoratore che è stata compensata dalla imperturbabilità del pensionato (almeno, nel mio caso).
Il considerare i fatti con “distacco” non significa mancanza di “empatia”: comprendo bene e condivido i sentimenti dei lavoratori (per essere stato uno di loro), ma non mi lascio influenzare emotivamente dai loro sentimenti (il più delle volte intrisi di rabbia).
GIUSTO, SOCIALE, EQUO: SONO I PRINCÌPI SU CUI FONDA LA PROPOSTA PERFETTO-ARMILIATO-GIBBIN
Richiamo l’attenzione del lettore sulla Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin nella versione sintetica pubblicata al seguente link del mio sito web: https://drive.google.com/file/d/1qJA89rPQ_ekQmI3rfKx_OD3Yvvp9aEaL/view
Per comodità del lettore riporto i Princìpi:
• Fare le cose che sono socialmente giuste fare
• Uguali trattamenti tra uomini e donne, pubblico e privato, dipendenti e autonomi
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin si fonda su concetti di “giusto”, “sociale”, “equo”.
È giusto dare “Libertà di scelta nell’accesso al trattamento pensionistico”.
È giusto il “Riconoscimento e valorizzazione del lavoro di cura” (valore morale).
È equo trattare l’uomo prestatore di lavoro di cura alla pari della donna prestatrice del lavoro di cura (“Opzione Uomo” = Opzione Donna).
L’ETÀ PENSIONABILE NON SI ALZA A CAUSA DEL DEBITO PUBBLICO, MA A CAUSA DELLA DENATALITÀ
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin individua la causa dell’innalzamento dell’età pensionabile nella denatalità, nel calo delle nascite.
Con sempre meno nascite, ci saranno sempre meno lavoratori, e quindi sempre meno contributi previdenziali per finanziare le pensioni correnti (come sappiamo, il nostro sistema previdenziale è a ripartizione: il lavoratore paga la pensione al pensionato).
La conseguenza di questa relazione causa-effetto è la seguente: mantenere più a lungo al lavoro i lavoratori anziani, elevando progressivamente l’età pensionabile (aumentando l’età anagrafica, o aumentando gli anni di contribuzione).
NOTA: non si tratta di stabilire se ciò è giusto oppure no; si tratta di analizzare la relazione di causa-effetto.
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin rimuove a monte la causa “denatalità” in questo modo: 1) Robot e AI lavorano al posto dei lavoratori mancanti; 2) i lavoratori digitali (Robot e AI) vengono equiparati ai lavoratori umani; 3) come i lavoratori umani versano i contributi previdenziali, così i lavoratori digitali verseranno i contributi previdenziali; 4) con i contributi previdenziali versati anche dai lavoratori digitali (Robot e AI) si pagano le nuove pensioni.
LA PROPOSTA PERFETTO-ARMILIATO-GIBBIN POTREBBE FAVORIRE L’EUROPA NEI NEGOZIATI SUI DAZI CON GLI USA
Il problema dell’invecchiamento della popolazione non ce l’ha solo l’Italia, ma ce l’hanno anche gli USA (si clicchi sulla voce USA riportata nel documento di sintesi della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin).
La soluzione all’invecchiamento della popolazione che propone la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin potrebbe interessare la Presidenza USA: ciò potrebbe anche portare ad una migliore cooperazione su dazi tra USA ed Europa.
CONCLUSIONE
Spero di avere chiarito la mia posizione individuale e quella collettiva con Armiliato e Gibbin.
Mi auguro che tali chiarimenti riescano a dissipare eventuali dubbi e interpretazioni fuorvianti.
29 Luglio 2025 alle 21:23 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Quota Bara, sono arrivato a un punto della mia vita che non ho bisogno di dimostrare più nulla a nessuno.
Quando ero studente dovevo dimostrare di conoscere la materia per superare l’esame.
Quando ero impiegato a tempo indeterminato dovevo dimostrare di conoscere il mio lavoro per passare di livello.
Quando ero libero professionista a Partita IVA dovevo dimostrare di risolvere il problema del cliente per acquisire la commessa.
Ma ora che sono pensionato, non ho più bisogno di dimostrare qualcosa a qualcuno.
Non solo.
Poiché non mi attendo nulla da nessuno (nemmeno che Istituzioni e docenti universitari rispondano alle mie mail) nessuno potrà mai deludermi.
Lei, sig. Quota Bara, ha avuto una vita lavorativa piuttosto “piena”, da come ce la descrive. Una vita lavorativa che non le dà ancora respiro a 62 anni e che la induce a correre per un anno e mezzo ancora, prima dell’agognata pensione.
Ma quando andrà in pensione, la sua corsa nella vita non è ancora finita. Qualche figlio, qualche nipote, qualche parente prossimo avrà bisogno del suo supporto, del suo sostegno (magari come zio o come nonno), e non solo finanziario, ma anche morale. Si ritiene pronto per il sostegno morale? Se la sente di incoraggiare, di dare coraggio, di dire “Vai, corri, e non voltarti indietro!”?
Non sono in grado di dimostrarle scientificamente che la vita non è una sola, sig. Quota Bara. Ma non è importante.
L’importante è che lei, vivendo, correndo, alla fine sarà in grado di dimostrare, scientificamente, a se stesso, che la vita non è una sola.
29 Luglio 2025 alle 15:28 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Quota Bara del 29 Luglio 2025 alle 13:11.
Sig. Quota Bara, mi lasci innanzitutto dire questo: affermare ciò che è giusto e ciò che non è giusto non rientra nelle mie analisi.
Io agisco secondo quanto mi detta la mia coscienza, seguendo ciò che sento di voler fare. E ciò che voglio fare è rendere felici gli altri (NOTA: sto sorridendo. Mi viene in mente la risposta che Umberto Orsini, in uno spot pubblicitario, a chi gli chiedeva perché faceva pubblicità ad un dentifricio, Orsini rispondeva: “Perché mi piace far sorridere la gente!”. Ho visto tale pubblicità anni e anni fa in televisione).
Qualsiasi altra persona che agisca secondo criteri di “giusto” o “sbagliato” può farlo. Non giudico le sue idee, non interferisco con i suoi propositi.
In base a quanto mi descrive riguardo alla sua situazione personale, le posso soltanto dire che nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin la sua situazione verrebbe risolta in accordo con le sue aspettative, e lei ne sarebbe pienamente soddisfatto (NOTA: non sto “vendendo” una bufala. Non ho posizioni sociali, né professionali, né privilegi da tutelare. Io sto bene così come sono, in qualsiasi situazione io mi trovi).
Se il meglio che il Governo riesce a fare non è all’altezza delle aspettative del popolo italiano, ebbene, il popolo italiano se ne faccia una ragione.
Nemmeno le elezioni politiche potranno mutare la situazione italiana. Governo di Centrodestra e Governo di Centrosinistra hanno gli stessi problemi da affrontare, sia di natura finanziaria che di natura sociale. Ma nessuno di loro ha le soluzioni a tali problemi nell’era digitale. Perché? Perché non abbiamo economisti digitali in grado di poter consigliare correttamente i Governi su come avviare il volano della crescita economica e su come ridurre il debito pubblico senza costi sociali elevati.
Come so che non abbiamo economisti digitali? Ma perché nessun docente di economia che ho fino ad oggi ho contattato (e sono tanti, ma davvero tanti!) è stato in grado di analizzare le mie idee di economia digitale e quindi nessuno di loro ha potuto rispondere su quanto ho loro riportato.
Il debito pubblico non è una fiaba, come lei sostiene, sig. Quota Bara. Oh, no! Il debito pubblico è una lama di coltello puntata alla gola del Governo.
Mettiamola così, sig. Quota Bara: se lei venisse a sapere che la sua banca è in difficoltà tale da chiudere i bancomat e gli sportelli in modo che i clienti non possano ritirare i loro soldi, lei, che cosa farebbe? Non si precipiterebbe forse nella sua banca (assieme a tanti altri, anche se gli sportelli sono chiusi) per ritirare i suoi soldi e chiudere il suo conto corrente? (NOTA: è una esagerazione, la mia. Le banche in difficoltà vengono salvate dallo Stato e i clienti vengono risarciti fino a 100.000 euro).
Ai tempi del Governo Berlusconi IV, anno 2011 in cui è caduto e al quale è succeduto il 12 novembre 2011 il Governo Monti, lo Spread era a 500 e ciò stava ad indicare che gli investitori nutrivano serie preoccupazioni sulla sostenibilità del debito pubblico italiano, temevano di non venire rimborsati. Orbene, ha visto a quanto sta lo Spread oggi? È a 83,5 (pagina web di https://www.spreadoggi.it/ consultata il 29/07/2025 alle ore 15:14). Quindi, gli investitori mostrano fiducia nell’approccio del Governo attuale nel mantenere sotto severo controllo il debito pubblico, e quindi non faranno cadere il Governo attuale (NOTA: poiché lo Spread è la differenza tra i rendimenti dei titoli italiani e i Bund tedeschi, lo spread così relativamente basso potrebbe anche indicare che gli investitori migrano dai Bund tedeschi ai titoli italiani, perché ritengono questi ultimi più “affidabili” dei Bund tedeschi”).
Sig. Quota Bara: il debito pubblico non è certamente una fiaba! Oh no! Il debito pubblico che gli investitori hanno in mano è uno strumento per guidare il Governo a fare le cose che il Governo DEVE fare.
E cosa gli investitori dicono al Governo di fare? RIDURRE IL DEBITO PUBBLICO! RIDURRE LA SPESA PUBBLICA! RIDURRE LA SPESA PER LE PENSIONI!
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin indica soluzioni tali da evitare che i Governi si trovino sotto scacco degli investitori. Ma bisognerebbe per lo meno leggere la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin! Magari la si potrebbe emendare in qualche punto! Ma se nessuno la legge, cosa posso farci io, sig. Quota Bara?
Per quanto riguarda la sua affermazione testuale che dice “le ricordo che la vita è una soltanto”, ebbene, sig. Quota Bara, le posso affermare con granitica convinzione che la vita non è una soltanto. Ma questa è un’altra storia.
28 Luglio 2025 alle 17:27 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Aldemaro del 28 Luglio 2025 alle 10:11.
Sig. Aldemaro, provo a rispondere alle sue domande, basandomi anche sulla mia esperienza personale e diretta.
PREMESSA:
Lei ci comunica che:
a) Ha lavorato ininterrottamente in Ospedale;
b) Ha raggiunto i requisiti per la pensione anticipata Fornero (42 anni di età anagrafica e 10 mesi) in data 23/12/2024;
c) È in pensione dal 01/07/2025;
d) Gode di una pensione provvisoria;
e) Ha proseguito, per recupero ore e ferie, per 3 mesi dalla data di pensionamento (non mi è chiara questa affermazione, in quanto, se la data di pensionamento è 01/07/2025, come può avere “proseguito” a lavorare? Dovremmo essere al 01/10/2025. Ma non ha importanza).
OSSERVAZIONE:
Sig. Aldemaro, lei non ci comunica quando ha inoltrato la domanda di pensionamento anticipato 42 anni e 10 mesi.
MIA IPOTESI:
Poiché lei, sig. Aldemaro, ha lavorato ininterrottamente in Ospedale, presumo che la sua cassa previdenziale sia la “Cassa per le pensioni ai sanitari (CPS)”. Per coloro che appartengono alla CPS, la Legge di Bilancio per il 2024 stabilisce che per gli uomini si accede alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi e più 3 mesi di finestra di attesa (FONTE: LEGGE 30 dicembre 2023, n. 213, pag. 34, link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2023/12/30/303/so/40/sg/pdf).
Proseguo nella mia ipotesi, presumendo che lei, sig. Aldemaro, avendo in programma di recuperare ore e ferie per 3 mesi, e avendo maturato i requisiti per l’anticipata Fornero già in data 23/12/2024, abbia scelto di maturare la finestra di 3 mesi di attesa lavorando, e quindi avrà inoltrato la domanda di pensionamento intorno ad Aprile 2025.
Facciamo l’ipotesi che l’INPS abbia impiegato 2 mesi per elaborare la Pensione Provvisoria, ed ecco che lei, sig. Aldemaro, si trova in Pensione Anticipata Fornero con la Pensione Provvisoria a partire dal 01/07/2025. Ovviamente, questa è sola una mia congettura, che però mi permette di provare a rispondere alle sue domande.
DOMANDA DI ALDEMARO 1 (da me ristrutturata):
Essendo io in pensione dal 01/07/2025, e avendo io riscosso gennaio-giugno di stipendio in ospedale, quale tassazione IRPEF è applicata, es: partono come se la pensione fosse il mio primo “guadagno” del 2025, non contando gli stipendi, o altro?
RISPOSTA DI PERFETTO 1:
L’INPS non ha visibilità sui suoi cedolini paga del suo datore di lavoro. L’INPS ha però visibilità sui contributi che il suo datore di lavoro versa nella “Cassa per le pensioni ai sanitari (CPS)”.
L’INPS parte come se la pensione fosse il suo primo “guadagno” del 2025.
MA ATTENZIONE! Penso proprio che nel 2026 lei dovrà fare il 730 in cui cumula pensione 2025 e reddito da lavoro 2025 (in quanto, come lei ci comunica, in gennaio-giugno ha percepito uno stipendio dall’ospedale). Si informi bene presso un Patronato!
Dal momento che lei è in pensione nel 2025, e dal momento che nel 2025 ci sono ancora contributi che sono stati versati, è altamente probabile che il tempo per avere la Pensione Definitiva si allunghi.
Come lei ha ricevuto il modello TE08 dell’INPS (Provvedimento di Prima Liquidazione della Pensione) in cui le veniva comunicato l’importo della pensione provvisoria, così riceverà un nuovo modello TE08 dell’INPS che le comunicherà l’importo della pensione definitiva.
Mia NOTA strettamente personale: ho inoltrato domanda di pensione Quota 100 in novembre 2020, sono andato in pensione il 01/01/2021, ho ricevuto il 14/01/2021 il TE08 che mi comunicava l’importo della pensione provvisoria, ho ricevuto il primo cedolino della pensione provvisoria il 01/02/2021 (importi di gennaio e di febbraio), ho versato nel 2021 i contribuiti relativi al 2020 (in Gestione Separata, in quanto negli ultimi anni ho lavorato a Partita IVA), ho ricevuto il 26/01/2022 il TE08 che mi comunicava la riliquidazione (nuovo importo a seguito di altri contribuiti versati), ho ricevuto il 18/02/2022 il TE08 con in oggetto: “Comunicazione di Riliquidazione per trasformazione da provvisoria a definitiva”, ho ricevuto il primo cedolino della pensione definitiva il 01/03/2022.
DOMANDA DI ALDEMARO 2 (da me ristrutturata):
Quando viene praticato un calcolo definitivo della Pensione Lorda questa sarà inferiore o superiore (anche se di poco) all’attuale?
RISPOSTA DI PERFETTO 2:
Quando viene praticato il calcolo definitivo della Pensione Lorda, poiché l’INPS terrà conto anche dei contributi che il suo datore di lavoro avrà versato nell’anno 2025, lei, sig. Aldemaro, si troverà l’importo lordo della Pensione Definitiva maggiore dell’importo lordo della Pensione Provvisoria.
MA ATTENZIONE!
Se lei osserva bene il cedolino della pensione provvisoria relativa al 2025, probabilmente non vedrà riportate le Addizionali IRPEF Regionale e Comunale relative all’anno 2025.
Nei prossimi cedolini che riceverà nel 2026, troverà le Addizionali IRPEF Regionale e Comunale relative all’anno 2025. Quindi, se ancora continuerà a ricevere la pensione provvisoria in gennaio e febbraio 2026, l’importo netto della pensione provvisoria risulterà inferiore all’importo netto della pensione provvisoria che riceve in luglio 2025 e in agosto 2025 (e presumo anche fino a dicembre 2025).
DOMANDA DI ALDEMARO 3:
Quando la Pensione è definitiva come si comportano con l’Irpef, conguagli futuri o altro?
RISPOSTA DI PERFETTO 3:
Quando riceverà la pensione definitiva, dal momento che l’importo lordo aumenterà, l’importo netto della pensione definitiva risulterà maggiore dell’importo netto della pensione provvisoria che contiene l’IRPEF Regionale e Comunale.
Ovviamente, anche la Pensione Definitiva verrà computata con l’IRPEF Regionale e Comunale.
DOMANDA DI ALDEMARO 4 (da me ristrutturata):
Nei 6 mesi che ho lavorato nel 2025 ci sono stati aumenti contrattuali per il periodo 2022-2024 per il Comparto di Sanità al quale appartenevo, e questi aumenti, al netto della vacanza contrattuale che ho percepito, saranno conteggiati nella pensione. (Mia nota: intendo tale frase come una affermazione). Domanda che penso il sig. Aldemaro voglia rivolgere: come mi accorgo se nell’importo pensionistico vengono conteggiati gli aumenti contrattuali per il biennio 2022-2024?
RISPOSTA DI PERFETTO 4:
Sig. Aldemaro, lei domanda: come mi accorgo se nell’importo pensionistico vengono conteggiati gli aumenti contrattuali per il biennio 2022-2024?
Sig. Aldemaro, purtroppo, non ho elementi per rispondere alla sua domanda.
CONCLUSIONI
Le domande che il sig. Aldemaro pone sono molto puntuali, tecniche, specifiche.
Consiglio vivamente il sig. Aldemaro (come pure tutti gli altri lettori che hanno domande così specifiche) di rivolgersi ad un Patronato, che può rispondere con precisione maggiore, in quanto ha a disposizione gli strumenti software adeguati ma, soprattutto, quell’esperienza che solo chi ci lavora ogni giorno sul campo pratico nell’elaborazione delle domande di pensioni può sviluppare.
28 Luglio 2025 alle 13:00 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Quota Bara del 28 Luglio 2025 alle 11:25.
Sig. Quota Bara, cerchiamo di essere onesti, almeno con noi stessi (lei ed io).
Le quote erano state eliminate dalla Riforma Monti-Fornero quando era in carica il Governo Monti nel 2011.
Le quote sono state reintrodotte nel 2019 dal Governo Conte 1 con la coalizione M5S-Lega. Fu introdotta Quota 100 (62 anni di età anagrafica e 38 anni di versamento contributi) in via sperimentale e con scadenza dopo tre anni. Io sono andato in pensione con Quota 100, avendo maturato 65 anni di età anagrafica e 41 anni di contribuzione (quindi, Quota 106). I Governi successivi a Conte 1 hanno poi introdotto Quota 102 e Quota 103 (sempre in via sperimentale e quindi con una determinata scadenza).
Le finestre sono state eliminate dalla Riforma Monti-Fornero quando era in carica il Governo Monti nel 2011. Le finestre erano state eliminate ma inglobate nell’età anagrafica, ovvero, anziché andare in pensione a 65 anni di età e poi aspettare la finestra di 1 anno, si andava in pensione a 66 anni di età senza più attendere alcuna finestra.
Le finestre sono state reintrodotte nel 2019 dal Governo Conte 1 con la coalizione M5S-Lega quando fu istituita Quota 100. Io sono andato in pensione con Quota 100 senza attendere la finestra di 3 mesi, in quanto avevo già maturato la finestra di attesa di 3 mesi, essendo andato in pensione a 65 anni di età anagrafica e 41 anni di contribuzione e non a 62 anni di età e 38 anni di contribuzione.
L’aspettativa di vita è stata introdotta per ragioni legate all’andamento demografico: sempre meno nascite e sempre più vecchi. Per continuare ad erogare le pensioni correnti si è reso necessario allungare la permanenza al lavoro dei lavoratori, perché con sempre meno lavoratori (a causa della denatalità) si va incontro a sempre meno contributi versati, e con sempre più anziani (a causa o in virtù dell’allungamento della vita) si va incontro ad erogare le pensioni per più anni.
Negli anni Settanta-Ottanta erano sufficienti 35 anni di lavoro per andare in pensione, perché nascevano 1 milione di bambini all’anno (e quindi ci sarebbero stati lavoratori che avrebbero pagato le pensioni correnti con i loro contributi).
Oggi si tende ad andare in pensione con più di 40 anni di lavoro perché nascono 400 mila bambini all’anno (e quindi ci saranno sempre meno lavoratori che pagheranno le pensioni correnti con i loro contributi. Per tale motivo il Governo sta spingendo anche verso la pensione complementare aggiungendola alla pensione obbligatoria).
Per chi non raggiunge i 40 anni di lavoro per vari motivi, ci sono varie modalità di accesso alle pensioni cosiddette “anticipate”, anche se con requisiti sempre più stringenti. Il Consiglio europeo raccomanda all’Italia di eliminare le pensioni anticipate (volenti o nolenti l’Italia deve allinearsi alle indicazioni dell’Europa).
CONCLUSIONE
Sig. Quota Bara, siamo onesti almeno tra noi due: in base a quanto ho provato a chiarirle, si rende conto che il suo commento non ci porta da nessuna parte?
Le varie Quota 100, Quota 102, Quota 103, tutte in via sperimentale, tutte a scadenza; e le varie finestre di 3 mesi, 6 mesi, 9 mesi stanno ad indicare che il Governo si trova in continuo affanno, non sa dove andare, perché non sa che cosa fare.
O meglio, il Governo sa bene dove andare e cosa fare, ma SOLO in ambito finanziario (ridurre il rapporto debito pubblico/PIL, ridurre la spesa pubblica), e NON ANCHE in ambito sociale (più nascite, più assistenza agli anziani, meno liste di attesa alla Sanità, migliore istruzione, più lavoro e meglio retribuito ai giovani, riduzione della povertà sia assoluta che relativa).
Gli obiettivi principali del Governo sono: ridurre la spesa pubblica, avere l’avanzo primario al fine di pagare gli interessi sul debito pubblico (quindi non spendere tutte le tasse che incamera per migliorare i servizi pubblici: Sanità, Istruzione, Trasporti).
IN SOLDONI: L’OBIETTIVO DEL GOVERNO È RIDURRE LA SPESA PER PENSIONI!
Glielo vuole dire lei, sig. Quota Bara, al Governo DOVE andare e COME andarci ANCHE in ambito sociale? (magari con una Proposta che sia più convincente del suo commento).
27 Luglio 2025 alle 17:40 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Mario pala del 27 Luglio 2025 alle 11:33.
Sig. Mario pala, il suo pensiero mi è molto chiaro.
Mi è molto chiaro perché ho letto con attenzione anche i suoi precedenti commenti (riportati in un altro articolo) del 20 Luglio 2025 alle 0:02, e del 20 Luglio 2025 alle 12:01.
Per rispondere al suo commento, sig. Mario pala, farò riferimento all’articolo dal titolo “Responsabilità di cura: il 35% degli italiani deve fare i conti con una situazione sempre più complessa” pubblicato sul magazine online “Percorsi di secondo welfare” in data 27 dicembre 2019 (un po’ vecchiotto, lo riconosco; ma è il solo articolo che ho trovato riguardo al rapporto tra uomini e donne in merito alla responsabilità di cura): https://www.secondowelfare.it/primo-welfare/famiglia/responsabilita-di-cura-per-il-25-per-cento-degli-italiani-situazioni-sempre-pi-complessa/.
MIA CONSIDERAZIONE 1: le donne hanno un carico di responsabilità maggiore rispetto agli uomini riguardo a lavoro e cura della famiglia.
“essere impegnati in un’attività lavorativa e allo stesso tempo doversi occupare di figli piccoli o parenti non autosufficienti comporta una modulazione dei tempi da dedicare al lavoro e alla famiglia che può riflettersi sulla partecipazione degli individui al mercato del lavoro, soprattutto delle donne, le quali hanno un maggiore carico di tali responsabilità”. (FONTE: “Percorsi di secondo welfare”, già citato).
MIA CONSIDERAZIONE 2: A parità di condizioni nel conciliare lavoro e famiglia, le madri sono più penalizzate dei padri.
“Se padri e madri riportano problemi di conciliazione in egual misura, sono però soprattutto le donne ad aver modificato qualche aspetto della propria attività lavorativa per meglio combinare il lavoro con le esigenze di cura dei figli: il 38% delle madri occupate, oltre un milione, ha dichiarato di aver apportato un cambiamento, contro poco più di mezzo milione di padri (12%)”. (FONTE: “Percorsi di secondo welfare”, già citato).
MIA CONSIDERAZIONE 3: Il Governo agisce sempre al meglio delle proprie conoscenze, capacità, possibilità.
Questo è un mio postulato, e pertanto, come il quinto postulato di Euclide (“Per un punto esterno a una retta, passa una e una sola retta parallela alla retta data”) può essere confutato, smentito, contraddetto (NOTA: utilizzo tale postulato al fine di evitare di criticare negativamente sempre il Governo di turno, e per concentrami, invece, sulle soluzioni nuove da offrire al Governo di turno).
CONCLUSIONE
Il Governo non può fare meglio di quanto stia già facendo, fino a quando qualche economista, o qualche esperto previdenziale non riuscirà ad elaborare un’idea che dia soluzione al problema della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione introducendo idee in linea con i tempi del digitale. La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin dà soluzione al problema della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione introducendo idee in linea con i tempi del digitale.
Lei, sig. Mario pala, nel suo commento del 20 Luglio 2025 alle 0:02 afferma di essere un caregiver di un genitore disabile. Ebbene, in accordo con la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin lei potrebbe andare in pensione a 58 anni con 35 anni di contribuzione e col sistema di calcolo misto (qualora vi rientrasse).
E allora, sig. Mario pala, sotto tali condizioni, dal momento che con la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin lei potrebbe andare liberamente in pensione, che differenza le farebbe se andassero ugualmente in pensione, proprio come lei, anche le donne che sono single, non hanno figli e non svolgono ruoli di cura ma hanno 58 anni di età e 35 anni di contribuzione?
Infine, sig. Mario pala, se lei ritorna sui concetti di equità, parità tra donne e uomini, inclusività, sul “costruire un sistema pensionistico più giusto”, le ricordo che il Governo (in base al mio postulato) agisce al meglio delle proprie possibilità, anche in tema di evasione fiscale, lotta al lavoro nero, contrasto all’immigrazione irregolare, ecc., ecc.
Se oggi ci troviamo nelle condizioni in cui siamo, ci piaccia o no, Il Governo attuale non può fare di meglio.
Nella Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin c’è davvero tutto quello che lei, sig. Mario pala, si auspica, che i lavoratori e le lavoratrici si auspicano, che gli studenti si auspicano, che il Governo si auspica, che l’Europa si auspica.
27 Luglio 2025 alle 13:47 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Opzione Donna, come oggi è, esprime una violenza crudele e raccapricciante nei confronti delle donne (a mio avviso, s’intende).
Il Patronato Acli sintetizza molto bene i requisiti per accedere a Opzione Donna:
https://www.patronato.acli.it/opzione-donna-2025-necessaria-unattenta-valutazione/#:~:text=%C3%88%20necessario%20aver%20compiuto%20almeno,sufficiente%20aver%20compiuto%2059%20anni.
Non giudico i Governi e i Parlamentari che hanno approvato Opzione Donna nelle sue diverse versioni fino ad assumere i connotati che il Patronato Acli ci ricorda e che agevolmente ci riassume.
No. Il mio intento è di indagare, non già di giudicare.
So (o penso di sapere) che se il Governo e i Parlamentari hanno “partorito” Opzione Donna così come oggi è, credo che non avrebbero potuto fare altro, non avevano altra scelta, essendo essi esposti a fortissime pressioni da parte del Consiglio europeo (che invita l’Italia a limitare i regimi di prepensionamento) e del Patto di Stabilità e di Crescita (che invita a ridurre il rapporto debito pubblico/PIL) sancito con gli altri Paesi dell’Unione europea; peraltro, senza una indicazione chiara, precisa, strategica (definire oggi, con le risorse di ieri, il nostro futuro) da parte dei nostri economisti ed esperti previdenziali.
Simboli dell’Italia sono: la Bandiera, l’Inno Nazionale, l’Emblema (la stella d’Italia a cinque punte stampata sulla mia carta di identità, ancora in formato cartaceo).
Ma c’è ancora un altro simbolo, che compariva sui francobolli di 55 lire e sul dritto della moneta da 100 lire: la raffigurazione di Italia turrita con la scritta “REPUBBLICA ITALIANA”.
Se l’Italia è Donna, allora Opzione Donna ha a che vedere con l’Italia.
L’ Art. 12 della Costituzione Repubblica Italiana recita: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.” (FONTE: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Costituzione_della_Repubblica_italiana.pdf).
L’avere inserito la Bandiera italiana nella Costituzione della Repubblica Italiana pone la Bandiera sotto la protezione della legge italiana. Chi brucia la Bandiera italiana, chi brucia questo simbolo dell’Italia, incorre in possibili sanzioni penali per vilipendio alla Bandiera.
CONCLUSIONE
Come ho anticipato, se l’Italia è Donna, allora Opzione Donna ha a che vedere con l’Italia, che viene raffigurata da una giovane donna con il capo cinto da una corona completata da torri.
Come la Bandiera è simbolo nazionale, anche l’Italia turrita nella raffigurazione di una donna è simbolo nazionale.
Chi offende la Bandiera italiana commette vilipendio, disprezzo verso l’Italia.
E allora, similmente, chi irrigidisce i requisiti di accesso a Opzione Donna, chi esercita una violenza così crudele e raccapricciante nei confronti delle donne rendendo Opzione Donna praticamente impraticabile, commette vilipendio, disprezzo verso la Donna e quindi verso l’Italia, rappresentata a livello nazionale col volto di Donna.
Il mio invito al Governo Meloni è di proporre una Opzione Donna con requisiti di accesso praticabili, come quelli originari, e migliorala al punto da elevare Opzione Donna allo stesso rango di dignità di quell’Italia che viene raffigurata a livello nazionale proprio col volto di una Donna.
24 Luglio 2025 alle 12:09 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Wal del 24 Luglio 2025 alle 7:40.
Sig. Wal, la sola cosa nuova che la Riforma Monti-Fornero ha fatto è l’aver messo ordine nel caos previdenziale che i Governi precedenti avevano (loro malgrado) contribuito a generare.
Per rispolverare un po’ la memoria, rimando all’articolo di Erica Venditti pubblicato in data 26 Agosto 2022 col titolo “Riforma pensioni, obiettivo sostituire la Fornero: tra il dire ed il saperlo fare” (https://www.pensionipertutti.it/riforma-pensioni-obiettivo-sostituire-la-fornero-tra-il-dire-ed-il-saperlo-fare/).
La Riforma Monti-Fornero è bene impostata, razionale, coerente, lucida, chiara, funzionale. Ma non è più attuale ai tempi del digitale, in quanto nel Principio di equità “entro le generazioni” e “tra le generazioni”, sul quale la Riforma Monti-Fornero si regge, non è contemplata la generazione robotica (https://issuu.com/eXL_magazine/docs/exl_primo_numero/s/12732576).
La Riforma Previdenziale Perfetto-Armiliato-Gibbin estende il Principio di equità “entro le generazioni” e “tra le generazioni” integrando tra loro la generazione umana e la generazione robotica. Pertanto, la Riforma Previdenziale Perfetto-Armiliato-Gibbin è la Riforma Previdenziale candidata a sostituire la Riforma Monti-Fornero.
Sono d’accordo con lei, sig. Wal, che coloro che votarono a favore della Riforma Monti-Fornero lo fecero non già per ipocrisia, ma (per usare le sue stesse parole) per ‘la conseguenza di “fatti o misfatti” iniziati molto prima della metà del 2011’ (e ciò viene bene spiegato nell’articolo di Erica Venditti che ho citato prima).
Per quanto riguarda l’aforisma di Pirandello, mi viene in mente il Presidente della Cina Xi Jinping: ho letto la sua biografia e confesso che la sua personalità cattura la mia curiosità e il mio interesse nonché una lieve ammirazione per come ha saputo costruire la sua ascesa politica in un clima che non gli era affatto favorevole.
Non ricordo bene se ho letto la biografia di Xi Jinping su un opuscolo dato assieme al giornale La Stampa o La Repubblica (purtroppo, non ho al momento l’opuscolo a portata di mano per poterlo verificare).
A volte La Stampa e La Repubblica consentono la lettura di alcuni articoli, temporaneamente, anche ai non abbonati (come è accaduto a me, per esempio). La maggior parte delle volte la lettura è riservata ai soli abbonati.
Sono d’accordo con la loro politica di riservare la lettura di giornali sul web a chi paga. In economia non esiste la parola “gratis”. I giornalisti che scrivono gli articoli vanno pagati. Punto.
E qui mi vengono in mente giornalisti come Erica Venditti e Stefano Rodinò, che non solo ci fanno leggere a titolo gratuito i loro articoli la cui scrittura impegna molto tempo (ed io ne so qualcosa); ma ci danno anche spazio a scrivere nello spazio che essi pagano per la gestione del portale, confidando nella nostra disponibilità ad offrire una piccola donazione per permettere loro di continuare a risponderci e ad aiutarci nei commenti del sito.
E posso assicurarle, sig. Wal, che una donazione a pensionipertutti è proprio ciò che ora farò non appena avrò messo il punto finale a questo mio commento.
23 Luglio 2025 alle 15:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Innanzitutto il mio “Bentornato!” a Mauro Marino.
Ci sono almeno due osservazioni di Mauro Marino che richiamano la mia attenzione:
1) l’osservazione riguardo alle “roboanti affermazioni sul numero delle persone occupate (con contratti spesso a termine e con orari part-time)”;
2) l’osservazione riguardo alle “previsioni sull’aumento del PIL nel 2025 sono da prefisso telefonico” (io mi riferisco a tale espressione di Marino con il termine “zero virgola percento”).
Trovo interessanti le due osservazioni perché evidenziano una asimmetria: l’occupazione cresce, mentre il PIL non cresce in maniera proporzionale alla crescita dell’occupazione.
In altri termini, l’asimmetria consiste in questo: se l’occupazione cresce dell’1%, allora – secondo i principi di economia – anche il PIL dovrebbe crescere almeno dell’1%, e non “solo” dello 0,7%.
Perché nessun economista spiega questa “asimmetria”, tale mancanza di proporzionalità tra occupazione e PIL?
Ebbene, ho trovato un economista che lo spiega: il Prof. Renato Brunetta, Presidente del CNEL.
Il Prof. Brunetta attribuisce la mancata proporzionalità tra crescita occupazionale e crescita economica (PIL) alla bassa produttività da cui consegue un altrettanto basso salario reale.
COSÌ BRUNETTA:
“Il non pieno recupero del salario reale in Italia è di fatto il contraltare dei livelli record di occupazione che il Paese ha registrato, anche questi riportati nella nota dell’OCSE. Evidenze recenti suggeriscono, infatti, che le imprese italiane negli ultimi due anni abbiano preferito assumere lavoratori, piuttosto che investire in capitale, in particolare tecnologico.” ha dichiarato Brunetta. “Questo perché il capitale porta con sé un costo d’uso legato alla disponibilità di competenze sul mercato del lavoro che è molto difficile trovare. Il risultato è stato un rallentamento della produttività e dunque un faticoso recupero dei livelli salariali dopo lo shock energetico. La soluzione strutturale per uscire da questo equilibrio è destinare più risorse alla formazione, a tutti i livelli. Dalla riforma degli ITS, al potenziamento delle politiche attive di formazione dei disoccupati, alla formazione continua sul posto di lavoro. Solo così l’Italia potrà recuperare crescita, produttività e salari in maniera sostenibile, preservando i livelli occupazionali” ha concluso il presidente del CNEL.” (FONTE: https://www.rainews.it/articoli/2025/07/italia-salari-in-caduta-libera-nel-2025-si-registra-71-rispetto-al-2021-9aaef8a1-aaec-4a49-aa35-98f40361c2c6.html).
MIA INTERPRETAZIONE SEMPLIFICATA DEL PENSIERO DI BRUNETTA
Le imprese hanno preferito assumere lavoratori piuttosto che investire in capitale tecnologico (per esempio, in sistemi avanzati di software o di intelligenza artificiale) perché è difficile trovare competenze sul mercato in grado di gestire capitale tecnologico avanzato. Il risultato è stato un rallentamento della produttività e, di conseguenza (in accordo con i principi di economia pura), un rallentamento nella crescita dei salari e di conseguenza rallentamento della crescita economica (semplificando al massimo, e seguendo Keynes, se E è la somma erogata in salari e stipendi e la identifichiamo con il PIL, e se W è l’unità di salario, e se N è il volume di occupazione, allora il Reddito-PIL globale è dato dalla formula E=NW. NOTA: CERCARE CON GOOGLE LA STRINGA messa tra doppia apici “E=NW Keynes”).
SOLUZIONE PROPOSTA DA BRUNETTA: Destinare più risorse alla formazione (per esempio agli Istituti Tecnici Superiori, gli ITS che pongono un forte accento sull’esperienza pratica e l’inserimento diretto nel mondo del lavoro), nonché potenziare le politiche attive finalizzate alla formazione dei disoccupati. In tal modo, ci sarà crescita della produttività, crescita dei salari, crescita economica (PIL).
Dopo avere collegato le due osservazioni di Mauro Marino (occupazione e crescita economica) alle spiegazioni del Prof. Brunetta (produttività, salario, occupazione e crescita economica), desidero aggiungere una mia considerazione per chiudere il cerchio Marino-Brunetta-Perfetto.
Nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin, al paragrafo 7.14 dal titolo “Istruzione, formazione e avviamento al lavoro per i giovani”, viene indicato di inserire nei piani di studi universitari e di scuola media superiore la nuova disciplina STEM Economia Informatica che centra perfettamente le indicazioni di Brunetta riguardo alla formazione (nota: ho inviato la Presentazione della Economia Informatica al CNEL, ovvero al Prof Brunetta, in data 21 agosto 2024).
Desidero, però, in questa circostanza, evidenziare: COME FARE CRESCERE I SALARI E GLI STIPENDI.
Ero venuto a conoscenza dell’articolo della giornalista Barbara Carfagna pubblicato in data 4 luglio 2025 su Il Sole 24 Ore col titolo “Così l’intelligenza artificiale ci pagherà la pensione futura”. (FONTE: https://www.ilsole24ore.com/art/cosi-l-intelligenza-artificiale-ci-paghera-pensione-futura-AHHMdiXB).
L’articolo riporta l’intervista al Direttore Generale dell’INPS Avv. Valeria Vittimberga (nota: l’intervista è anche disponibile su https://www.youtube.com/watch?v=GHucCR8WdPU).
Orbene, mi sono preso la briga di scrivere alla Redazione de Il Sole 24 Ore chiedendo loro di far pervenire la mia mail alla giornalista Barbara Carfagna, dal momento che non conoscevo il suo indirizzo di email.
Segnalavo a Il Sole 24 Ore che il concetto espresso dal Direttore Generale dell’INPS Valeria Vittimberga (far pagare all’intelligenza artificiale le pensione futura) coincide in pieno con quello espresso nella Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale elaborata da Perfetto-Armiliato-Gibbin (nota: in copia conoscenza alla mia mail c’erano anche il Direttore Generale dell’INPS, il Presidente dell’INPS, il Presidente del CIV di INPS, cinque professori universitari di economia, inclusa la Prof.ssa Fornero, IBM Italia, Armiliato, Gibbin ed Erica Venditti).
Nella mia mail domandavo su quali basi concettuali, ovvero su quale paradigma digitale si fonderebbe il pensiero di Vittimberga (e quindi dell’INPS) e se tale paradigma digitale fornisce risposte a 6 domande tra cui la seguente:
DOMANDA 4 DELLA MIA MAIL: “Se la “AI agentica”, ovvero l’“alter ego digitale”, ovvero il “gemello digitale” (https://www.focus.it/tecnologia/digital-life/arriva-il-nostro-gemello-digitale) supporta il lavoratore umano nel suo lavoro contribuendo ad aumentarne la produttività, ebbene, il salario del lavoratore non dovrebbe forse aumentare, dal momento che il salario è direttamente proporzionale alla produttività?”
RISPOSTA DATAMI? Silenzio di tomba da INPS e dai cinque professori di economia!
CONCLUSIONE: la formazione di cui parla Brunetta andrebbe fatta non solo agli studenti e ai disoccupati, ma, in primis, a chi dovrebbe insegnare ciò che studenti e disoccupati dovrebbero imparare.
23 Luglio 2025 alle 16:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Wal, in effetti sono proprio esattamente (riprendendo le parole di Marino) “tredici anni che in Italia si parla di attuare una nuova riforma previdenziale in sostituzione della legge Fornero che è entrata in vigore il 1° gennaio 2012”.
Infatti, il 30 aprile 2013 fu presentata alla Camera dei Deputati la Proposta di Legge (PdL) n. 857 dal titolo “Disposizioni per consentire la libertà di scelta nell’accesso dei lavoratori al trattamento pensionistico” a firma di 60 parlamentari di cui i primi tre firmatari sono Damiano-Baretta-Gnecchi.
Perciò dal 2013 al 2025 sono passati esattamente 13 anni – includendo nel conteggio gli anni 2013 e 2025 – che si attende di attuare una nuova riforma previdenziale in sostituzione della legge Fornero.
Per quanto riguarda invece il suo pensiero che gli schieramenti politici contrapposti convergono sulle stesse Proposte di Legge solo in presenza di un Governo tecnico, c’è evidenza nelle parole attribuite alla Prof.ssa Fornero nell’articolo a firma di Paolo Griseri pubblicato su La Stampa in data 20 luglio 2021 dal titolo esplicativo ‘Lo stupore dell’ex ministra: “I politici ci chiamano per le scelte impopolari”’ (FONTE: https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2021/07/20/news/lo-stupore-dell-ex-ministra-i-politici-ci-chiamano-per-le-scelte-impopolari-1.40515050/).
22 Luglio 2025 alle 18:15 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Nota per le lettrici/lettori.
È possibile che, cliccando sul link che indirizza all’articolo de La Stampa, non si possa leggere l’articolo in quanto la lettura dell’articolo è riservata agli abbonati.
Può capitare che La Stampa talvolta conceda la lettura dell’articolo anche a chi (come me, per esempio) non è abbonato.
Io ho salvato l’articolo de La Stampa per avere le prove a supporto dei dati che presento.
Per correttezza nei confronti delle lettrici/lettori ritengo doveroso da parte mia riportare in modo esplicito la fonte dei dati estraendo dall’articolo de La Stampa quanto segue:
“Nel 2022, cioè prima dell’entrata in vigore della riforma Opzione donna (OD) targata Meloni, le donne che sono andate in pensione con OD sono circa 24.600. Nel 2024 hanno fruito della misura meno di 3.500 donne. Essendo Opzione donna una misura pensionistica volontaria è impossibile calcolare precisamente quante lavoratrici in tutto oggi sono le esodate di Opzione donna. Molte non hanno proprio presentato domanda sapendo di essere state fatte fuori. Ma è chiaro comunque che si trattava di un’uscita anticipata non eccessivamente costosa. Gli assegni che lo Stato avrebbe dovuto erogare oscillano fra i 1.000 e 1.500 euro lordi mensili per 13 mesi. Quindi chi sceglie Opzione donna non lo fa certo per godersi pensioni di lusso. Abbiamo insomma scelto di fare cassa sulle spalle di un gruppo di lavoratrici, spesso in condizione di necessità. E ora i nodi vengono al pettine.”
20 Luglio 2025 alle 20:16 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Nota sulla dicitura “Legge 30 dicembre 2022, n. 234 Apre in una nuova scheda”.
Avendo fatto il “copia e incolla” del testo dalla pagina web del sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la freccetta che è presente dopo l’espressione “Legge 30 dicembre 2022, n. 234” viene trascritta come “Apre in una nuova scheda” durante il passaggio di “incolla”.
20 Luglio 2025 alle 19:35 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Francesca, lei ha ragione: i requisiti per la vecchia Opzione Donna senza i 3 paletti andavano perfezionati entro il 31/12/2021, non nel 2022.
Nel 2022 entravano in gioco per Opzione Donna già i requisiti più stringenti.
Sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, alla pagina “Opzione Donna” si legge:
“La Legge di Bilancio 2022 (Legge 30 dicembre 2022, n. 234 Apre in una nuova scheda) ha prorogato l’anticipo pensionistico in favore delle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2021 un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età pari o superiore a 58 anni, per le lavoratrici dipendenti, e a 59 anni, per le lavoratrici autonome (art. 1, comma 94)”.
(FONTE: https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/previdenza/focus-on/previdenza-obbligatoria/pagine/opzione-donna).
NOTA IMPORTANTE: La Legge di Bilancio 2022 fa riferimento alla LEGGE 30 dicembre 2021, n. 234, e NON alla Legge 30 dicembre 2022, n. 234. Infatti il link riportato in “Legge 30 dicembre 2022, n. 234” nella pagina del sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è proprio la “LEGGE 30 dicembre 2021, n. 234”. Pertanto, nella pagina del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è presente un refuso che non è stato ancora corretto.
Per il 2022, invece, vale la Legge di Bilancio 2023, che fa riferimento alla Legge 29 dicembre 2022, n. 197.
Sempre sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e sempre alla pagina “Opzione Donna” si legge:
“La Legge di Bilancio 2023 (art. 1, comma 292, Legge 29 dicembre 2022, n. 197 Apre in una nuova scheda), introducendo il comma 1 bis all’art. 16 del Decreto Legge 28 gennaio 2019, n. 4 (convertito con modificazioni in L. 28 marzo 2019, n. 26), ha esteso l’anticipo pensionistico nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni, e che si trovano in una delle seguenti condizioni: a) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (articolo 3, comma 3, L. 5 febbraio 1992, n. 104), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; b) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%; c) sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale; peraltro, in tale ultima ipotesi la riduzione massima di due anni del requisito anagrafico di 60 anni si applica a prescindere dal numero di figli.”
19 Luglio 2025 alle 21:02 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Delfina, la ringrazio per il suo complimento.
Il suo complimento è molto sottile, perché mi induce a dare anche a lei una risposta. E allora, le do la mia risposta – dal sapore di una confidenza – in linea con il suo complimento.
Le mie risposte nascono sempre da una interazione con un interlocutore. Osservo le considerazioni del mio interlocutore dal suo stesso punto di vista, cercando anche di immaginare le esperienze che ha maturato nella sua vita, perché è dall’esperienza che matura il punto di vista.
La mia esperienza di vita, per esempio, ha fatto maturare in me la disposizione di vedere le cose dallo stesso punto di vista della persona con la quale interagisco. È per questo che do ragione a tutti: al Governo, ai Parlamentari, ai sindacalisti, ai lavoratori, agli studenti.
Al tempo stesso, colgo l’occasione di esporre il mio punto di vista.
Il mio punto di vista nasce dalla mia esperienza di vita. Le mie parole sono radicate profondamente nella mia esperienza.
Quando affermo che ho visto circolare la “moneta digitale” già nel 1979; e quando affermo che ho preso piena coscienza della moneta digitale già nel 1991; ebbene, sig.ra Delfina, sto affermando che l’euro digitale di cui tanto parlano la Banca Centrale Europea e la Banca d’Italia io l’ho conosciuto già trent’anni fa. Sto parlando di “moneta digitale”, in quanto, è chiaro, che trent’anni fa non c’era l’euro e non si parlava nemmeno di economia digitale.
In merito alla moneta digitale (così come la conosco io) ho scritto al Ministero dell’Università e della Ricerca, al Ministero dell’Istruzione e del Merito, alla Banca Centrale Europea, alla Banca d’Italia.
Vuol sapere, sig.ra Delfina, come è andata a finire? Silenzio di tomba. Nessuna risposta. Nemmeno per dirmi “non ho capito nulla”.
Non li biasimo. Né me la prendo. Li comprendo.
Come spiegare i colori di un arcobaleno a chi non ha mai visto i colori? Come spiegare la moneta digitale dell’economia digitale a chi non ha mai visto la moneta digitale?
Quando si comunica si mette in comune qualcosa. Ma quando non c’è risposta, ci si sente soli. Soli intellettualmente. E a questo, io ci sono abituato.
19 Luglio 2025 alle 16:15 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Mario pala del 19 Luglio 2025 alle 14:39.
Sig. Mario pala, il suo commento composto da una sola frase lascia adito a dubbi riguardo alla sua interpretazione.
Con “parità per tutti” vuole forse dire che sul lavoro le donne meriterebbero lo stesso trattamento degli uomini che ad oggi non hanno? Sì, certamente, non c’è alcun dubbio.
Il dubbio interpretativo sorge perché quella “parità per tutti” che lei cita viene anticipata dal suo “chi se ne frega”, espresso in un commento all’articolo su Opzione Donna: il suo commento, quindi, lascia intendere che per lei una Opzione Donna favorirebbe le donne rispetto agli uomini e quindi non c’è “parità per tutti”, non c’è “equità di trattamento tra donne e uomini”.
E allora, sig. Mario pala, lasci che le riporti uno stralcio, la parte finale, del paragrafo 7.7 dedicato a Opzione Donna della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin in cui viene messo in luce proprio il concetto di “equità”:
“Poiché nella nostra Proposta Previdenziale Opzione Donna è una “opzione” riservata solo alle lavoratrici e non anche ai lavoratori (non è presente una “Opzione Uomo”), ciò potrà sembrare una violazione del principio di equità.
In realtà, La violazione è solo apparente.
In base al principio di equità tra uomini e donne, certamente, anche l’uomo che esercita lavoro di cura per i propri famigliari potrà aderire ad “Opzione Donna” con 58 anni di età e 35 di contributi. In altre parole, anche l’uomo potrebbe andare in anticipo di 4 anni rispetto ai 62 anni di età della Tabella C. In tal caso, Opzione Donna e Opzione Uomo coinciderebbero. Ma il punto è un altro.
La nostra Proposta Previdenziale riconosce, oggettivamente, che la donna svolge più lavori rispetto agli uomini: lavori fuori casa (remunerati) e lavori in casa (non remunerati, lavoro di cura per assistenza alla famiglia).
Per questo “doppio lavoro”, la nostra Proposta Previdenziale riconosce alle donne, oggettivamente, una opzione in più da poter utilizzare per l’acceso al trattamento pensionistico.
Vogliamo pronunciarci una volta in più sull’Opzione riservata alle donne per raggiungere l’estrema chiarezza.
Opzione Donna, in base al nostro documento, resta in vigore anche per donne che non rientrano nella categoria di “Prestatrici di cura”. Qualsiasi donna, che sia caregiver o meno, che abbia figli o meno, che sia stata licenziata o meno, che sia invalida o meno, potrà aderire ad Opzione Donna, per il semplice fatto che alle donne viene legittimamente riconosciuto il “doppio lavoro” fuori e dentro casa. In tal caso, Opzione Donna è riservata alle donne e non all’uomo. Non c’è violazione di equità, in quanto, generalmente parlando le donne lavorano più degli uomini (anche se occorrerebbe riconoscere qualche eccezione perché potrebbero esserci uomini che proprio come le donne fanno il doppio lavoro, fuori e dentro casa, ma credo siano una esigua percentuale rispetto alle donne). Inoltre, in base al principio di giustizia, è giusto che venga riconosciuto il sistema di calcolo misto per le donne che ricadono in tale sistema di calcolo.”
Orbene, sig. Mario pala, se dopo aver letto la mia risposta al suo commento lei rimane ancora della sua opinione, vuol dire che non sono riuscito a fargliela cambiare. Mi spiace.
18 Luglio 2025 alle 12:50 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo ai commenti del sig. Guido del 18 Luglio 2025 alle 9:09 e del 18 Luglio 2025 alle 9:04.
Il sig. Guido ha ragione quando afferma che “Fare politica vuol dire risolvere i problemi della polis”, cioè, occuparsi della “polis”, della città, dello Stato.
La gestione dello Stato è fatta – dal punto di vista contabile – di entrate ed uscite. Entra quindi in gioco la Contabilità finanziaria.
Stando all’affermazione dell’economista Sergio Ricossa: “L’economista? Al massimo, un buon contabile!”, dovremmo supporre che gli economisti al Governo non siano economisti ma, al più, dei bravi contabili.
L’economia è certamente contabilità. Ma è anche più della contabilità. L’economia si occupa di come produrre, distribuire e consumare beni (“burro o cannoni”, insegnano nei corsi universitari) e servizi impiegando risorse scarse suscettibili di usi alternativi, a beneficio dei singoli e della società.
La mia conoscenza di economia (di “Economia Politica” – ecco, entra ancora in gioco la “politica”) non è solo teorica, ma è anche pratica, esercitando il mio lavoro di informatico stabilendo COSA produrre (“online” o “batch”), PER CHI produrre (“utenti finali” o “programmatori”) e COME produrre (definendo le “curve OBJ”, ovvero le “curve obiettivo”).
Volendo mitigare l’affermazione del compianto Sergio Ricossa, potremmo affermare che i nostri contabili al Governo sono anche un po’ economisti in quanto hanno deciso di produrre (per restare nell’esempio riportato spesso nei testi universitari) meno burro e più cannoni. Per quanto riguarda, invece, la Riforma delle Pensioni – tematica che rientra a pieno titolo nella gestione della “polis”, dello Stato – l’impegno e gli sforzi dei nostri Governi hanno dato significativi risultati in termini contabili, ma scarsi risultati in termini sociali (come si evince dall’affermazione riportata a pag. 210 del documento INPS “XXI Rapporto Annuale, luglio 2022” in cui si afferma testualmente “[…] riforma Monti-Fornero che ha assicurato notevoli risparmi sia pure con costi sociali elevati”).
Per quanto concerne, invece, la possibilità di “fare ragionare le persone al di là delle posizioni politiche” (come il sig. Guido evidenzia nel suo commento del 18 Luglio 2025 alle 9:04), ebbene, ciò non dipende dall’abilità o meno di una persona nell’esprimere le proprie convinzioni. Il non riuscire a “convincere le persone” non è un fallimento. Semplicemente, non è possibile.
Solo la persona, l’individuo, è in grado di ragionare. E quindi è possibile riuscire a “convincerla”. La comunicazione per via telematica (come questa), peraltro, non è efficace per convincere la persona. La comunicazione per via telematica è incompleta, manca dell’aspetto altrettanto importante del non verbale, dell’aspetto gestuale (delle mani, del viso, degli occhi, del corpo).
Pertanto, quando ci si rivolge alle “persone”, alla folla, al popolo, non si fanno ragionamenti, ma si lanciano slogan, e si cerca non già di “convincere” il popolo, ma si cerca di “persuadere” il popolo attraverso lo stimolo delle emozioni (e non della ragione).
I nostri governanti non saranno forse degli economisti, ma sono certamente dei bravi contabili. Soprattutto – cosa fondamentale per un “politico” – sanno come rivolgersi al popolo che governano.
18 Luglio 2025 alle 12:42 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Wal del 18 Luglio 2025 alle 6:58.
Il commento del sig. Wal offre un interessante spunto di riflessione su “previsione” e “predizione”.
La differenza che io faccio tra “previsione” e “predizione” è la seguente:
• Previsione: è qualcosa che non esiste oggi, e che potrebbe realizzarsi domani
• Predizione: è qualcosa che esiste oggi, e che viene scoperto domani
Quella di Jacques Attali è certamente una previsione: è qualcosa che non esisteva nel 1981 e che è venuta alla luce dopo 45 anni (come osserva il sig. Wal).
Trovo particolarmente calzante la seguente previsione: “È da questa distorsione che nascerà il grande caos, che potrebbe sfociare in guerre razziali, conquiste o nell’immigrazione nelle nostre terre di milioni di persone che vorranno condividere il nostro stile di vita”.
Un’altra previsione la ritrovo in un articolo della rivista tedesca Der Spiegel N. 30 del 20.7.2024 a pag. 73 dal titolo “Un terzo sarà deserto. Italia. L’ecologo Christian Mulder sugli effetti della siccità estrema in Italia”.
Mulder è professore all’Università di Catania dove studia le conseguenze del riscaldamento globale in Europa. Nell’intervista a Der Spiegel, Mulder afferma: “C’è ancora molto da fare in termini di riforestazione. Il problema che abbiamo oggi non è la cattiva gestione, ma piuttosto la sua totale assenza. Il governo di Roma non si preoccupa della tutela ambientale. Se non si interviene, un terzo della Sicilia sarà un deserto entro il 2030, come la Tunisia e la Libia” (nota: tradotto dal tedesco da me con Google traduttore).
Nel 2030 vedremo se la previsione del Prof. Mulder si rivelerà corretta, se cioè un terzo della Sicilia sarà davvero deserto tra 5 anni (cosa che ad oggi non è così).
Mi sposto sul fronte della “predizione”.
Nella sua Teoria della Relatività Generale, Albert Einstein afferma che la massa incurva lo spazio (più correttamente, lo spazio-tempo) e che in prossimità di tale massa la luce si incurva. Cosa significa ciò? Significa che la “forza gravitazionale” esercitata da una massa su altri corpi non è una “forza” che agisce su masse, ma è la “curvatura dello spazio tempo” che agisce su altre masse. In presenza di una massa gravitazionale, la luce (che non ha massa, e quindi non è soggetta alla forza gravitazionale) tuttavia percepisce l’azione della massa e quindi non segue un percorso rettilineo ma un percorso curvilineo, in quanto lo spazio è curvo.
L’affermazione di Einstein era a dir poco sbalorditiva. Nessuno prima di lui aveva mai osato ricondurre una “forza” ad una “piega dello spazio”. L’ipotesi di Einstein fu verificata con successo durante l’eclissi di sole del 1919 durante la spedizione di Arthur Eddington.
Ecco, dunque la “predizione”: è stato scoperto (curvatura della luce in presenza di un campo gravitazionale generato da una massa) ciò che già esisteva, ma che nessuno sapeva che esistesse.
Un’altra “predizione” riguarda la nascita dell’euro digitale ed è riportata nell’articolo “Arriva l’euro digitale: si poteva prevedere la sua nascita?” pubblicato su Il Valore Italiano il 23 ottobre 2020: “La previsione (anzi la predizione) che sarebbe nata la moneta digitale è emersa da una ricerca teorica pionieristica in ambito economico e informatico avviata nel 1991 cui è seguita una ricerca sperimentale nel 1998 che si è protratta fino al 2018”.
Ecco, dunque la “predizione”: è stato scoperto (l’euro digitale in presenza di un’economia digitale generata dalla fusione di economia e tecnologie digitali) ciò che già esisteva dal 1970 nei Centri di Elaborazione Dati (le “service unit”, o “moneta digitale) ma che nessuno sapeva che esistesse (e che nessuno ancora sa che esiste).
17 Luglio 2025 alle 20:14 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig Guido del 17 Luglio 2025 alle 13:47.
Sig. Guido, su Pensionipertutti leggo commenti che sono tutti (ma proprio tutti) critici verso i vari Governi che si alternano gli uni agli altri.
Trovo che tali commenti siano aderenti alla realtà, riflettono ciò che è sotto gli occhi di tutti, soprattutto per quanto riguarda alcune condizioni sociali, profondamente disagiate, come lavoro precario nel mondo dell’Istruzione e lunghe liste di attesa nel mondo della Sanità.
Ho citato non a caso Istruzione e Sanità in quanto sono proprio i settori in cui il Governo dovrebbe esprimere il suo massimo impegno, in quanto è con l’istruzione e la ricerca che si migliorano le condizioni sociali, ed è con l’impegno nello sviluppo di ospedali, posti letto, case di riposo, personale medico, personale infermieristico che si fa fronte all’invecchiamento della popolazione, argomento divenuto oramai di carattere quotidiano.
Ma il Governo (inteso nella sua funzione e non tanto in termini nominativi di persone che lo compongono) è solo un pezzo del mosaico che dà vita alla nazione.
Dove sono gli altri pezzi del mosaico? Ad esempio le aziende? Quali commenti, qui su Pensionipertutti, rivolgono critiche alle aziende?
Se lei, sig. Guido, si è preso la briga di cliccare sulla espressione “dimissioni per giusta causa” riportata nell’articolo avrà trovato alcune descrizioni che evidenziano alcuni comportamenti che le aziende manifestano nei confronti dei lavoratori. Per sua comodità, glieli riassumo brevemente:
1. Mancato pagamento dello stipendio
2. Mobbing o vessazioni
3. Modifiche unilaterali del contratto
4. Mancata sicurezza sul lavoro
5. Mancato versamento dei contributi previdenziali
6. Comportamenti illeciti del datore di lavoro
Altro pezzo del mosaico nazionale sono i lavoratori. Quali commenti, qui su Pensionipertutti, rivolgono critiche ai lavoratori?
Oggi, per poter programmare un viaggio, occorre prima consultare il sito “Commissione Garanzia Sciopero” che riporta le date in cui sono stati programmati gli scioperi.
Lo sciopero è un diritto del lavoratore, contemplato nell’Art. 40 della Costituzione della Repubblica Italiana che recita così: “Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”.
Ma lo sciopero reca danno all’azienda, ad altri lavoratori, alla nazione.
Ciascun pezzo del mosaico ha le proprie ragioni per agire come agisce. E qui mi viene in mente la frase di John Kennedy: “Non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”.
13 Luglio 2025 alle 12:16 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento di Paolo prof del 13 Luglio 2025 alle 5:14.
Sono d’accordo con lei, Paolo prof. Le sue considerazioni riflettono pienamente le caratteristiche dei Governi (dei Governi di tutti i Paesi, e non solo quelli italiani).
I Governi hanno la tendenza ad operare in maniera demagogica. Riporto il significato di “demagogia” ripreso da Wikipedia: “’Demagogia’ è un termine che indica un comportamento politico che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il suo favore a fini politici o per aumentare il proprio consenso popolare o per il raggiungimento e la conservazione del potere stesso”.
La tendenza dei Governi ad operare in maniera demagogica viene mitigata dalla Carta Costituzionale, che stabilisce regole e principi ai quale deve attenersi il Governo.
DECRETO LEGGE: ARTICOLO 77 COSTITUZIONE ITALIANA
L’Art. 77 della Costituzione della Repubblica Italiana, riguardo ai decreti legge, afferma: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.”
(Fonte: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Costituzione_della_Repubblica_italiana.pdf)
Oltre alla Costituzione italiana, i nostri Governi devono attenersi anche alle regole e ai principi concordati con i Paesi dell’Unione europea. Senza una base razionale con la quale motivare il blocco dell’età pensionabile, bloccando l’innalzamento automatico dell’età pensionabile da 67 a 67 anni e 3 mesi nel 2027, la EU non potrà dare il proprio consenso a tale intenzione del Governo italiano.
ETÀ PENSIONABILE: RACCOMANDAZIONI CONSIGLIO EUROPEO ALL’ITALIA
Riguardo alle pensioni, il Consiglio europeo fa riferimento alla riforma pensionistica del 2011 (Riforma Monti-Fornero), raccomandando di attuarla in maniera integrale (e quindi tenendo conto anche dell’aspettativa di vita):
Nel documento “Raccomandazioni del Consiglio sulle politiche economiche, di bilancio, occupazionali e strutturali dell’Italia” del 21 ottobre 2024, La Commissione europea così si esprime (pag. 7/9):
“Nelle previsioni l’evoluzione demografica sfavorevole determinerà fino al 2040 un aumento della spesa pensionistica in percentuale del PIL, problema acuito dai regimi di prepensionamento introdotti negli ultimi anni. A più lungo termine è attesa una diminuzione progressiva di tale spesa, anche grazie alla riforma pensionistica del 2011, a condizione che sia attuata integralmente, ossia anche limitando i regimi di prepensionamento”.
(Fonte: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:C_202406819).
CONCLUSIONI
1. Il Governo italiano non potrà bloccare l’età pensionabile tramite il blocco dell’innalzamento automatico dell’età pensionabile da 67 a 67 anni e 3 mesi nel 2027, in quanto violerebbe la Raccomandazione del Consiglio Europeo di attuare integralmente la Riforma Monti-Fornero dl 2011 (che prevede proprio l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita).
2. Il Governo italiano non potrà bloccare l’età pensionabile tramite un decreto legge, in quanto violerebbe l’Art. 77 della Costituzione italiana in base al quale i decreti leggi, ovvero i provvedimenti provvisori con forza di legge, sono previsti solo in casi straordinari di necessità e d’urgenza. Allo stato attuale, il Governo italiano non indica in base a quale caso straordinario di necessità e di urgenza intende bloccare l’età pensionabile.
3. La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin:
a. Indica come caso di necessità e di urgenza l’adozione di una Nuova Riforma Previdenziale flessibile e strutturale, in quanto la Riforma Monti-Fornero del 2011 non è adeguata ai tempi in cui entra in gioco anche la generazione robotica (robot e AI);
b. Suggerisce di considerare la Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale Perfetto-Armiliato-Gibbin alla stregua di un Disegno di Legge da discutere in Parlamento nell’anno 2025 in modo da poterla attuare sin dal 1° gennaio 2026;
c. Indica al paragrafo 7.14 dal titolo “Istruzione, formazione e avviamento al lavoro per i giovani” di inserire nei Piani di Studi Universitari e di Scuole Medie Superiori la nuova disciplina STEM Economia Informatica i cui contenuti sono in linea con le Raccomandazioni del Consiglio europeo riguardo alla seguente osservazione: “Resta prioritario, in particolare nel Mezzogiorno, ridurre il numero di giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo, tramite il miglioramento del sistema di istruzione e un orientamento più preciso delle politiche attive del mercato del lavoro” (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:C_202406819, pag. 7/9).
12 Luglio 2025 alle 13:22 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Wal del 12 Luglio 2025 alle 9:20.
Sig. Wal, penso che le strade in salita siano non solo quelle del lavoro, ma tutte quelle che riguardano il vivere, da quando si nasce a quando si muore.
La maggior parte di noi prende le scale (che sale a fatica, piano piano), altri si arrampicano su pareti verticali per fare prima (i cosiddetti “arrampicatori sociali”), altri prendono l’ascensore (per salire senza sforzi, favoriti da un ascensorista amico, o familiare). Ad ogni modo, per tutti, comunque, la strada della vita è in salita.
Col termine “imposizione fiscale” penso che lei, sig. Wal, si riferisca alla “Global Minimum Tax”, l’imposta minima del 15% applicabile a tutte le multinazionali con un fatturato annuo di almeno 750 milioni di dollari (imposta applicabile quindi ad aziende giganti della tecnologia digitale come Amazon, Google, Meta-Facebook, X-Twitter).
Con la Global Minimum Tax “In Italia, si prevede un guadagno di 381,3 milioni nel 2025, oltre i 400 nel 2026, e vicino ai 500 nel 2033” (Fonte: https://www.wired.it/article/global-minimum-tax-italia/).
381,3 milioni di dollari è il gettito fiscale che l’Italia quindi perderebbe se tale imposta venisse cancellata a seguito delle pressioni che la UE riceve dalla Presidenza USA. Per l’Italia non sarebbe di certo una perdita notevole, ma per l’Europa si tratterebbe di una perdita complessiva di 220 miliardi di dollari. Una piccola perdita per l‘Italia, ma una perdita gigante per l’Europa!
Per quanto riguarda le esportazioni dell’Italia verso gli USA, queste sono state nel primo quadrimestre 2025 pari a 26 miliardi di dollari (Fonte: https://www.exportusa.us/statistiche-esportazioni-Italia-stati-uniti-2020.php). Se ipotizziamo che anche negli altri due quadrimestri le esportazioni dell’Italia verso gli USA saranno anche di 26 miliardi di dollari per quadrimestre, allora per l’anno 2025 l’Italia dovrebbe incamerare 3 x 26 = 78 miliardi di dollari. Questa è una cifra significativa. Presumo, quindi, che anche per gli altri Paesi dell’Unione europea le esportazioni verso gli USA siano significative in termini monetari. Un aumento dei dazi da parte degli USA si rifletterebbe in perdite enormi per la UE.
CONCLUSIONE
È molto probabile (per non dire certo) che la UE accetterà l’imposizione della Presidenza USA di cancellare la Global Minimum Tax (rinunciando quindi ad incamerare 200 miliardi di dollari), pur di non perdere le entrate derivanti dalle esportazioni verso gli USA che sono di gran lunga maggiori di 200 miliardi di dollari. In tal modo, però, la UE diviene sensibile nell’offrire agli USA altre concessioni.
Nonostante l’oste americano ci induca a rivedere i nostri conti, tuttavia, sono convinto che le nostre pensioni e il nostro lavoro che le sostiene possano essere messe al riparo da turbolenze di natura finanziaria e di politica internazionale.
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin è nata proprio in questa prospettiva. La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin verrebbe copiata da tutti i Paesi che, come l’Italia, hanno problemi con denatalità e invecchiamento della popolazione. Inclusi gli USA.
Cosa fare? Individuare un eccellente “mediatore” in grado di recepire la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin e capace di trasmetterla (“venderla”, per così dire) a Paesi come USA, Cina, Corea del Sud, Giappone.
11 Luglio 2025 alle 14:05 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Leggendo l’articolo, rilevo due criticità (ed una osservazione) riguardo all’intenzione del Governo di bloccare l’aumento dell’età pensionabile.
PRIMA CRITICITÀ: ASSENZA DI RAZIONALI
In base a quale razionale si intende bloccare l’aumento dell’età pensionabile? Durante il Covid l’aspettativa di vita si era ridotta e, di conseguenza, si era ridotto anche l’aumento dell’età pensionabile. Ma ora che l’aspettativa di vita è tornata ad aumentare, qual è il nuovo razionale per bloccare l’aumento dell’età pensionabile?
SECONDA CRITICITÀ: DECRETO LEGGE
In base a quale esigenza occorre ricorrere ad un decreto legge emanato direttamente dal Governo senza passare dal Parlamento? Durante il Covid si governava tramite decreti legge del Governo perché si era in emergenza nazionale e quindi, per intervenire tempestivamente, si evitava di ricorrere alle discussioni in Camera dei Deputati e in Senato. Ma ora che non siamo in emergenza nazionale, per quale motivo ricorrere al decreto legge e non ad un disegno di legge da discutere in Parlamento?
OSSERVAZIONE: MANCA “A PARITÀ DI ALTRE CONDIZIONI”
Ammesso (e non concesso) che le due criticità sopra evidenziate vengano rimosse, il blocco dell’aumento dell’età pensionabile avverrebbe a parità di tutte le altre condizioni? Ovvero, mantenendo le attuali finestre, gli attuali coefficienti di trasformazione, gli attuali importi minimi da raggiungere, e quant’altro?
Nel 2011, per esempio, la Riforma Monti-Fornero aveva inglobato le finestre aumentando l’età anagrafica. Si potrebbe benissimo “bloccare l’aumento dell’età pensionabile” non legandola all’aspettativa di vita; ma, se non si specifica “a parità di altre condizioni”, si potrebbe “aumentare l’età pensionabile” legandola all’aumento delle finestre di attesa oppure inglobando le finestre di attesa nell’età anagrafica.
Inoltre, se non si specifica “a parità di altre condizioni”, si potrebbe “bloccare l’aumento dell’età pensionabile” non legandola all’aspettativa di vita, ma nel contempo si “aumenta l’età pensionabile” imponendo di raggiungere un minimo importo pensionistico, cosa che costringerebbe a lavorare più a lungo e quindi ad aumentare l’età pensionabile.
CONCLUSIONE
Senza una chiara motivazione del perché “bloccare l’età pensionabile”, e senza spiegare perché ricorrere ad un decreto legge e non ad un disegno di legge da discutere in Parlamento, è molto probabile che l’intenzione del Governo possa essere bloccata da Organi di controllo come la Ragioneria Generale dello Stato e la Corte dei Conti.
10 Luglio 2025 alle 21:38 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Per completezza di informazione desidero informare che in data 11 dicembre 2023 alle ore 23:47 ho inviato tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) la mail dal titolo “ECONOMIA INFORMATICA per la Trasformazione digitale e l’Italia digitale” al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione Sen. Alessio Butti e al Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale Ing. Mario Nobile.
In allegato alla mail vi erano tre documenti relativi all’Economia Informatica, la nuova disciplina STEM che stiamo trasmettendo a tutte le università italiane.
Nella mia mail veniva specificato quanto segue:
“Sulla base di argomentazioni illustrate sinteticamente nelle presentazioni allegate, l’Economia Informatica suggerisce di: a) introdurre in Italia la moneta digitale di Stato circolante solo in Italia e parallelamente all’euro; b) applicare l’imposta sul reddito da lavoro prodotto da robot e da sistemi basati sulla Intelligenza Artificiale, utilizzando la moneta digitale di Stato”.
In data 16 dicembre 2023 esce su Fortune Italia l’articolo a firma di Lorenza Ferraiuolo dal titolo “‘Atreju 2023, Butti: “In futuro i robot pagheranno le nostre pensioni”’. (https://www.fortuneita.com/2023/12/16/atreju-2023-butti-in-futuro-i-robot-pagheranno-le-nostre-pensioni/).
L’articolo di Lorenza Ferraiuolo riporta le seguenti parole del Sen. Alessio Butti:
“A proposito di calo demografico che porterà alla scomparsa di alcune professioni, tra l’altro, si pensava di far pagare i contributi pensionistici ai robot. Sembra una battuta, ma altrove c’è chi ci sta già ragionando. Perché è fuori dubbio che anche l’AI dovrà pagare uno scotto”
Orbene, né io, né gli altri Autori della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin (io credo) ci attribuiamo la paternità dell’idea di far pagare i contributi anche a robot e AI.
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin ha come sottotitolo “E se fossero i robot a salvare le nostre pensioni?”.
Il Sottotitolo è stato riportato col chiaro intento di riferirci all’articolo di Nicola Intini e di Corrado La Forgia (Direttori di Stabilimento del Gruppo Bosch) pubblicato il 28 Novembre 2017 su Industria italiana (il più noto e diffuso magazine online su Industria, Manifattura, Automazione, Ict B2B e argomenti economici connessi) col seguente titolo: “E se fossero i robot a salvare le nostre pensioni?” (https://www.industriaitaliana.it/fossero-robot-salvare-le-nostre-pensioni/).
Probabilmente, anche il Sen. Alessio Butti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione, avrà letto l’articolo di Intini e di La Forgia risalente al 2017.
9 Luglio 2025 alle 21:33 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Guido, i problemi cui lei fa riferimento, “costi” e “competitività”, sono immediatamente superati con la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
COSTI per l’azienda: poiché un lavoratore giovane costa meno di un lavoratore anziano, con il ricambio generazionale (lavoratore giovane al posto del lavoratore anziano) i costi si riducono.
COMPETITIVITÀ dell’azienda: se l’azienda vuole vendere il proprio prodotto/servizio all’estero, ebbene, il valore del suo prodotto/servizio conta poco, se tale valore dipende dall’applicazione dei dazi da parte del Paese importatore. In tal caso, sarebbe meglio che l’azienda producesse il proprio prodotto/servizio all’interno del proprio Paese. Per fare ciò, occorre sviluppare la domanda interna di consumi.
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin offre al Governo i mezzi per: favorire il ricambio generazionale tramite il quale sviluppare la domanda interna di consumi.
Inoltre, la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin è indipendente dalla “volontà politica” di attuarla o meno. Verrà attuata. Punto.
La sola incertezza è sul “quando”.
5 Luglio 2025 alle 15:20 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo all’interessante post del sig. Wal del 5 Luglio 2025 alle 13:19.
Sig. Wal, come le ha già risposto la Dott.ssa Erica Venditti, le considerazioni espresse nell’articolo da lei segnalato (e che anche noi abbiamo letto ieri) si avvicinano di molto alle considerazioni espresse nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Il termine “valore aggiunto”, che dovrebbe sostituire “contributi e anzianità”, è sibillino, si presta a molteplici interpretazioni.
Ci si riferisce forse al “valore aggiunto” che l’IA apporta a beni e servizi? E allora potrebbe trattarsi di Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) applicata ai consumi, un’imposta indiretta che confluirebbe nei contribuiti previdenziali.
Ci si riferisce forse al “valore aggiunto” che l’IA apporta al reddito dell’impresa? E allora potrebbe trattarsi di Imposta sul REddito delle Società (IRES), un’imposta diretta di cui una parte confluirebbe nei contributi previdenziali. Tale possibilità è prevista nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Ci si riferisce forse al “valore aggiunto” che l’IA apporta al lavoro degli umani in quanto “gemello digitale”? E allora potrebbe trattarsi di Imposta sul Reddito da lavoro prodotto dagli AUTomi (IRAUT), un’imposta diretta che confluirebbe nei contribuiti previdenziali. Tale possibilità è prevista nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Questa mattina (alle 4 del mattino, per la precisione) ho preso visione su youtube del video dal titolo “Valeria Vittimberga – Codice 04/07/2025” in cui la giornalista Barbara Carfagna intervista il Direttore Generale INPS Valeria Vittimberga. Questo è il link del video su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=GHucCR8WdPU
Al minuto 1:55 la Vittimberga afferma: “le macchine che paghino parte della contribuzione affinché noi lavoriamo di meno e lavoriamo in maniera qualitativamente superiore e nello stesso tempo avendo accesso a pensioni dignitose. Risolveremo persino il problema dell’invecchiamento della popolazione, avremo le macchine che pagano parte della contribuzione per noi”.
Il pensiero della Vittimberga riflette in pieno quello della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Poi, la Vittimberga continua e precisa: “ovviamente non è tutto così semplicistico, è necessario ripensare alla contribuzione non in termini di proporzione rispetto ai salari, alla retribuzione ma in termini di valore aggiunto rispetto alla produzione”.
Anche qui il pensiero della Vittimberga sembrerebbe riflettere quanto indicato nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin: ricorrere al valore dell’intera produzione, cioè alla ricchezza prodotta dall’azienda e quindi prelevare i contributi dall’IRES in base al livello di automazione dell’azienda, qualora non si intenda ricorrere all’IRAUT (che significa versare i contributi previdenziali in base al salario ipotetico da attribuire a robot e all’AI). Probabilmente, la posizione di Vittimberga serve per evitare il difficile ricorso alla “personalità” da attribuire all’intelligenza artificiale che renda l’intelligenza artificiale “soggetto passivo di imposta”.
Ieri ho inviato una mail alla Redazione Online de Il Sole 24 Ore per chiedere chiarimenti.
Oggi, avendo avuto modo di visionare alcune interviste che la giornalista Barbara Carfagna ha realizzato con il Direttore Generale INPS Avv. Valeria Vittimberga e con il Prof. Maffè di SDA Bocconi (Department of Management and Technology ) riguardo al “gemello digitale” (https://www.youtube.com/watch?v=2_x7WkHRylI), ho modo di esprimere meglio ai diretti interessati il mio pensiero riguardo a “Così l’intelligenza artificiale ci pagherà la pensione futura”.
14 Giugno 2025 alle 15:18 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Guido del 14 Giugno 2025 alle 13:53
Sig. Guido, il “riordino” della previdenza come intende lei deve necessariamente tenere conto di un fattore determinante: calo delle nascite, e quindi sempre meno lavoratori in futuro.
Soluzione 1 (la più semplice): mantenere i lavoratori più a lungo al lavoro.
Soluzione 2 (la più avanzata): aggiungere nel novero dei lavoratori anche robot e AI.
Anche volendo percorrere la strada della integrazione della previdenza complementare con la previdenza obbligatoria (in modo che lo Stato riduca le uscite per la spesa pensionistica), non è detto che un domani si potrà andare in pensione quando si vorrà. Se mancano i lavoratori, si tenderà comunque a mantenere i lavoratori più a lungo al lavoro (in modo che la produzione di beni e servizi non vada in sofferenza per mancanza di forza lavoro).
La Soluzione 2 (la più avanzata) mantiene in equilibrio sia la spesa pensionistica (facendo versare i contributi previdenziali a robot e AI), e sia il livello di produzione di beni e servizi (mantenendo la forza lavoro ad un livello adeguato).
È più facile adottare la Soluzione 1: si fa ciò che si è sempre fatto.
Per adottare la Soluzione 2 occorre avere una “visione”: fare ciò che non si è ancora fatto.
Occorre, in sostanza, non già fare in modo nuovo le cose che si è sempre fatto. Occorre fare le cose che non si è ancora fatto, vedendo con nuovi occhi.
Io credo che la mancanza di “riordino” cui lei accenna, sig. Guido, non dipenda dalla “mancanza di volontà politica”. La attribuirei, invece, alla “mancanza di visione” (cosa ben più penalizzante).
11 Giugno 2025 alle 20:00 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Guido del 11 giugno 2025 alle 17:16.
Sig. Guido, il suo pensiero lo conosciamo fin troppo bene, perché ce l’ha espresso più volte e in termini molto chiari. Sappiamo che lei ha “sempre parlato di evasione fiscale, mafia, corruzione, sprechi” (ho ripreso la stessa espressione che lei, sig. Guido, ha usato in un suo precedente commento).
Qualsiasi Governo le potrà rispondere, dati alla mano, che si impegna nella lotta all’evasione fiscale, alla criminalità organizzata, alla corruzione, nel ridurre gli sprechi nella Pubblica Amministrazione. Pertanto, potremmo escludere la mancanza di volontà politica. Sarà pur vero che, nonostante l’impegno dei Governi, l’evasione fiscale non si riduce ai livelli desiderati, gli sprechi non vengono completamente eliminati, la corruzione non viene del tutto debellata. Ma questo è il massimo che i Governi riescono a fare. Con chi ce la possiamo prendere, sig. Guido?
Piuttosto, la domanda che ci dovremmo porre è la seguente: nonostante l’evasione fiscale, la mafia, la corruzione, gli sprechi, come possiamo garantire la continuità dei consumi, della produzione, degli investimenti, dell’occupazione, della crescita economica, della riduzione della povertà?
Ebbene, sig. Guido, la risposta è contenuta nella Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Lo so, lo riconosco, anch’io continuo a ripetere le stesse cose come un disco rotto che si ascolta e poi si getta via.
Mi verrebbe da pensare che il Governo potrebbe trovarsi nella condizione di ascolto più favorevole riguardo alla Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin qualora a parlare fossero referenti in assoluto i più autorevoli: gli Eventi.
10 Giugno 2025 alle 18:39 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Alessandro, lo scenario prossimo venturo che ci ha descritto è verosimile.
Mi ricorda la mia esperienza lavorativa vissuta in Centri di Elaborazione Dati di grandi dimensioni quando ho assistito:
a) Alla scomparsa degli addetti alla perforazione delle schede sulle quali riportare i programmi scritti dai programmatori applicativi, perché le schede venivano “perforate” dai programmatori stessi grazie a particolari tecniche di virtualizzazione dei lettori di schede
b) Alla scomparsa degli operatori addetti al montaggio e smontaggjo dei nastri, perché tali operazioni venivano prese in carico da nastroteche robotizzate
c) Alla scomparsa degli schedulatori addetti alla supervisione dei lavori in orari notturni, perché tale supervisione veniva presa in carico da schedulatori automatici
d) Alla scomparsa dei sistemisti che dicono ai computer COME raggiungere gli obiettivi di produzione, perché il Sistema Operativo (che gestisce il computer) è lui che decide COME produrre, facendo lavorare gli utenti in base all’utilizzo delle risorse elaborative e nel rispetto di determinati livelli di servizio
Ebbene sì, sig. Alessandro, concordo con lei sullo scenario prossimo venturo (in parte già attuale) che ci ha descritto.
Sempre attingendo alla mia esperienza lavorativa vissuta in Centri di Elaborazione Dati di grandi dimensioni ho assistito:
e) Alla comparsa di nuove architetture informatiche costituite da server dipartimentali che richiedono specifiche figure professionali oltre a quelle esistenti relative ai sistemi centrali (i cosiddetti “mainframe”)
f) Alla comparsa di nuovi linguaggi di programmazione (come html) e di nuove professioni come webmaster
g) Alla comparsa di altre nuove figure professionali come i SEO (Search Engine Optimizer) che si occupano di ottimizzare un sito web per ottenere un posizionamento migliore nei risultati di ricerca dei motori di ricerca
h) Alla comparsa di ulteriori figure professionali come quella del IT Service Manager, che si occupa di garantire la qualità e l’efficienza dei servizi IT offerti all’organizzazione
Il punto cruciale, sig. Alessandro, è il seguente: regolare il flusso della SCOMPARSA delle VECCHIE professioni (perché non più svolte, o perché svolte dai robot e automi), con il flusso della COMPARSA di NUOVE professioni (svolte dai lavoratori umani e non da robot e automi).
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin (relativa alle pensioni e al lavoro) e il Progetto Economia Informatica (relativo all’istruzione, formazione e avviamento al lavoro) hanno come obiettivo proprio la regolazione del flusso di professioni che scompaiono e del flusso di professioni che compaiono. In particolare, uno degli obiettivi del Progetto Economia Informatica è quello di ridurre l’abbandono scolastico ed evitare di vedere “bighellonare per le strade o sdraiate h24 sui divani delle case dei genitori” (sue parole, sig. Alessandro) i giovani NEET (coloro che non lavorano, non studiano e non sono in formazione professionale).
Lo sforzo notevole che stiamo facendo è quello di portare all’attenzione di tutti, Governo, Sindacati, Istituzioni, Università, Banche le nostre idee profondamente radicate nel digitale, perché nascono dal digitale, su come mantenere l’equilibrio socio-economico di una nazione digitale e di una economia digitale.
Noi non possiamo fare altro che indicare la ricetta. Ma la ricetta non potranno che essere loro ad applicarla.
10 Giugno 2025 alle 17:03 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Alesso (o forse Alessio?), in base alla teoria economica l’unico modo per aumentare gli stipendi è aumentare la produttività. Mi spiego con semplice esempio.
Supponiamo che un lavoratore produca 1 cassetta di pomodori in 8 ore di lavoro e percepisca uno stipendio di 50 euro per le 8 ore lavorate.
Se lo stesso lavoratore produce invece 2 cassette di pomodori sempre in 8 ore, allora il suo stipendio sarà di 100 euro per 8 ore lavorate. In altre parole, la sua produttività (numero di cassette prodotte in 8 ore) è aumentata, e quindi è aumentato anche il suo stipendio.
Questo vale, in generale, per qualsiasi lavoratore.
Qualora un lavoratore volesse aumentare il proprio stipendio, ebbene quel lavoratore dovrebbe cambiare azienda.
Questo vale, in particolare, per uno specifico lavoratore.
Ma non è facile cambiare azienda. Occorre possedere particolari requisiti sia di natura professionale che di carattere personale:
1) Avere una profonda conoscenza del proprio lavoro (più di altri che operano nello stesso settore)
2) Acquisire conoscenze lavorando più di altri, anche 12 e 14 ore al giorno, di sabato e di domenica, a parità di stipendio (è un investimento su se stessi che darà i suoi frutti)
3) “Saper fare”, oltre che “sapere”, ovvero: avere una robusta esperienza perché si è partecipato a vari progetti, oltre che un’approfondita conoscenza perché si è partecipato a corsi e seminari acquisendo diversi attestati e certificati
4) Farsi apprezzare dai colleghi per la propria condotta, per la propria moralità, lealtà, dedizione al lavoro, disponibilità nel supportarli nelle loro attività
5) Farsi conoscere anche al di fuori della propria struttura, grazie alle voci che vengono diffuse dai propri colleghi
6) Documentare, documentare e documentare. Nelle aziende vi è scarsa documentazione dei processi che in essa vengono svolti. O meglio: la documentazione c’è, ma è riportata in fogli, foglietti, e fogliettini in forma di appunti sparsi e raccolti nei cassetti dei dipendenti, anziché in manualetti con tanto di indice, capitoli, paragrafi e sottoparagrafi. Capi ufficio, direttori di linea, e soprattutto fornitori esterni necessitano della documentazione dei processi aziendali
7) Rendersi disponibile a scrivere la documentazione anche relativa ai processi gestiti da altri colleghi (facendola poi revisionare dai cosiddetti “process owner”, responsabili di processo). Documentando anche i processi di altri colleghi, si amplia la propria conoscenza dei processi aziendali
8) Partecipare alle riunioni e prendere appunti. Quasi nessuno prende appunti alle riunioni e quasi nessuno stende un verbale di riunione. Ma vedendo che qualcuno prende appunti, quel qualcuno viene immediatamente nominato “segretario” con il compito di scrivere il verbale di riunione e distribuirlo. In tal modo si diviene “indispensabili” e si partecipa a tutte le riunioni dove si scoprono cosa l’azienda vuol fare e come (è un modo per riuscire a sapere se è il caso di cominciarsi a guardare attorno e lasciare l’azienda. NOTA: non vale il concetto di “fedeltà all’azienda”, in quanto non c’è la reciproca “fedeltà al lavoratore” da parte dell’azienda)
9) Andare con i colleghi a prendere il caffè alle macchinette dislocate nei corridoi. Lì si soffermano anche i fornitori esterni, in particolare i commerciali
10) Scambiare quattro parole con i fornitori esterni, sia tecnici che commerciali, farsi conoscere di persona oltre che “per il sentito dire”, perché saranno loro, i fornitori esterni, ad aprire le porte delle loro aziende e a fare aumentare lo stipendio
9 Giugno 2025 alle 19:06 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vede, sig. Don, anch’io sono certo che la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin (o un’altra molto simile) prima o poi verrà attuata. Ciò di cui non sono certo è quando.
Oggi l’applicazione di una tassa sui robot e sull’intelligenza artificiale verrebbe percepita dalle imprese come una doppia tassazione, in quanto la ricchezza da esse prodotta viene già tassata con l’IRES (Imposta sui Redditi delle Società).
Ma robot e intelligenza artificiale sono qualcosa di più delle “macchine”: sono “lavoratori digitali” in grado di eseguire lavori in autonomia proprio come i lavoratori umani.
Pertanto, se le imprese pagano l’IRES e versano il 23% del salario lordo dei propri dipendenti umani in contributi previdenziali, rientra nella logica economica che le imprese paghino l’IRES e versino il 23% dell’ipotetico salario lordo riconosciuto ai propri dipendenti digitali (robot e intelligenza artificiale) in contributi previdenziali.
Rimane ancora un punto da chiarire sotto il profilo fiscale: la personalità da attribuire a robot e intelligenza artificiale. Su tale fronte si sono già espressi esperti tributaristi a livello internazionale: è possibile definire la “personalità elettronica” (o qualcosa di similare) come soggetto passivo di imposta (abilitato quindi al versamento di imposta).
Per quanto riguarda, invece, il discorso che una tassa su robot e intelligenza artificiale debba essere applicata a livello europeo e non solo a livello nazionale, ebbene trovo che questa condizione non sia necessaria; ogni nazione è autonoma nell’applicare o meno una specifica tassa, proprio come è autonoma nel definire le aliquote fiscali.
Vedo invece come falso problema che l’applicazione di una tassa su robot e intelligenza artificiale possa indurre le imprese a delocalizzare i propri impianti di produzione al di fuori del territorio italiano. Qui l’elemento chiave è saper convincere le imprese che la tassa su robot e intelligenza artificiale va anche a loro favore, perché sono i giovani lavoratori umani che hanno un lavoro (grazie al pensionamento di lavoratori anziani finanziato con i contributi previdenziali di robot e intelligenza artificiale) che comprano i loro prodotti e servizi, e non già i robot o l’intelligenza artificiale che invece non consumano i loro prodotti e servizi (eccetto l’energia elettrica).
La tassa (l’imposta) su robot e intelligenza artificiale tende a garantire un’equa sostituzione tra lavoratore umano e lavoratore digitale laddove il lavoratore digitale è in grado di sostituire il lavoratore umano.
5 Giugno 2025 alle 16:35 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vorrei suggerire al Presidente INPS Gabriele Fava la seguente risposta alla mia obiezione riguardo al suo suggerimento di: “Garantire stipendi più elevati”.
Considerando robot e AI lavoratori digitali equiparabili a tutti gli effetti ai lavoratori umani, si raggiungerebbero almeno due obiettivi:
1. Si potrebbero mandare in pensione i lavoratori anziani coprendo le loro pensioni con i contributi previdenziali versati da robot e AI
2. Si potrebbero aumentare gli stipendi dei lavoratori umani in quanto la produttività del lavoro (umana e digitale) aumenterebbe (poiché robot e AI hanno, come è noto, una produttività maggiore di quella umana)
Nella crescita del PIL l’ISTAT avrà tenuto conto senz’altro anche dell’attività robotica, e quindi la forza lavoro occupata sarebbe data da lavoratori giovani + lavoratori anziani + lavoratori digitali (robot e AI).
Abbiamo osservato che la crescita del PIL non è proporzionale alla crescita dell’occupazione. Ma se ora lasciassimo andare in pensione i lavoratori anziani, la forza lavoro occupata risulterebbe data da lavoratori giovani + lavoratori digitali e le statistiche (che ovviamente considerano come forza lavoro solo la forza lavoro umana) darebbero come risultato che il PIL cresce più che proporzionalmente (suppongo) rispetto alla occupazione (lavoratori giovani e lavoratori digitali).
CONCLUSIONE.
In economia digitale occorre rivedere il concetto di “fattore di produzione lavoro” e adottare nuovi concetti, nuove idee, nuove misure tra cui:
a. Annoverare i lavoratori digitali (robot e AI) come forza lavoro (e non come “macchine”, ovvero come fattore di produzione capitale)
b. Equiparare la forza lavoro digitale alla forza lavoro umana
c. Assegnare una “personalità” ai lavoratori digitali (es. “personalità elettronica” o “personalità digitale”)
d. Assegnare un salario ipotetico anche ai lavoratori digitali (robot e AI) commisurato alla loro produttività
e. Far versare i contributi previdenziali anche ai lavoratori digitali
f. Consentire alle imprese di “appropriarsi” del salario della forza lavoro digitale
g. Elevare gli stipendi dei lavoratori che collaborano con i lavoratori digitali in quanto la “produttività marginale del lavoro” aumenta grazie ai lavoratori digitali
h. Le imprese saranno soddisfatte in quanto con salari più elevati si comprano più prodotti e servizi
i. Lo Stato sarà soddisfatto in quanto le entrate erariali aumenteranno grazie all’IVA sui consumi e alle imposte sulla ricchezza prodotta dalle imprese
Ci sono ancora altri vantaggi. Ma mi sono limitato al “Garantire stipendi più elevati” espresso dal Presidente INPS Avv. Gabriele Fava.
5 Giugno 2025 alle 13:31 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Trovo che ci siano gravi lacune nel pensiero del Presidente INPS Gabriele Fava. Ne cito solo una per una questione di spazio di scrittura: “Garantire stipendi più elevati”.
Tutti, lavoratori, sindacalisti, imprese e Governo sarebbero ben felici di garantire stipendi più elevati.
Per quanto riguarda lavoratori e sindacalisti, l’affermazione “garantire stipendi più elevati” è talmente scontata che non occorre nemmeno dare spiegazioni.
Per quanto riguarda le imprese, “garantire stipendi più elevati” è già in atto, con il taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori, ovvero con la decontribuzione, e anzi si potrebbe fare anche di più con il taglio del cuneo fiscale ANCHE a favore delle imprese.
Per quanto riguarda il Governo, la sua parte l’ha già fatta, proprio con la decontribuzione, e sarebbe ancora più felice se Sindacati e imprese si mettessero d’accordo per aumentare ancora di più gli stipendi, in modo che possano aumentare anche le entrate erariali tramite l’IRPEF.
“Garantire stipendi più elevati” è un’affermazione più che scontata, che rasenta il banale, se non si specifica anche COME garantire stipendi più elevati.
Il solo modo che le teorie economiche indicano per avere stipendi più elevati è aumentare la produttività del lavoro.
Ci sono segnali discordanti tra aumento dell’occupazione e aumento del PIL: il PIL non è cresciuto proporzionalmente come è cresciuta l’occupazione. Questo significa che la produttività del lavoro è diminuita.
Sig. Presidente Fava: saprebbe spiegare COME “garantire stipendi più elevati” se la produttività del lavoro diminuisce?
Colgo l’occasione per informare che in data 19 dicembre 2024 ho inviato via PEC la Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin al Presidente INPS Avv. Gabriele Fava, al Presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS Dott. Roberto Ghiselli e al Direttore Generale INPS Avv. Valeria Vittimberga.
Ho il vago sospetto che, leggendo la mia mail, in cuor loro, non uditi da alcuno, si siano detti: “Ma questo cretino che vuole tassare robot e AI che va dicendo?” (il “cretino” che vuole tassare robot e AI, sarei io, ovviamente)
2 Giugno 2025 alle 14:52 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Marco, la risposta alla sua domanda è affermativa: anche nell’anno 2025 si può accedere alla pensione anticipata 2025, e quindi, maturando 41 anni di versamenti contributivi e avendo 66 anni di età anagrafica nel 2025, lei, sig. Marco, cristallizza nel 2025 i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata Quota 103. Ciò significa che potrà esercitare il suo diritto di accesso alla Quota 103 anche nel 2026 .
Per accedere alla pensione anticipata Quota 103 occorre:
• Avere minimo 62 anni di età anagrafica e minimo 41 anni di contributi versati
• Attendere la finestra di 7 mesi dalla maturazione dei requisiti (62, 41) per i lavoratori dipendenti del settore privato e per i lavoratori autonomi; e 9 mesi dalla maturazione dei requisiti (62, 41) per i lavoratori del settore pubblico.
La pensione Quota 103 verrà erogata il primo giorno successivo alla finestra di 7 mesi o di 9 mesi, e verrà erogata con l’applicazione del sistema di calcolo totalmente contributivo.
L’importo pensionistico che si riceverà non eccederà 2.413,60 euro lordi mensili corrispondenti a (4 x 603.40), ovvero a 4 volte il trattamento minimo pensionistico lordo mensile (603,40).
Raggiunta l’età anagrafica di 67 anni, l’importo pensionistico verrà ricalcolato al suo importo pieno.
Qualora, sig. Marco, decidesse di pensionarsi nel 2026, avendo maturato i requisiti (62, 41) nel 2025, potrebbe anche trovarsi nel 2026 con la finestra già maturata, e quindi potrebbe non dovere attendere i 7 o 9 mesi per ricevere il primo importo della pensione.
Resta inteso, sig. Marco, che è sempre bene rivolgersi al Patronato per la verifica dell’accesso a Quota 103, soprattutto per verificare che tutti i 41 anni di versamenti contributivi siano effettivamente coperti (cosa che peraltro potrà fare anche lei accedendo alla sua sezione privata INPS o, meglio ancora, richiedendo all’INPS l’Ecocert che certifica il versamento dei contributi).
Inoltre, poiché lei ci dice che ha intenzione di andare in pensione al compimento dei 67 anni di età, il Patronato potrebbe farle emergere opportunità di pensionamento più favorevoli della Quota 103 (per esempio, la pensione di vecchiaia di 67 anni sulla base di quanto si deciderà verso la fine del 2025).
1 Giugno 2025 alle 19:01 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento del sig. Wal del 1 Giugno 2025 alle 11:17.
Sig. Wal, mi presto al suo gioco, confermando che non ho chiesto il parere a “ChatGPT” free.
Capitolo 1 – Lavorare, produrre, contribuire: che cos’è il lavoro oggi?
Capitolo 1 (sintesi) – Il lavoro oggi è un fattore di produzione che assume una connotazione espansiva: le macchine dotate di capacità autonoma (come robot e AI) sono anch’esse fattore di produzione lavoro e non più fattore di produzione capitale.
Capitolo 2 – Cosa succede quando lavorano solo le macchine?
Capitolo 2 (sintesi) – Quando lavorano solo le macchine succede che gli esseri umani perdono la propria identità sociale, perché la società umana non ti chiede “chi sei?”, ma “che cosa fai?”
Capitolo 3 – Tassare il lavoro delle macchine? L’idea e le sue radici.
Capitolo 3 (sintesi) – L’idea di tassare il lavoro delle macchine e le sue radici sono ben spiegate nella Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin.
Capitolo 4 – Proposte italiane: la via del contributo di automazione.
Capitolo 4 (sintesi) – Proposte italiane riguardo al contributo di automazione sono ben spiegate nella Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin
Capitolo 5 – I confini della resistenza: chi si oppone e perché.
Capitolo 5 (sintesi)– Chi si oppone è senza dubbio il produttore, l’esercente, perché ritiene di essere tassato due volte: tramite l’IRES e tramite l’IRAUT. Ma non è così. Nessuno ha ancora spiegato al produttore e all’esercente cos’è e come si applica l’IRAUT.
Capitolo 6 – Un nuovo patto sociale per l’era dell’automazione.
Capitolo 6 (sintesi) – Un nuovo patto sociale per l’era dell’automazione? Sì, certamente! Occorre un nuovo patto sociale per una nuova società in cui anche gli automi (robot e AI) acquisiscano un ruolo sociale tramite una “personalità digitale”.
Capitolo 7 – Una scelta collettiva: governare il futuro o subirlo.
Capitolo 7 (sintesi) – Una scelta collettiva per governare il presente: Governo, Confindustria, Sindacati si siedano allo stesso tavolo e discutano, valutino, approvino ed applichino la Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin per aumentare il tasso di natalità, rallentare l’invecchiamento della popolazione, spingere la crescita economica oltre lo zero virgola per cento, ridurre il debito pubblico.
30 Maggio 2025 alle 10:39 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Wal, nell’articolo a firma di Erica Venditti dal titolo “Pensioni 2024, Proposta di Riforma flessibile e strutturale: una controriforma Fornero” del 12 Febbraio 2024 è presente uno schema (SWOT Analysis) in cui nel primo quadrante in alto a sinistra (che sintetizza i punti di forza (Stregths)) è riportato:
“Sistema Previdenziale adeguato: I piani pensionistici sono disegnati in modo da assicurare in pensione lo stesso tenore di vita che si aveva durante l’attività lavorativa”.
È il giudizio espresso sul Sistema Previdenziale italiano nel documento “Mercer CFA Institute Global Pension Index 2023”: tale giudizio l’abbiamo riportato nella Versione Sintetica (di 8 pagine) della Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma Perfetto-Armiliato-Gibbin. (suppongo che il sig. Nicola T. faccia riferimento anche lui al suddetto documento di Mercer nel suo commento del 27 Maggio 2025 alle 15:55 riportato nel presente articolo).
Anche noi in Itala abbiamo pensionati poveri. Le nostre Istituzioni ce la mettono tutta per garantire che i pensionati non siano poveri. Ma la soluzione che al momento riescono a immaginare è far lavorare più a lungo i lavoratori anziani. Farli lavorare da lavoratori anziani in regola, piuttosto che da pensionati ma in nero.
28 Maggio 2025 alle 13:01 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo con un lungo commento al commento del sig. Nicola T. del 27 Maggio 2025 alle 15:55.
Sig. Nicola T., non c’è nulla da obiettare sull’aggiungere la previdenza integrativa (come lei auspica) alla previdenza obbligatoria.
Nulla da obiettare, se la previdenza integrativa porta agli stessi risultati che si raggiungerebbero con il versamento dei contributi previdenziali da parte di robot e AI in modo da lasciare andare in pensione i lavoratori anziani per occupare i lavoratori giovani.
Per quanto riguarda il suo suggerimento di “copiare” ciò che fanno di buono altri Paesi, è senz’altro cosa da farsi. Più precisamente, occorre valutare le soluzioni che altri Paesi danno agli stessi problemi che ha l’Italia e adattare tali soluzioni alle condizioni e alle possibilità effettive di applicazione da parte dell’Italia.
Voglio riferirmi in particolare della denatalità. Cosa fa, per esempio, il Giappone? Il Giappone è alle prese con una crisi demografica senza precedenti, come viene evidenziato in un articolo sul sito di reportage InsideOver dal titolo assai esplicativo: “Giappone, mancano i lavoratori. E Tokyo punta tutto sui robot”.
Voglio riferirmi anche alla tassazione robotica. Cosa fa, per esempio, la Corea del Sud? Su Wikipedia si legge: “La Robot tax in Corea del Sud rappresenta uno dei principali modelli di imposizione fiscale, al mondo, nei confronti dei robot. Infatti, la Repubblica sud-coreana è attualmente il paese più robot-friendly al mondo, i robot di Seul hanno già raggiunto la capacità produttiva di tutta la forza lavoro del Paese. Conseguentemente, è sorta la necessità di prevedere un sistema di tassazione che facesse fronte allo sviluppo economico del Paese”.
Ho voluto citare i casi del Giappone e della Corea del Sud per mettere in evidenza due fattori importanti:
1) Mancano lavoratori (a causa, per esempio, della denatalità oppure perché non si favorisce l’immigrazione di lavoratori da altri Paesi), e quindi si punta sui robot (Giappone)
2) Si punta sui robot, e quindi si tassano i robot per lo sviluppo economico (Corea del Sud)
Riportando questi esempi, sto cercando di dire che occorre inserire la tematica “pensioni” in un quadro più ampio di interventi che riguardano la seguente catena di causa-effetto:
a) pensionamento lavoratori anziani (grazie al versamento dei contributi previdenziali di robot e AI, oppure grazie alla previdenza integrativa, perché mancano i lavoratori a causa della denatalità e della scarsa partecipazione al lavoro da parte di immigrati regolari)
b) occupazione di lavoratori giovani (grazie al pensionamento dei lavoratori anziani)
c) aumento del tasso di natalità (grazie all’occupazione dei giovani che con un lavoro stabile e ben remunerato potranno formarsi una famiglia e allevare dei figli).
Il precedente schema di causa-effetto viene considerato nella Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale a firma di Perfetto-Armiliato-Gibbin. Occorre precisare che la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin fa proprie le soluzioni avanzate nel 2016-2017 dal Parlamento europeo, dal Parlamento italiano e da esperti in materia fiscale riguardo alla tassazione robotica.
Ma non basta offrire ai giovani la possibilità di trovare un lavoro stabile e ben remunerato in modo che rimangano in Italia e formarsi una famiglia in Italia per allevare bambini in Italia senza dover emigrare all’estero. Occorre anche istruire, formare e avviare al lavoro i futuri giovani lavoratori.
(Per inciso, l’azione presidenziale USA nel respingere studenti e lavoratori stranieri gioca a sfavore degli USA, perché ci si priva della possibilità di incrementare le famiglie in USA e quindi di contrastare la denatalità di cui anche gli USA sono affetti; mentre il respingimento degli studenti e lavoratori stranieri dagli USA gioca invece a favore dell’Italia, in quanto gli studenti e lavoratori di origine italiana o di altra nazionalità che si trovano in USA potrebbero rientrare in Italia e favorire lo sviluppo delle nascite in Italia anziché in USA).
Lo schema istruzione-formazione-avviamento al lavoro viene considerato nella Proposta di inserire l’Insegnamento dell’Economia Informatica (una nuova disciplina STEM sperimentale alla pari della Fisica, della Chimica e della Biologia) nei Piani di Studi universitari e in quelli della Scuola Media Superiore.
A tal proposito, proprio in questi giorni abbiamo inviato la Presentazione e il Programma di Economia Informatica al Ministero dell’Università e della Ricerca, al Ministero dell’Istruzione e del Merito, alla BCE (in quanto si è avviato il test dell’euro digitale – la moneta digitale ed il test della moneta digitale è proprio uno dei campi di indagine dell’Economia Informatica), e ad alcune Aziende italiane che partecipano al test dell’euro digitale.
Indirizzeremo prossimamente la Presentazione e il Programma di Economia Informatica anche alla Banca d’Italia, a tutte le Università italiane (statali, private e telematiche) e agli Istituti Tecnici Informatici ed ai Licei Scientifici Digitali.
Per concludere, sig. Nicola T., “copiare” le cose buone di altri Paesi (come lei suggerisce di fare) è certamente cosa da farsi, soprattutto per far fronte alla denatalità (come in Giappone) e per lo sviluppo economico (come nella Corea del Sud). Quindi: occorre impiegare robot (e AI) e tassare i robot (e l’AI).
Al tempo stesso, istruire, formare ed avviare al lavoro gli studenti è anche una cosa da farsi, per far fronte all’abbandono scolastico e all’erosione dei posti di lavoro da parte di robot e AI. Quindi: occorre studiare la nuova disciplina STEM Economia Informatica (ma qui non si può copiare alcun Paese, perché è tutto made in Italy).
27 Maggio 2025 alle 14:53 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Alessandro, il sig. Wal (che non smette di sorprenderci per la sua erudizione) ci ricorda che il Primo Ministro britannico Margaret Thatcher soleva affermare che “La vera società non esiste: ci sono uomini e donne, e le famiglie.”
La Thatcher seguiva il pensiero di Friedrich von Hayek, uno dei maggior esponenti del neoliberismo che consiste, per dirla in breve e con parole semplici, in questo: è bene che lo Stato non intervenga nell’economia in quanto i suoi interventi risultano spesso inefficaci e tardivi.
Lei, sig. Alessandro, dice che è “difficile robotizzare il pizzaiolo o il cameriere”. Eppure, in alcune realtà ci sono robot-pizzaioli, robot-camerieri, robot-cuochi, robot-infermieri, robot-medici.
È vero che tali robot non sono ancora diffusi su vasta scala. E questo può dare l’impressione che i robot esistano solo in alcune realtà molto circoscritte come nelle industrie di automobili o nei capannoni delle imprese di logistica.
Oggi esiste la tassa sui servizi digitali: ciò è giustificato dal fatto che le aziende utilizzando i dati personali degli utenti a fini commerciali e tali dati personali vengono considerati alla pari dei beni.
In un futuro prossimo venturo avremo l’imposta sui robot e sull’intelligenza artificiale: ciò sarà giustificato dal fatto che robot e intelligenza artificiale sono considerati “lavoratori digitali” e quindi equiparabili ai lavoratori umani (che pagano l’imposta sul reddito da lavoro da loro prodotto, l’IRPEF).
Per quanto riguarda i consumi, questi sono necessari, altrimenti nessuna impresa produrrebbe beni e servizi se i loro beni e servizi non venissero consumati.
Ma a consumare dovrebbero essere coloro che oggi non sono nelle condizioni di poter consumare: i giovani disoccupati, i giovani sottoccupati, i giovani con lavoro a termine.
Per poter consentire di avviare i “nuovi consumi”, occorre dare opportunità ai giovani di trovare un lavoro stabile e ben remunerato, grazie al pensionamento dei lavoratori anziani finanziato con l’imposta applicata ai “lavoratori digitali” (robot e intelligenza artificiale, che si stanno rapidamente diffondendo in massa).
26 Maggio 2025 alle 18:22 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vede, sig. Don, la Riforma Monti-Fornero eliminò le finestre in quanto vennero inglobate nell’età di pensionamento.
La Prof.ssa Fornero osservò nel 2011 in Conferenza Stampa che le finestre erano un “bizantinismo”, una complicazione burocratica che andava eliminata. Ma non proprio “eliminata”; semplicemente “trasformata” in un aspetto meno burocratico, ma sempre finalizzata (la trasformazione) a mantenere in ordine i conti pubblici.
Nel 2019 il Governo Conte (Lega e M5S) reintrodusse le finestre, creando in tal modo un grave precedente, in quanto ora si potrà dire che l’età pensionabile non sarà legata alla speranza di vita ma, al tempo stesso, nulla vieta di allungare le finestre di uscita.
22 Maggio 2025 alle 13:37 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
“Non mi fu mai dato di vedere un animale in cordoglio di sé.
Un uccelletto cadrà morto di gelo giù dal ramo
senza aver provato mai pena per se stesso.”
(David Herbert Lawrence)
Similmente, non mi fu mai dato di vedere un pensionato come me
lamentarsi della propria condizione.
Quel pensionato che ha sempre lavorato,
e regolarmente pagato per il suo lavoro,
cadrà morto di vecchiaia giù dal ramo
sul quale è pesantemente seduto,
senza avere mai provato pena per se stesso.
(Claudio Maria Perfetto)
Lei ha ragione, sig.ra Anna.
Ma, ahimè, non basta avere ragione: occorre farsela dare anche da altri che ci danno torto.
20 Maggio 2025 alle 22:56 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Guido, nel rapporto tra lavoratori attivi e pensionati occorre tenere conto sia dell’aspetto finanziario (come fa lei) come pure dell’aspetto fisico, numerico.
Ammettiamo che ci sia la copertura finanziaria (diciamo 10 miliardi dei 100 miliardi cui lei fa riferimento) per mandare in pensione 500.000 nuovi lavoratori anziani che percepiranno una pensione netta mensile di 1.500 euro per 13 mensilità (esborso totale netto per lo Stato all’anno per i 500.000 nuovi pensionati: 9 miliardi e 750 mila euro).
Ammettiamo pure che i 10 miliardi siano disponibili anno dopo anno in virtù della spending review cui lei fa riferimento.
Domanda: chi occuperà il posto lasciato vacante dai 500.000 lavoratori anziani che sono andati in pensione?
L’Arabia Saudita incassa tanto con la vendita del petrolio al punto che può permettersi di remunerare i propri cittadini senza che questi lavorino.
Ma l’Arabia Saudita è poi costretta ad importare manodopera da altri Paesi.
Allo stesso modo dovrebbe fare l’Italia: importare manodopera da altri Paesi.
Personalmente io non sono favorevole a privare altre Nazioni delle loro risorse umane, tra cui medici, infermieri, ingegneri, biologi, ricercatori. Al contrario, sarei favorevole invece ad inviare medici, infermieri, insegnanti in Paesi che hanno bisogno di cure, ospedali, scuole.
Robot e intelligenza artificiale sarebbero da preferire all’importazione di manodopera da altri Paesi.
I risparmi provenienti dalla spending review potrebbero servire per dotarsi di lavoratori digitali, robot e intelligenza artificiale, ma poi, affinché il sistema previdenziale possa “camminare con le proprie gambe”, è necessario che le pensioni correnti vengano pagate con i contributi versati da robot e intelligenza artificiale e non già con i risparmi provenienti dalla spending review (che spesso vuol dire: meno soldi a medici, infermieri e insegnanti, oppure, privatizzazione dei servizi pubblici tra cui sanità, trasporti, telecomunicazioni, energia (e pure privatizzazione dell’acqua, in alcune regioni d’Italia)).
Per quanto concerne il suo riferimento riguardo a “Ci vorrebbe una buona politica”, mi permetterei di correggerla dicendo che “Ci vorrebbe una politica”.
20 Maggio 2025 alle 17:22 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Alexx, le posso assicurare che “lavoratori digitali e moneta digitale” diventeranno presto familiari al vasto pubblico come è diventato familiare “intelligenza artificiale”.
I nostri governanti non sono ancora in grado di calare tali concetti nell’attuale sistema previdenziale perché ancora nessuno è riuscito a spiegare in termini concreti, operativi, in cosa consiste l’economia digitale.
L’enciclopedia Treccani dà la seguente definizione di “economia digitale”: “Modello economico basato sulla valorizzazione delle tecnologie informatiche come infrastruttura ideale per gli scambi economici e commerciali”.
La descrizione che ne dà la Treccani si addice di più alla “new economy”, all’”e-commerce”, all’“e-business”, ad Amazon, a eBay .
A mio avviso, la definizione di “economia digitale” che ne dà la Treccani è alquanto riduttiva.
Per questo motivo, io ed altre persone, abbiamo dato avvio ad un Progetto di ampio respiro che ha l’obiettivo di divulgare l’Economia Informatica, una nuova disciplina STEM che fonde Economia e Informatica e descrive la produzione, la distribuzione e il consumo di beni digitali e di servizi digitali, mediante fattori di produzione digitali (lavoro digitale e tecnologie informatiche), utilizzando come mezzo di scambio la moneta digitale.
L’Economia Informatica, in altre parole, è il cuore pulsante dell’economia digitale, della società digitale, della nazione digitale.
Abbiamo cominciato a contattare il Ministero dell’Università e della Ricerca, e il Ministero dell’Istruzione e del Merito, perché pensiamo di rivolgere la nostra attenzione innanzitutto verso il mondo dell’istruzione e della formazione di studenti che saranno i futuri lavoratori nell’ambito dell’economia digitale, un mondo densamente popolato da robot e AI che sono la “naturale” forza lavoro dell’economia digitale e, pertanto, proprio in virtù della loro “natura digitale”, robot e AI sono destinati a divenire la forza lavoro dominante nell’economia digitale e nella società digitale.
Nel nostro Cronoprogramma prevediamo di contattare anche la Banca Centrale Europea e 5 aziende italiane che, con altre 65 aziende europee, partecipano al test dell’euro digitale.
Infatti, l’Economia Informatica offre modo di testare in un laboratorio reale la moneta digitale, descrivendo la natura, la funzione, l’emissione, la distribuzione e l’utilizzo della moneta digitale.
Contatteremo poi la Banca d’Italia e circa 90 università italiane (tra statali, private e telematiche), nonché Scuole Medie Superiori (Istituti Tecnici Informatici, Licei Scientifici Digitali).
Si renderà conto, sig. Alexx, che per approdare ad una Riforma del Sistema Previdenziale applicabile ai tempi dell’economia digitale occorre sapere come funziona l’economia digitale.
Noi, attraverso il nostro Progetto di Economia Informatica, proviamo a indicare al Mondo Accademico, alle Istituzioni, alle Aziende come funziona l’economia digitale, come funziona una nazione digitale, portando come esempio concreto il funzionamento dei Centri di Elaborazione Dati che rappresentano il prototipo di economia digitale e di nazione digitale.
È tempo perso? Non saprei. Ma, per riprendere l’espressione di Maurizio Gibbin, “non sarebbe tempo perso provarci”.
6 Febbraio 2025 alle 15:57 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Tra gli aspetti interessanti messi in evidenza dal Presidente CIV di INPS Dott. Roberto Ghiselli c’è n’è uno in particolare sul quale ho avuto modo di riflettere nel recente passato: generare “una maggiore produttività del sistema e redditi più alti per i lavoratori”.
Per una lettura approfondita della mia riflessione rimando all’articolo a firma di Erica Venditti pubblicato su Pensionipertutti il 22 dicembre 2024 e accessibile al seguente link: https://www.pensionipertutti.it/riforma-pensioni-2025-altroche-uscita-dai-64-anni-esiste-una-soluzione-per-tutti/.
In termini oltremodo sintetici, ripropongo qui il perché non è possibile aumentare i redditi dei lavoratori, così come auspica il Presidente CIV dell’INPS.
Nel documento ISTAT “LE PROSPETTIVE PER L’ECONOMIA ITALIANA NEL 2024-2025” si legge:
– “Il Pil italiano è atteso crescere dello 0,5% nel 2024 e dello 0,8% nel 2025”;
– “La vivace dinamica dell’occupazione osservata nel corso del 2024, misurata in termini di unità di lavoro (ULA), risulterebbe notevolmente superiore (+1,2%) a quella del Pil”.
Orbene, se nel corso del 2024 le unità di lavoro ULA (numero medio mensile di dipendenti occupati a tempo pieno) è cresciuto dell’1,2%, ci si aspetterebbe che il PIL cresca anch’esso, almeno, dell’1,2%, e non “solo” dello 0,5%.
Il fatto che il PIL cresca proporzionalmente meno rispetto alla crescita delle unità di lavoro (ULA) significa che la produttività marginale del lavoro (ovvero la quantità di prodotto/servizio in 8 ore del lavoratore) diminuisce: in altri termini, si lavora di più, ma si produce proporzionalmente di meno.
“Ad esempio, in un’impresa che produce in un giorno 100 paia di scarpe utilizzando vari macchinari e 20 lavoratori, se l’assunzione di un lavoratore aggiuntivo porta la produzione giornaliera a 104 paia di scarpe, la produttività marginale del lavoro sarà pari a 4”. (FONTE: Wikipedia).
Poiché i salari dei lavoratori (i redditi dei lavoratori) dipendono dalla produttività marginale del lavoro, ne consegue che se la produttività marginale del lavoro diminuisce, allora diminuiscono pure i salari dei lavoratori (o, comunque, i salari non possono aumentare; a meno che non si ricorra, come è stato fatto, al taglio del cuneo fiscale contributivo a favore dei lavoratori, cosa che a mio avviso e anche secondo la Corte dei Conti non andrebbe fatta perché ricade sulla fiscalità generale e quindi sull’intera popolazione di lavoratori e pensionati).
Il Dott. Ghiselli ha ben ragione nel dire che occorre una maggiore produttività del sistema per avere redditi più alti per i lavoratori.
Ma se la maggiore produttività del sistema deriva dal capitale-robot e capitale-AI anziché dal lavoro umano, allora si avranno maggiori profitti per l’azienda e minori redditi per i lavoratori.
Per questo motivo noi della Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin insistiamo nel considerare robot e Ai non già come fattore di produzione capitale ma come fattore di produzione lavoro e insistiamo nell’assegnare un “ipotetico salario” alla forza lavoro robotica a cui far corrispondere contributi previdenziali da far versare da loro, in modo da innalzare la produttività marginale del lavoro (in quanto robot e AI hanno produttività più elevata degli umani) e quindi elevare i redditi dei lavoratori umani.
Oltre ad elevare i salari dei lavoratori occorre anche gestire “accuratamente le politiche migratorie” (come afferma correttamente il Dott. Ghiselli nell’intervista ad Erica Venditti), da intendersi (a mio avviso), però, non solo favorire l’immigrazione di migranti regolari, ma anche (e soprattutto, aggiungerei io) frenare l’emigrazione dei nostri giovani verso l’estero.
Ciò potrà avvenire da un lato favorendo il ricambio generazionale attraverso il pensionamento dei lavoratori anziani finanziato dai contributi versati da robot e AI, e dall’altro lato istituendo il nuovo insegnamento della nuova disciplina STEM Economia Informatica.
Come ho già avuto modo di riferire nella mia mail del 19 dicembre 2024 indirizzata al Presidente dell’INPS Avv. Gabriele Fava e al Presidente CIV dell’INPS Dott. Roberto Ghiselli e per conoscenza al Direttore Generale dell’INPS Avv. Valeria Vittimberga, “L’insegnamento di Economia Informatica è in grado di ridurre l’abbandono scolastico e di offrire ai laureati prospettive di trovare lavoro in Italia, senza doverle ricercare all’estero, nonché l’opportunità di formarsi una famiglia in Italia, allevare figli e contribuire quindi ad invertire il tasso di denatalità”.
6 Febbraio 2025 alle 9:15 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Mi sono appena reso conto che la “provocazione” del Direttore Generale dell’INPS Vittimberga di “far pagare i contributi dagli extraprofitti delle grandi aziende che sostituiscono le attività tipicamente ‘labour intensive’ con strumenti tecnologici di intelligenza artificiale” è presente anche in questo articolo (che la Dott.ssa Venditti ha ripreso da un mio precedente commento in un altro articolo).
Nel presente articolo della Dott.ssa Venditti si riporta:
“La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin mira ad equilibrare i profitti realizzati dalle società (in virtù della riduzione del personale) con le minori entrate erariali (minori entrate contributive). Nella suddetta Proposta l’equilibrio viene raggiunto attraverso l’applicazione dell’imposta sull’automazione (IRAUT), la quale convergerebbe verso l’IRES, l’imposta applicata ai profitti delle società (ma l’IRES, a differenza dell’IRAUT, non contempla i contributi previdenziali). In altre parole, l’IRAUT equivarrebbe (per usare un termine improprio ma noto a tutti) alla “tassa sugli extraprofitti” (dovuti all’impiego dell’automazione) che il Governo aveva in mente (ma non l’ha fatto) di applicare alle banche e alle criptovalute (come bitcoin).
5 Febbraio 2025 alle 13:41 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vorrei ringraziare il sig. Wal che nel suo commento del 4 Febbraio 2025 alle 22:50 ci ha fatto conoscere (me incluso) il pensiero del Direttore Generale dell’INPS Avv. Valeria Vittimberga riportato dall’ANSA nella nota del 04 novembre 2024, ore 17:02, dal titolo:
“Vittimberga (Inps) lancia idea, ‘contributi da extraprofitti AI’”.
Così Vittimberga: ‘”Oltre alla necessità di pensare alla riqualificazione di quel tipo di lavoro che verrà soppiantato” dall’intelligenza artificiale, “lancio una provocazione: perché non far pagare i contributi dagli extraprofitti delle grandi aziende che sostituiscono le attività tipicamente ‘labour intensive’ con strumenti tecnologici di intelligenza artificiale? Sarebbero macchine che lavorano per noi in continuazione, sostenibili da un punto di vista previdenziale”’.
Vorrei aggiungere che il 5 dicembre 2023 ho inviato via PEC una mail sul tema dei contributi da far versare anche ai “lavoratori elettronici” all’allora Direttore Generale dell’INPS Dott. Vincenzo Caridi (ho poi girato tale mail alla Dott.ssa Erica Venditti in data 12 gennaio 2024 per mantenerla aggiornata sulle comunicazioni verso le Istituzioni).
Il Dott. Vincenzo Caridi è stato Direttore Generale dell’INPS dal 12/02/2022 all’11/04/2024.
Il 29/04/2024 è stata nominata Direttore Generale dell’INPS l’Avv. Valeria Vittimberga.
In data 19/12/2024 ho inviato la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin al Presidente INPS Avv. Gabriele Fava, e per conoscenza al Direttore Generale INPS Avv. Valeria Vittimberga (mettendo in copia conoscenza anche i coautori della Proposta nonché la Dott.ssa Erica Venditti).
Cos’altro dire?
Mi ha fatto certamente molto piacere apprendere dal sig. Wal che anche il Direttore Generale INPS Avv. Valeria Vittimberga sta avanzando l’ipotesi di “far pagare i contributi dagli extraprofitti delle grandi aziende che sostituiscono le attività tipicamente ‘labour intensive’ con strumenti tecnologici di intelligenza artificiale. Sarebbero macchine che lavorano per noi in continuazione, sostenibili da un punto di vista previdenziale”.
Mi fa certamente molto piacere apprendere che il Direttore Generale dell’INPS Avv. Valeria Vittimberga è sulla stessa linea di pensiero dei firmatari della Proposta di Riforma Previdenziale Perfetto-Armiliato-Gibbin.
4 Febbraio 2025 alle 16:20 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al commento di Paolo prof del 4 Febbraio 2025 alle 5:51.
Concordo con lei, Paolo prof, che il Governo ha in agenda ben altre priorità da attuare, piuttosto che la riforma delle pensioni.
D’altra parte, cosa c’è più da fare sulle pensioni? Alle pensioni ci pensa il “pilota automatico della legge Fornero” (per usare l’espressione del sig. Nicola Turetta).
Mi sono più volte espresso sul fatto che pensioni e lavoro vanno di pari passo. La legge Fornero si riferisce solo alle pensioni e non anche al lavoro.
Proviamo a ricordare cosa disse la Prof.ssa Fornero in occasione della presentazione della Riforma Monti-Fornero nella conferenza stampa del 2011: “Quindi questa è la riforma delle pensioni ma la riforma del mercato del lavoro completerà questo primo pezzo, [che] viene prima, per necessità, per vincoli finanziari”.
Quando si affronta la Riforma delle Pensioni occorre contestualmente, simultaneamente, affrontare la Riforma del mercato del lavoro, in quanto, ricordando ancora le parole della Prof.ssa Fornero “tutti, ma proprio tutti, devono capire che il principale meccanismo per fare pensioni è il lavoro”.
Non credo sia importante superare la legge Fornero con una nuova legge sulle pensioni; credo invece sia importante formulare una nuova legge sulle pensioni perché la Legge Fornero è superata.
La Legge Fornero è superata perché è entrata in gioco una nuova generazione: la generazione robotica. La legge Fornero non fa alcun riferimento alla generazione robotica. Eppure, la generazione robotica incide profondamente sulle attività produttive, su quel lavoro che è il “principale meccanismo per fare pensioni” come ci ricorda la Prof.ssa Fornero stessa.
Dunque, Paolo prof, cosa possiamo controbattere a quel giornalista che afferma che la legge Fornero è una buona legge?
Possiamo dire questo: la Legge Fornero può anche essere una buona legge. Ma è superata dalla tecnologia.
3 Febbraio 2025 alle 18:55 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Per ben tre volte il Governo Meloni ha provato a reperire risorse finanziarie attraverso:
1) la tassazione sugli extra profitti delle banche;
2) l’estensione della web tax dalle grandi imprese alle piccole e medie imprese (PMI);
3) l’aumento della tassazione sulle criptovalute (bitcoin e dintorni).
Per ben tre volte il Governo Meloni ha dovuto desistere dai suoi propositi.
Cominciamo col dire che vale la pena puntare di più sulla Cassa Depositi e Prestiti, che è una banca governativa in quanto posseduta all’87% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Aggiungiamo che l’estensione della web tax dalle grandi imprese alle piccole e medie imprese andrebbe valutata diversamente, non già come una “tassa” (che lo Stato giustifica non perché eroga un servizio, ma perché considera che i dati dei clienti/utenti raccolti per fare pubblicità mirate siano un valore da compensare), quanto invece una “imposta” (che lo Stato potrebbe motiovare in quanto l’operato di un robot o di un assistente digitale è equiparabile a quello di un umano sul quale vengono applicate le imposte).
Aggiungiamo ancora che il voler tassare le criptovalute sembra un atto disperato, dettato dalla disperata ricerca di trovare fondi per fare ciò che si vorrebbe fare e che si riesce a fare solo in parte e non del tutto. Disperazione, smarrimento, incertezza… Non si addicono di certo al “buon governo”.
Cosa potrebbe esserci nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin che non va?
La Proposta si rifà a raccomandazioni messe in luce già nel 2016-2017 da parlamentari europei e parlamentari italiani riguardo all’impatto che l’automazione potrà avere sull’occupazione e sulla Previdenza sociale.
La Proposta si rifà a ben 4 Proposte di Legge presentate alla Camera dei Deputati nell’arco temporale dal 2013 al 2022 da PD, FDI, Lega.
La Proposta si rifà a concetti già espressi da due Direttori di Stabilimento Bosch che nel 2017 suggerivano di utilizzare i robot per riempire la fascia di mezzo della piramide demografica lasciata in parte vuota a causa di mancanza di lavoratori dovuta alla denatalità, e che le pensioni potrebbero quindi essere pagate anche dai robot e non solo dai lavoratori umani.
La Proposta si rifà a possibilità di considerare i robot come soggetti passivi di imposta, una possibilità confermata da esperti di diritto tributario internazionale e che per essere attuata basterebbe (secondo tali esperti) che il Governo attribuisse una “personalità” (es., “personalità elettronica”) ai robot, così come ha attribuito la “personalità fisica” ai lavoratori e la “personalità giuridica” alle aziende.
Mi piacerebbe che gli esperti di Previdenza e di Economia analizzassero la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin attualizzando i concetti del 2017 in essa contenuti al 2025, e dicessero cos’è che nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin non va.
31 Gennaio 2025 alle 15:10 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo al sig. Franco Giuseppe e al sig. Piti.
Ero intento a scrivere una lettera all’INAPP, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, l’Ente pubblico di ricerca di rilevanza nazionale, vigilato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che si occupa di studio, ricerca, monitoraggio e valutazione delle politiche pubbliche negli ambiti del lavoro, istruzione e formazione, protezione sociale, politiche attive e passive del lavoro, terzo settore, inclusione sociale, e delle politiche che producono effetti sul mercato del lavoro.
Ho ritenuto opportuno sospendere la scrittura della mia lettera all’INAPP, per rispondere ai sigg. Franco Giuseppe e Piti tra i quali è emerso uno scambio di parole accese che ritengo possa essere stato generato da un equivoco.
Innanzitutto, intendo affermare che non ho alcuna obiezione da muovere nei confronti del pensiero espresso dal sig. Piti, riportato nell’articolo a firma di Erica Venditti e classificato come “inaccettabile, desolante e scandaloso” dal sig. Franco Giuseppe.
Il sig. Franco Giuseppe nel suo commento scrive testualmente: ‘Trovo inaccettabile, desolante e scandaloso che qualcuno possa desiderare una riforma delle pensioni che come motivazione abbia il dover “cercare di accontentare più persone possibili” come ha scritto il Sig. Piti’.
Ebbene, l’espressione “cercare di accontentare più persone possibili” non è da attribuire al sig. Piti, bensì alla Dott.ssa Erica Venditti.
Ma anche in tal caso, la Dott.ssa Erica Venditti non ha espresso un parere personale, bensì un dato di fatto: il Governo effettivamente prova a “cercare di accontentare più persone possibili”, per la semplice ragione che intende assicurarsi quanti più voti possibili. Poi, come possiamo constatare dai fatti, il Governo, più che riuscire ad “accontentare” più persone possibili, riesce invece a “scontentare” più persone possibili.
Al sig. Piti vorrei rispondere prendendo in prestito le parole che il sig. Wal ha espresso saggiamente nel suo commento rivolto al sig. Roberto: “Non si preoccupi, ognuno ha le proprie idee e le espone”.
20 Gennaio 2025 alle 11:13 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Stefano, alla sua “domanda semplice” non ho una corrispondente “risposta semplice”. Per essere più preciso, non ho la risposta alla sua domanda. La rimando quindi ad un Patronato.
Chi lavora al Patronato si occupa di pensioni per mestiere; analizzando le varie posizioni contributive di tanti lavoratori, gli impiegati del Patronato acquisiscono competenze operative di gran lunga superiori a qualsiasi altro “esperto previdenziale” teorico che analizza (come me, per esempio) solo le leggi emanate dal Parlamento (leggi che non sempre sono espresse in maniera leggibile, in quanto rimandano ad articoli di altre leggi, che rimandano a commi di altri articoli di altre leggi, in un vero e proprio labirinto legislativo dal quale si esce completamente storditi ed esposti al elevato rischio di incorrere in errate interpretazioni).
Gli impiegati del Patronato sono dotati di procedure operative che guidano nel dare le risposte alle domande dei lavoratori (ma anche qui, occorre dire, bisogna confidare che i programmatori software siano stati in grado di scrivere programmi che traducano in maniera corretta articoli e commi delle leggi emanate dal Parlamento).
Per darle un esempio, sig. Stefano, di come il Parlamento scrive le leggi, le riporto un estratto dal “Disegno di legge, recante: «Bilancio di previsione dello stato per l’anno finanziario 2025 E bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027» – (AC. 2112-bis-A)” a pag. 75 emendato dalla Camera dei Deputati:
“Qualora dall’attività di monitoraggio relativa agli effetti derivanti dalle disposizioni di cui al comma 181, con riferimento all’agevolazione per l’accesso al pensionamento anticipato di cui all’articolo 24, comma 11, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, emergano maggiori oneri rispetto a quelli previsti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, si provvede, a fini compensativi, a stabilire un limite percentuale dell’ammontare mensile della prima rata della pensione di base per il computo di cui al primo periodo del comma 7-bis dell’articolo 24 del citato decreto-legge n. 201 del 2011 ai fini del conseguimento degli importi soglia di cui al comma 11 dello stesso articolo 24 e a elevare ulteriormente gli importi soglia di cui al medesimo comma 11, ovvero a prevedere ulteriori periodi di differimento della prima decorrenza utile per il pensionamento anticipato di cui al citato comma 11”.
Dopo avere letto questo enorme periodo scritto in un pessimo italiano, posso finalmente riprendere respiro e concludere il mio pensiero.
Forse, gli Onorevoli Deputati della Camera, nel documento da loro emendato, stanno dicendo che il lavoratore quando diventa pensionato diventa l’io subcosciente che si infutura nell’archè prototipo dell’antropomorfismo universale?
Io non lo so. Non ho capito nulla di quello che gli Onorevoli Deputati della Camera hanno detto.
18 Gennaio 2025 alle 7:52 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Antonio Vito Noè, lei ci ricorda il mondo delle pensioni nel settore pubblico, che segue (è vero) regole differenti da quelle del settore privato.
Il mondo delle pensioni è simile ad un “labirinto” (così si esprimerebbe il maestro della Prof.ssa Fornero).
Nel settore pubblico, però, il mondo delle pensioni è più simile ad una giungla, ad una “palude melmosa”, dove regole imputridite simili a lacci e lacciuoli si avvinghiano attorno ai polpacci impedendo di avanzare verso la pensione.
Ma oltre al “labirinto” delle pensioni nel settore privato, oltre alla “palude melmosa” delle pensioni nel settore pubblico, si apre una nuova prospettiva che varrebbe la pena di esaminare con la dovuta attenzione: il “sentiero luminoso” delle pensioni nel settore privato e pubblico della Proposta di Riforma Previdenziale Perfetto-Armiliato-Gibbin.
17 Gennaio 2025 alle 15:43 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Ritengo che i ragionamenti della sig.ra Barbara siano corretti.
Poiché il sig. Nick percepirà il primo rateo di pensione dopo aver compiuto i 63 anni (e quindi a 63 anni e due mesi) occorre considerare il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età superiore 64 anni, e il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età inferiore 63 anni.
13 Gennaio 2025 alle 12:47 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Guido, noto che nei suoi commenti è ricorrente l’espressione “a costo zero”.
Ma “a costo zero” per chi?
Se qualcuno riceve un bene o un servizio “a costo zero”, vuol dire che c’è qualcun altro sul quale quel costo viene caricato.
Se noi leggiamo le notizie su Pensionipertutti “a costo zero”, vuol dire che i giornalisti di Pensionipertutti si fanno carico del costo di pubblicazione. Tale costo potrebbe venire coperto in parte da ricavi derivanti dalla pubblicità inserita nel sito, oppure da altre fonti di guadagno, oppure da donazioni al sito. Resta comunque il fatto che se qualcuno riceve qualcosa “a costo zero”, c’è qualcun altro che quel costo lo paga al posto di quel qualcuno.
Gli evasori fiscali che non pagano le tasse, per esempio, godono dei servizi pubblici “a costo zero”. Ma tale costo non pagato dagli evasori fiscali viene pagato invece da chi le tasse le paga.
La lotta all’evasione fiscale e contributiva è insufficiente? Sì. Il Governo ci dirà che si impegna a potenziarla.
Abbiamo noi modo di smentire il Governo? Direi proprio di no. Non è possibile smentire le intenzioni del Governo. Non è possibile, come si suole dire, fare il “processo alle intenzioni”.
Perciò, sig. Guido, quando lei afferma di “presentare un progetto di riforma a costo zero” ci può spiegare anche come si può realizzare un “progetto di riforma a costo zero”? Ci può fare un esempio concreto di un progetto di riforma pensionistica a costo zero?
La Proposta di Riforma Perfetto-Armiliato-Gibbin, per esempio, non è una Riforma pensionistica “a costo zero”, in quanto le aziende ad elevato tasso di automazione/digitalizzazione vengono indotte a versare un’imposta sull’automazione.
La Proposta di Riforma Perfetto-Armiliato-Gibbin potrebbe essere considerata invece una Riforma pensionistica “a costo zero” per lo Stato, in quanto il costo delle pensioni verrebbe finanziato con le entrate contributive da parte dell’automazione. Ma, in tal caso, sarebbe più corretto parlare di “distribuzione della ricchezza” piuttosto che “a costo zero”, esattamente come quando si prelevano importi dalle pensioni più elevate (che non vengono adeguate al 100% dell’inflazione) per aumentare le pensioni più basse (che vengono adeguate, invece, al 100% dell’inflazione).
In conclusione:
1. In economia non esistono pasti gratis (nulla è “a costo zero”);
2. Compito dello Stato è distribuire la ricchezza (“spalmare” costi e profitti sull’intera popolazione);
3. Il modo per distribuire la ricchezza è avere non solo la “volontà” di farlo adottando strategie consolidate nel tempo (es., adeguamento degli importi pensionistici al tasso di inflazione in base al loro livello); ma anche avere il “coraggio” di adottare strategie nuove in tempi nuovi (es., adeguamento dei contributi previdenziali da lavoro umano e robotico in base al numero di pensioni da erogare – come indicato dalla Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin).
3 Gennaio 2025 alle 14:54 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Desidero innanzitutto ringraziare la Redazione di Pensionipertutti per avere reso pubblico il documento “Proposta per una riforma previdenziale flessibile e strutturale” a firma di Perfetto, Armiliato, Gibbin.
Inizialmente si era pensato di indirizzare la Proposta solo ai Sindacati; successivamente, si è ritenuto opportuno indirizzarla anche al Governo, ai Parlamentari, a Confindustria, alle Istituzioni (Corte dei Conti, Ragioneria Generale dello Stato, Ufficio Parlamentare di Bilancio, CNEL, Agenzia delle Entrate, INPS).
Tutto finisce qui? Niente affatto! Tutto può cominciare da qui!
MISURE RELATIVE AL LAVORO.
Nell’Audizione del 7 novembre 2024 alle Commissioni riunite di Bilancio di Camera e Senato, il Ministro Giorgetti dà priorità in manovra ai lavoratori dipendenti per il rilancio di crescita e dei consumi: “Abbiamo messo le risorse sui lavoratori dipendenti con lo scopo di rilanciare la crescita e i consumi. Il problema è che persistendo un quadro di incertezza complessiva, non solo in Italia ma anche in Europa, è aumentata la propensione al risparmio e non quella al consumo. Noi abbiamo dato stabilità alle misure e ora ci auguriamo che situazioni che affliggono le famiglie tutti i giorni vadano verso soluzioni”.
In altre parole, si è dato sollievo alle famiglie per affrontare i consumi necessari. Questo è certamente necessario, ma non è sufficiente a stimolare la domanda di consumi tale da indurre le imprese a produrre, investire e quindi a far crescere l’economia nel 2025 almeno dell’1%.
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin spinge anch’essa sul lavoro, in particolare nel creare le condizioni per dar modo di trovare lavoro ai giovani disoccupati (coloro che cercano lavoro ma che non lo trovano), ed ai giovani scoraggiati (coloro che dichiarano di non cercare lavoro perché convinti di non trovarlo). La creazione di condizioni per trovare lavoro consiste nel lasciare andare in pensione i lavoratori e le lavoratrici anziani.
MISURE RELATIVE ALLE PENSIONI.
Sempre nell’Audizione del 7 novembre 2024 alle Commissioni riunite di Bilancio di Camera e Senato, per quanto riguarda le pensioni il Ministro Giorgetti afferma: “Il problema è che per certe qualifiche sul mercato non si trova assolutamente più nulla, nel pubblico e nel privato, e l’unico modo è cercare di convincere chi arriva all’età del pensionamento di valutare volontariamente di rimanere sul posto di lavoro a dare il proprio servizio. Mi sembra una gestione del personale quantomeno intelligente”.
Nessuno, io credo, potrebbe mettere in dubbio che valga la pena convincere (mediante un sistema premiante basato su incentivi fiscali) chi arriva all’età di pensionamento di valutare “volontariamente” se rimanere sul posto di lavoro a dare il proprio servizio perché certe qualifiche professionali scarseggiano sul mercato. Ma sarebbero in molti, io credo, a pensare che, il convincere “a forza” (mediante un sistema penalizzante basato sulla decurtazione dell’importo pensionistico) chi arriva all’età di pensionamento a restare sul posto di lavoro, ostacoli l’ingresso nel mondo del lavoro di giovani privi di esperienza i quali, proprio perché privi di esperienza, sono più disponibili al cambiamento e ad adattarsi rapidamente a nuove strategie di mercato adottate dall’azienda.
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin in ambito pensionistico non ricorre né ad un sistema premiante né ad un sistema penalizzante per “convincere” i lavoratori e le lavoratrici a restare al lavoro. Viene data ampia libertà ai lavoratori e alle lavoratrici di decidere se e quando andare in pensione, avendo maturato i requisiti minimi in termini di età anagrafica (62 anni) e di anni di contribuzione (35 anni), oppure 41 anni di contribuzione indipendentemente dall’età anagrafica, e qualora l’importo pensionistico risultasse di propria soddisfazione. Mandare in pensione i lavoratori e le lavoratrici anziani è la condizione necessaria (ma non sufficiente) per avviare la crescita economica indotta da giovani che erano prima disoccupati o scoraggiati. La condizione sufficiente (che rende possibile l’attuazione della condizione necessaria) è finanziare le pensioni con i contribuiti previdenziali versati anche da Robot e AI.
MISURE RELATIVE ALLA FISCALITÀ GENERALE (WEB TAX).
Ancora nell’Audizione del 7 novembre 2024 alle Commissioni riunite di Bilancio di Camera e Senato, il Ministro Giorgetti si è espresso in merito alla Web Tax, indicando l’intenzione di estendere la Digital Service Tax dalle grandi imprese alle piccole e medie imprese. Il Ministro Giorgetti ha detto che “il Parlamento ovviamente è sovrano”, ma ha invitato a riflettere sulla modifica di queste norme delle quali ha difeso la ratio e lo spirito.
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin è in linea con le intenzioni del Governo di applicare un’imposta sui Servizi Digitali non solo alle grandi imprese ma anche alle piccole e medie imprese, soprattutto per quanto riguarda il versamento di contributi previdenziali da parte di Robot e AI. E la motivazione è piuttosto semplice: se il lavoratore robotico esegue le stesse funzioni del lavoratore umano, allora anche al lavoratore robotico deve potersi applicare l’imposta (IRAUT) che viene applicata al lavoratore umano (IRPEF).
CONCLUSIONI.
Come si evince dall’Audizione del 7 novembre 2024 alle Commissioni riunite di Bilancio di Camera e Senato la filosofia che il Ministro Giorgetti intende seguire è quella del “più assumi e meno paghi”, che consiste nel concedere la maggiorazione del 20% della deduzione relativa al costo del lavoro derivante da nuove assunzioni di dipendenti a tempo indeterminato effettuate da imprese e professionisti.
Ma le imprese sembrano, invece, più propense a seguire una filosofia diversa da quella del Ministro Giorgetti, e cioè, sostituendo i dipendenti con Robot e AI, e impiegando nei servizi digitali fai-da-te i clienti al posto dei dipendenti, la filosofia delle imprese consiste nel motto: “meno assumo e più guadagno”.
La Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin mira ad equilibrare i profitti realizzati dalle società (in virtù della riduzione del personale) con le minori entrate erariali (minori entrate contributive). Nella suddetta Proposta l’equilibrio viene raggiunto attraverso l’applicazione dell’imposta sull’automazione (IRAUT), la quale convergerebbe verso l’IRES, l’imposta applicata ai profitti delle società (ma l’IRES, a differenza dell’IRAUT, non contempla i contributi previdenziali). In altre parole, l’IRAUT equivarrebbe (per usare un termine improprio ma noto a tutti) alla “tassa sugli extraprofitti” (dovuti all’impiego dell’automazione) che il Governo aveva in mente (ma non l’ha fatto) di applicare alle banche e alle criptovalute (come bitcoin).
Per concludere, cosa dovremmo aspettarci in futuro?
Il futuro è il presente che già conosciamo. La Legge di Bilancio 2025 appena entrata in vigore apporta poco o nulla di innovativo, attua misure già collaudate in passato: taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori, bonus bebè, proroga delle misure pensionistiche già in vigore. Poiché tali misure hanno esercitato in passato per anni scarso effetto sulla crescita economica, c’è da attendersi che anche nel 2025 ci sarà scarsa crescita del PIL (ancora intorno allo zero virgola per cento).
Avendo diffuso ad ampio raggio la Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin, c’è da augurarsi che, a fronte del perdurare della scarsa crescita economica e dell’aumento del debito pubblico anche nel 2025, le Istituzioni prendano coscienza nel 2025 che detta Proposta è la sola efficace che potrà portare ai risultati desiderati.