29 Settembre 2023 alle 17:51 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Lilli Reolon, le sue parole intrise di reale pragmatismo riportano tutti noi con i piedi per terra.
Dalle alte cime soleggianti di gioia, dove per mano la Poesia ci guida, precipitiamo nel baratro buio dove l’amarezza è sposa del pianto.
Sig.ra Lilli Reolon, la Speranza è indissolubilmente legata alla Gioia.
Mi conceda solo qualche minuto per riportarle otto versi ancora:
“Gioia, bella scintilla divina,
Figlia dell’Eliseo,
noi entriamo ebbri e frementi,
o celeste, nel tuo santuario.
La tua magia ricongiunge
ciò che il costume ha crudelmente diviso.
Tutti gli uomini diventano fratelli,
là dove si sofferma la tua ala soave”.
È la prima strofa dell’Inno alla Gioia (“An die Freude”) scritto da Schiller nel 1786. Tale Inno è diventato, come lei saprà, l’Inno Europeo.
La Poesia eleva l’animo al di sopra delle miserie umane. La eleva là, sulle cime soleggianti, dove la Speranza con le sue ali d’argento infonde nei cuori crudelmente infranti la bella scintilla della Gioia divina.
28 Settembre 2023 alle 14:59 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
“Così, se pensieri di tenebra il mio spirito presago
Avvolgono in un sudario, tu, dolce Speranza,
Con ali d’argento sul mio capo, spargimi d’azzurro.”
(John Keats).
28 Settembre 2023 alle 13:20 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, se si cambierà il nome alla Legge Fornero, si cambierà la Legge Fornero anche nella sostanza.
Per cambiare la Legge Fornero nel nome e nella sostanza ci vuole una persona di peso.
L’On. Durigon è senz’altro una persona di peso.
Ma non nel senso in cui lo intendo io.
26 Settembre 2023 alle 14:41 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Nel mio commento credo che, più che un refuso, ci sia un lapsus. Rispetto ai nostri min-istri, penso proprio che Karl Marx sia Max.
26 Settembre 2023 alle 14:22 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, lei dà per scontato che la “Pensione part time” potrebbe essere una “Opzione”. Potrebbe anche essere così, ma non viene precisato dai giornali.
Nel caso fosse una “Opzione”, lei avrebbe piena ragione nell’affermare che la “Pensione part time” non avrebbe alcun senso, dal momento che a 62 anni si potrebbe raggiungere la pensione anticipata Fornero con 43,1 o se donna 42,1.
Poiché io sono dell’avviso che gli “spin doctor” del Governo (i Consiglieri dei Segretari di Partito) non sono per nulla degli sprovveduti, sarei propenso a credere che nella mente di tali “spin doctor” sia maturata l’idea di abolire le pensioni anticipate (proprio 43,1, o se donna 42,1; e Quota 103).
Credo che nessun giornale abbia mai accennato alla possibilità che la “Pensione part time” possa abolire la pensione anticipata Fornero, proprio come la Riforma Fornero ha abolito la pensione di anzianità sostituendola proprio con la “pensione anticipata con inglobamento delle finestre”.
Non vorrei, quindi, essere proprio io, attraverso il sito Pensionipertutti, a diffondere un nuovo “rumors”.
La mia è soltanto una opinione, non suffragata da dati ma sostenuta dalla logica. La mia opinione è la descrizione della realtà, così come io la vedo.
Certamente non è la visione di un politico come lo si intende oggi. I nostri politici, più che alla Legge di Bilancio pensano alle elezioni europee, più che ai bisogni reali del popolo pensano ai propri bisogni personali che soddisfano vendendo sogni al popolo.
Karl Max sosteneva che la religione è l’oppio dei popoli. Se lo è, allora la politica è l’eroina dei popoli, ciò che promette bei sogni prima delle elezioni e brusco ritorno alla realtà dopo le elezioni.
9 Settembre 2023 alle 20:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Diridero, penso che la “vecchia” Proposta Tridico sia una buona Proposta. Per quanto riguarda la sua sostenibilità economica, lo stesso Tridico diceva che era sostenibile, e ci sarebbe da prestargli fede. Oggi, però, che i dati macroeconomici sembrano essere peggiorati rispetto al periodo in cui Tridico formulò la sua Proposta, rimane l’incertezza sulla sostenibilità della Proposta Tridico. L’incertezza dominante è il motivo per cui il Governo guida a “vista d’occhio” (anno dopo anno).
8 Settembre 2023 alle 13:19 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, lei mi domanda: se i contributi non vengono versati dal lavoratore o dal datore di lavoro in virtù della decontribuzione, detti contributi vengono versati dallo Stato?
Risponderò alla sua domanda per interposta persona, ricorrendo alla Corte dei conti (che, come si legge dal suo sito, riveste il “ruolo di garanzia della corretta gestione delle pubbliche risorse”), e a Marco Leonardi (che è Professore ordinario di Economia Politica all’Università Statale di Milano ed è stato Consigliere economico della Presidenza del Consiglio dei Ministri guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni).
In un documento riguardante la gestione finanziaria dell’INPS negli anni 2013-2014, la Corte dei conti mette in guardia dal far ricorso alla decontribuzione, osservando che “il mancato introito di risorse proprie per effetto della decontribuzione richiederebbe un ulteriore incremento di trasferimenti dal settore pubblico la cui provvista ricadrebbe sulla fiscalità generale” (bollettinoadapt.it/wp-content/uploads/2016/02/Jobs-Act-e-decontribuzione-allarme-della-Corte-dei-Conti. pdf)
RISPOSTA PARZIALE: lo Stato si fa carico di compensare i contributi non versati dal lavoratore o dal datore di lavoro, facendo ricorso alla fiscalità generale (ovvero, attingendo a imposte che non hanno una specifica destinazione – a differenza dei contributi previdenziali che invece una specifica destinazione ce l’hanno –. In tale categoria di imposte rientrano, per esempio, l’IRPEF (Imposta sul Reddito delle PErsone Fisiche, una “imposta diretta”, perché colpisce direttamente la ricchezza delle persone), e l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto, una “imposta indiretta”, perché colpisce indirettamente la ricchezza delle persone attraverso i consumi). Le imposte si differenziano dalle tasse, in quanto le tasse corrispondono al pagamento di un servizio reso, come, per esempio, la TARI, che è la TAssa RIfiuti per la gestione del servizio di raccolta e di smaltimento rifiuti).
Nel suo libro “Le riforme dimezzate. Perché lavoro e pensioni non ammettono ritorni al passato”, di Marco Leonardi, Università Bocconi Editore, Milano, 2018, così il Prof. Leonardi scrive a pag. 22: “Quando il gruppo di cui facevo parte iniziò il proprio lavoro a Palazzo Chigi nell’autunno 2014 la decontribuzione totale per tre anni di tutte le assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato era già stata decisa (alla legge di bilancio lavorava a quel tempo Yoram Gutgeld). La decontribuzione all’inizio non fu avversata anche se dovemmo convincere molte persone, soprattutto sui social, che il lavoratore non perdeva la copertura pensionistica perché i contributi erano coperti dallo Stato (erano, come si dice, fiscalizzati)”.
RISPOSTA COMPLETA: lo Stato si fa carico di compensare i contributi non versati dal lavoratore o dal datore di lavoro, facendo ricorso alla fiscalità generale dando così copertura pensionistica al lavoratore.
Perciò, sig. Franco Giuseppe, ne deriva la risposta anche all’altra sua domanda, e la risposta è la seguente: un domani il calcolo dell’assegno tutto contributivo verrà calcolato anche con i “contributi mancanti del cuneo”, ovvero non versati direttamente dal lavoratore o dal datore di lavoro, in quanto tali contributi sono stati versati dallo Stato.
PRE-CONCLUSIONE: a seguito della decontribuzione il lavoratore non subirà alcuna perdita contributiva ai fini pensionistici, in quanto a pagare saranno tutti i cittadini (lavoratori e pensionati) attraverso il prelievo delle imposte (IRPEF e IVA).
Si rileverebbe, però, una apparente contraddizione. Infatti, se da un lato il lavoratore riceve più soldi perché paga meno contributi, dall’altro lato il lavoratore paga di più in termini di IRPEF. Infatti il calcolo del pagamento dell’IRPEF avviene in tre passi:
1. Reddito complessivo – Oneri deducibili = Reddito imponibile
2. Reddito imponibile x Aliquota IRPEF = IRPEF lorda
3. IRPEF lorda – Detrazioni di imposta = IRPEF netta
Ora, poiché i contributi previdenziali sono compresi negli Oneri deducibili, diminuendo i contributi versati, diminuiscono anche gli Oneri deducibili, e quindi aumenta il Reddito imponibile e quindi, a parità di tutti gli altri parametri (Aliquota IRPEF e Detrazioni di imposta) aumenta l’IRPEF netta da pagare.
Per rimuovere la apparente contraddizione, e per arrecare effettivo beneficio al lavoratore attraverso la decontribuzione, occorrerà “in qualche modo” rimodulare le aliquote IRPEF e/o le Detrazioni di imposta (ad esempio, le detrazioni per lavoro dipendente).
CONCLUSIONE: a pagare i mancati contributi dei lavoratori, dovuti alla decontribuzione, saranno i lavoratori stessi (incluso il lavoratore beneficiario della decontribuzione) e i pensionati.
7 Settembre 2023 alle 15:32 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. WilliamW, in base alla tabella di marcia, nel 2023 si potrà andare in pensione di vecchiaia a 67 anni e 8 mesi, ed in pensione anticipata a 43 anni e 4 mesi (1 anno in meno per le donne). Sempre che non si riesca a cambiare le regole nei sette anni che ci separano dal 2030.
È ragionevole quindi ritenere attendibile la previsione che i contributi dei lavoratori copriranno ampiamente l’uscita previdenziale, dal momento che si tenderà a lavorare più a lungo.
Per quanto riguarda, invece, la possibilità che i contributi previdenziali vengano utilizzati per il Ponte sullo Stretto di Messina o per finanziare la guerra, sarei propenso a credere che tali operazioni verrebbero bloccate dalla Corte dei Conti, anche se fino ad ora alcune raccomandazioni della Corte dei Conti sono rimaste inascoltate dai Governi Renzi, Draghi e Meloni. Mi riferisco, in particolare, alla raccomandazione di non ricorrere alla decontribuzione, per evitare di coprire le mancate entrate derivanti dal mancato versamento dei contributi facendo ricorso alla fiscalità generale.
Oggi, il più grosso problema che personalmente vedo è il ricorso indiscriminato alla decontribuzione, il taglio del cuneo contributivo (che si vuole rendere addirittura strutturale) per aumentare il potere di acquisto dei salari che in parte si è perduto con l’aumento del tasso di inflazione.
Vedo bene, invece, il taglio del superbonus del 110%, che a mio avviso, è andato a vantaggio delle imprese che hanno aumentato i loro profitti. E non a vantaggio delle famiglie che non hanno visto diminuire i loro costi.
Se ricordo bene (vado a memoria), credo di aver letto che Giuseppe Conte abbia detto che a fronte di un esborso di 80 miliardi di euro da parte dello Stato si è generato un indotto di 200 miliardi di euro. Non vuol dire nulla questa affermazione, se non si dice anche in che misura sono aumentati i beni reali.
È possibile, infatti, generare un indotto di 200 miliardi euro sia costruendo 1.000.000 di case del valore di 200.000 euro ciascuna, sia costruendo 500.000 case del valore di 400.000 euro ciascuna, raddoppiando i prezzi (raddoppio favorito proprio dal fatto che lo Stato ha erogato 80 miliardi di euro in bonus).
7 Settembre 2023 alle 14:34 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Quindi, sig. Francesco, in termini operativi, lei che cosa propone di fare?
Fare una campagna social su Change.org? Ci pensa già il gruppo facebook “Uniti per la Tutela del Diritto alla Pensione (UTP)”.
Fare come hanno fatto i francesi? Solo i francesi sanno fare come sanno fare i francesi.
Questo sito deve essere nostro portavoce? Portavoce delle istanze dei lavoratori sono i Sindacati.
Questo sito deve essere mezzo di protesta? Lo è, dando voce (anche se all’interno di un’area circoscritta, questo sito, appunto) a chi altrimenti non avrebbe alcuna possibilità di essere ascoltato da nessuno.
Vorrebbe forse proporre agli italiani di andare a votare alle prossime elezioni europee, ma votare scheda bianca in modo da rendere disonore all’Italia?
Non si preoccupi di rispondere alle mie domande, sig. Francesco. Le assicuro che lei è in ottima compagnia, perché, da quanto leggo dai giornali, le posso assicurare che nemmeno il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni e nemmeno il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti sanno che cosa fare.
Per quanto riguarda la cosiddetta “opposizione”, mi viene in mente una terribile scena di un documentario su Wildes Tiere (belve) che ho visto per televisione in Germania per il quale ho implorato mia moglie di non farmi più assistere a tali crudi e crudeli documentari sulla Natura: iene e sciacalli pronti ad avventarsi fameliche sulla loro preda in difficoltà.
7 Settembre 2023 alle 15:35 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Errata/Corrige: nella mia prima riga del commento appena postato delle 15:32 ma non ancora pubblicato intendevo dire 2030 e non 2023.
7 Settembre 2023 alle 13:14 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Paola, leggo ora il suo commento in data 6 Settembre 2023 alle 19:39, in cui spiega che è stata licenziata a 58 anni senza però aver maturato i 35 anni di contributi.
Quindi, non si può parlare di cristallizzazione dei diritti, in quanto lei non ha potuto maturare i requisiti necessari per accedere a OD.
7 Settembre 2023 alle 13:14 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Francesca, più che una inversione tra causa ed effetto, temo che ci sia un pensiero più sottile sotto.
OD è la CAUSA che determina come EFFETTO la penalizzazione. Non c’è dubbio che sia così.
Ma il Governo, io temo, potrebbe (uso volutamente il condizionale) pensarla in modo differente:
– poiché OD è la CAUSA che determina come EFFETTO la penalizzazione, allora RIMUOVIAMO l’effetto (penalizzazione) rimuovendo la CAUSA (Opzione Donna).
Con che cosa sostituire (se si tratta di sostituire) OD? Occorre aspettare il prossimo giro di tavolo.
7 Settembre 2023 alle 1:48 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Antonello, ha colto perfettamente il nocciolo della questione previdenziale.
6 Settembre 2023 alle 23:29 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Paola, lei attualmente ha i seguenti requisiti: 61 anni di età (da poco compiuti), 35 anni di contribuzione già maturati, ed è stata licenziata.
Lasciando perdere il decreto Milleproroghe del 7 marzo che lei cita (e che non riesco a trovare), le riporto quanto è scritto sul sito INPS il cui ultimo aggiornamento risale al 26 giugno 2023:
“Con la legge di bilancio 2023, l’opzione è stata ulteriormente prorogata introducendo però ulteriori e più stringenti requisiti di accesso, per cui il requisito anagrafico è stato portato a 60 anni che diventano 59/58 se la lavoratrice ha uno/due o più figli. Ai requisiti anagrafici e contributivi (35 anni) si aggiunge una “condizione soggettiva” che la lavoratrice deve possedere al momento della domanda per cui la lavoratrice deve trovarsi in una delle seguenti situazioni. La prima ipotesi è che svolga assistenza da almeno sei mesi al coniuge o a un parente di primo grado o affine convivente con handicap in situazione di gravità. La seconda è un’invalidità civile di almeno il 74%. La terza è di risultare licenziata o dipendente da imprese in crisi. In quest’ultimo caso, il requisito anagrafico è di 58 anni”. (https://www.inps.it/it/it/dati-e-bilanci/attivit–di-ricerca/collaborazioni-e-partnership/opzione-donna.html).
A me sembra che lei possieda già i requisiti per presentare domanda di pensione Opzione Donna.
Lei precisa “sono stata licenziata ma non da azienda con tavolo di crisi aperto”.
Ma NON IMPORTA se la sua azienda non aveva ha un tavolo di crisi aperto al momento del suo licenziamento.
IMPORTA INVECE che lei sia stata licenziata.
Infatti, INPS dice testualmente: “licenziata o dipendente da imprese in crisi”, il che vuol dire “licenziata, OPPURE dipendente da imprese in crisi (ovvero aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi)”.
Il testo non dice “licenziata E dipendente da imprese in crisi”. Ma “licenziata O dipendente da imprese in crisi”.
Se lei è stata licenziata lo scorso anno, allora i suoi requisiti nel 2022 erano: 60 anni di età, 35 di contributi, e licenziata. Quindi lei ha i diritti cristallizzati e può presentare domanda di pensione Opzione Donna nel 2023.
Se lei è stata licenziata quest’anno, nel 2023, allora i suoi requisiti nel 2023 sono: 61 anni di età, 35 di contributi, e licenziata. Quindi lei ha i requisiti per presentare la domanda di pensione Opzione Donna.
Il mio consiglio è di andare da un Patronato, o presso un ufficio dell’INPS, per verificare nuovamente la sua posizione previdenziale.
6 Settembre 2023 alle 18:45 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. WilliamW, non c’è nulla di incomprensibile e la spiegazione che cerca la può trovare da solo.
Il Governo non manda in pensione i lavoratori, perché ha bisogno dei contributi che i lavoratori versano.
5 Settembre 2023 alle 22:03 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Claudia Casula, se me lo permette vorrei rivolgerle una domanda personale. Forse lei è imparentata con la Dott.ssa Consuelo Casula , Psicoterapeuta, Consulente e Formatrice nel campo della comunicazione interpersonale e dell’evoluzione professionale? La ricordo ancora oggi con grande simpatia. Condusse un corso di formazione per Quadri aziendali Olivetti al quale partecipai anch’io.
5 Settembre 2023 alle 15:54 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Paolo Prof, lei non può immaginare quanto anch’io speri di sbagliarmi! Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce. Ma se anche le conoscesse, qualcosa mi dice che la ragione di questo Governo non sarebbe disposta a seguire il cuore.
5 Settembre 2023 alle 13:08 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Luigi, ci sono gli individui singoli e la massa collettiva (che è l’insieme degli individui singoli).
Gli individui singoli hanno una testa per pensare. Ragionano. Gli individui singoli cambiano atteggiamento se vengono convinti con i fatti, descritti in maniera oggettiva, facendo leva sul ragionamento.
La massa collettiva non ha una testa per pensare. Usa la “pancia” al posto del “cervello”. La massa collettiva cambia atteggiamento se viene persuasa con le parole, espresse con vigore, facendo leva sulla emotività.
La massa collettiva, quando è ristretta ad un piccolo numero di individui singoli, ed è animata da “animal spirits” (che non è la forza motrice che spinge l’individuo ad intraprendere una iniziativa imprenditoriale e di cui parlava Keynes) viene denominata col termine comune di “branco”.
In Natura esistono esempi di insiemi viventi che agiscono come se fossero una sola individualità, come se venissero guidate da una sorta di intelligenza collettiva. Tali insiemi viventi sono le formiche e le api.
5 Settembre 2023 alle 11:34 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Desidero richiamare l’attenzione sulla seguente affermazione del Ministro Giorgetti: “Certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio-bassi, come abbiamo fatto, con la decontribuzione, perché l’inflazione riduce enormemente il potere di acquisto”.
Come si legge nell’articolo, mi ha colpito il fatto che l’azione passata espressa da “come abbiamo fatto” non collima con l’azione futura “dovremo intervenire”. Ho attribuito questa discrepanza temporale al fatto che l’intenzione di intervenire a favore dei redditi medio-bassi sia una decisione già presa.
Ma potrebbe esserci un’altra interpretazione riguardo a quel “come abbiamo fatto”. Si potrebbe intendere che il Governo Meloni è “già” intervenuto a favore dei redditi medio-bassi (quindi l’espressione “come abbiamo fatto” che io trovo ambigua dissolverebbe la sua ambiguità se venisse sostituita con l’espressione “come abbiamo già fatto”).
Sono andato a rivedermi la Legge di Bilancio 2023 pubblicata il 30 Dicembre 2022 sotto il Governo Meloni entrato in carica il 22 ottobre 2022. Nella Legge di Bilancio 2023, pubblicata sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze (https://www.lavoro.gov.it/notizie/pagine/legge-di-bilancio-2023), si legge: “Taglio del cuneo fiscale per l’anno 2023. Incrementato (rispetto al 2022) al 2% per i redditi annui sino ad euro 35.000 e al 3% per quelli sino ad euro 25.000 l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori per i rapporti di lavoro dipendente ad eccezione di quelli di lavoro domestico”.
Poiché nella Legge di Bilancio 2023 c’è un riferimento al 2022 (vi è l’espressione “rispetto al 2022”), sono andato a rivedermi la Legge di Bilancio 2022 pubblicata il 28 gennaio 2022 sotto il Governo Draghi rimasto in carica dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022. Nella legge di Bilancio 2022, pubblicata sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze (https://www.mef.gov.it/focus/Legge-di-Bilancio-2022/#cont2_scheda), alla voce “Sgravi contributivi” si legge: “In tema di incentivi all’occupazione, si prevede una serie di sgravi contributivi, in particolare: l’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2022 ai datori di lavoro privati che, nel medesimo periodo, assumono a tempo indeterminato lavoratori subordinati provenienti da imprese in crisi; proroga per il 2022 dello sgravio contributivo totale per i contratti di apprendistato di primo livello, riconosciuto in favore dei datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze fino a 9 addetti con contratto di apprendistato di primo livello; l’esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali complessivi a carico dei datori di lavoro, alle società cooperative che si costituiscono, a decorrere dal 1° gennaio 2022, nel limite di 6.000 euro su base annua, e per un periodo massimo di ventiquattro mesi dalla data della costituzione della società cooperativa”.
Ora, chi si domanda perché non ci sono i soldi per le pensioni ha la risposta: i soldi per le pensioni, che derivano dal versamento dei contributi, non ci sono perché, a seguito di sgravi contributivi quale misura a sostegno dell’occupazione, non vengono versati i contributi previdenziali dai datori di lavoro e dai lavoratori.
L’onere finanziario, che deriva dalle mancate entrate dovuto a sgravi contributivi, viene assunto dallo Stato.
Il problema della decontribuzione era già sorto in tempi passati, al tempo del Governo Renzi ed intervenne persino la Corte dei Conti a dare l’allarme sulla decontribuzione, esprimendosi in questi termini a proposito del Jobs Act: “il mancato introito di risorse proprie per effetto della decontribuzione richiederebbe un ulteriore incremento di trasferimenti dal settore pubblico la cui provvista ricadrebbe sulla fiscalità generale”.
(https://www.bollettinoadapt.it/wp-content/uploads/2016/02/Jobs-Act-e-decontribuzione-allarme-della-Corte-dei-Conti.pdf)
L’allarme della Corte dei Conti sull’effetto negativo della decontribuzione sui conti pubblici viene ignorato oggi dal Governo Meloni, come fu ignorato ieri dal Governo Draghi, come fu ignorato l’altro ieri dal Governo Renzi.
4 Settembre 2023 alle 18:53 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vede Seba (non so se lei sia un uomo o una donna, dal momento che è un nome unisex e quindi può essere maschile o femminile, come pure potrebbe essere il diminutivo di Sebastiano o di Sebastiana), io credo che decisioni così importanti vengano prese dalla Casa Madre. E la Casa Madre è l’Europa.
Io credo che il Governo italiano stia gestendo l’Italia alla stregua di un’azienda, dove il Presidente del Consiglio dei Ministri è il Chief Executive Officer (CEO), il Ministro dell’Economia e delle Finanze è il Chief Financial Officer (CFO), e tutti gli altri Ministri sono Dirigenti di Linee Operative cosiddetti C-level (Chief).
L’Azienda Italia è una Country che dipende dalla Casa Madre Europa. La Casa Madre Europa ha detto alla Country Italia che occorre raggiungere determinati obiettivi di “sostenibilità” (parola molto in voga negli ultimi tempi) in termini di debito pubblico e questo significa maggiore rigidità nei conti pubblici e minore flessibilità nella Spesa Pubblica (tra cui le pensioni).
Il Ministro delle Finanze-CFO trasmette la richiesta della Casa Madre Europa a tutti gli altri Ministri-Chief dicendo loro che occorre effettuare tagli ai rispettivi budget finanziari. Le Linee Operative maggiormente interessate ai tagli di budget sono quelle relative alle Pensioni, Sanità, Istruzione, Assistenza.
I Dipendenti dell’Azienda Italia (cioè la Popolazione) non accettano questi tagli, perché potrebbero essere effettuate cessioni di Rami d’Azienda Italia (ovvero privatizzazioni di Pensioni, Sanità, Istruzione) con possibili ripercussioni negative sulla coesione e benessere sociale.
I Dipendenti dell’Azienda Italia delegano i loro Rappresentati Sindacali di mediare con i Ministri-Chief responsabili delle varie Linee Operative (Pensioni, Sanità, Istruzione, Assistenza). Iniziano quindi i negoziati, che dovranno portare ad un compromesso.
Il compromesso significa che i tagli vanno effettuati, nella misura indicata dalla Casa Madre, resta solo da individuare quanto togliere alle Pensioni per dare alla Sanità, quanto togliere alla Sanità per dare all’Istruzione, quanto togliere dall’Istruzione per dare all’Assistenza, quanto togliere all’Assistenza per dare alla Previdenza, dal momento che rimane una pietra miliare separare la Previdenza dall’Assistenza.
Non escludo che i Ministri-Chief e i Rappresentati sindacali dei Dipendenti dell’Azienda Italia (la Popolazione) diventino “conniventi” (ovvero, che tacitamente consentano a un’azione non buona, pur avendo la possibilità, e in genere anche l’obbligo per la funzione esercitata, di impedirla) nell’attuazione delle direttive ricevute dalla Casa Madre Europa, fingendo contrapposizioni che in effetti non esistono.
4 Settembre 2023 alle 19:29 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Tiziana, lungi da me dall’alimentare nuovi rumors, ma da come il Ministro Giorgetti si sta dando da fare per trovare le risorse per la Legge di Bilancio 2024, a me pare (e questa è una mia personalissima riflessione) che se i Sindacati fossero disposti a lottare per avere Opzione Donna con i requisiti originari, dovrebbero accettare il compromesso di cedere su altri fronti. Per esempio, rinunciare a Quota 103 (62 anni di età e 41 di contribuzione) e accettare di cedere sulla flessibilità a partire da 62 anni. In altri termini, i sindacati dovrebbero essere disposti ad accettare, per esempio, una Quota 104 (63 anni di età e 41 di contribuzione).
Ovviamente (e questo è ben comprensibile) si solleverebbero i lavoratori aspiranti a Quota 103.
Poiché il Governo intende mantenere bassa la tensione sociale, ed avendo già acquisito la “accondiscendenza” (non so se è il termine più appropriato) della popolazione, tenderà a mantenere lo status quo, ovvero tenderà a prorogare per il 2024 le misure che oggi ci sono, senza alcuna variazione.
4 Settembre 2023 alle 16:05 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vede, sig. Marco, se un cane morde un uomo, non è una notizia. Ma se un uomo morde un cane, è una notizia. Una notizia è un’informazione che sorprende, che giunge inattesa.
Sotto questo aspetto, l’articolo non offre notizie, si fonda su “non notizie”, su informazioni che non sorprendono, che non giungono inattese.
L’articolo non fa da cassa di risonanza ai rumors, poiché una voce in più tra mille non fa alcuna differenza.
L’obiettivo dell’articolo è di “azzardare” previsioni riguardo all’incontro di domani tra Governo e Sindacati.
Da una parte del tavolo ci sono i Rappresentati del Governo e dalla parte opposta del tavolo ci sono i Rappresentati dei Sindacati: sono Parti opposte (lo si vede dalla configurazione del tavolo), e non a caso ho utilizzato il termine “Controparte”.
Sono Parti che si confrontano e si affrontano, in un rapporto di forze che viene determinato anche facendo circolare voci (rumors) per sondare il terreno, per verificare fino a che punto si può tirare la corda.
Si tenta di sfiancare l’avversario, rinviando continuamente gli incontri. Si testa la resistenza dall’avversario, la sua forza o la sua debolezza.
Nell’articolo ho “azzardato” previsioni analizzando i Rapporti di Forza tra Governo e Sindacati ed ho tenuto conto delle priorità che il Governo si è dato. Ho analizzato tutto ciò indipendentemente dalle mie convinzioni.
Ma per fare ciò che vuole fare, il Governo ha bisogno dell’appoggio della popolazione, ed è per questo che si è reso necessario far circolare rumors per portare al ribasso le aspettative della popolazione. Questa è una mia opinione, soggettiva, e quindi è “opinabile”, può essere messa in discussione.
Lei, sig. Marco, esprime una frase piena di rammarico, di dispiacere, di contrarietà: “Ci bastano loro senza aiutarli ad amplificare il metodo che corrode le speranze dei lavoratori”.
La comprendo bene, sig. Marco. Mi creda sulla parola. Non troverà un’altra persona in grado di comprendere la sua espressione così come riesco a comprenderla io.
E voglio dirle di più, nella speranza che la Redazione lasci passare il mio commento. In una mia mail di tanto tempo fa, così scrissi alla Dott.ssa Erica Venditti:
“Mi domando solo se ai lettori non verrà a noia il leggere le mie considerazioni, le mie osservazioni. In fondo, sono parole che non alimentano la speranza dei lettori e non c’è modo di invertire il corso delle azioni perché l’Italia è ormai un treno a guida autonoma, che non risponde nemmeno più ai comandi del Governo”.
4 Settembre 2023 alle 12:47 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Marco, mi spiace avere urtato la sua sensibilità. Provo ad affinare il concetto che ho in mente, e che è il seguente: con i rumors si possono manipolare le masse. I “rumors” possono venire diffusi ad arte da chiunque, anche dai politici.
È un concetto che ho in mente, ma che mi sono trattenuto dall’esprimere in maniera così “volgare”. Per cui ci proverò ora che ho i mezzi per esprimere lo stesso concetto ma in maniera più elegante.
Proprio questa mattina, nel leggere un commento della sig.ra Stefania Vitali, sono venuto a conoscenza della “Finestra di Overton” (dal nome del sociologo Joseph P. Overton) che prima di questa mattina era per me un concetto del tutto sconosciuto.
Lei mi scuserà se, per descrivere gli effetti dei “rumors” sulle masse, userò dei “copia e incolla”. È una questione di economia di pensiero.
Overton “nei suoi studi cercava di spiegare i meccanismi di persuasione e di manipolazione delle masse, in particolare di come si possa trasformare un’idea da completamente inaccettabile per la società a pacificamente accettata ed infine legalizzata.
Tecniche affinate, gli esperti di pubblicità e marketing ben le conoscono e sempre di più vengono applicate su scala globale dai think tank dell’economia e della politica per orientare il modo di pensare e le inclinazioni dell’opinione pubblica”.
Tutto qua, sig. Marco.
Niente di più, niente di meno.
4 Settembre 2023 alle 11:51 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Interessante la “Finestra di Overton” (che non conoscevo).
31 Agosto 2023 alle 12:34 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Cosa leggo nell’articolo? Leggo che “Il Governo non vuole rinunciare al taglio del cuneo contributivo”.
Il Governo non vuole rinunciare al taglio del cuneo fiscale?!
Il taglio del cuneo fiscale (a mio avviso, s’intende) è un grave errore. Anzi, un orrore. Un orrendo orrore di una orridezza orrenda.
La Politica Fiscale del Governo, qualora fosse condotta bene, potrebbe sostituire integralmente la Politica Monetaria della BCE, anche in merito al controllo dell’inflazione.
Ma cosa si prefigge il Governo col taglio del cuneo fiscale? Salvaguardare il potere di acquisto dei salari? Giustissimo.
E quindi si vuole permettere ai lavoratori di continuare a consumare come facevano prima? Benissimo.
E quindi si vuole che la domanda per consumi non diminuisca, e che si unisca alla crescita dei prezzi causata dall’aumento dei costi delle materie prime spingendo il livello dei prezzi, e quindi l’inflazione, ancora più su? Malissimo!
Ma abbiamo visto cosa sta accadendo con i prezzi della benzina? Certamente, c’è anche la speculazione di mezzo! Ma al Governo questo non interessa affatto, perché sta incassando tanti di quei soldi con le accise per fare una Legge di Bilancio per la quale sta incontrando difficoltà insormontabili.
E con una Legge di Bilancio in forte difficoltà, ci si permette di ridurre il cuneo fiscale?!
Certo, il Governo potrebbe dire: ma è proprio con l’incremento delle entrate fiscali dovuto alle accise che possiamo permetterci il taglio del cuneo fiscale!
Beh, se questo è il meglio che il Governo riesce a fare, faccia pure come meglio crede!
Se, per un momento, mettiamo da parte la Politica Monetaria, e quindi non interveniamo sul tasso di interesse, il Governo potrebbe controllare l’economia attraverso la Politica Fiscale: quando l’economia tira, il Governo aumenta IVA e tasse per frenare consumi e investimenti al fine di non surriscaldare l’economia; quando, invece, l’economia non tira, il Governo riduce l’IVA e le tasse per stimolare consumi e investimenti. La BCE fa leva sul tasso di interesse, il Governo fa leva sulle tasse. Tutto qua. È proprio difficile capire questo ragionamento?
Ora cosa sta accadendo? Da una parte, il Governo, attraverso l’aumento dei salari mediante il taglio del cuneo fiscale, permette la stabilità dei consumi (che invece dovrebbero diminuire in condizione di inflazione sostenuta, cosa che per la verità in parte già avviene); dall’altro, la BCE frena i consumi e gli investimenti attraverso l’aumento del tasso di interesse (cosa inutile perché investimenti e consumi vengono già ridotti a causa dell’aumento dei costi delle materie prime e dei prezzi dei beni) .
Ma la BCE e il Governo italiano non si rendono conto di questo “strabismo economico” tra Politica Monetaria e Politica Fiscale?
BCE e Governo italiano non si rendono conto del cattivo uso che stanno facendo della Politica Monetaria e della Politica Fiscale?
Ma forse sono io a vedere l’economia in maniera strabica.
30 Agosto 2023 alle 16:58 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Luigi, ci sono cose che mi colpiscono più di altre profondamente.
In qualche altro mio commento ho riportato che ho dato l’esame di Economia Politica studiando sul libro “Economia” di Paul Samuelson e di William Nordhaus (due premi Nobel per l’Economia). Considero tale libro universitario (ne conosco altri 6) tra i migliori per gli studi universitari di Economia.
Il libro di Samuelson e di Nordhaus (Zanichelli, 1990) ha 900 pagine. Nel Glossario e nell’Indice di questo libro non si trova la parola “pensioni”. Nemmeno quando si parla di Spesa Pubblica si trova la parola “Spesa pensionistica”.
Anche il libro “Macroeconomia” (Zanichelli, 2015) di Gregory Mankiw, Professore di Economia alla Harward University, non riporta nell’Indice la parola “pensioni”, ma ne accenna quando si parla della teoria del ciclo di vita di Franco Modigliani (Premio Nobel per l’Economia dopo essere stato naturalizzato americano). Si accenna al pensionamento perché si fa riferimento al consumo della ricchezza accumulata, consumo che va dal momento del pensionamento al momento di fine vita.
Nemmeno nel libro “Macroeconomia” di Olivier Blanchard, Alessia Amighini e di Francesco Giavazzi (ed. il Mulino, 2013), si trova la parola “pensioni” nell’Indice analitico, ma se ne fa accenno quando si parla della teoria del ciclo vitale di Modigliani. Tuttavia nel box di approfondimento dal titolo “Gli individui risparmiano abbastanza per la pensione?” si arriva alla seguente conclusione: “Questo è proprio l’obiettivo originario della previdenza sociale: fare in modo che gli individui dispongano di mezzi sufficienti per vivere dopo la fine della propria attività lavorativa” (Capitolo 17, pag. 436).
Sono andato un po’ lungo, ma mi serve per mettere in evidenza due importantissimi aspetti riguardanti le pensioni.
Ma prima di evidenziare questi due importantissimi aspetti, vorrei brevemente soffermarmi sulla caratteristica “umana” delle persone.
Le persone credono ciò a cui vogliono credere. E questi sono gli elettori.
Le persone danno lavoro agli amici e a familiari. E questo è naturale: si cerca di condividere il lavoro (ma anche i propri interessi) con le persone nelle quali si ripone la propria fiducia. Sono persone presenti nelle aziende, nella Pubblica Amministrazione, nel Governo. Insomma, dappertutto.
Le persone fanno innanzitutto i propri interessi. Ci sarebbe da domandarsi: e quale persona non lo fa? Su questo aspetto ha molto riflettuto nel 1700 Adam Smith (considerato il padre fondatore dell’Economia). In poche parole, Smith affermava che ciascun individuo, facendo il proprio interesse, contribuisce, inconsapevolmente, a fare l’interesse della collettività.
Il primo punto importantissimo sulle pensioni che vorrei evidenziare è questo: il pensionato non produce, e quindi, sotto questo aspetto, non è oggetto di indagine economica (detto fuori dai denti: il pensionato non interessa al Governo). Il pensionato, però, risparmia e consuma, e sotto questo aspetto è oggetto di indagine economica (detto con grazia: il pensionato interessa a Governo e Sindacati). I suoi risparmi gli servono anche per consumare, e questo per le casse dello Stato va bene. Ma il pensionato tende, man mano che l’età avanza, a far ricorso sempre più a medicinali e ai servizi sanitari, e questo per le casse dello Stato non va bene, anzi va malissimo. Lo Stato, quindi, è costretto a frenare la spesa sanitaria intervenendo in vari modi: riducendo le prestazioni, aumentando i ticket, esternalizzando le prestazioni ai privati.
Il secondo punto importantissimo sulle pensioni che vorrei evidenziare è questo: con l’introduzione del sistema di calcolo totalmente contributivo l’importo pensionistico si riduce in maniera significativa rispetto all’ultimo stipendio, e questo potrebbe incidere sul tenore di vita della persona. Per garantire al lavoratore di condurre da pensionato un tenore di vita quanto più vicino possibile al tenore di vita che conduceva da lavoratore, si tende ad allungare l’attività lavorativa del lavoratore in modo che ci siano più versamenti contributivi e quindi un importo pensionistico più sostanzioso.
Ovviamente, questo è solo uno dei motivi alla base dell’allungamento dell’attività lavorativa, e si raccorda con l’obiettivo originario della previdenza sociale: fare in modo che gli individui dispongano di mezzi sufficienti per vivere dopo la fine della propria attività lavorativa.
Ma tutti questi ragionamenti, a dire il vero, servono a poco, non vengono assimilati dai lavoratori, perché essi hanno una sola ragione da far valere: “voglio essere io a stabilire se l’importo pensionistico mi sta bene oppure no”.
Ma questa ragione, purtroppo, il Governo non è disponibile a riconoscere. Non perché non vuole, ma perché non può. Non ha i mezzi (“come fare”), non ha le risorse (“con che cosa”), non ha persone (“coloro che sanno come fare”).
Il Governo è nella plancia di comando, ma non è lui a decidere la rotta. La rotta la decide la corrente di bilancio.
31 Agosto 2023 alle 9:06 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Fornero, Fonero, tu dici il vero,
Ma oggi, come allora, vediam nero.
Qui più si lavora e meno si nasce,
E l’Italia salvata ora perisce.
30 Agosto 2023 alle 19:24 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Già, sig. Franco Giuseppe, l’idea non fa una piega!
Non sarà mica che il Governo se la sia fatta suggerire da ChatGPT?!
Anzi, non sarà mica che la Legge di Bilancio la stia facendo ChatGPT? Io non lo escluderei a priori, eh?
30 Agosto 2023 alle 11:03 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
A rifletterci bene, sig. Franco Giuseppe, questa “partita di giro” è già presente nella nostra società: il figlio finanzia con i suoi contributi la pensione del genitore, e il genitore finanzia con la sua pensione una parte del salario del figlio per l’accensione di un mutuo.
Il Governo potrebbe dire: vedete? abbiamo solamente codificato in legge quanto già avviene nella realtà. Né più, né meno.
30 Agosto 2023 alle 10:31 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
In effetti, sig. Franco Giuseppe, è proprio come dice lei: è una partita di giro tra lavoro e pensioni. Ciò che esce dal lavoro entra nelle pensioni, e ciò che esce dalle pensioni entra nel lavoro.
Il Governo troverebbe altre interpretazioni per questa partita di giro, qualcosa vicino al “patto intergenerazionale” e si esprimerebbe grossomodo così: se oggi la generazione corrente contribuisce al pagamento delle pensioni della generazione precedente, la generazione precedente contribuisce al pagamento dei salari della generazione susseguente.
In altre parole, la partita di giro tra lavoro e pensioni si identificherebbe con la “partita di giro” che avviene in famiglia: i genitori hanno cura dei loro figli (quando questi non sono autosufficienti), e i figli avranno cura dei loro genitori (quando questi non saranno più autosufficienti).
29 Agosto 2023 alle 12:35 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Nell’articolo si legge: “Il Governo non vuole rinunciare al taglio del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti e sta pensando alla detassazione delle tredicesime (soprattutto per redditi bassi). Serve quindi risparmiare da altre parti, e le pensioni sono il capitolo su cui recuperare risorse”.
Nell’articolo si legge anche che gira un’ipotesi scritta su Repubblica dalla giornalista Valentina Conte che spiega come il Governo potrebbe fare cassa attingendo alle pensioni: “L’idea è quella di rivalutare solo parzialmente le pensioni in base all’andamento dell’inflazione, costituendo così un’opzione che il governo Meloni sta valutando per il secondo anno consecutivo”.
Che le pensioni vengano finanziate dal lavoro lo sapevamo già. Ma che il lavoro venga finanziato dalle pensioni questa è davvero una “chicca intellettuale”. È la causalità circolare che prende corpo, diventa viva, infiamma l’animo d’ardente ardore.
Se avessi voce in capitolo mi piacerebbe candidare l’ideatore di questa chicca intellettuale al Premio (IG)Nobel di economia.
Lavoro e pensioni sono senz’altro affetti da causalità circolare, ma non nel modo ignobile come quello che mi pare di catturare nell’articolo, ovvero di coprire il mancato versamento dei contributi da lavoro con la riduzione degli importi pensionistici.
Il Governo pensi, piuttosto, a valutare l’ipotesi più razionale sotto il profilo della disciplina economica di agganciare le pensioni all’andamento dei salari piuttosto che all’andamento dell’inflazione.
28 Agosto 2023 alle 14:33 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, nel paradigma economico che io propongo, relativamente all’utilizzo della moneta digitale di Stato, non è contemplato lo scambio di beni tra Stato e privati in cambio di euro.
Nel mio paradigma economico, euro e moneta digitale di Stato sono due circuiti separati (come anni e anni orsono avveniva con l’ECU e le monete nazionali. Anzi, a dirla proprio tutta, per i primi due anni, da inizio 1999 a fine 2001, l’euro esisteva solo come moneta scritturale parallelamente alle monete nazionali).
Nel mio paradigma economico, la moneta digitale di Stato è fortemente ancorata ai beni dello Stato (anche agli Uffizi di Firenze, se vuole, perché no? Al Colosseo, alla Fontana di Trevi, non sono forse tali monumenti di valore come possono essere Palazzo Chigi, Palazzo del Quirinale, la mia casa o la sua casa, sig. Franco Giuseppe?)
Nel mio paradigma economico, la moneta digitale non si accresce per interessi, e quindi non interessa agli speculatori di Borsa, anche per il fatto che la moneta digitale di Stato non potrebbe essere scambiata sui mercati finanziari perché non può essere convertita in altra moneta – eccetto in casi particolari, e comunque scambiato solo con euro per chi ha eccedenza di moneta digitale di Stato, e comunque solo in Italia).
Lei sig. Franco Giuseppe dice: “Alzi la mano chi crede davvero che i beni dello Stato dati in pegno saranno riscattati dallo stesso governo che li ha ceduti”. Ebbene, io alzo la mano, perché credo che il Governo potrà ben riscattare i beni che avrà dato in pegno in quanto tutti i contribuenti dovranno pagare le tasse in moneta digitale di Stato, e lo faranno sicuramente perché sarebbero tentati di “sbarazzarsi” PRIMA della moneta digitale dello Stato italiano e POI dell’euro della BCE.
Nel mio paradigma economico, tutte le transazioni in moneta digitale di Stato avverrebbero via POS senza alcuna commissione da pagare né da parte dell’esercente, né da parte del consumatore e le transazioni sarebbero tutte tracciate con il risultato che diventerebbe più difficile l’evasione fiscale.
Infine, sig. Franco Giuseppe, mi pare che lei viva in Sardegna e che quindi forse avrà più di me familiarità con il Sardex, che l’enciclopedia Treccani online così riporta: “Moneta virtuale e complementare di scambio, utilizzata in alcuni circuiti di compravendita in Sardegna. Ma a differenza della moneta corrente, è immune dagli interessi e i possessori non sognano di metterne insieme un capitale.”
Insomma, sig. Franco Giuseppe, la moneta digitale di Stato che io propongo la può considerare un po’ (ma non proprio) come il Sardex esteso al livello nazionale.
28 Agosto 2023 alle 13:41 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Mariano, le confesso che anche a me piace poco la parola “frugale” (tanto è vero che ho utilizzato il termine “cosiddetti” per designare i “Paesi frugali”, espressione che ho posto tra virgolette, perché non è la mia espressione ma è quella che utilizzano di solito i giornali).
Ogni Paese ha la propria cultura, lingua, tradizione, non si può neanche dire con certezza chi è al Nord e chi è al Sud, perché, come acutamente osservò Luciano De Crescenzo nel film “Così parlò Bellavista”, “si è sempre meridionali di qualcuno”.
Che ci siano Paesi dell’eurozona economicamente più forti ed altri Paesi economicamente più deboli, è un dato di fatto. Tanto è vero che l’economista Premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz suggerisce di adottare ciò che egli chiama “euro flessibile”, creando due gruppi di Paesi dell’eurozona con due monete euro differenti: euro1 e euro2.
In termini più pragmatici, vediamo come reagirà l’Unione Europea quando il nostro Governo proverà a chiedere (qualora fosse costretto) di poter sforare il bilancio.
27 Agosto 2023 alle 13:59 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sto studiando “Erlkönig” (il “Re degli Elfi”), una poesia di Goethe musicata da Schubert. Mi avvalgo di alcuni video su youtube per esplorarne la trama e la pronuncia delle parole tedesche. Per provare a me stesso di avere compreso il significato delle parole, il loro ritmo, unitamente ai sentimenti che tali parole esprimono, mi sono cimentato nell’impresa di tradurre questa bella poesia in lingua italiana, in versi endecasillabi a rima baciata.
Dopo aver visto decine e decine di volte le rappresentazioni animate di Erlkönig, i miei occhi si sono sollevati dal video, fissi a guardare ma senza vedere, e mentre sul video scorrevano le immagini animate, la mia mente divagava su quanto avevo appena letto: “Nuove scintille tra vicepremier, Salvini stoppa l’idea di Tajani: ‘Privatizzare i porti? Non è nell’agenda di Governo’” (La Repubblica, 26 agosto 2023, ore 15:14).
I miei occhi sono tornati a guardare il video e a vedere le immagini di Erlkönig che scorrevano. Ma, caso strano, al posto del Re degli Elfi “mit Kron’ und Schweif”, ovvero, “con corona e con mantello”, ho visto l’Italia!
Erlkönig è una poesia bella ma triste, appassionata e appassionante. Come l’Italia.
Ho visto un’Italia invecchiata, ma recante intatti i tratti della sua antica bellezza. Una vecchia zoppicante sulla sua gamba destra, e alquanto incerta su quella sinistra. La mano destra leggermente protesa in avanti come quando si chiede l’elemosina, e la mano sinistra tremante come quando il Parkinson avanza. Una vecchia affetta da tic all’occhio destro che ammicca ripetutamente, al quale fa da contrappunto l’occhio sinistro che lo imita nelle sue irregolarità. Un contrappunto, però, non polifonico ma cacofonico. Il cervello, quest’organo di governo, sembra non essere capace di dar vigore ad un corpo così invecchiato.
Quando arrivo al verso finale, e vedo l’immagine finale proiettata sul video, ecco che la mia mente riprende contatto con la realtà, e sulle note di Schubert sento dire: “In seinem Armen das kind war tot” (Tra le sue braccia suo figlio era morto).
Titoli di coda. La mia mente divaga ancora. L’Italia era morta, e non più una vecchia malmessa. Era invece una Giovine Italia, proprio quella di Giuseppe Mazzini, che entrò far parte della Giovine Europa, assieme alla Giovine Germania, alla Giovine Polonia, alla Giovine Svizzera e alla Giovine Francia.
Il motto della Giovine Italia del 1831 era “Unione, forza e libertà!”. Mi sorprende molto, e piacevolmente, come questo motto sia così vicino all’Inno tedesco che dal 1952 inizia dalla terza strofa con “Einigkeit und Recht und Freiheit” (Unità, giustizia e libertà).
Io spero che il Governo Meloni risolva i suoi disaccordi interni in maniera non così plateale, che eviti sovraesposizioni di immagine su copertine patinate, che sia né troppo mamma né troppo papà, che dia al popolo italiano la certezza che ci sia qualcuno al Governo che sappia dove guidare l’Italia.
26 Agosto 2023 alle 11:43 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Non è proprio così, sig. Franco Giuseppe, i beni dello Stato li avremmo ancora con noi. Il mio paradigma economico si fonda su quattro elementi: moneta digitale e beni dello Stato, lavoro e pensioni.
Lei senz’altro conosce l’equazione di Einstein “energia = massa per la velocità della luce al quadrato” che significa che si può trasformare la materia (descritta dal membro di destra dell’equazione) in energia (descritta dal membro di sinistra dell’equazione).
L’equazione di Einstein può essere letta anche al contrario come “massa = energia diviso la velocità della luce al quadrato” (sono in pochi a sapere che è proprio questa la forma originale della famosa equazione di Einstein, in quanto Einstein riteneva l’energia – il membro di destra dell’equazione – più fondamentale della materia).
Io assimilo la moneta all’energia, e assimilo i beni alla materia; la relazione matematica che lega la moneta ai beni è quella che gli economisti chiamano “equazione degli scambi di Fisher” (MV=PQ, dove M è la moneta e Q rappresenta i beni reali).
Nel mio paradigma economico, i beni dello Stato (materia) possono essere convertiti in moneta digitale di Stato (energia), e la moneta digitale di Stato (energia) può essere riconvertita in beni dello Stato (materia), proprio come avviene nella celebre equazione di Einstein.
Una volta che i beni dello Stato vengono convertiti in moneta digitale di Stato, la moneta digitale, circolando, stimola la domanda interna di consumi e investimenti. Durante la trasformazione di beni in moneta, i beni vengono “pignorati” ovvero “ipotecati” presso la Cassa Depositi e Prestiti, la quale emette la moneta digitale di Stato. Una volta che i beni sono stato “ipotecati”, non potranno né essere venduti agli investitori esteri (o anche italiani), né convertiti ancora in moneta digitale di Stato.
Le tasse vengono pagate in moneta digitale di Stato e quindi, dopo avere incassato le tasse, lo Stato restituisce alla Cassa Depositi e Prestiti la moneta digitale di Stato ricevuta, e la Cassa Depositi e Prestiti rimuove l’ipoteca sui beni e li restituisce allo Stato. Il ciclo può ripetersi.
Perciò, sig. Franco Giuseppe, dando in pegno i beni dello Stato, ipotecandoli presso la Cassa Depositi e Prestiti, i beni dello Stato non andranno perduti. Rimangono saldamente radicati in Italia perché appartengono al Popolo Italiano.
25 Agosto 2023 alle 12:59 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Come ho specificato in altre occasioni, il Governo a volte ricorre alla vendita dei beni dello Stato per ridurre il debito pubblico. Nella proposta di Tajani, il ricorso alla vendita dei beni dello Stato sarebbe invece finalizzata a dare maggiore spazio alle imprese private. Quindi, l’idea di “vendere beni dello Stato” è un’idea già acquisita dal Governo e dagli Organi istituzionali che vigilano sul Governo (la Corte dei Conti).
La proposta di Tajani farebbe anche buon gioco a Giorgetti, il quale si trova davvero in acque agitate: da un lato, è sotto pressione da parte dei suoi stessi compagni di partito, la Lega, per attuare le promesse elettorali (tra cui Quota 41); mentre dall’altro è sotto pressione per l’imminente riattivazione nel 2024 (dopo la breve sospensione dovuta alla pandemia) delle clausole del Patto di Stabilità e di Crescita riguardo al contenimento del rapporto “Spesa pubblica/PIL” e al contenimento del rapporto “Debito pubblico/PIL”.
Giorgetti chiede all’Unione Europea di non conteggiare come debito gli investimenti statali. Ma gli investimenti, in genere, vengono fatti a debito, e sono quelli che Draghi chiama “debito buono”, il debito cioè per investimenti che creano occasione per la crescita economica, distinto dal “debito cattivo” che serve per alimentare lo status quo.
Da quando si è iniziata la Pandemia si è smesso di parlare dei cosiddetti “Paesi frugali” (Germania, Austria, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi) che chiedono rigore nei conti pubblici. Ma ora che il Covid si è trasformato da pandemico a endemico ed è stato declassato al rango di influenza, tra poco, io credo, risentiremo la voce dei Paesi frugali che insisteranno che l’Italia ricorra al MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, o fondo salva Stati).
Con la prospettiva dello “spettro” del MES, con la enorme difficoltà di reperire risorse, con le pressioni esercitate su di lui dal suo stesso partito (la Lega) il Ministro Giorgetti potrebbe essere allettato dall’idea del Ministro Tajani.
La “variante”, per così dire, che mi sentirei di inserire nella eventuale vendita di beni patrimoniali è quella di trasformare la cessione degli immobili da “vendita” a “liquidazione”, intesa nel senso di rendere liquidi gli immobili dello Stato in moneta, non euro ma digitale italiana, in modo che i beni rimangano “ipotecati” presso Cassa Depositi e Prestiti e non vadano in mano agli investitori esteri.
22 Agosto 2023 alle 23:16 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Rino, quello che lei dice è vero, e cioè che spesso i figli dei propri figli vengono allevati dai nonni, e questo accade perché non sempre si ha la disponibilità finanziaria per far fronte alle spese di una struttura adeguata alla custodia dei figli, soprattutto quando si ha già un mutuo da pagare.
Perciò, se i lavoratori, come lei, potessero andare in pensione già a 64 anni, sarebbe un vero sollievo per le giovani famiglie potere affidare i propri figli ai nonni, e ciò potrebbe effettivamente incrementare il tasso di natalità.
A questa conclusione è arrivato lo studio di Edoardo Frattola della Divisione Ricerca di Banca d’Italia e tale conclusione è riportata nel documento in lingua inglese dal titolo “Parental retirement and fertility decisions across family policy regimes” (traduzione: “Pensionamento dei genitori e decisioni sulla fertilità attraverso i regimi di politica familiare”) pubblicato da Banca d’Italia nella collana “Temi di discussione (Working Papers)” N. 1417 in data Luglio 2023.
Nelle conclusioni del documento è riportato: “In many European countries, retirement age has been raised in the last three decades to limit the pressure of population ageing on public spending. However, as argued in the introduction, these pension reforms may have unintended consequences on fertility rates, thus reinforcing population ageing itself”.
Mia traduzione: In molti paesi europei, negli ultimi tre decenni, l’età pensionabile è stata innalzata per limitare la pressione dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica. Tuttavia, come sostenuto nell’introduzione, queste riforme pensionistiche potrebbero avere conseguenze indesiderate sui tassi di fertilità, rafforzando così l’invecchiamento della popolazione stessa.
Più in là, sempre nelle conclusioni, il documento avanza una ipotesi di soluzione: “… a good countermeasure to limit the side effects of pension reforms on fertility would be, for instance, to increase the supply of formal childcare”.
Mia traduzione: una buona contromisura per limitare gli effetti collaterali delle riforme pensionistiche sulla fertilità, potrebbe essere, per esempio, quella di incrementare l’offerta di servizi formali di assistenza all’infanzia.
Come dice lei, sig. Rino, (cito testualmente) “non ci voleva Bankitalia a certificare che una delle cause della bassa natalità in Italia è legata all’allungamento dell’età della pensione”. Ma il fatto che Bankitalia l’abbia detto, attraverso un documento fondato su una ricerca di natura scientifica, è proprio una sorta di “certificazione” del sentiment popolare di cui il Governo non potrà non tenerne conto.
Il tema della natalità è certamente all’attenzione del Governo, come si rileva dalle parole stesse del Ministro Giorgetti riportate proprio nel presente articolo: “Il tema della natalità è un tema fondamentale: non c’è nessuna riforma previdenziale che tiene nel medio-lungo periodo con i numeri della natalità che abbiamo oggi in questo Paese”.
Ma nelle parole del Ministro Giorgetti si coglie un rapporto di relazione natalità-pensionamento differente da quello messo in luce da Bankitalia. E cioè, mentre per Bankitalia la riduzione del tasso di natalità dipende dall’allungamento dell’età pensionabile, per il Ministro Giorgetti l’allungamento dell’età pensionabile dipende dalla riduzione del tasso di natalità. Entrambe le “visioni” sono corrette.
Il punto di incontro tra la visione di Bankitalia e la visione del Governo sembra essere nella Proposta di Legge N. 1019 a prima firma di Tommaso Foti (Fratelli d’Italia) dal titolo “Disposizioni per la promozione della natalità, il sostegno delle famiglie e del lavoro femminile e la sicurezza in ambito scolastico, nonché deleghe al Governo in materia di gratuità dei servizi educativi e delle scuole per l’infanzia e di revisione del trattamento tributario del reddito familiare” presentata alla Camera dei Deputati in data 17 marzo 2023.
Nella PdL 1019 si propongono misure a favore della famiglia, tra cui (tra altre cose di rilievo) proprio quelle suggerite nel documento di Bankitalia in riferimento all’incremento della offerta di servizi formali di assistenza all’infanzia: adeguamento dei posti disponibili negli asili nido comunali, prolungamento degli orari di servizio degli asili nido, apertura degli asili nido anche nei mesi estivi a supporto di tutti i genitori che lavorano.
Insomma, a quanto pare le intenzioni politiche di favorire la famiglia, sia da parte dei Parlamentari che da parte del Governo, ci sono. Sembrerebbe, quindi aprirsi uno spiraglio di luce sia per la natalità che per le pensioni.
Tali intenzioni vengono però sigillate dall’affermazione del Ministro Giorgetti che vale la pena rappresentare a caratteri cubitali: “NON SI POTRÀ FARE TUTTO”.
E lo spiraglio di luce svanì.
22 Agosto 2023 alle 15:57 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Agostino Pambianco, la riduzione delle accise sulla benzina non è una cosa buona.
È vero che l’aumento del prezzo della benzina fa aumentare anche i prezzi dei beni di consumo di prima necessità (in primis quelli alimentari); ma è altrettanto vero che se si riducono le accise sulla benzina, e quindi se si riduce il prezzo della benzina, i prezzi dei beni di consumo non si riducono, rimangono gli stessi di quando la benzina era aumentata.
La riduzione delle accise sulla benzina produce quindi vantaggi limitati (favorisce i lavoratori che utilizzano i mezzi propri per andare al lavoro), mentre produce svantaggi estesi (sfavorisce lo Stato che con minori entrate deve fare tagli alla Spesa Pubblica).
La riduzione delle accise (come pure dell’IVA) va bene se attuata quando l’economia “non tira” a causa della debolezza della domanda interna di consumi e degli investimenti, e serve proprio per stimolare tale domanda; ma non va applicata quando aumentano i prezzi delle materie prime (aumento del petrolio e del gas sul quale nessuno può farci nulla, nemmeno la BCE con l’aumento del tasso di interesse), perché non incide in maniera significativa sulla domanda di consumi e di investimenti, ma va solo a depauperare le casse dello Stato e quindi a far leva sulla riduzione della Spesa Pubblica (peraltro voce presente di anno in anno, occorre dire, nel documento delle Raccomandazioni del Consiglio Europeo).
La riduzione della Spesa Pubblica è giustificata se vanno eliminate le “necessità non necessarie”. Ma non è in alcun modo giustificabile se viene attuata passando alla gestione dei privati quanto è già in gestione allo Stato (per esempio la Sanità).
Per quanto riguarda il dare il voto a chi promette la selvaggina senza averla ancora catturata, beh, questo dipende più dall’elettore che dal candidato.
Chi ha più di cinquant’anni può essere considerato a buon diritto una persona adulta, per via delle molteplici esperienze di vita maturate. Ma una persona “veramente” adulta è chi veramente conosce la inattendibilità delle promesse elettorali e, soprattutto, si rende conto in che mondo vive.
21 Agosto 2023 alle 12:51 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Salario minimo? Per poter parlare di salario minimo occorre che ci sia per lo meno il salario.
Per quanto riguarda il salario, direi di dare maggiore impulso al Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL) come previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Per quanto riguarda il salario minimo, direi di lasciar fare alle Organizzazioni Sindacali con le Organizzazioni Aziendali (incluse quelle che gestiscono i rider).
21 Agosto 2023 alle 12:09 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Oscar, anche volendo attuare le misure che lei suggerisce, non sarebbe comunque possibile trovare i fondi da destinare al pagamento delle pensioni, le quali vengono pagate attraverso il versamento dei contributi dei lavoratori attivi.
I fondi vanno trovati, per esempio, recuperandoli dall’evasione contributiva che, si stima, essere intorno ai 10 miliardi di euro l’anno. Se si riescono a recuperare 10 miliardi dall’evasione contributiva, dal punto di vista della copertura finanziaria non ci sarebbe alcun problema nel mandare in pensione le persone con Quota 41 indipendentemente dall’età anagrafica., con Opzione Donna e quant’altro. Ma… c’è un “ma”.
Se la gente va in pensione, chi lavora?
Il tono della domanda potrà sembrare scherzoso. Ma la domanda in sé non è affatto banale.
Nei Paesi ricchi di petrolio, per esempio, i cittadini possono permettersi di non lavorare perché vengono remunerati dall’abbondanza di petrodollari che il Paese incassa vendendo petrolio.
I Paesi ricchi di petrolio, però, hanno bisogno di lavoratori, e quindi ingaggiano manodopera proveniente da altri Paesi.
Perciò, sig. Oscar, pur avendo copertura finanziaria per finanziare un qualsivoglia numero di pensioni, occorre avere anche “copertura lavorativa” (per così dire).
Quindi, sig. Oscar, dalla sua lista di “stop” da effettuare, mi permetta di togliere qualche stop, e di trasformare l’immigrazione illegale e clandestina in immigrazione legale e dichiarata, indirizzando tale “forza lavoro” verso la realizzazione di obiettivi sociali di cui si avverte concreta esigenza.
Il Governo sta già pensando di incentivare la natalità per avere più lavoratori. Se tale strategia dovesse funzionare, avremmo molti nuovi lavoratori tra trent’anni.
Ma per poter mandare in pensione i lavoratori anziani, oggi, di nuovi lavoratori ne abbiamo bisogno adesso, non tra trent’anni. Si cominci quindi a dare occupazione ai giovani disoccupati e agli immigrati clandestini messi in regola.
È un problema sociale non da poco, me ne rendo perfettamente conto. Ma si può fare!
21 Agosto 2023 alle 1:00 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Alessandro Paci, lei dice: “Mi piacerebbe domandare a chi a suo tempo disse: Con l’euro lavoreremo meno e guadagneremo di più, perché ci hai preso [in giro] in questa maniera?”.
Probabilmente, lei, sig. Alessandro Paci, intende riferirsi alla frase che alcune testate giornalistiche attribuiscono a Romano Prodi quando era Presidente del Consiglio dei Ministri: “Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più.” Era il 1999.
L’euro è stato introdotto il 1° gennaio 1999 come moneta scritturale, utilizzata unicamente per fini contabili, ad esempio nei pagamenti elettronici. Il contante è entrato in circolazione il 1° gennaio 2002.
Non saprei come valutare l’affermazione del Presidente Prodi, occorre inquadrare l’affermazione nel contesto del discorso al quale l’affermazione si riferisce, e purtroppo non riesco a risalire al discorso completo.
Mi verrebbe da pensare che, se lavoro un giorno in meno al mese (diciamo 22-1) e guadagno come se lavorassi un giorno in più al mese (diciamo 22+1), è come se lavorassi 21 giorni al mese guadagnando come se ne avessi lavorati 23, ovvero guadagnando in più la paga relativa a 2 giornate che, moltiplicate per 11 mesi (1 mese è di ferie) risulterebbero pari a 22 giorni l’anno, cioè pari a 1 mese.
In definitiva, l’affermazione del Presidente Prodi la si potrebbe tradurre in questi altri termini: con l’euro lavoreremo come prima dell’euro, ma guadagnando all’anno un mese di paga in più.
Lasciamo per un attimo il ragionamento teorico e vediamo il ragionamento pratico invece.
Dal primo gennaio 2002 al 28 febbraio 2002 (quindi per 2 mesi) ci fu la doppia circolazione della moneta (lira ed euro) e il primo marzo 2002 cessò il corso legale della lira.
Gli stipendi e le pensioni vennero convertiti da lira ad euro seguendo scrupolosamente il cambio: 1 euro = 1.936,27 lire.
Ora è bene dare uno scorso al Disegno di Legge n. 817 dal titolo “Obbligo dell’indicazione in lire del prezzo espresso in euro per i prodotti in vendita negli esercizi commerciali”, presentato al Senato in data 24 giugno 2008 per iniziativa del Senatore Pedica. Cito solo alcuni tratti:
─ “L’introduzione in Italia dell’euro ha prodotto un’immediata ed indesiderata lievitazione generalizzata dei prezzi, anche a causa della mancata percezione del valore reale della nuova moneta europea, complice il cambio stabilito per il nostro Paese, particolarmente idoneo a favorire manovre speculative ed arrotondamenti vistosi. In particolare, in seguito all’introduzione dell’Euro i commercianti approfittarono per effettuare arrotondamenti selvaggi dei prezzi, in spregio dei consumatori”;
─ “L’obbligo di doppia esposizione del prezzo (in lire e in euro) per un adeguato periodo di tempo (almeno 6 mesi) non venne in alcun modo imposto né controllato”;
─ “I prezzi sui quali sarebbe stato possibile esercitare un controllo – luce, gas, tariffe dei trasporti vennero aumentati quasi subito dai rispettivi gestori pubblici e privati con il beneplacito del Governo”.
Dei seguenti aspetti:
– invarianza degli stipendi e delle pensioni nel passaggio dalla lira all’euro
– lievitazione dei prezzi al consumo
ne sono testimoni diretti tutti i lavoratori che sono ormai prossimi alla pensione. Ma ho voluto riportare comunque le citazioni espresse nel DDL 817 per evidenziare che gli arrotondamenti selvaggi dei prezzi avvenuti in spregio dei consumatori sono ben documentati negli Atti del Senato.
A questo punto si può benissimo affermare che a parità di lavoro, anche con un mese di paga in più all’anno, non c’è stato alcun guadagno nel passaggio dalla lira all’euro, in quanto tale “ipotetico” guadagno è stato assorbito dall’aumento dei prezzi.
Quindi, concludendo, si può affermare che l’affermazione del Presidente Prodi, anche se non conosciamo il contesto entro il quale si inserisce, viene smentita categoricamente dalla realtà dei fatti.
Tuttavia, nonostante questa smentita, non ci sono elementi oggettivi a testimonianza del fatto che il Presidente Prodi possa avere preso in giro la gente che aveva riposto in lui fiducia completa nel passaggio dalla lira all’euro.
Personalmente, non nutro dubbio alcuno che il Presidente Prodi abbia agito nella piena consapevolezza di fare ciò che egli riteneva sarebbe stato giusto fare per l’Italia.
20 Agosto 2023 alle 20:55 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Rino, il debito è solo una faccia di una medaglia la cui altra faccia è il credito.
Una banca, per esempio, sarebbe disponibile a concedere un credito ad una famiglia o ad un’impresa a fronte di una quasi-certezza (la certezza totale non c’è mai) di riceverne il ritorno. In altre parole, il creditore (la banca) concede un credito se ha la ragionevole certezza che il debitore (famiglia/impresa) potrà restituire il credito ricevuto.
Il Giappone ha il debito pubblico più alto del mondo, pari a 258% del PIL (fonte Money.it al 29/04/2023). Se il Giappone ha un debito così alto, evidentemente è perché ci sono creditori che hanno la ragionevole certezza di rientrare in possesso dei loro soldi.
Da una parte gioca anche il fatto che il Giappone ha la sovranità monetaria, può stampare a volontà tanti yen quanto le bastano per restituire ai creditori quanto è loro dovuto (se il debito contratto è in yen, naturalmente).
La medaglia, le cui due facce sono credito e debito, ha un nome che racchiude una grande varietà di attributi tra cui solidità patrimoniale, reddito, reputazione, e via dicendo: fiducia.
Occorre comunque usare prudenza, perché, se il debito continua ad aumentare, potrebbe diventare talmente oneroso da non essere più sostenibile, ovvero il debitore potrebbe non essere più in grado di restituire i prestiti ricevuti e quindi va in default. È proprio il caso riportato in questi giorni dai giornali riguardo alla società cinese Evergrande che opera nel settore immobiliare.
Avendo un debito pubblico relativamente alto, il Governo giapponese può tenerlo sotto controllo (e di fatto lo fa) aumentando l’IVA e la pressione fiscale, incidendo quindi in maniera significativa sulla vita dei giapponesi.
Veniamo, sig. Rino, in casa nostra, in Europa. Lei domanda: “Perché l’Europa non ha mai aperto il discorso sulle pensioni in Francia?” Evidentemente non c’è motivo di aprire un discorso. Anche il governo francese deve affrontare il problema dell’invecchiamento della popolazione e quindi si sta preparando innalzando progressivamente l’età di pensionamento da 62 anni a 64 anni (come lei stesso ci ricorda).
Il debito pubblico della Francia è 111% del PIL, mentre quello dell’Italia è il 140% del PIL (fonte Money.it al 29/04/2023): due economie differenti, due prospettive differenti, due Paesi versi i quali si indirizzano differenti gradi di fiducia da parte dei creditori.
Più della Francia, potrei dire, l’Italia ha da guadagnare credibilità per innalzare il livello di fiducia da parte dei suoi creditori, e potrà farlo in un solo modo, agendo proprio come il Giappone, anzi a maggior ragione come il Giappone, non godendo della sovranità monetaria: diminuendo il debito pubblico e evitando di ridurre la pressione fiscale.
19 Agosto 2023 alle 15:14 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Luigi, l’idea che si è fatto leggendo l’articolo è corretta: la soluzione prioritaria è creare nuovi posti di lavoro. “Nuovi” nel doppio significato di “nuovi lavoratori” e di “nuove professioni”.
Come lei giustamente osserva, la promessa di creare posti di lavoro è divenuta uno slogan, soprattutto nella propaganda politica. Ed è uno slogan perché in campagna elettorale occorre esprimere il pensiero con una frase sintetica, che colpisce e che resti impressa nella mente dell’elettore. Quindi con lo slogan si dice “cosa” si vuole fare ma non si scende in dettagli, non si dice anche “come” lo si vuole realizzare.
Certo, se solo si riuscisse a recuperare parte dei miliardi di evasione fiscale, si potrebbe fare meno ricorso ai prestiti e quindi ridurre progressivamente il debito pubblico. Lo Stato potrebbe fare più investimenti in Sanità, Istruzione, Infrastrutture e ciò farebbe crescere l’economia, ed anche le pensioni ne trarrebbero beneficio. Il recupero dell’evasione fiscale è costantemente presente nell’agenda di Governo. Ma non sempre i risultati sono conformi alle aspettative.
Ci sono economisti che siedono al Senato, che si presentano in TV, che sono consulenti del Governo, danno indicazioni e presentano le loro ricette economiche. Sig. Luigi, lei domanda perché tali ricette economiche apparentemente “miracolose” non vengano messe in pratica.
A mio avviso, le ricette economiche proposte dagli economisti non vengono messe in pratica perché non ci sono le condizioni economiche per poterle attuarle, ovvero, non ci sono gli strumenti, o le risorse per poterle attuare. Viviamo in una società in trasformazione, verso il digitale, verso una economia digitale, e quindi le ricette economiche dovranno essere conformi alle caratteristiche dell’economia digitale.
Al momento non mi pare di conoscere alcun “economista digitale” che abbia dell’economia digitale una visione differente dalla “New Economy” degli anni Novanta-Duemila, quando assieme ad Amazon nacque il commercio elettronico (e-commerce). Per la verità, io penso che la “New Economy” altro non sia che la “Old Economy” che utilizza strumenti “New” come la tecnologia internet.
Perciò, qualunque “ricetta economica magica” un economista possa avere (non solo italiano, ma di qualsiasi altro Paese del mondo), se tale ricetta non ha i giusti “ingredienti dell’economia digitale” non può essere messa in pratica, realizzata in una società in avanzata trasformazione digitale.
Il primo ingrediente dell’economia digitale è la moneta digitale: qual è la sua natura, come la si ottiene, come la si distribuisce, come la si utilizza. Perciò, è da qui che occorre partire per costruire ricette economiche da applicare all’economia digitale che caratterizza la società digitale.
Quindi, sig. Luigi, provo a rispondere in maniera precisa e chiara alla sua domanda: “ma a tutti questi economisti spocchiosi che si presentano nelle varie tv con le loro ricette miracolose qualcuno potrebbe chiedere del perchè non vengano messe in pratica?”.
Mia risposta: le ricette miracolose proposte dagli economisti non vengono messe in pratica perché, per quanto valide possano essere per l’economia tradizionale, tuttavia non soddisfano i requisiti che devono avere per essere attuate in una economia digitale, requisiti in materia di moneta digitale (come mezzo di scambio digitale) e lavoro e capitale digitali (come fattori di produzione digitali), finalizzati alla produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi digitali in una società digitale caratterizzata da diffuso utilizzo di automazione mediante robot e da intermediazione digitale mediante software “intelligente” nonché dal crescente impiego di Intelligenza Artificiale in grado di creare opere in tutti i campi di ingegno (tra cui musica, pittura, arte) fino a poco fa di dominio esclusivo dell’essere umano.
Per quanto riguarda il suo “realismo” nelle frasi finali del suo commento, sig. Luigi, vorrei dirle questo. Non si tratta di avere “solo” una reale volontà di fare le cose. Bisogna che ci siano anche le condizioni per farle. Certo, se le condizioni non ci sono, occorre crearle. E le condizioni si creano proprio in occasione di difficoltà crescenti (pressioni provenienti per esempio dal Consiglio Europeo in materia di disciplina dei conti pubblici), e di crisi (danni provenienti dall’inflazione che erode i risparmi e aumentano le rate del mutuo; danni provenienti da calamità naturali mai abbattutesi prima così ferocemente in Italia; invecchiamento della popolazione; bassa crescita economica).
E qui mi piace concludere riportando un pensiero di Albert Einstein che ci ha ricordato la Dott.ssa Erica Venditi qualche articolo fa: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”.
19 Agosto 2023 alle 12:13 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Guidobis, tutti sanno cosa ci sarebbe da fare, lo sa pure il Governo, ne sia certo.
Lo sanno anche i Partiti di opposizione, che erano prima al Governo; e lo sanno proprio perché hanno toccato con mano i problemi da risolvere ed hanno constatato che non è per nulla facile “fare le cose giuste e perbene” (sue parole).
Lo Stato non è un’azienda, e non può essere gestito come un’azienda. I bravi amministratori di aziende di successo sono coloro che pensano agli interessi degli azionisti ancora prima che a quelli dei lavoratori. I bravi amministratori dello Stato sono coloro che pensano alle necessità di tutti, azionisti, lavoratori e disoccupati.
Lo Stato non è una famiglia, e non può essere gestito come una famiglia. Le famiglie sono “utilizzatrici” di moneta e quindi devono valutare bene quanto spendono (devono fare revisione della propria spesa, fare “spendig review”); lo Stato, invece, è (ovvero, dovrebbe essere) “emettitore” di moneta, ed ha (ovvero, avrebbe) quindi margini di spesa più ampi di quella di una famiglia (ma ciò non toglie che anche lo Stato debba fare “spendig review”). Tuttavia, poiché oggi l’emettitrice della moneta euro è la Banca Centrale Europea e non lo Stato italiano, lo Stato italiano è equiparabile ad una famiglia, in quanto anche lo Stato italiano diventa “utilizzatore” di moneta e quindi è costretto a controllare la spesa pubblica, a fare “spending review”. I risultati dello Stato italiano “utilizzatore di moneta”, e non “emettitore di moneta”, è sotto gli occhi di tutti: lo Stato-Famiglia Italia deve far quadrare il Bilancio Statale stringendo i cordoni della Spesa Pubblica.
Ciò che accade in Inghilterra, in Francia, in Germania può servirci da modello di paragone, potrebbe fornirci la chiave per risolvere qualche nostro problema interno: ma ciò non è sufficiente, perché occorre anche impiantare la soluzione nella nostra cultura di base. Prendiamo, per esempio, la gestione delle pensioni in Germania (porto questo esempio perché conosco un po’ il sistema previdenziale tedesco). In Germania le pensioni sono ancorate ai salari, non all’inflazione. Ciò significa che se l’inflazione aumenta e i salari non aumentano, anche le pensioni non aumentano in Germania. In Italia, invece, se l’inflazione aumenta, aumentano anche gli importi pensionistici, ma non i salari, venendosi quindi a creare uno scompenso tra flusso di contributi entranti e flussi pensionistici uscenti. E allora le domando, sig. Guidobis: a suo avviso, qual è il sistema pensionistico più equilibrato, più bilanciato: quello tedesco (dove pensioni e salari aumentano insieme), o quello italiano (dove le pensioni aumentano per conto proprio e i salari restano fermi)? Come vede, non sempre si può esportare la soluzione di un Paese verso un altro Paese, proprio come si non si può esportare la democrazia in un sistema totalitario.
Per quanto riguarda, invece, mafia, evasione, razzismo e quant’altro, sono cose di cui si parla da almeno 50 anni a questa parte (mi riferisco al mio arco di vita, da quando ho cominciato a prenderne coscienza negli anni Settanta), sono cose che fanno parte di questo mondo e che forse non esisterebbero soltanto in un mondo fatto di sogno, dove i bimbi giocano con leoni docili come gattini sotto lo sguardo sorridente dei loro genitori.
18 Agosto 2023 alle 20:42 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Calabrese, lei ha pienamente ragione: è facile parlare quando si è al sicuro (come lo sono io, e come lo sono tanti parlamentari e politici).
Per quel che mi riguarda personalmente, mi è ancora più facile parlare, perché:
– dico quello che so, per averlo appreso da esperienza diretta;
– so quello che dico, per averci riflettuto per anni interi;
– non temo le critiche, che invece apprezzo moltissimo perché mi offrono l’opportunità di analizzare elementi che potrei avere trascurato, e che potrei inserire nel mio quadro di riferimento di idee contribuendo in tal modo ad ampliare i confini del mio pensiero, mettendo al tempo stesso a fuoco la non sempre chiara visione del mondo in cui viviamo.
Quando si è al sicuro, non solo è facile parlare, ma è anche facile essere obiettivi, senza vedere le cose sotto la lente di ingrandimento di uno stato emotivo alterato, uno stato agitato che potrebbe essere indotto da rabbia e frustrazione.
E quando si dicono le cose senza rabbia, quando il cuore è calmo e quando la mente è pacata, ma, soprattutto, quando si vede se stessi negli altri, e si fanno propri i problemi degli altri, allora si dicono parole aderenti alla realtà.
18 Agosto 2023 alle 13:09 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giorgio, credo che lei stia utilizzando l’espressione “utile idiota” a buona ragione (almeno, così a me pare).
È un’espressione talvolta utilizzata nel linguaggio giornalistico e politico e sta ad indicare chi, indirettamente, favorisce il gioco della controparte (si tratti di un produttore, o di un partito politico, o anche – perché no? – del Governo).
Quindi, “utile idiota” è un’espressione per nulla offensiva: sta ad indicare una persona che con le proprie azioni favorisce indirettamente una determinata organizzazione.
“Utili idioti” sono, per esempio, i villeggianti disponibili a pagare spese esorbitanti per spiagge, ombrelloni e quant’altro, favorendo quei balneari che “pagano ancora allo Stato solo 100 milioni l’anno a fronte di 15 miliardi di ricavi” (fonte: articolo di Chiara Brusini sul “il Fatto Quotidiano” del 15 agosto 2023).
“Utili idioti” sono quei cittadini elettori che offrono i loro voti a politici a fronte di loro promesse elettorali che non potranno essere mantenute, non già per mancanza di volontà politica, ma perché non ci sono proprio le condizioni economiche per poterle attuare (e questo l’elettore attento lo potrebbe intuire già durante la campagna elettorale).
“Utili idioti” sono quei cittadini che affermano che “il Governo, se vuole, i soldi li trova”, e infatti il Governo i soldi li trova lasciando invariate le accise sulla benzina il cui prezzo al litro continua a salire anche grazie alla forte domanda degli “utili idioti” villeggianti di cui si è parlato poco prima (vale la pena ricordare che il prezzo viene determinato dalla domanda e dall’offerta, e quindi, se l’offerta non aumenta, all’aumentare della domanda aumenta il prezzo).
Dunque, a quali conclusioni arriviamo?
Arriviamo alla conclusione che i prezzi aumentano:
– da un lato, perché aumentano i prezzi delle materie prime, in primis elettricità e gas (e qui nessuno ci può far nulla, nemmeno la BCE, che ritiene di poter frenare l’inflazione attraverso l’aumento del tasso di sconto, cosa che a mio avviso non potrà avvenire. L’aumento del tasso di sconto (ovvero, del tasso di interesse praticato poi dalle banche commerciali) è giustificato per frenare gli investimenti, per “raffreddare” l’economia, e quindi per controllare, governare, il tasso di inflazione. Ma gli investimenti vengono frenati già dall’aumento del costo delle materie prime, e quindi è del tutto inutile aumentare il tasso di sconto/interesse, che va a penalizzare soltanto chi ha un mutuo da pagare, il piccolo artigiano che è costretto a chiedere un prestito alla banca, e il Governo che deve pagare più interessi sui prestiti che chiede al mercato);
– dall’altro, perché gli “utili idioti” con la loro incalzante domanda di beni e servizi, a fronte di una produzione che non può espandersi perché già frenata dall’aumento dei costi delle materie prime, contribuiscono ad alzare ancora di più i prezzi, portando l’inflazione a livelli molto elevati, che va ad erodere il potere di acquisto di stipendi e pensioni (l’impatto lo si avverte più sugli stipendi che sulle pensioni, le quali, contrariamente agli stipendi, vengono adeguate all’inflazione, anche se lievemente inferiore al tasso di inflazione per le pensioni che superano un determinato importo).
Insomma, sig. Giorgio, dovrei farle i miei complimenti: lei, con sole due righe è riuscito ad esprimere ciò che a me è riuscito con molte più righe delle sue.
14 Agosto 2023 alle 17:50 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Gianfranco, lei domanda quale sia, tra età anagrafica e anni di contribuzione, il parametro prevalente dal punto di vista sociale, economico e medico.
Per rispondere al suo quesito occorre fare riferimento a due altri parametri: speranza di vita e tasso di natalità.
La speranza di vita tende ad aumentare: si vive più a lungo, anche grazie ai progressi in campo medico, e con una qualità di vita ritenuta mediamente “accettabile” (non per tutti, però). Poiché si vive sempre più a lungo (82, 83, 84, 85 anni…), andando in pensione ad un’età stabilita (per esempio 67 anni) si dovrà erogare la pensione per sempre più anni. Per questo, poiché la speranza di vita va aumentando, si tende ad andare in pensione a età sempre più avanzata, in quanto l’età pensionabile (sia di vecchiaia, sia anticipata) è legata alla speranza di vita. Per mantenere la sostenibilità del sistema previdenziale si potrebbe intervenire lasciando andare comunque in pensione a 67 anni, ma riducendo l’importo pensionistico (tale importo è determinato dagli anni di contribuzione oltre che dal coefficiente di trasformazione legato all’età anagrafica che entra in gioco nel sistema di calcolo contributivo). Tuttavia, occorre tenere conto anche di un altro parametro, il tasso di natalità.
Il tasso di natalità per l’Italia va riducendosi: si parla di “denatalità”, nascono sempre meno bambini, e quindi in futuro ci saranno sempre meno lavoratori, e di conseguenza si tenderà a restare sempre più a lungo al lavoro perché occorreranno lavoratori che versino i contributi per pagare le pensioni di pensionati che vivono sempre più a lungo. Se si mantiene stabile l’età di pensionamento (per esempio 67 anni), anche riducendo gli importi pensionistici, il sistema previdenziale non si manterrebbe in equilibrio, perché non vi sarebbero sufficienti lavoratori per pagare le pensioni di pensionati che vivono sempre più a lungo e con pensioni progressivamente decurtate. Per mantenere la sostenibilità del sistema previdenziale si potrebbe intervenire lasciando andare comunque in pensione a 67 anni, ma invertendo il tasso di denatalità, affinché si abbiano più bambini e quindi più lavoratori in futuro. Attualmente il Governo ha in campo misure per il sostegno alla famiglia proprio per promuovere la natalità (vedi proposta di Legge a prima firma di Tommaso Foti di Fratelli d’Italia presentata alla Camera dei Deputati in data 17 marzo 2023).
Ora, sig. Gianfranco, è possibile rispondere alla sua domanda: tra età anagrafica e anni di contribuzione, il parametro prevalente dal punto di vista sociale, economico e medico è l’età anagrafica.
11 Agosto 2023 alle 8:59 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vorrei chiarire il punto in cui affermo “Il Governo ci prova adottando misure orientate alla famiglia. Ma, a mio avviso, il Governo punta nella direzione sbagliata”.
Mi riferisco alla Proposta di Legge n. 1019 a prima firma di Tommaso Foti di Fratelli d’Italia presentata alla Camera dei Deputati in data 17 marzo 2023 con il titolo “Disposizioni per la promozione della natalità, il sostegno delle famiglie e del lavoro femminile e la sicurezza in ambito scolastico, nonché deleghe al Governo in materia di gratuità dei servizi educativi e delle scuole per l’infanzia e di revisione del trattamento tributario del reddito familiare”.
La PdL 1019 si compone di 16 Articoli, tra cui in particolare:
– Art. 1, Istituzione del reddito per l’infanzia: “Al fine di favorire la natalità e di sostenere la genitorialità, alle famiglie con un reddito familiare annuo fino a 90.000 euro è erogato un assegno per ciascun figlio fino al compimento del sesto anno di età, dell’importo di 400 euro per dodici mensilità”;
– Art. 2, Istituzione del reddito per la gioventù: “Alle famiglie di cui all’articolo 1, comma 1, su richiesta dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale, è erogato un assegno per ciascun figlio di età compresa tra sette e venticinque anni, dell’importo di 250 euro per dodici mensilità”;
– Art. 11, Agevolazioni fiscali per le imprese che assumono neo mamme e giovani donne;
– Art. 12, Agevolazione fiscale per le imprese che istituiscono asili nido aziendali.
SI potrebbe dire che l’On. Foti e gli altri 11 firmatari della Proposta di Legge 1019, appartenendo tutti al Partito politico di Fratelli d’Italia, espongano la linea guida, la direzione verso la quale il Governo, in maggioranza costituito da Fratelli d’Italia, desidera puntare.
A mio avviso, dicevo, il Governo punta nella direzione sbagliata perché la PdL 1019 fa sostanzialmente riferimento a famiglie già formate (Art. 1 e Art. 2), mentre io ritengo che occorra puntare nella formazione di nuove famiglie.
Pare esserci un sommesso, flebile richiamo alla formazione di nuove famiglie nell’Art. 11 a proposito di assunzione di neo mamme e di giovani donne, nonché nell’Art. 12 a proposito della istituzione di asili nido aziendali. Ma è noto a tutti che le imprese (con qualche rarissima eccezione) non vedono di buon occhio le neo mamme e tanto meno pensano di costruire asili nido, anche se con agevolazioni fiscali (non siamo più nell’epoca di Adriano Olivetti).
La Proposta di Legge 1019 si propone di invertire il tasso di denatalità e di correggere lo squilibrio demografico. L’intenzione è certamente giusta. Ma la direzione è decisamente sbagliata.
10 Agosto 2023 alle 13:28 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Luigi, ha ragione nell’affermare che non tutti i commenti vengono pubblicati. Le do ragione, perché tra i commenti non pubblicati ce n’è anche qualcuno dei miei. Per quanto mi riguarda, non do peso alla mancata pubblicazione dei miei commenti, se non altro, nello scriverli, ho avuto modo di poter chiarire i concetti a me stesso.
Comprendo bene, invece, il senso di disappunto (quasi di frustrazione) che il lettore potrebbe provare qualora il proprio commento, pur espresso in toni “educati e democratici” come dice lei, non venga pubblicato. Conoscerne la motivazione allevierebbe certamente la sensazione di disappunto, di frustrazione, di rabbia.
Non sappiamo perché alcuni commenti non vengono pubblicati. Sarà perché il software lascia passare solo i commenti brevi e non quelli lunghi? Sarà perché i Redattori del sito non hanno il tempo materiale per moderare i commenti lunghi? Sarà perché il commento è appropriato secondo la valutazione del lettore ma non è appropriato secondo la valutazione dei Redattori? Insomma, non lo sappiamo. Ma, a questo punto, ci interessa davvero saperlo?
Piuttosto varrebbe la pena richiamare l’attenzione dei lettori sul codice etico da adottare nelle relazioni pubbliche in generale, e nelle relazioni private in particolare. Forse, varrebbe la pena domandarsi: “ma mi esprimerei così dinanzi ai miei figli, o dinanzi ai miei genitori?”
Io credo, sig. Luigi, che in ciascuno di noi, ma proprio in tutti noi, è presente quella che può chiamarsi la “legge morale”, una legge che non ti dice “quello che devi dire o fare”, ma che ti domanda “se è giusto dire o fare ciò che stai dicendo o facendo”.
Ecco, sig. Luigi, se prima di agire o prima di parlare provassimo a prestare ascolto alla “legge morale”, le nostre relazioni sociali migliorerebbero di molto.
Nel commento del 10 Agosto 2023 alle 11:36 riportato nell’articolo di Erica Venditti di questa mattina, il sig. Rino ha seguito la “legge morale”.
8 Luglio 2023 alle 7:44 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
In pratica, sig. Guido, lei sta dicendo “Armiamoci e partite”.
Io credo che non ci sia alcun italiano disposto a lottare per una giusta causa. Disposto ad andare in prigione, per una giusta causa. Disposto a morire, per una giusta causa.
Era il 15 agosto 1947 quando il popolo indiano guidato dal suo leader Mahatma Gandhi liberò l’India dal secolare dominio inglese. Mahatma Gandhi si ispirava al principio della non violenza e fu ispirato dal principio di disobbedienza civile di Henry David Thoreau.
“Disobbedienza civile” significa “non rispettare le leggi quando esse vanno contro la coscienza e i diritti dell’uomo”.
Agli italiani viene concesso, ma sempre nel rispetto delle leggi, protestare per manifestare il proprio disaccordo verso le azioni del proprio Governo. Tale concessione si chiama “sciopero”.
Ma lo sciopero non è “disobbedienza civile”.
Scioperare non significa “noi cessiamo di collaborare coi nostri governanti quando le loro azioni ci sembrano ingiuste”.
Sig. Guido, non c’è bisogno di “Ribaltare Roma” (sue parole). “Bisogna fare gli italiani” (parole di Massimo D’Azeglio).
5 Luglio 2023 alle 18:24 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Luigi, mettiamola così: la Dott.ssa Venditti ci mostra due pillole, una azzurra che tiene nella mano destra e una rossa che tiene nella mano sinistra.
La pillola azzurra è stata data alla Dott.ssa Venditti dall’On. Durigon, mentre la pillola rossa le è stata data dal Prof. Cazzola.
La pillola azzurra è rassicurante, fa credere ciò che si desidera credere, fa sperare, persino sognare…
La pillola rossa fa rifiutare gli inganni, mostra la realtà così com’è e non come si vorrebbe che fosse, una realtà amara, persino triste…
Ecco, sig. Luigi, non ci sono né l’On. Durigon, né il prof. Cazzola, ma ci sono solo la pillola blu e la pillola rossa che la Dott.ssa Venditti tiene nelle sue mani.
Sta solo a lei, sig. Luigi, scegliere la pillola blu tenuta nella mano destra e vivere una realtà piacevole, ma virtuale; oppure scegliere la pillola rossa tenuta nella mano sinistra, e vivere una realtà, per quanto amara, tuttavia autentica.
5 Luglio 2023 alle 14:10 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Anna, le posso assicurare che non ha proprio nulla di cui scusarsi. Lei semplicemente dice ciò che pensa, e da come ha strutturato le sue frasi certamente pensa a ciò che dice.
Se i commenti di politici, di sindacalisti e di opinionisti (e anche quelli miei, voglio aggiungere) proprio la infastidiscono, ebbene, li accolga per quelli che sono: sono solo opinioni, e come tali sono “opinabili”, cioè soggettive, discutibili, senza certezza assoluta. E allora, perché lasciarsi abbattere, lasciarsi “prostrare al livello più basso” (per usare le sue parole) da tali opinioni?
Le opinioni non contano proprio nulla. Contano invece i dati, i numeri.
Ha notato, sig.ra Anna, l’osservazione del Prof. Cazzola? Mi permetta di riproporgliela: “Dove sbaglia Visco? C’è qualcuno che è in grado di confutare questi dati?”. Il riferimento del Prof. Cazzola è alla seguente affermazione del Governatore Visco: “In soli tre anni, dal 2019 il numero di persone convenzionalmente definite in età da lavoro (tra i 15 e i 64 anni) è diminuito di quasi 800.000 unità”.
Ecco il dato che più conta: il rapporto attivi/pensionati. Se non aumentano i lavoratori attivi – o il loro salario – non può nemmeno aumentare il numero dei pensionati – o il loro importo pensionistico – (a meno che non si faccia ricorso, oltre al versamento dei contributi, anche alla fiscalità generale, cosa che, a mio avviso, è assolutamente da evitare).
Ma come spiegare ai lavoratori tormentati, sfiniti, avviliti, mortificati, che potranno essere liberati dalle catene che li legano al lavoro solo se si riuscirà ad incatenare al loro posto giovani disoccupati abili, prestanti, energici?
Vede, sig.ra Anna, è vero che il lavoro nobilita l’uomo, poiché lo eleva al rango di essere umano che comprende il proprio valore racchiuso nel lavoro che svolge, e comprende il valore del lavoro degli altri. Ma, nonostante il progresso tecnologico di cui così ampiamente ci vantiamo, siamo riusciti a trasformare il lavoro in fatica, denobilitando l’uomo al rango di bestia.
Quando il Governo dice che non ci sono soldi per le pensioni, sta solo esprimendo con parole semplici, comprensibili a tutti, ciò che non può o non riesce a spiegare in termini differenti.
Le soluzioni per mandare in pensioni i lavoratori anziani e inserire al loro posto giovani disoccupati ci sono. Ma né il Governo, né il Governatore della Banca d’Italia, né il Legislatore (Senatori e Deputati), né Politici, né Sindacalisti, né Professori riescono ancora a vedere tali soluzioni.
Per quanto riguarda, invece, l’arrabbiatura delle donne che cita nella frase finale del suo commento, sono d’accordo con lei, sig.ra Anna. Non bisogna sottovalutare l’arrabbiatura delle donne. Le donne sanno essere più determinate e più forti degli uomini. Specie quando sono al potere.
4 Luglio 2023 alle 12:16 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Ivana, lei potrà anche avere ragione al 100%. E probabilmente l’avrà, considerando l’intensa energia negativa che ha espresso nel suo commento.
Ma tenga presente che, se si affermano le proprie ragioni ricorrendo ad espressioni che mirano a dequalificare la persona (di qualsiasi persona si tratti), si passa dall’avere ragione al 100% all’avere torto al 100%.
Inoltre, ci si abbassa allo stesso livello dialettico dei nostri politici che mirano a dequalificare gli avversari anziché sostenere le ragioni del proprio programma elettorale. Vuole davvero, sig.ra Ivana, abbassarsi allo stesso livello dei nostri politici?
22 Giugno 2023 alle 18:55 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Bernardo, stimolato dalle sue riflessioni, vengo a parlare di Berlusconi, non a tesserne l’elogio.
Il male che gli uomini compiono si prolunga oltre la loro vita, mentre il bene viene spesso sepolto assieme alle loro ossa. E così sia di Berlusconi.
Il fotografo Toscani dice che “Berlusconi è stato la rovina dell’Italia, in tutto: la sua etica, la sua educazione, il modo di trattare le donne” (Adnkronos, 21 giugno 2023).
Se così è stato, fu certo una colpa grave e in modo grave Berlusconi l’ha scontata.
Egli non era mio amico, né mai ci siamo conosciuti di persona. Eppure, mai ho provato verso di lui alcun sentimento di rancore, nemmeno quando in terra di Germania mi ricordavano di lui con sorriso di scherno il “Bunga Bunga”.
Il fotografo Toscani dice che “Se parliamo di Berlusconi all’estero ci prendono in giro” (Adnkronos, 21 giugno 2023). E Toscani ha ragione nell’affermare ciò che afferma.
Ma è forse questo motivo per provare amarezza verso un nostro connazionale in terra estera?
Oh no. Di Berlusconi si può dire tutto il male che si vuole, ma non che non fosse un italiano!
Italia era la sua Patria, e Forza Italia la sua forza. Si può forse negare questa verità?
Quando Berlusconi fondò Forza Italia il 18 gennaio 1994, divenendone Presidente, lo fece forse in vista del campionato mondiale di calcio la cui finale si sarebbe disputata negli Stati uniti il 17 luglio 1994? Proprio quella finale di Brasile-Italia, vinta dal Brasile per 3-2, dopo lo 0-0 maturato fino alla fine dei supplementari? Forse, sarà pure così. Forse.
Ma certamente per quella partita di calcio persa, furono in molti gli italiani a piangere. Forse, Berlusconi ha lacrimato egli pure assieme ai tifosi che incoraggiavano col grido di “Forza Italia!” non solo la squadra nazionale ma anche il suo partito appena nato. Forse.
Io non parlo per smentire ciò che Toscani ha detto: parlo soltanto di quel che so.
Molti hanno amato Berlusconi, e ne avevano ragione; quale ragione dunque impedisce loro ora di piangere per lui?
Io non ho amato Berlusconi, né l’ho odiato. Ma ora il mio cuore si trova là, nella bara con Berlusconi, altrimenti non avrei potuto concedere questa intervista, perché non avrei potuto parlare di Berlusconi come ne ho parlato. Come ne parlo. Ed ora, in quella bara, c’è un grande silenzio.
Ed anch’io debbo tacermi in segno di rispetto. Per uno che sia pure a modo suo è stato più Grande dei nani che l’hanno circondato.
22 Giugno 2023 alle 12:52 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Peppe, lei dice cose che credo molti di noi siano disposti a condividere.
È vero che ogni Governo tende a collocare a capo degli Enti di Stato figure professionali di propria fiducia. Direi che questo atteggiamento viene quasi spontaneo, “naturale”.
È vero che ogni Governo tende a far prevalere sugli interessi nazionali gli interessi corporativi (per esempio – ma non ne ho le prove, e quindi prenda questo mio pensiero in termini strettamente personale – da parte di industrie farmaceutiche per la produzione di prodotti farmaceutici a carico dello Stato; da parte di industrie per la produzione di batterie a carico dello Stato; e quant’altro).
È vero che il Governo Meloni ha intenzione di attuare la Flat Tax, ma potrà riuscirci solo a condizione di ridurre le tasse ai meno abbienti per aumentarle ai più-o-meno abbienti (cioè al ceto medio) e non già ai più ambienti (cioè ai ricchi). In altre parole, sarebbe una “falsa” Flat Tax (anche questo è un mio pensiero di natura personale e svincolato da considerazioni squisitamente di natura fiscale).
Chiunque affermi di voler superare la “Legge Fornero” con le idee attuali e senza fare ricorso a nuove idee va preso con lo stesso grado di serietà con cui va preso chi afferma di “avere inventato la macchina che realizza il moto perpetuo”, ovvero una macchina che produce in uscita più energia di quanto ne assorba in entrata. Una tale possibilità non è consentita dai principi della Termodinamica, in particolare il secondo principio della Termodinamica che afferma: “In un sistema isolato l’entropia del sistema tende ad aumentare” (per Entropia si intende qualcosa come il disordine).
Applicando i principi della termodinamica alla “Legge Fornero” si può affermare – “mutatis mutandis”, ovvero fatte le debite variazioni – che “nel sistema isolato della Riforma delle Pensioni l’età pensionabile tende ad aumentare”. In altre parole, senza ricorrere alla Riforma del lavoro che alimenta in termini contributivi la Riforma delle pensioni, non è possibile “ridurre l’entropia” pensionistica, ovvero, non è possibile ridurre per tutti i lavoratori l’età pensionabile da 67 a 64, a 63 o a 62 anni).
Francamente non credo che nel Parlamento italiano siedano persone “intellettuali” che abbiamo mai affrontato la Riforma delle Pensioni in maniera olistica (in termini fisici, biologici, economici, sociali).
Mi viene in mente la seguente affermazione di Silvio Berlusconi: “Il pubblico italiano non è fatto solo di intellettuali, la media è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco… È a loro che devo parlare” (Corriere della sera, 10 dicembre 2004).
Ecco, sig. Peppe, faccio mia l’affermazione di Silvio Berlusconi e la muto così: “Il Parlamento italiano non è fatto di intellettuali, la media dei parlamentari nemmeno siede al primo banco… È a loro che si deve parlare”.
Ma ora che il banco al Senato occupato in precedenza da Silvio Berlusconi è vuoto, chi parlerà a quella media di parlamentari che non siede al primo banco?”
6 Giugno 2023 alle 15:05 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
“Il miglior governo è quello che governa meno”. (Henry David Thoreau)
“Nello Stato ideale non vi è potere politico perché non vi è Stato. Ma nella vita, l’ideale non si attua mai pienamente. Donde la classica affermazione di Thoreau, che il miglior governo è quello che governa meno”. (Mahatma Gandhi)
3 Giugno 2023 alle 15:42 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Cristina Filippo, i miei ragionamenti sono fondati sul rapporto causa-effetto.
Un approccio in termini di causa-effetto è per esempio il seguente:
1. meno nascite determinano meno lavoratori futuri
2. meno lavoratori futuri determinano minori versamenti contributivi
3. minori versamenti contributivi determinano minori risorse per pagare le pensioni
4. minori risorse per pagare le pensioni determinano meno pensionati
5. meno pensionati significa mantenere i lavoratori più a lungo al lavoro
Il Presidente Meloni ha sintetizzato questa catena di causa-effetto nell’affermazione “È inutile pensare a come ottimizzare il sistema previdenziale, se abbiamo sempre meno persone in età lavorativa”.
Si hanno sempre meno persone in età lavorativa a causa della denatalità.
A proposito della denatalità il Presidente Meloni afferma: “La denatalità è un’altra grande questione economica, che se non affrontata per tempo renderà molto meno efficaci tutti gli altri provvedimenti”.
Uno dei provvedimenti che il Presidente Meloni ritiene di attuare è quello di “rendere strutturale il tema dei fringe benefit e la detassazione del contributo del datore di lavoro per i lavoratori ai quali nasca un figlio”. Questa misura, secondo il Presidente Meloni, dovrebbe incentivare le famiglie a generare più figli.
Il trend che i demografi prevedono per la popolazione italiana è il seguente:
– 2023: 58.870.762 di individui
– 2030: 57.544.258 di individui
– 2040: 55.258.471 di individui
– 2050: 52.250.483 di individui
– e così via, a decrescere, per i decenni successivi
Il fatto che la popolazione tenda a diminuire potrebbe non essere di per sé un problema. Il problema è che al tempo stesso la popolazione invecchia, vive più a lungo, e il rapporto attivi/pensionati non potrà col tempo garantire la sostenibilità del sistema previdenziale (questo non è “pessimismo cosmico” come lo chiamerebbe lei – bella espressione, comunque – ma un “dato matematico”) .
Il Presidente Meloni suggerisce di far pagare meno contributi al datore di lavoro per quei lavoratori che fanno figli.
Io suggerisco di far pagare i contributi al datore di lavoro che impiega come fattore lavoro i robot (o qualsiasi altro strumento di automazione, come casse automatiche, per esempio) al posto dell’uomo.
Sig.ra Cristina Filippo, lascio a lei il giudizio su quale dei due suggerimenti (tra quello del Presidente Meloni e quello mio) vale la pena fondare la sostenibilità del sistema previdenziale.
Infine, sig.ra Cristina Filippo, lei afferma “Non credo che in ambito Previdenza non si farà nulla: troppo impopolare!”
Il punto non è ‘fare qualcosa per la Previdenza per evitare di diventare impopolare’.
Anche se lo volesse, il Governo non può fare nulla per la Previdenza, perché è la maggiore voce di spesa per lo Stato, e con un debito pubblico al 142,9% del Pil nel 2023 e con un basso tasso di crescita del Pil che nel 2023 rasenterà appena l’1%, la spesa pensionistica sarà la prima voce di spesa da tagliare.
Cosa occorrerebbe fare per la Previdenza? Ritengo di avere idee vincenti, realistiche, e le ho già espresse alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
26 Maggio 2023 alle 11:02 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Rispondo, in seduta plenaria, al seguente commento di Mauro Marino:
“Mi sembra che si stia andando un po’ oltre quello che sono commenti su questioni previdenziale. Non ci devono essere commenti su questioni che riguardano aspetti personali. Rimaniamo nell’alveo di commenti puramente di natura previdenziale”.
A mio avviso, rimanere nell’alveo di natura previdenziale è come guardare un oggetto con un occhio solo: vediamo l’oggetto, ma non riusciamo a valutarne correttamente la distanza da noi.
Occorre invece guardare anche con l’altro occhio, quello del lavoro, in modo da mettere a fuoco la vi(s)ta sulla vita.
Mauro Marino invita i lettori ad astenersi dall’esprimere commenti di natura personale.
Sarebbe come se un medico invitasse un paziente ad esprimere i sintomi della propria malattia in maniera distaccata, senza alcun coinvolgimento personale, come se stesse parlando della malattia di un’altra persona, senza quindi manifestare alcun sentimento di disagio personale, di smarrimento.
Sarebbe come occuparsi dei lavoratori pensionandi, lasciando “a casa”, per la seconda volta, i disoccupati, perché i disoccupati non compaiono nel rapporto attivi/pensionati che alimenta la Previdenza, ma compaiono nell’Assistenza, dove non si è più una persona che ha una identità sociale in quanto essere produttivo, e nemmeno più un individuo che ha una identità personale in quanto essere umano.
Sarebbe come parlare di Opzione Donna, senza conoscere le sofferenze profonde che una vita di sacrifici tra lavoro e sostegni familiari di ogni genere comporta per le lavoratrici.
Lavoro, pensioni, vita sociale e identità personale sono tra loro indissolubilmente legati e assolutamente inscindibili.
Eppure, Mauro Marino invita i lettori ad astenersi dall’esprimere commenti di natura personale.
Quando si parla di Opzione Donna quanti commenti personali vengono espressi! Ognuna delle lavoratrici che ambisce a Opzione Donna riporta la propria esperienza personale, la propria testimonianza di vita, a volte così straziante che è difficile, per chi li legge, mantenere il proprio controllo emotivo.
Il sito Pensionipertutti ha certamente un grande valore, in termini di notizie, di informazioni, di interviste, di articoli, riguardo a tematiche di natura previdenziale.
Ma un valore ancora più grande il sito Pensionipertutti ce l’ha proprio nel riportare i commenti, talvolta anche strettamente personali, dei lettori, consentendo loro di esprimere ciò che hanno di dentro, quasi che il sito fosse una sorta di seduta virtuale a carattere terapeutico dove l’anima cura le proprie ferite che ad altri sono ignote.
Eppure, Mauro Marino invita i lettori ad astenersi dall’esprimere commenti di natura personale.
Spegnere quella luce fioca che esprime le esperienze personali e quindi lo stato d’animo personale dei lettori, spegnere quella fioca luce che lampeggia tra abbattimento e speranza, significherebbe privare il sito Pensionipertutti di un valore immenso.
25 Maggio 2023 alle 12:01 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Tury, non ho bisogno del suo rispetto, mi basta il rispetto che ho di me stesso.
C’è gente che è pure morta per avere diritto allo sciopero? Sì, è vero. Fu gente che credeva in un’idea per la quale era disposta a morire.
Ma lei, sig. Tury, per quale idea invece è disposto a morire? Non si faccia scudo della morte di altri per salvaguardare il diritto allo sciopero che tutela i suoi interessi.
Lei dice che le mie parole la offendono? Oh, no, sig. Tury, non sono le mie parole ad offenderla.
Sono le sue stesse parole che la offendono.
24 Maggio 2023 alle 17:02 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sì, sig. Franco Giuseppe, quando ho inviato il mio commento in risposta al commento del sig. Marco b, mi sono riletto. È mia abitudine rileggere ciò che ho scritto prima di renderlo pubblico.
Io mi sono pensionato con Quota 100, con 65 anni di età e 41 anni di contribuzione. Ho fatto fare i calcoli dal Patronato e la pensione che avrei percepito mi soddisfaceva. Mi trovavo nella favorevole condizione di poter scegliere se andare in pensione oppure restare al lavoro per altri due anni. Ho scelto di andare in pensione con Quota 100.
Io non mi ritengo un editorialista di questo sito. Gli articoli non sono firmati a mio nome.
1) Io non critico nessuno. Esprimo solo il mio punto di vista, che può benissimo non coincidere con quello di altri. Quando io sono andato in pensione, certamente esistevano i disoccupati. Comprendo bene cosa significa essere disoccupato. Anch’io, nel 2011, ho attraversato un periodo di 9 mesi di disoccupazione volontaria (senza aiuti di Stato ma con una incentivazione all’esodo). Disoccupazione volontaria, è vero, ma pur sempre disoccupazione a 55 anni.
2) Ora che sono in pensione non è solo il fine settimana ad essere lungo. Ancora più lungo è il mese che trascorro in Germania. Non parlo il tedesco, non ho interlocutori italiani, e solo e pensoso vago per vie solitarie sentendomi più un migrante che un europeo integrato. La prima, la più importante forma di integrazione, è la conoscenza della lingua. Comprendo bene cosa significa essere un migrante.
3) I Governi, di qualunque coalizione essi siano, giocano sempre a favore delle imprese, sin da quando agli inizi degli anni Novanta è partita la “privatizzazione”. Le cosiddette “Partecipazioni Statali” degli anni Sessanta (IRI, ENI, EFIM) si sono dissolte nelle privatizzazioni.
4) Quando sono andato in pensione, ho accettato di rinunciare ad avere 200 euro nette in più al mese, che avrei invece avuto qualora fossi andato in pensione a 67 anni. Ma altri lavoratori non sono potuti andare in pensione con Quota 100, non potendo rinunciare nemmeno a 100 euro netti al mese, e quindi hanno deciso di continuare a lavorare e andare in pensione con la Fornero. Solo un privilegiato come me avrebbe potuto rinunciare a 200 euro nette mensili. Applico la logica del mio discorso anche ai lavoratori che possono permettersi di rinunciare alla paga di una sola giornata (anche se in una prospettiva, ancorché incerta, di vedere riconosciute le proprie rivendicazioni di aumento salariale). Per questo considero tali lavoratori dei privilegiati.
5) Non do colpa a chi lavora. So bene che il lavoro, qualsiasi tipo di lavoro, usura, logora. Ma il lavoro logora di più chi il lavoro non ce l’ha. E so questo per esperienza diretta, per aver trascorso 9 mesi da disoccupato con l’incertezza di trovare nuova occupazione; una nuova occupazione da lavoratore a partita IVA, e quindi in una posizione estremamente svantaggiata rispetto a quella di un dipendente, assai vulnerabile, perché il lavoratore a partita IVA è facilmente ricattabile da parte delle aziende.
6) Andando in pensione due anni prima, non credo proprio che arrecherò danni all’INPS. Non credo proprio che vivrò oltre gli 82 anni per recuperare l’intero montante che ho accumulato in 41 anni di lavoro. Invece, il mio pensionamento anticipato, entrando in risonanza con altri pensionamenti anticipati Quota 100, a causa della conseguente riduzione di versamento di contributi, ha certamente ridotto la possibilità di altri lavoratori (magari anche più meritevoli) di poter andare in pensione. Ma di questo, con estrema franchezza, sig. Franco Giuseppe, non posso attribuirmi alcuna responsabilità.
7) Non ho mai scioperato in vita mia. Nemmeno quando nel 1976, da studente universitario, lavoravo d’estate in campagne estive presso uno zuccherificio del mio paese di origine, con la qualifica di manovale di sesto livello. In un giorno di luglio gli operai si astennero dal lavoro. Io solo entrai in fabbrica per lavorare. Tra gli operai i “crumiri” non vengono perdonati. Ma non mi fu torto un capello, perché, pur non essendo “uno di loro”, e pur essendo un ventenne, venivo rispettato.
Gran Finale.
Io non sono nessuno. Non supero nessuno. Nemmeno me stesso. Non osservo chi lavora, perché il lavoratore ha diritto al suo salario.
Osservo quel disoccupato alla ricerca di un lavoro che gli possa dare la possibilità di rendersi utile alla società, di potersi creare una famiglia, di poter migliorare se stesso. Osservo quel disoccupato che anch’io un tempo sono stato.
Sig. Franco Giuseppe, perché mai lei dovrebbe nutrire aspettative nei miei confronti? Perché mai dovrebbe sentirsi deluso? Deluso, di che cosa? Se trova i miei commenti così brutti, perché li legge? Perché spende così tante parole per esprimere il suo disappunto? Perché si preoccupa di poter perdere la mia stima? Perché si rende interprete dei pensieri altrui (di Paolo prof, per esempio)?
Non è necessario che lei risponda alle mie domande. Rispondendo, si metterebbe nella disagiata condizione di doversi giustificare. Ed io non desidero affatto mettere le persone nella condizione di doversi giustificare.
Al mio commento in risposta a quello del sig. Marco b, lei attribuisce termini di “bruttezza”, “pochezza”, “tristezza”, “caduta di stile”.
Credo di non avere elementi sufficienti per poter valutare con la giusta cognizione di causa queste sue espressioni. Posso solamente, assorbendo lo stato d’animo che lei mi comunica, tristemente prenderne atto.
23 Maggio 2023 alle 13:26 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Marco b, lei afferma che dopo 40 anni di versamento di contributi si ha il diritto di andare in pensione?
Bene!
Dopo 40 anni di versamento di contributi si avrà il diritto di andare in pensione quando i disoccupati avranno il diritto di andare al lavoro!
Non leggo i giornali, ma, mentre passeggiavo, ad una panchina dell’ATM di Milano c’era l’avviso che per il 26 maggio è stato proclamato lo sciopero generale nazionale.
Guarda caso è sempre di venerdì che si fa sciopero. Meglio sarebbe chiamarlo “fine settimana lungo”.
Lo sciopero è contro i lavoratori e a favore delle imprese, che hanno una miriade di esuberi e non sanno come disfarsene.
Lo sciopero è un privilegio dei lavoratori, che possono permettersi di perdere la paga di una giornata di lavoro.
Lo sciopero è una offesa ai disoccupati, che non possono permettersi di scioperare perché un lavoro non ce l’hanno.
Lo sciopero è a danno dei pensionati, perché riduce l’importo che i lavoratori versano in termini di contributi.
I lavoratori che scioperano meritano di andare in pensione il più tardi possibile, perché il danno morale che recano ai disoccupati e il danno monetario che recano ai pensionati deve essere recuperato.
Sig. Marco b, sento i lavoratori parlare sempre e solamente dei DIRITTI che hanno.
Non sento mai parlare i lavoratori dei DOVERI che essi hanno. Doveri verso la società, doveri verso la famiglia, doveri verso se stessi.
8 Maggio 2023 alle 17:32 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, io dico una cosa molto semplice e mi spiace moltissimo non risultare chiaro.
Io dico questo: se non aumentano i lavoratori, non possono aumentare i pensionati.
Se i lavoratori non aumentano, i nuovi pensionati potranno esserci solo se ne muoiono i vecchi pensionati.
Se i lavoratori non aumentano, e si vuole ripristinare OD con i vecchi requisiti, allora altri lavoratori dovranno andare in pensione più tardi. Non vedo proprio cosa ci sia di difficile in questo semplice pensiero.
Non rientra nel mio modo di pensare guardare avanti con la testa rivolta indietro, guardare al presente che si avvicina volgendo il pensiero al presente che si allontana.
Quota 100 è il presente che diventa passato. Non possiamo modificare il passato, ma possiamo dare una direzione al presente che anticipa il futuro.
Ma vuole proprio sapere cos’è che mi rattrista di più, sig. Franco Giuseppe?
Non sono i lamenti di lavoratori e lavoratrici che vorrebbero andare in pensione e non ci possono andare a rattristarmi. No. Lamenti più che giustificati, per carità. Ma che, complice anche la estrema debolezza dei Sindacati (che tra l’altro spingono per la previdenza complementare perché questo gioca a favore dei Sindacati), sono destinati a rimanere lamenti e basta.
Ma che previdenza complementare vuoi proporre a chi non ce la fa quasi ad arrivare alla fine del mese con la paga che riceve!
Ma che pensione di garanzia dei giovani vuoi assicurare a chi un lavoro ancora non ce l’ha e che a trent’anni è ancora a carico dei genitori!
Quello che mi turba, mi rattrista, mi rabbuia molto è leggere alle pagine 13 e 15, Capitolo 2 “Bilancio preventivo dell’INPS 2021: sintesi” del documento del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS (CIV), Deliberazione n. 23 (è un documento male impaginato, scritto alla rinfusa), le seguenti parole:
“Trasferimenti a carico della fiscalità generale a copertura di: Quota 100 pari a 4.629 milioni di euro”
https://www.inps.it/docallegatiNP/Mig/Istituto/Delibere_Odg/2020/CIV2020_0023.pdf
4.629 milioni di euro, ovvero 4 miliardi e mezzo prelevati dalla fiscalità generale per coprire le pensioni Quota 100 che DEVONO ESSERE COPERTE DAI CONTRIBUTI E NON DALLA FISCALITÀ GENERALE!
Ed ora, per cortesia, sig. Franco Giuseppe, non mi dica “l’avevo sempre detto”. Dinanzi a questo scempio previdenziale, a questo furto (questo sì che è un furto non solo a danno dei lavoratori, ma a danno di tutti gli italiani che pagano le tasse, quindi anche a danno dei pensionati stessi), perpetrato dai Partiti e con la tacita approvazione dei Sindacati, ebbene dinanzi a questa indegna azione governativa la cosa più appropriata è restare in silenzio.
8 Maggio 2023 alle 9:27 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, quando il Governo dice che “non ci sono soldi per le pensioni” esprime un concetto semplice da far capire ai lavoratori.
Davvero lei pensa, sig. Franco Giuseppe, che il Governo non riesca proprio a trovare un centinaio di milioni per Opzione Donna?
La questione è un’altra.
Non si mandano in pensione le lavoratrici con OD perché altrimenti si perderebbero i contributi che le aziende versano nella percentuale del 23%, oltre al 10% versato dalle lavoratrici.
Quindi, ricapitolando: il Governo non manda in pensione i lavoratori e le lavoratrici perché ha bisogno che le aziende (ma anche i lavoratori e lavoratrici) versino i contributi per pagare le pensioni correnti. Tutto qua.
8 Maggio 2023 alle 8:19 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Paolo Prof la via di mezzo ci sarebbe se aumentassero i lavoratori.
Se i lavoratori non aumentano, allora si può solo cambiare la tipologia di pensionati.
O si mandano in pensione più lavoratori (con Quota 62+41) ma meno lavoratrici con Opzione Donna (con requisiti più stringenti); oppure si mandano in pensione più lavoratrici con Opzione Donna (con requisiti meno stringenti) ma meno lavoratori (con Quota 63+41).
Stesso discorso fatto per Opzione Donna vale per i disoccupati non occupabili.
Se io fossi al Governo mi concentrerei sulla Riforma del mercato del lavoro, perché la Riforma delle pensioni così come auspicata dai lavoratori ne discenderebbe di conseguenza, e si troverebbe la “via di mezzo” che auspica lei.
5 Maggio 2023 alle 12:17 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Maria, come è facile lasciarsi andare a facili giudizi e pregiudizi, non è vero?
La domanda che mi è stata posta non è “cosa farebbe se lei fosse al Governo”, ma “se potesse sedere ad un tavolo di confronto col Governo”.
Ha notato, sig.ra Maria, come sono diversi i tavoli del Consiglio dei Ministri e i tavoli per il confronto con i Sindacati? Il tavolo per il Consiglio dei Ministri è rotondo (chiaro segnale che tutti i Ministri sono uguali, come i Cavalieri della tavola Rotonda di Re Artù), mentre il tavolo per il confronto con i Sindacati è rettangolare (chiaro segnale di non uguaglianza, di contrapposizione).
Il Governo mi farebbe sedere su un lato contrapposto e su una sedia più bassa di quella sulla quale siedono i rappresentati di Governo, per cercare di intimorirmi psicologicamente proprio come fanno con i Sindacati, ma soprattutto per far capire a me e ai Sindacati “Noi siamo il Governo, e voi non siete nessuno”.
Al tavolo di confronto col Governo si parla con i “freddi numeri”, sig.ra Maria, perché per il Governo numeri sono i lavoratori (23 milioni) e numeri sono i pensionati (16 milioni).
5 Maggio 2023 alle 19:05 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Calabrese, non so come lei faccia i calcoli, ma i conti che lei fa non tornano.
5.000 x 13 = 65.000 (sessantacinque mila euro) è l’ammontare della pensione di un pensionato in 1 anno solare.
65.000 x 17.000 = 1.105.000.000 (un miliardo e centocinque milioni di euro) è ’ammontare di 17.000 pensionanti in 1 anno solare.
Siamo molto lontani dai suoi 11 miliardi.
Lei cita i conti INPS. Mi permetta di fare riferimento ai conti INPS relativi all’anno 2021 riportati nel seguente documento “Statistiche in breve Ottobre 2022” reperibile al seguente link:
https://servizi2.inps.it/servizi/osservatoristatistici/api/getAllegato/?idAllegato=1007
A pagina 6 nella Tabella 6 il numero di pensioni di importo mensile lordo superiore a 5.000 euro è 271.752.
Rifacciamo i calcoli di prima:
5.000 x 13 = 65.000 (sessantacinquemila euro) è l’ammontare lordo della pensione di un pensionato in 1 anno solare (facciamo l’ipotesi che 1 pensionato percepisca 1 sola pensione).
65.000 x 271.752= 17.663.880.000 (diciassette miliardi seicentosessantatre milioni ottocentottanta mila euro) è l’ammontare della pensione di 271.752 pensionanti in 1 anno solare.
Ora, sig. Franco Calabrese, lei dice di mettere un tetto all’importo pensionistico, in modo da dimezzare quei 17 miliardi e utilizzare gli 8 miliardi di differenza per Quota 41. Lei chiama questo “giustizia sociale”.
Se però si riduce l’importo pensionistico a chi nella vita lavorativa ha versato i giusti contributi per ricevere l’importo che ora gli viene ridotto, ebbene, sig. Franco Calabrese, non crede che si stia commettendo una “ingiustizia sociale”?
5 Maggio 2023 alle 12:17 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Maria, come è facile lasciarsi andare a facili giudizi e pregiudizi, non è vero?
La domanda che mi è stata posta non è “cosa farebbe se lei fosse al Governo”, ma “se potesse sedere ad un tavolo di confronto col Governo”.
Ha notato, sig.ra Maria, come sono diversi i tavoli del Consiglio dei Ministri e i tavoli per il confronto con i Sindacati? Il tavolo per il Consiglio dei Ministri è rotondo (chiaro segnale che tutti i Ministri sono uguali, come i Cavalieri della tavola Rotonda di Re Artù), mentre il tavolo per il confronto con i Sindacati è rettangolare (chiaro segnale di non uguaglianza, di contrapposizione).
Il Governo mi farebbe sedere su un lato contrapposto e su una sedia più bassa di quella sulla quale siedono i rappresentati di Governo, per cercare di intimorirmi psicologicamente proprio come fanno con i Sindacati, ma soprattutto per far capire a me e ai Sindacati “Noi siamo il Governo, e voi non siete nessuno”.
Al tavolo di confronto col Governo si parla con i “freddi numeri”, sig.ra Maria, perché per il Governo numeri sono i lavoratori (23 milioni) e numeri sono i pensionati (16 milioni).
4 Maggio 2023 alle 16:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Calabrese lei riporta i calcoli su base annua. Allora, rifacciamo i calcoli insieme, vuole?
16 milioni di pensionati x 1.200 euro nette mensili per 13 mensilità = 249 miliardi annui.
23 milioni di lavoratori x 2.500 euro lordi mensili per 13 mensilità = 747 miliardi annui.
747 miliardi annui x 33% versamento contributi = 246 miliardi annui per le pensioni.
Conclusione: con 246 miliardi annui versati da 23 milioni di attivi c’è copertura per 249 miliardi annui per 16 milioni di pensionati (c’è una lieve discrepanza di 3 miliardi, ma lo attribuiamo alle nostre imprecisioni nei calcoli).
NOTA: occorre considerare l’importo netto della pensione di 1.200 euro mensili e non l’importo lordo di 1.500 euro mensili, perché una quota parte dell’importo pensionistico ritorna allo Stato sotto forma di imposte.
NOTA IMPORTANTISSIMA: se le pensioni vengono adeguate all’inflazione mentre i salari rimangono fermi, si viene a perdere la copertura per le pensioni, e quindi si tenderà a restringere sempre di più la platea dei pensionati.
24 Aprile 2023 alle 14:55 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Fausto, ho provato a rifare il suo esercizio. Le mostro il risultato cui sono pervenuto, utilizzando i suoi stessi dati.
Supponiamo (gli economisti iniziano sempre i loro discorsi con “supponiamo” – che ci vuol fare, sono fatti così) che il Reddito Annuo Lordo (RAL) di un lavoratore medio sia di 40.000 euro: il 33% versato in contributi (da parte del lavoratore e del datore di lavoro) ammonta quindi a 13.200 euro lordi annui.
Supponiamo che ci siano 23 milioni di lavoratori: i contributi versati in un anno sono 13.200 x 23.000.000= 303.600.000.000 (ovvero, poco più di 303 miliardi, e NON i 3 miliardi che riporta lei, che certamente rappresentano una svista).
Fin qui, sig. Fausto, ho seguito la sua linea di ragionamento. Ora, se me lo permette, cambierò leggermente la rotta, e farò un ragionamento inverso al suo, ovvero, anziché partire dall’importo pensionistico, partirò dall’ammontare a disposizione (i contributi versati) per arrivare all’importo pensionistico.
Supponiamo che ci siano 15 milioni di pensionati (considerando anche l’impatto del COVID in base alla sua ipotesi): ciascun pensionato, in media, riceverà 303.600.000.000/15.000.000 che è uguale a 20.240 euro lordi l’anno.
Dividendo la pensione annua per tredici mensilità, otterremo la pensione lorda mensile di ciascun pensionato: 20.240/13=1.557 euro.
Supponiamo di applicare una tassazione pari al 20%: la pensione lorda mensile viene decurtata di 1.557 x 20% = 311 euro.
In definitiva, la pensione netta di ciascun pensionato, per tredici mensilità, risulta pari a 1.557-311=1.246 euro.
Ora, sig. Fausto, se dai miei conti molto superficiali (lo riconosco) l’importo mensile netto pensionistico, per tredici mensilità, pari a 1.246 euro le sembra una cifra credibile, allora deve convenire con me che i contributi versati dai lavoratori vengono utilizzati pienamente per i pagamenti delle pensioni, e non anche per l’assistenza, bonus, sussidi vari, ecc.
La ringrazio, sig. Fausto, per questa opportunità che ha offerto a me (ma anche ai lettori di Pensionipertutti) di riflettere un po’ sul rapporto lavoratori/pensionati in termini finanziari, anche se in maniera molto semplice (e, forse, semplicistica). Ma comunque, credo che sia meglio saperne qualcosa in merito a ciò, anche se in modo approssimato, piuttosto che non saperne proprio nulla.
12 Aprile 2023 alle 11:54 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giorgio, i tre mesi di “quella odiosa finestra di tre mesi” come la chiama lei non è stata prevista dalla Fornero che aveva, invece, eliminato le finestre nel lontanissimo 2011.
Le finestre sono state reintrodotte nel 2019 dal Governo Conte 1 con la coalizione Lega-M5S.
Pertanto, Elsa Fornero non ha nulla a che vedere con le finestre alle quali lei si riferisce, sig. Giorgio.
Le persone che hanno a che vedere con le finestre alle quali lei, sig. Giorgio, si riferisce sono: Giuseppe Conte, Matteo Salvini, Luigi Di Maio.
11 Aprile 2023 alle 18:28 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Marco62, la sua proposta è certamente sensata ed ispirata a criteri di equità e di giustizia sociale.
La sua proposta si ispira a criteri di equità nel senso che va “applicata a tutti”, senza distinzione tra pubblico e privato, tra uomo e donna, tra politici e gente comune.
La sua proposta si ispira a criteri di giustizia nel senso che “chi più ha, più contribuirà; e chi meno ha, meno contribuirà”.
In effetti, la sua proposta, anche se espressa in termini differenti, riflette l’Articolo 53 della Costituzione della Repubblica Italiana: al primo comma afferma che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
La sua proposta, sig. Marco62, di “chiedere anche a questa gente (oltre ai politici, ovviamente) un contributo” riflette il secondo comma dell’Articolo 53 (che si esprime in termini di “Tutti” i cittadini, senza distinzione, per esempio, tra gente comune e politici).
Il secondo comma dell’Articolo 53 della Costituzione italiana afferma che “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
La sua proposta, sig. Marco62, di “chiedere anche a questa gente (oltre ai politici, ovviamente) un contributo sull’eccedenza di una percentuale progressiva a salire, magari 2-3 scaglioni” riflette il secondo comma dell’Articolo 53 (che si esprime in termini di “criteri di progressività”).
E qui vale la pena fare una riflessione sulla “flat tax” che viene proposta da qualche Partito della coalizione del Governo Meloni.
Anche un cittadino del tutto privo di conoscenze costituzionali ma attento al significato delle parole espresse dalla Costituzione della Repubblica Italiana è in grado di comprendere che la flat tax è anticostituzionale, in quanto non si ispira a criteri di progressività.
Vede, sig. Marco 62, la nostra Costituzione è stata fatta per il Popolo italiano e parla a nome del Popolo italiano, e afferma che
– “la sovranità appartiene al popolo”;
– “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”;
– “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”;
– La Repubblica “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”;
– “La libertà personale è inviolabile”;
– “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”;
– “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”;
– “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”;
– “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”;
– “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”;
– “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità”;
– “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”;
– “Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”.
Mi fermo qui, sig. Marco 62, ed ho voluto citare alcune espressioni della Costituzione al solo scopo di evidenziare che tutto ciò a cui il Popolo italiano aspira è già contenuto nella Costituzione della Repubblica Italiana.
Allora, cos’è che manca al Popolo italiano?
Al Popolo italiano manca un Governo che sia capace di dare voce alla Costituzione che parla a nome del Popolo italiano.
10 Aprile 2023 alle 22:31 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Antonello, in ciò che ha esposto non sbaglia nulla. È tutto corretto. Tuttavia, sopravvaluta l’essere umano.
L’Art. 3 della Costituzione Italiana afferma che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Non ho motivo di dubitare che ciò non avvenga. Tale articolo si riflette nella scritta riportata nelle aule giudiziarie “la legge è uguale per tutti”.
L’Art 3 della Costituzione Italiana continua affermando che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ho motivo di dubitare che ciò avvenga.
Il cittadino che non ha lavoro non è uguale al cittadino che ha lavoro. È compito della Repubblica rimuovere l’ostacolo che impedisce al cittadino in cerca di lavoro di trovare lavoro.
Al cittadino che non ha lavoro viene di fatto impedito il pieno sviluppo della sua persona e la sua effettiva partecipazione all’organizzazione economica e sociale del Paese. È compito della Repubblica sostenere in modo dignitoso il cittadino in modo che, pur non avendo lavoro, possa comunque partecipare all’organizzazione sociale del Paese.
Le persone che governano il Paese sono essere umani. Ed hanno tutte le debolezze dell’essere umano. Ritenere che le persone che governano il Paese, solo perché sono al Governo, siano in grado di attuare pienamente le linee guida della Costituzione Italiana, significa sopravvalutare tali persone.
Chi è al Governo giura sulla Costituzione Italiana in modo formale, ma non sostanziale. Nella sostanza, chi è al Governo ha, oltre alla Costituzione Italiana, un altro documento come riferimento: il DEF, il Documento di Economia e Finanza, che riguarda sì i cittadini come visti nella Costituzione Italiana, ma dal punto di vista della finanza. E quando si parla di finanza, si parla di entrate e di uscite. E quando si parla di uscite, ci si concentra sulle voci di spesa maggiori. E le voci di spesa maggiori sono pensioni e sanità.
E qui nascono le discordanze che lei giustamente evidenzia. La riforma pensioni dovrebbe effettivamente prendere in considerazione prima le persone più anziane, stabilendo una scala discendente di età per le pensioni anticipate a partire dai 67 anni: 66 anni, 65 anni, 64 anni, 63 anni… Ma non è questa la visione che ha il Governo, che mira invece ad elevare l’età di pensionamento a partire dai 67 anni: 68 anni, 69 anni, 70 anni, 71 anni. E se si innalza l’età di pensionamento per la pensione di vecchiaia, ne deriva anche l’innalzamento degli anni di contribuzione a partire dai 42 anni, 10 mesi e 3 mesi di finestra: 43 anni, 44 anni, 45 anni, 46 anni.
Per quanto riguarda l’Osservatorio che ha il compito di monitorare l’andamento della spesa pensionistica e formulare adeguate proposte, e che pertanto dovrà concentrarsi sulla valutazione della sostenibilità dei sistemi di prepensionamento e di ricambio generazionale, non mi riesce di mettere a fuoco la reale ragion d’essere di tale Osservatorio. Abbiamo già degli Osservatori che monitorano lavoro e pensioni, tra cui Itinerari Previdenziali presieduto dal Prof. Alberto Brambilla. Come si legge dal sito: “Itinerari Previdenziali è una realtà indipendente che opera da oltre 15 anni in attività di ricerca, formazione e informazione nell’ambito dei sistemi di protezione sociale – pubblici e privati – e del loro finanziamento, delle politiche fiscali e di economia e finanza, con l’obiettivo di contribuire a sviluppare la cultura previdenziale, economica e finanziaria del Paese”.
Per concludere, sig. Antonello, l’Art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana c’è ancora, ma non viene pienamente attuato. Proprio come non viene pienamente attuato l’Art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
10 Aprile 2023 alle 15:31 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovannino, sono molte le cose giuste da fare, ma mi limito a citarne due.
La prima cosa giusta è questa: dare lavoro a chi un lavoro non ce l’ha (a giovani e anziani disoccupati).
La seconda cosa giusta è questa: dare un sussidio dignitoso a chi un lavoro non ce l’ha (a disoccupati non occupabili e a pensionati con pensioni minime).
La fiscalità generale serve effettivamente a ridurre la povertà (sia quella relativa che quella assoluta).
Per portare a livelli dignitosi i sussidi a sostegno della disoccupazione e delle pensioni minime, non vedo altra soluzione se non quella di aumentare le tasse a tutti i cittadini.
Per evitare di aumentare le tasse, occorrerebbe recuperare risorse dall’evasione fiscale e dall’elusione fiscale, cosa, peraltro, sempre presente nell’agenda di ogni Governo. Ma se se ne parla ancora, vuol dire che: o è un obiettivo irraggiungibile, oppure non si hanno ancora i mezzi per raggiungere l’obiettivo.
Si potrebbe ridurre la spesa militare e orientare le risorse verso altre voci di spesa sociale. Ma, francamente, la vedo una via difficilmente praticabile.
Si potrebbe intervenire con la “spendig review”. Ma, come vediamo, con scarsi risultati.
Si potrebbe intervenire tassando le seconde case che rimangono non affittate; come pure tassando gli “extra profitti” da affitti delle seconde case; come pure aumentando le tasse di soggiorno. Ma tutto ciò potrebbe risultare ancora insufficiente.
Non rimangono allora che due soluzioni, alternative tra loro: o si aumenta il livello di occupazione (che comporta maggiori entrate fiscali); o si aumentano le tasse (sui redditi delle famiglie e sui profitti delle imprese).
10 Aprile 2023 alle 14:18 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Luigi, apprezzo la diversità di vedute, perché è come l’attrito: una forza passiva che, nonostante faccia resistenza, permette di camminare. Se non ci fosse l’attrito, scivoleremmo, e non potremmo camminare. Se non ci fosse diversità di vedute non potremmo sviluppare i nostri ragionamenti (proprio come sta accadendo tra lei e me).
Sono consapevole del fatto che al solo nominare le parole “Fornero” e “Cazzola” si eleva un boato di disapprovazione. Ma io vado al di là dei nomi. Simile ad un chirurgo del pensiero, io opero sul corpus della riforma previdenziale Fornero, lo seziono, lo divarico, individuando una insufficienza organica (leggi: calo delle nascite e quindi insufficienti lavoratori futuri per pagare le pensioni) e una massa tumorale che continua a crescere (leggi: allungamento della speranza di vita e quindi pensioni da finanziare più a lungo).
Come un chirurgo opera su qualsiasi paziente (sia esso una persona di provate virtù, oppure un incallito criminale), così opero io, indipendentemente dalla persona alla quale mi sto riferendo.
Se si vuole arrivare alla definizione di una Nuova Riforma Pensioni, occorre risolvere il problema del calo delle nascite.
Se si affronta il problema pensioni sul lato finanziario, sulla spesa per pensioni, si conduce il ragionamento fuori strada: la freccia da seguire punta nella direzione del calo delle nascite.
Se si affronta il problema del calo delle nascite sul lato finanziario, offrendo bonus bebé o assegni familiari al fine di incentivare la procreazione, si è fuori strada: bisogna individuare come supplire al calo delle nascite.
I Governi “prendono tempo” (per così dire), in attesa che i loro incentivi per la procreazione diano i frutti attesi, e nel frattempo suppliscono al calo delle nascite mantenendo i lavoratori in attività, ritardandone quindi il pensionamento. Questa è una terapia per la nazione che mantiene malata la nazione da curare. Non è la cura.
La mia proposta è la seguente: se non riusciamo ad avere “lavoratori naturali” da “bambini naturali”, proviamo a veder come avere “lavoratori artificiali” da tecnologia artificiale (attribuendo al termine “artificiale” il significo di “fatto dall’uomo”).
I ragionamenti fondati sul fatto che le persone siano più o meno “brave d’animo”, oppure su periodi in cui si andava in pensione “tra i 50 e i 55 anni”, oppure su riferimenti ad altri Paesi (es., Francia, Scandinavia) distolgono la nostra attenzione dal solo problema sul quale occorre invece concentrarsi: con che cosa, e come, supplire al calo delle nascite in Italia.
Ci sono molti problemi ancora irrisolti. L’evasione fiscale, l’elusione fiscale, la corruzione, la povertà assoluta: sono piaghe sociali che permangono nonostante gli impegni profusi dai Governi nel debellarle.
Ma il problema più grave, in assoluto, è la disoccupazione (quella vera e amara, includendo anche gli inattivi; non quella vera e addolcita, escludendo gli inattivi che pubblica l’ISTAT).
Se non si troverà una soluzione al problema della disoccupazione, che nell’immediato tenderà ad aggravarsi a causa della diffusa automazione e dell’ampio ricorso all’intermediazione digitale nei servizi digitali, non ci saranno nuovi consumi, né produzione, né investimenti, né occupazione. Né, tantomeno, pensioni.
9 Aprile 2023 alle 19:12 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Nicola Casale, i Partiti che oggi sono nella Coalizione di Governo hanno promesso Quota 41 indipendente dall’età perché sono riusciti a catturare il sentiment popolare che chiedeva Quota 41 indipendente dall’età.
Grazie a quella promessa, quei Partiti oggi sono al Governo.
Per provare ai propri elettori che quella promessa verrà mantenuta, hanno aggiunto la postilla “entro fine legislatura”, ovvero entro i prossimi 5 anni. Questa è un’affermazione alquanto azzardata, dal momento che dal dopoguerra ad oggi la vita media dei Governi italiani è inferiore ai 5 anni (non ho fatto i conti personalmente, ma ho letto che si aggira intorno ai 18 mesi).
Perché mai un politico dovrebbe agire secondo principi etici? L’agire secondo principi etici è solo un’aspettativa dell’elettore. E le aspettative, come si sa, possono essere disattese.
La notizia riportata su La Repubblica in data 08 Aprile 2023 alle 09:14 ha il titolo “Legge Severino, il Viminale “forza” la riforma Cartabia: potrà candidarsi chi patteggia la pena”.
Ripetiamolo: “Potrà candidarsi chi patteggia la pena”.
Ripeto allora la domanda: perché mai un politico dovrebbe agire secondo principi etici?
Ognuno si dia la risposta che più gli aggrada.
9 Aprile 2023 alle 17:12 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Dome61, lasci che le dica innanzitutto questo: quando si parla di coerenza e di onestà intellettuale, le sole persone che mi vengono in mente sono la Prof.ssa Fornero e il Prof. Cazzola. Nessun altro. Comprendo la loro linea di pensiero e la giudico coerente, sebbene non la condivida. Apprezzo la loro onestà intellettuale quando affermano le proprie argomentazioni apertamente dinanzi al pubblico e ai politici che si nascondono, invece, dietro semplici affermazioni di natura nazional-popolare.
Nella natura del politico è assente la coerenza, perché il politico non può garantire – come dice il detto nazional-popolare – la botte piena e la moglie ubriaca, ovvero, casse statali piene e lavoratori gratificati.
Nella natura del politico è assente l’onestà intellettuale, perché promette agli elettori ciò che sa già di non poter mantenere dopo che sarà stato eletto (e questo gli elettori lo sanno benissimo, ma, nonostante ciò, ricadono continuamente nella trappola delle promesse elettorali – indipendentemente dal fatto che tali trappole vengano poste dal centrodestra o dal centrosinistra).
I sindacalisti potranno pure riempire vie e muri di volantini e manifesti. Agiranno come il vento d’autunno: sporcheranno solo la città.
I sindacalisti potranno pure indire gli scioperi. Faranno un favore alle aziende che hanno esuberi di cui non possono ancora liberarsi, e ai lavoratori che hanno la possibilità di fare un week-end lungo o desiderio di fare assieme ai colleghi una gita in altra città. Se i sindacalisti volessero agire seriamente, dovrebbero pagare loro il giorno perduto dai lavoratori per manifestare con lo sciopero, non solo ai tesserati ma anche ai non tesserati (ma, chissà! Forse avviene già così, e io, semplicemente, lo ignoro in quanto non sono mai stato iscritto al Sindacato).
Sarebbe del tutto inutile rinfacciare a qualsiasi politico che non sta facendo ciò che aveva promesso di fare. La sua coscienza è impermeabile a qualsiasi critica. Se un politico è lì dov’è, è perché il politico è ciò che è: una persona dalla coscienza impermeabile.
9 Aprile 2023 alle 15:35 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovannino, il modo in cui viene affrontato il tema sulla Riforma Pensioni è quello che tutti conosciamo:
– è quello dei Partiti che promettono ma che non mantengono le promesse;
– è quello del Governo che ha soldi per tutto ma non per le pensioni;
– è quello dei Sindacati che vanno ai tavoli ma che non concretizzano.
Dal momento che il risultato di tutte queste azioni è nullo per i lavoratori, vuol dire che le attività svolte dai Partiti, Governo e Sindacati sono fortemente condizionate da altri obiettivi che sono diversi dall’obiettivo “Pensioni”.
Per salvare la Nazione (come nel Salva-Italia del Governo Monti 2011, quando il debito pubblico era il 135% del PIL) oggi ci si concentra sul contenimento della spesa pubblica (pensioni e sanità in primis) e sulla riduzione del debito pubblico (che nel 2021 ammontava al 150% del PIL – fonte Banca d’Italia).
Qualora venisse ripristinato il Patto di Stabilità e di Crescita, verrebbe esercitata sull’Italia una fortissima pressione per diminuire il debito pubblico. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che dovrebbe far crescere il PIL, fa fatica ad andare avanti, e se il PIL non cresce il rapporto Debito pubblico/PIL tenderà ad aumentare ancora di più.
Con tali premesse, non c’è alcuna prospettiva, ma proprio nessuna possibilità, di approdare ad una Nuova Riforma Pensioni.
I disoccupati non occupabili dovrebbero essere tra i primi a potere andare in pensione. Il Governo non li manda in pensione perché risparmia se li remunerare con l’RdC, il cui importo è senz’altro minore dell’importo pensionistico (anche applicando la decurtazione del 3% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni). Non solo: l’RdC è finanziato con la fiscalità generale (e quindi con i soldi di tutti i cittadini italiani, lavoratori e pensionati), mentre la pensione è finanziata con i contributi dei lavoratori attivi (e quindi da una ristretta parte della popolazione). Non solo: il Governo preferisce non mandare in pensione il disoccupato non occupabile perché in tal modo può mandare in pensione, al suo posto, chi “deve” andare in pensione, ovvero chi raggiunge la Quota 103.
Il meccanismo regolatore per le pensioni è lo scambio tra pensionato e lavoratore: per poter mandare in pensione 1 lavoratore anziano (che percepirà una pensione lorda mensile di 1.000 euro) occorrono almeno 2 nuovi lavoratori (con un salario ciascuno di 1.500 euro lorde mensili che verseranno ciascuno il 33% del proprio salario, pari a 495 euro lorde, per complessivi 990 euro lordi).
Poiché il Governo spinge per le nuove occupazioni incentivando le imprese ad assumere offrendo loro l’esonero totale dal versamento dei contributi (che però saranno a carico dello Stato con la cosiddetta “fiscalizzazione degli oneri sociali”, ovvero facendo pagare i contributi all’intera società), la possibilità di mandare in pensione i lavoratori anziani si riduce ancora di più in quanto non si può pensare (almeno, questo è il mio punto di vista) di pagare le pensioni ordinarie con la fiscalità generale.
Sig. Giovannino, lei dice “Zero costi INPS. Zero RDC. Zero MIA”. Ma fa i conti senza l’oste. Senza lo Stato.
4 Aprile 2023 alle 19:14 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Fausto Valtorta lei può senz’altro (anzi, deve) contestare il pensiero col quale si trova in disaccordo. Ma deve farlo adducendo dei razionali, non già sull’onda emotiva.
Nessuno le sta dicendo che nel 2024 ci sarà Quota 104 (63+41), ma solo che può essere una possibilità, ed io ho portato dei razionali. Possono essere razionali non condivisibili, certamente, ma sono pur sempre dei razionali. Sono razionali fondati sul fatto di:
“essere abili a fare accettare al lavoratore ciò che il lavoratore non desidera accettare”.
Tutto qua. Cos c’è di delirante in questo principio (tra l’altro molto utilizzato dai manager nelle aziende)?
Quali sono invece i suoi razionali, sig. Valtorta? Potrebbe dirmi perché, a suo avviso, non si potrà fare Quota 104 (63+41)?
Oggi sono i lavoratori stessi che difendono la Riforma Fornero perché temono che si potrebbe arrivare a peggiorarla. Non si potrebbe dunque affermare che i lavoratori hanno accettato “psicologicamente” la più odiata Riforma delle pensioni?
Diciamo pure che il mio è un pensiero delirante. Aspetto di conoscere il suo pensiero non delirante su una possibile ipotesi di riforma pensioni che si basi su dei suoi razionali (evitando di dire, ovviamente, “facciamo come fanno i francesi”).
Vede, sig. Valtorta, ad un’idea si risponde con un’altra idea. Non con l’emotività.
31 Marzo 2023 alle 13:22 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Brave, effettivamente io sono già pensionato, dall’1 gennaio 2021, con Quota 100 (62 anni di età e 38 anni di lavoro), avendo maturato un’età anagrafica di 65 anni e un’anzianità contributiva di 41 anni (quindi, se vogliamo, Quota 106).
Lei domanda: “se il Governo riproponesse a fine anno e quindi per il 2024 la quota 103 (62 anni di età e 41 di lavoro) come dovrebbero comportarsi gli attuali 61enni che già oggi hanno 41 anni di lavoro, ma compiranno i 62 anni di età nel 2024, possono GIA’ DA ORA stare a casa dal lavoro ?”
PREMESSA: se il Governo riproponesse a fine anno, e quindi per il 2024, la quota 103 (62 anni di età e 41 di lavoro), ovvero, se il Governo prorogasse nel 2024 Quota 103 ancora in via sperimentale, allora il Governo specificherebbe che i requisiti (62 anni di età e 41 di lavoro) dovranno essere raggiunti entro il 31 dicembre 2024.
MIA RISPOSTA: gli attuali 61enni che già oggi hanno 41 anni di lavoro, ma compiranno i 62 anni di età nel 2024 NON POSSONO già da ora stare a casa dal lavoro, ma dovranno attendere il giorno in cui matureranno anche l’altro requisito, ovvero 62 anni di età anagrafica (e quindi nel 2024).
31 Marzo 2023 alle 12:44 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Stefano 1961, l’obiettivo principale dello Stato, in senso assoluto, è creare occupazione.
Il lavoro rende liberi, nel senso che il lavoro dà all’uomo un reddito quale mezzo necessario per affrancarsi dalla schiavitù della povertà.
Il lavoro, di qualsiasi genere esso sia, dà dignità all’uomo che lo svolge, evitandogli l’umiliazione di chiedere l’elemosina a passanti indifferenti, o di accettare sussidi da uno Stato indifferente.
Il lavoro è ciò che dà identità alla persona, è ciò che gli permette di presentarsi nella società che non ti domanda “chi sei” ma ti chiede “che cosa fai”.
Il lavoro è ciò che illumina la vita di una persona, è ciò che trasforma i suoi sogni in progetti di vita, come comprare una casa, formare una famiglia, allevare dei figli.
Il ponte sullo stretto di Messina non serve. Anche l’Europa, tramite il nostro commissario europeo per gli affari economici e monetari Paolo Gentiloni, sostiene che occorre concentrarsi più sul PNRR che sul ponte sullo stretto.
Ma l’intenzione del Governo è quello di fare il ponte sullo stretto. Sono in atto forze politiche, gruppi di interesse, gruppi di pressione che hanno il medesimo fine di creare il ponte sullo stretto. Come orientare queste forze verso altri obiettivi di maggiore utilità per la nazione?
Sappiamo che in opere infrastrutturali di tali dimensioni concorrono organizzazioni che operano al limite della legalità. Forse, è proprio per il timore di infiltrazioni di tali organizzazioni che i funzionari di Stato hanno “paura di firmare”. Forse, è proprio per la “paura di firmare” che il PNRR non va avanti.
E allora, sig. Stefano 1991, cosa vogliamo fare? Accettare di fare il ponte sullo stretto con tutto ciò che ne consegue in termini di illegalità, ma dare almeno ad un pugno di lavoratori l’opportunità di prendere il volo verso la libertà, oppure continuare a non fare nulla, né cose utili, né cose inutili?
So che alla domanda non c’è una sola risposta. Ognuno di noi ha la propria risposta.
30 Marzo 2023 alle 18:12 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Luigi, lei mi domanda che cosa partorirà il Governo nel 2024, ovvero se prorogherà Quota 103 oppure se ci saranno sorprese.
Non so che cosa partorirà il Governo nel 2024. Posso solo immaginare che cosa potrebbe partorire.
In risposta al commento del sig. Marco (non ancora pubblicato mentre le scrivo) ho affermato che le linee guida del Governo sono dettate dagli eventi. Gli eventi-guida principali sono: calo delle nascite e invecchiamento della popolazione.
A causa di tali eventi, anche la Francia, la Cina, la Russia stanno pensando di innalzare l’età di pensionamento. Questa posizione da parte di nazioni così importanti rafforza la posizione governativa italiana nel proseguire verso l’innalzamento progressivo dell’età di pensionamento.
Il passaggio da Quota 100 (62+38) a Quota 102 (64+38) ha mantenuto fissi i 38 anni di contribuzione ed ha aumentato l’età anagrafica. Il lavoratore ha accettato psicologicamente l’innalzamento dell’età anagrafica.
Il passaggio da Quota 102 (64+38) a Quota 103 (62+41) ha ridotto di 2 anni l’età anagrafica ma ha aumentato di 3 anni gli anni di contribuzione portandoli da 38 a 41 (è come se si avesse aumentato l’età anagrafica di 1 anno). Il lavoratore ha accettato psicologicamente l’innalzamento degli anni di contribuzione.
Avendo il lavoratore accettato psicologicamente l’innalzamento degli anni di contribuzione, ed avendo già accettato l’innalzamento dell’età anagrafica, si trova ora nelle condizioni psicologiche di accettare il passaggio da Quota 103 (62+41) a Quota 104 (63+41).
Nel 2024 non ci saranno quindi sorprese: il Governo comincerà a far circolare la voce di Quota 104 (voce che, peraltro, circolava già nel 2022) per fare accettare al lavoratore Quota 104 (63+41).
Il Governo Meloni sa bene che l’opposizione parlamentare non avrà obiezioni a riguardo, e l’opposizione parlamentare non si opporrà perché potrà giocare la sua carta pensioni nelle promesse elettorali che seguiranno.
Il Governo Meloni non teme nemmeno le Organizzazioni Sindacali che, al più, potranno organizzare qualche sciopero (di venerdì, naturalmente).
Il Governo Meloni si trova (almeno in Italia) in una posizione di schiacciante superiorità su tutti (unica minaccia per la sua sopravvivenza potrà provenire solo dalla mancanza di coesione degli alleati interni).
30 Marzo 2023 alle 16:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Marco, lei domanda per che cosa paghiamo ministri, vice ministri, sottosegretari. Li paghiamo per guidare la Nazione, ci verrebbe da dire.
Li paghiamo per far crescere il reddito pro capite di milioni di italiani (e quindi il PIL nazionale), e per ridurre la povertà assoluta in cui versano milioni di italiani.
Da anni il PIL nazionale cresce dello zero virgola per cento, e quindi da anni il reddito pro capite di milioni di italiani non aumenta. È aumentata, invece, la povertà assoluta di milioni di italiani.
Ci hanno provato tanti Governi a migliorare le condizioni degli italiani. Ma ogni Governo che si è succeduto ha prodotto risultati di gran lunga inferiori alle aspettative. Ogni Governo potrebbe dire “senza il nostro intervento sarebbe potuto andare peggio”. Può darsi. Ma è un’affermazione che non può essere provata, e quindi priva di valore.
Vede, sig. Marco, non è facile guidare una Nazione. I nostri governanti ci provano. Imparano. Non ci riescono. Passano il comando. Ci riprovano altri. Nemmeno ci riescono. Perché?
I governanti non riescono a governare la nazione, perché sono gli eventi che governano la nazione: calo delle nascite, allungamento della vita, invecchiamento della popolazione, emigrazione, immigrazione, pandemia, guerra, inflazione. E ad oggi, nessuno dei nostri governanti è in grado di governare nessuno di questi eventi.
Paghiamo ministri, vice ministri, sottosegretari perché imparino a governare gli eventi. Perché imparino a guidare la Nazione. Perché imparino come migliorare le condizioni di vita di milioni di italiani.
27 Marzo 2023 alle 14:42 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, i commenti non vengono cancellati. Vengono, semplicemente, ritardati nella pubblicazione.
Potrei forse dire che i gestori del sito ci hanno abituati male quando hanno eliminato la mediazione, consentendoci, quindi, di vedere i nostri commenti pubblicati immediatamente.
Le dirò ciò che i sistemisti dei mainframe (elaboratori elettronici di enorme potenza elaborativa in grado di gestire migliaia di utenti contemporaneamente e centinaia di migliaia di transazioni all’ora) facevano in anni addietro (intorno al 1980): essi introducevano dei ritardi nelle risposte a terminale per evitare di abituare gli utenti a sperimentare tempi di risposta immediati, quando veniva aumentata la potenza del mainframe.
La potenza dei mainframe veniva aumentata perché il carico elaborativo andava crescendo nel tempo. Ma, nel momento in cui la CPU passava da 100 a 200 (giusto per dare dei numeri) ecco che i tempi di risposta a terminale si dimezzavano, e gli utenti erano anche più soddisfatti.
Ma, man mano che il carico elaborativo cresceva, i tempi di risposta andavano aumentando e questo generava lamentele presso gli utenti i quali si erano abituati a tempi di risposta oltremodo rapidi.
Per evitare che gli utenti sperimentassero questa “asimmetria” nei tempi di risposta, si tendeva a stabilizzare i tempi di risposta, introducendo un ritardo quando la potenza della CPU veniva aumentata e diminuendo il ritardo quando la potenza della CPU tendeva a saturarsi.
Oggi non si usa più questa tecnica con i mainframe, perché si dà al sistema operativo (che gestisce il mainframe) l’obiettivo di garantire un determinato tempo di risposta agli utenti, indipendentemente dalla potenza di calcolo della CPU.
Ora, vede sig. Giovanni, il sito di pensionipertutti non è gestito da un mainframe (e se è per questo, nemmeno i siti di Google, di Amazon, e di tutti gli altri), per cui, per garantire il livello di servizio che lei desidera occorrerebbe togliere definitivamente la mediazione dei commenti. Ma questo non è proprio possibile, perché i commenti devono essere mediati per evitare che vengano pubblicate cose non pubblicabili.
Perciò, sig. Giovanni, si rassicuri: i commenti non vengono cancellati, ma solo ritardati nella pubblicazione. Forse un giorno non lontano anche i Redattori di pensionipertutti installeranno ChatGPT (il chatbot basato su intelligenza artificiale) che, oltre a mediare i commenti di noi lettori, scriveranno pure gli articoli per loro conto.
23 Marzo 2023 alle 14:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni,
la ragione per cui alcuni messaggi passano rapidamente (e quindi vengono pubblicati in tempo reale) è la seguente: il controllo sulla moderazione non è attivo (perché i Redattori di Pensionipertutti l’hanno rimosso al fine di rendere più spedito lo scambio di opinioni tra i lettori).
La ragione per cui alcuni messaggi, invcece, non passano rapidamente è la seguente: il controllo sulla moderazione è attivo (lo si vede dal fatto che quando viene dato l’invio compare la scritta “commento in moderazione”). Se la moderazione avviene con ritardo, i commenti si accumulano, e quindi si corre il rischio che alcuni commenti non vengano pubblicati per insufficienza temporale da parte dei Redattori di Pensionipertutti nell’esaminarli.
Questa, ovviamente, è la mia spiegazione. Ma potrebbe esserci una spiegazione differente che al momento non riesco a immaginare.
23 Marzo 2023 alle 13:10 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, se può esserle di conforto, anche un mio commento in risposta al suo commento non è stato pubblicato. Credo che ciò dipenda dal fatto che Erica Venditti non sia disponibile e che Stefano Rodinò non abbia il tempo materiale sufficiente per poter moderare i commenti. Facciamocene una ragione.
22 Marzo 2023 alle 20:54 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Non se la prenda più di tanto, sig. Giovanni, non ne vale proprio la pena.
Più volte la Dott.ssa Venditti ci ha ricordato che è lei a moderare i commenti e che questi talvolta sono anche un centinaio.
Supponga che la Dott.ssa Venditti si sia ammalata, oppure che stia partecipando ad un Convegno, oppure che abbia un problema in famiglia. Non sarebbero queste motivazioni più che comprensibili perché i commenti non vengono approvati nei tempi che noi ci aspettiamo?
A volte i filtri vengono rimossi, e i nostri commenti vengono pubblicati in tempo reale. Quando ciò accade, noi tutti siamo testimoni che sono presenti anche commenti scritti in una lingua illeggibile (ma anche in lingua leggibilissima e contenenti espressioni non di certo in linea con il codice etico di qualsiasi testata giornalistica).
Perciò, sig. Giovanni, se lei è consapevole di avere espresso il suo pensiero in termini eticamente corretti, pensi al fatto che la Dott.ssa Venditti probabilmente non si trova nelle condizioni più favorevoli per approvare i commenti (in particolare, quelli più lunghi e che richiedono maggior tempo per essere moderati).
22 Marzo 2023 alle 11:56 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, perché attendere? Attendere che cosa? Attendere la risposta alla domanda del perché alcuni messaggi vengono cancellati? Ma forse i messaggi non vengono cancellati, piuttosto non vengono pubblicati.
Forse i messaggi non vengono pubblicati perché sfuggono all’attenzione dei Redattori di Pensionipertutti. Forse, i Redattori di Pensionipertutti vengono fuorviati dal software che gestisce il sito web, o forse perché hanno da soddisfare impegni con priorità maggiori. Non lo sappiamo.
Ma ci interessa davvero saperlo?
Quello che la indispone, io credo, è di essere ignorato. Questo fenomeno, cioè “essere ignorati”, è facile che si realizzi nei servizi digitali. Nei servizi digitali opera la società umana, ma i contatti non sono umani, sono digitali, spersonalizzati.
Il processo di digitalizzazione attualmente in corso di rapido sviluppo nella nostra società (e nel mondo) segna il passaggio dai servizi gestiti dagli umani ai servizi gestiti dalle tecnologie digitali. E nelle tecnologie digitali non c’è ascolto, comprensione, empatia, umanità.
Vede, sig. Giovanni, io leggo i suoi commenti, e so che lei è inascoltato dal Governo, dai Sindacati, da Pensionipertutti.
So, sig. Giovanni, che la sua voce rimane inascoltata nel frastuono delle parole dei politici, dei sindacalisti, dei giornalisti.
Ma le voglio anche dire, sig. Giovanni, che in mezzo a tutto questo frastuono di voci e parole io leggo le sue parole e ascolto la sua voce.
3 Marzo 2023 alle 9:20 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Lilli Reolon, dai giornali ho appreso, tempo fa, che lo stipendio annuale del Presidente Pasquale Tridico era di 60.000 (sessantamila) euro lordi annui.
Il suo stipendio fu poi alzato a 150.000 (centocinquantamila) euro lordi annui.
Questo è quanto ho appreso dalla stampa. Mi sono enormemente meravigliato.
Mi sono meravigliato perché ritengo che un Presidente dell’INPS che gestisce un budget di centinaia di miliardi non possa assolutamente guadagnare 150.000 euro lordi annui, né tantomeno 60.000 euro.
Per darle un’idea, quando io lavoravo da dipendente come Quadro aziendale nel 2010 in una multinazionale estera, guadagnavo 60.000 (sessantamila) euro lordi annui corrispondenti a 2.600 (duemilaseicento) euro netti mensili. Inoltre, ai 60.000 euro si aggiungeva un bonus annuo di 5.000 (cinquemila) euro lordi.
Altri miei colleghi, con la mia stessa qualifica aziendale, arrivavano anche a 75.000 (settantacinquemila) euro lordi annui con benefit la macchina aziendale.
Pertanto, sig.ra Lilli Reolon, fatti i dovuti rapporti tra i ruoli di Presidente di un grande Istituto pubblico e i Quadri di aziende multinazionali, ritengo che lo stipendio di 150.000 euro lordi del Presidente INPS Pasquale Tridico (se è vero quello che riportano i giornali) sia al di sotto del suo livello di inquadramento (ovviamente, è il mio punto di vista).
1 Marzo 2023 alle 15:19 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vede, sig. WAL52, la “monetizzazione delle proprietà immobiliari dello Stato” non si configura come “cartolarizzazione”. Si configurerebbe come “cartolarizzazione”, invece, l’intenzione da parte del Governo italiano di cedere i crediti di imposta delle aziende alla Cassa Depositi e Prestiti a seguito dello stop del superbonus del 110%.
Qualora si scoprisse che talune aziende hanno agito fuori dalle regole e pertanto non hanno diritto ad alcun credito di imposta, la Cdp si ritroverebbe con della “carta straccia”, con crediti non esigibili, proprio come è accaduto con le banche americane (ma non solo quelle) nella crisi finanziaria del 2007 (le banche, come ricorderà, avevano concesso mutui a famiglie che non potevano garantire la restituzione del credito, e quando i tassi di interesse aumentarono, ecco che le famiglie non potevano più pagare la rate del mutuo e quindi le banche si ritrovarono con crediti non esigibili).
La “monetizzazione delle proprietà immobiliari dello Stato” è altra cosa dalla cartolarizzazione, perché gli immobili sono già di proprietà dello Stato, tanto è vero che lo Stato già applica la “monetizzazione delle proprietà immobiliari dello Stato” vendendo gli immobili ai privati per incassare euro al fine di ridurre il debito pubblico.
La “monetizzazione delle proprietà immobiliari dello Stato” non si configura nemmeno come “monetizzazione del debito pubblico” in quanto lo Stato non emette titoli che poi vengono comprati dalla Banca Centrale Europea al fine di ricevere denaro, ma dà, in cambio di euro, gli immobili che sono già “denaro” ma denaro non circolante, denaro, appunto, “immobile”, cioè “immobilizzato”.
La “monetizzazione delle proprietà immobiliari dello Stato” fatta in moneta digitale circolante solo in Italia serve per evitare di cedere gli immobili (soprattutto porti e spiagge demaniali) alle multinazionali estere, oltre al fatto che non può avvenire in euro perché lo Stato italiano non può emettere l’euro (prerogativa riservata alla BCE e alle banche commerciali tramite erogazione di prestiti mediante moneta scritturale).
Per quanto riguarda il neo-liberismo, inteso come libertà da parte delle aziende di produrre e commerciare in un mercato libero da vincoli imposti dallo Stato, mi dichiaro propenso per un neo-liberismo “a libertà vigilata”, per così dire, dove la libertà di produrre e di commerciare avvenga nel rispetto di regole che tutelino l’interesse pubblico da tentazioni predatorie da parte dell’interesse privato.
Mi trovo d’accordo col Presidente Meloni quando afferma che il Governo ha intenzione di “togliere alcuni cavilli, eliminare alcuni vincoli” (immagino intendesse di natura burocratica) che sono controproducenti per le attività di produzione e di commercio delle aziende. Trovo giusto che le aziende perseguano il profitto, grazie al quale potranno effettuare maggiori investimenti e quindi creare occupazione.
Mi trovo invece in disaccordo col Presidente Meloni quando afferma che “non è lo Stato che genera lavoro, […] perché il lavoro lo creano le aziende con la loro capacità”. Trovo che sia giusto che sia lo Stato a generare lavoro quando le aziende, in una prospettiva di mancata realizzazione di profitto, non sono in grado di generare lavoro.
Infine, mi trovo in disaccordo con tutti i Governi precedenti che hanno premuto l’acceleratore sulla privatizzazione del patrimonio dello Stato, dando libero sfogo ad attività predatorie da parte dell’interesse privato su quello pubblico.
1 Marzo 2023 alle 15:15 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Pietro62, sono d’accordo con lei quando osserva che la mia espressione vale per un sistema a ripartizione. Su tale sistema si basa il nostro sistema pensionistico, e di tale sistema a ripartizione occorre tenere conto.
Resta inteso che una persona può andare in pensione quando vuole se ritiene di poter vivere con l’importo che è riuscito a maturare costruendosi una pensione complementare fondata sul sistema a capitalizzazione.
Se, per ipotesi, il Governo decidesse di convertire il sistema a ripartizione nel sistema a capitalizzazione, sono dell’opinione che verrebbe introdotto anche in tale sistema a capitalizzazione un limite minimo di età, per evitare che vengano lasciate sguarnite talune professioni ritenute “professioni-chiave”, di una certa importanza.
Prendiamo, per esempio, la Sanità. Al momento il Governo ha intenzione di incentivare i medici a proseguire l’attività fino a 70 anni ed oltre, su base volontaria. Ma questo, a mio avviso, è il primo passo per procedere verso l’obbligatorietà. Attualmente l’obiettivo – non dichiarato dal Governo italiano ma presente nelle previsioni dell’OCSE – è di innalzare progressivamente l’età pensionabile a 71 anni per tutti. Personalmente opterei per incentivare i medici ad andare in pensione a 65 anni di età e farei entrare in ruolo i medici giovani precari.
Quando i robot e le macchine-automa strariperanno per le vie della città per consegnarci la posta, o per fare da dog sitter ai nostri cani, o per raccogliere i rifiuti urbani, o per venirci a prendere col taxi, avremo acquisito una tale familiarità con loro che non ci meraviglieranno affatto, proprio come oggi non ci meravigliamo della lampadina che si accende, del fax, del telefono, del televisore, del PC, del cellulare. I contributi che i robot verseranno, qualora non servissero per finanziare le pensioni perché, stando alla sua ipotesi, non ci saranno persone che andranno in pensione, serviranno invece a finanziare la cassa integrazione dei lavoratori che attraverseranno periodi di disoccupazione, e di questi ce ne saranno tanti se il tasso di crescita di nuove professioni (che i robot non saranno ancora in grado di svolgere) non sarà maggiore del tasso di sostituzione dei robot con gli umani.
Per quanto riguarda la sua ultima affermazione in merito all’errore di fondo che si è fatto all’inizio optando per il sistema a ripartizione piuttosto che per il sistema a capitalizzazione, ritengo che il sistema a ripartizione sia un sistema più orientato alla “collettività” (l’uno per l’altro) che all’“individuo” (ognuno per sé) come avviene col sistema a capitalizzazione. Ciò non lo vedrei quindi come un “errore”, ma come una “scelta”.
28 Febbraio 2023 alle 12:53 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Certamente, sig. Paolo1959, l’equazione P=L è semplificata al massimo. Vuole solo indicare che le “pensioni sono in funzione del lavoro”. L’espressione più generale potrebbe essere “pensioni proporzionali al lavoro”, e in tal caso si potrebbe utilizzare il fattore di proporzionalità “K” che lei introduce.
La relazione che lega le pensioni P al lavoro L (ovvero ai contributi versati dal lavoro) è assai più articolata, perché dipende anche dal tasso di natalità, dalla speranza di vita, dal tasso di mortalità.
Solitamente io penso in formule, e con le formule costruisco i modelli, il cui scopo è di mettere in evidenza gli elementi che caratterizzano la realtà che si vuole studiare. E l’elemento che io voglio evidenziare è che è il lavoro che genera le pensioni e questo significa una cosa precisa: non si può andare in pensione quando si vuole, ma si può andare in pensione solo se c’è un volume di occupazione sufficiente a finanziare le pensioni da erogare.
Per quanto riguarda l’automazione, io non penso ad una “tassa” da applicare agli automi (la cosiddetta “robot tax”) ma ad una “imposta” da applicare agli automi.
La tassa si applica a fronte di un servizio che si riceve, per esempio, dal Comune (esempio la TARI – Tassa Rifiuti) oppure dallo Stato per servizi generali (Difesa, Istruzione, Sanità).
Io sostengo che se un automa (robot o software che sia) contribuisce con un certo grado di autonomia e di “intelligenza” al processo di produzione, allora l’automa va considerato non più come “fattore di produzione capitale” ma come “fattore di produzione lavoro” e come tale va equiparato al fattore di produzione lavoro umano.
Se l’uomo versa contributi derivanti dal proprio lavoro, allora anche l’automa deve versare contributi derivanti dal lavoro che svolge.
I contributi da lavoro versati dall’automa non penalizzerebbero l’imprenditore che comunque disporrebbe con l’automa di una forza lavoro h24, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno, senza ferie, senza permessi retribuiti, senza malattia (se non per qualche giorno di manutenzione).
I contributi da lavoro versati dall’automa servirebbero sia a colmare i vuoti contributivi dei lavoratori che andranno incontro a periodi di disoccupazione, sia a finanziare nuove pensioni per consentire l’ingresso nel mondo del lavoro da parte di giovani disoccupati (in tal caso varrebbe la funzione L=P, ovvero, le pensioni “generano” lavoro).
28 Febbraio 2023 alle 10:57 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Wal52, l’uguaglianza P=L potrebbe essere chiamata “Principio Fornero”, sul quale si regge la “Legge Fornero” che noi tutti conosciamo.
Il Principio Fornero (il “Principio 1”) è proprio quello che la Prof.ssa Fornero enunciò nella sua conferenza stampa di dicembre 2011 per illustrare la Riforma Fornero: “…tutti, ma proprio tutti, devono capire che il principale meccanismo per fare pensioni è il lavoro. Quindi questa è la riforma delle pensioni ma la riforma del mercato del lavoro completerà questo primo pezzo, [che] viene prima, per necessità, per vincoli finanziari”.
Un “principio” è valido per definizione, non deve essere dimostrato. Il “principio” è più di una “legge”.
P=L vale sia per un sistema a capitalizzazione (ovvero: con i soldi del mio lavoro “L” mi pago la mia pensione “P”), che per un sistema a ripartizione (ovvero: con i soldi del mio lavoro “L” pago la pensione “P” ad altri, e con i soldi del lavoro “L” di altri viene pagata la mia pensione “P”).
Stabilito il principio “P=L” (ovvero: P dipende da L) è possibile ricavare la “legge” “L=P” (ovvero: L dipende da P) la quale afferma (mio pensiero): “per poter creare lavoro “L” in una società con bassi tassi di crescita (come l’Italia) occorre favorire il pensionamento “P” di lavoratori anziani”. Tale “legge” può, ovviamente, essere messa in discussione ed essere dimostrata fallace.
I lavoratori anziani hanno già tutto ciò di cui hanno bisogno per vivere: casa, elettrodomestici, mobili.
I giovani disoccupati hanno poco o nulla e sono quindi loro che potranno stimolare la crescita, ovvero consumi, produzione, investimenti, occupazione e… pensioni.
Il debito elevato (come quello italiano) è una grossa palla al piede per la crescita, perché nessuno ti presta soldi per effettuare investimenti se non dimostri di essere in grado di saperli spendere bene (se qualcuno te li presta, lo fa chiedendo tassi di interesse elevati per coprire il maggiore rischio di non vedere restituiti i soldi prestati).
Basta guardare, per esempio, al PNRR: notizie di giornali riportano che su 200 miliardi a disposizione dell’Italia, appena 20 miliardi sono stati finora spesi. È vero, c’è tempo fino al 2026, ma una piccola riflessione sulla capacità dell’Italia di fare investimenti occorre farsela.
La soluzione al “problema Italia”, alla sua scarsa capacità di crescere, di creare occupazione, di creare posti di lavoro, è l’autofinanziamento. Ma non offrendo “BTP Italiani” agli italiani, invece che agli investitori esteri, in cambio dei risparmi italiani. L’autofinanziamento di cui parlo consiste nel “dare in pegno” alla Cassa Depositi e Prestiti il proprio patrimonio di Stato (su questo punto credo di essermi sufficientemente espresso nell’Art. 2. della mia “Proposta Individuale” https://www.pensionipertutti.it/pensioni-anticipate-2023-news-ecco-dove-prendere-le-risorse-per-cambiare-la-fornero/).
18 Febbraio 2023 alle 19:31 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vede, sig. Maurizio, credo di non essere il solo a proporre l’adeguamento dei salari all’inflazione (cosa che ho esplicitato nella mia Proposta Individuale inviata al Governo Meloni in data 13 gennaio 2023, in cui il comma 3 dell’Art. 3 recita: “Adeguamento dei salari all’inflazione”. L’art. 3 della Proposta Individuale è stata pubblicata su Pensionipertutti da Erica Venditti in data 20 gennaio 2023).
Anche Fabio Panetta, membro del Board della Banca Centrale Europea, afferma che “è giusto che i salari siano compensati dall’inflazione. Con una perdita del 10% il costo va spalmato anche sulle imprese” (articolo di Maria Lucia Panucci del 16 febbraio 2023):
In particolare, l’articolo riporta le parole di Fabio Panetta il quale afferma che “Le rivendicazioni salariali di fronte all’elevata inflazione non chiedono una piena compensazione ma piuttosto una redistribuzione dell’onere imposto dal rialzo dei prezzi senza che ciò conduca necessariamente a una spirale prezzi-salari”.
Per Fabio Panetta occorrerebbe distribuire l’onere tra i due fattori di produzione: capitale e lavoro. In parole povere, occorre “prelevare” dalle imprese e dare ai lavoratori.
Per me, invece, occorrerebbe distribuire l’onere tra lo Stato e la collettività. In parole povere, occorre “prelevare” dallo Stato (dando in pegno i suoi immobili) e dare ai lavoratori.
Seguendo le indicazioni di Fabio Panetta (oppure le mie) sarebbe possibile andare in pensione senza toccare quelle già erogate.
18 Febbraio 2023 alle 13:41 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Luciana, le pensioni non più corrisposte ai morti durante il lockdown sono servite (immagino io) a pagare gli aumenti, per il 2023, delle pensioni correnti che sono state adeguate all’inflazione.
Nel 2024 si stima che l’inflazione calerà rispetto al 2023, ma indurrà comunque un nuovo aumento delle pensioni correnti.
Pertanto, sig. Luciana, se nel 2023 i salari non aumenteranno (con il conseguente versamento di maggiori contributi), oppure se nel 2024 l’occupazione non aumenterà (anche qui, con il conseguente versamento di maggiori contributi), per potersi mantenere in equilibrio sul filo delle pensioni, occorrerà avere al Ministero dell’Economia e delle Finanze qualcuno che sia abile più come trapezista che come finanziere.
18 Febbraio 2023 alle 12:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Bruno, secoli fa (come ci narra la Storia), Brenno, re dei Galli (come una volta venivano chiamati i Francesi), invase l’Italia spingendosi fino a Roma, e chiedendo come riscatto l’oro, pronunciando al tempo stesso la frase tremenda “Guai ai vinti!”.
Si fece avanti il coraggioso Marco Furio Camillo, che all’arrogante Brenno pronunciò con orgoglio la frase “Non con l’oro si riscatta la Patria, ma col ferro”.
Oggi, a distanza di più di due secoli, i Galli (come una volta venivano chiamati anche i Belgi) si sono spinti fino a Roma, e chiedono come riscatto per la concessione di fondi europei l’austerità nei conti pubblici.
Ebbene, sig. Bruno, io credo che al Governo di Roma non ci sia alcuno che si chiami Marco Furio Camillo che possa affermare con forza, convinzione e determinazione che “Non con l’austerità si riscatta l’Italia, ma con il lavoro”.
18 Febbraio 2023 alle 12:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Bruno, secoli fa (come ci narra la Storia), Brenno, re dei Galli (come una volta venivano chiamati i Francesi), invase l’Italia spingendosi fino a Roma, e chiedendo come riscatto l’oro, pronunciando al tempo stesso la frase tremenda “Guai ai vinti!”.
Si fece avanti il coraggioso Marco Furio Camillo, che all’arrogante Brenno pronunciò con orgoglio la frase “Non con l’oro si riscatta la Patria, ma col ferro”.
Oggi, a distanza di più di due secoli, i Galli (come una volta venivano chiamati anche i Belgi) si sono spinti fino a Roma, e chiedono come riscatto per la concessione di fondi europei l’austerità nei conti pubblici.
Ebbene, sig. Bruno, io credo che al Governo di Roma non ci sia alcuno che si chiami Marco Furio Camillo che possa affermare con forza, convinzione e determinazione che “Non con l’austerità si riscatta l’Italia, ma con il lavoro”.
16 Febbraio 2023 alle 12:55 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
A questo mondo sono davvero in pochi, pochissimi, a conoscere l’animo di una donna. A volte, nemmeno una donna conosce l’animo di una donna. Potrà sembrare strano, è vero, quasi assurdo.
Ma i fatti dimostrano che né il Presidente Meloni, né il Ministro Calderone, donne, conoscono l’animo di una donna. Soprattutto, non conoscono l’animo di una donna che lavora per l’azienda, che lavora per la famiglia, che lavora per dare assistenza in casa ai propri genitori anziani perché non se la sentono proprio di abbandonarli in un ospizio nell’attesa che giunga la Morte liberatrice (liberatrice sia per il genitore anziano che per la figlia che l’assiste).
Se anche lei è una donna, sig.ra “No pensione donna”, per quello che ha scritto anche lei rivela di non conoscere l’animo di una donna. Né tantomeno se stessa.
Se, invece, lei è un uomo, sig. “No pensione donna”, allora dimostra, per quello che ha scritto, di non aver mai conosciuto una donna, nè sua moglie, nè sua madre. Sì, nemmeno sua madre, che l’accudiva quando era ammalato, che le preparava da mangiare quando aveva fame, che l’aiutava a fare i compiti per la scuola, che prendeva sempre le sue difese quando suo padre la rimproverava perché aveva commesso qualcosa di sbagliato, che assisteva sua nonna allettata, che si appartava per piangere per non mostrare quanto la sua forza fosse così debole, che si coricava la sera dopo che tutti erano andati a letto con occhi arrossati, forse per la stanchezza o forse per il pianto, entrambi durante il giorno abilmente dissimulati.
Che lei, “No pensione donna”, sia una donna, o un uomo, poco importa.
Ma importa quello che scrive, quello che dice. Perché sono parole amare, struggenti, devastanti come un terremoto, che riversano fango, e fungono da boomerang, ricoprendo lei di fango.
Perché mai, “No pensione donna”, lei ama ricoprirsi di fango? Ricoprire di fango la sua mente, il suo cuore, la sua anima? Sì, perché lei è un’anima, che è un diamante ricoperto di fango e che attende soltanto di poter brillare, di poter risplendere dopo che quel fango sia stato rimosso.
La Sig.ra Orietta Armiliato merita il rispetto che è dovuto ad una Donna che lotta per le Donne che meritano rispetto (e non solo per loro).
Ci sarebbe da domandarsi, “No pensione donna”, che cosa mai le avranno fatto, per farle dire le cose che lei ha detto.
Sono sicuro che lei “No pensione donna”, nel posto più nascosto del suo cuore, pensa diversamente da ciò che ha detto.
Ne sono sicuro. Perché nessuna donna, nessun uomo potrebbe mai dire, dal più profondo del suo cuore, quello che lei ha detto.
12 Febbraio 2023 alle 12:57 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Mariano, si senta libero di dissentire dal mio pensiero, ha piena facoltà di nutrire e manifestare le sue opinioni.
È vero che su alcuni punti da lei elencati non sono d’accordo.
PUNTO UNO. Lei afferma: “liberarsi dalla attuale classe politica, che può generare solo governi collaborazionisti”.
Io rispondo: Impossibile liberarsi dall’attuale classe politica. Vi sarà sempre una “attuale” classe politica di cui ci sarebbe da liberarsi, ed è quella che viene scelta e creata proprio dal popolo (come dimostra la formazione del futuro partito “PD” che presumibilmente cambierà nome).
Inoltre, ogni Governo che si formerà dovrà per forza di cose “collaborare” con altri Governi internazionali per evitare di rimanere isolato, il che avrebbe ricadute assai negative sull’andamento dell’economia nazionale (si veda l’esempio della Brexit UK).
PUNTO DUE. Lei afferma: “uscire da sistema euro; uscire da EU (sottolineo UE, non Europa)”.
Io rispondo: Se comprendo bene, lei propone di uscire dal sistema euro (moneta unica europea) pur rimanendo nella Unione Europea (UE). Sarebbe possibile uscire dal sistema euro e rimanere nel contempo nella Unione Europea. Ma lo sconsiglierei fortemente.
Se l’Italia uscisse dal sistema euro dovrebbe dotarsi di una propria moneta con cui effettuare scambi internazionali. Verrebbe messa sotto attacco speculativo (si ricordi quando la lira italiana fu messa sotto attacco e fu costretta ad uscire dallo SME (Sistema Monetario Europeo) nel 1993, e il Governo fu costretto a svalutare la lira, con ripercussioni positive verso l’estero grazie all’aumento dell’export, ma con gravi conseguenze negative verso l’interno a causa di inflazione e aumento dei tassi di interesse).
Sono invece dell’opinione di restare nel sistema euro ma utilizzando una moneta nazionale (una “e-lira” scritturale, non criptovaluta) la cui circolazione sia limitata al solo territorio nazionale. Una doppia circolazione della moneta (euro ed “e-lira”) con contrasterebbe né con i Trattati europei né con la Costituzione della Repubblica Italiana (la quale, nell’Articolo 11, consente “limitazioni di sovranità” ma non “cessione di sovranità” – tantomeno la cessione di sovranità monetaria).
PUNTO TRE. Lei afferma “nazionalizzare le aziende strategiche, a partire da energia e telecomunicazioni, passando per acciaio e parte del sistema bancario, riportata, finalmente, sotto il pieno controllo statale”.
Io rispondo: Sono d’accordo con la nazionalizzazione delle aziende strategiche. Più precisamente, sono d’accordo con la partecipazione pubblico-privato in cui lo Stato possiede il 51% delle azioni e quindi il controllo delle aziende.
Sono d’accordo con l’istituire l’I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione dell’Italia, sullo stile dell’impianto I.R.I degli anni Settanta – Istituto per la Ricostruzione Industriale).
Per quanto riguarda la nazionalizzazione del sistema bancario, ritengo sufficiente che si nazionalizzi la Banca Centrale. Lasciamo da parte la Banca d’Italia (la quale non avrebbe neanche più ragione di esistere, in quanto non ha alcuna facoltà di stampare moneta, né di regolare i cambi con l’estero, né di operare la vigilanza sulle altre banche). Esiste già una banca “nazionalizzata”, anzi, governativa, la Cassa Depositi e Prestiti, in quanto è controllata per circa l’83% da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Per quanto riguarda la mia idea sull’IRI, devo aggiungere che mi trovo d’accordo con la Proposta (avanzata nel 2020) di Giuseppe Rao per uscire dalla crisi: “Stato imprenditore e un moderno Iri per un nuovo umanesimo industriale” (https://www.academia.edu/44795953/La_proposta_di_Rao_per_uscire_dalla_crisi_Stato_imprenditore_e_un_moderno_Iri_per_un_nuovo_umanesimo_industriale_).
NOTA: Giuseppe Rao è Consigliere del Governo (non saprei dire, però, se è rimasto consigliere dell’attuale Governo Meloni) (https://presidenza.governo.it/AmministrazioneTrasparente/Personale/curriculum/dettaglio.asp?d=23357&queryInServizio=nocessa)
CONCLUSIONI. Ognuno vorrebbe un mondo fatto a propria misura. Ognuno vorrebbe cambiare il mondo. Magari è pronto a riconoscere che non può cambiare il mondo, e allora si orienta a cambiare il proprio Paese, magari con le elezioni. Si accorge, però, quanto sia difficile cambiare il proprio Paese, e allora si domanda se può cambiare il proprio Partito, o il proprio Sindacato. Si accorge, però, che anche cambiando il proprio Partito o il proprio Sindacato, le cose, pur cambiando, rimangono le stesse. E questo vale anche per la propria azienda, per la propria famiglia, per la persona amata. Quanto è difficile cambiare le cose!
Ma la vita cela un profondo segreto: se cambierò me stesso, avrò cambiato il mondo, perché avrò cambiato la mia “visione” del mondo!
11 Febbraio 2023 alle 20:21 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Vede, sig. WAL52, da anni la crescita economica in Italia è molto fiacca, è come un vento che non si alza per spingere una sperduta barca.
In una economia che non cresce non si possono creare nuovi posti di lavoro, con la conseguenza che chi lavora continua a lavorare, e chi non lavora continua a non lavorare.
Per poter crescere in una economia che non cresce occorre effettuare uno “swap”: fuori uno e dentro l’altro.
In pratica, la situazione è questa: chi lavora non può andare in pensione, perché non c’è chi potrebbe lavorare al posto suo; e chi non lavora non può prendere il posto di un altro, perché non c’è chi libera il posto per lui.
È ciò che viene detto: “è il cane che si morde la coda”. È una situazione di impasse, di stallo. E da qui non si esce senza un “intervento esterno” (che non è certamente la Provvidenza di cui parla spesso il Manzoni)
PRIMA COSA DA FARE: non dipendere dai prestiti esteri. E a questo il Governo pare ci abbia già pensato, dal momento che pensa di rivolgersi agli Italiani. Pensa di contrarre il debito più con gli italiani che con altri, pensa di “nazionalizzare” il debito pubblico.
SECONDA COSA DA FARE: non dipendere dai prestiti (nemmeno da quelli degli italiani). E a questo il Governo pare non ci abbia ancora pensato, visto che ha intenzione di chiedere prestiti agli italiani.
TERZA COSA DA FARE: affidarsi più alle proprie risorse che a quelle degli altri (italiani e non). Lo Stato ha immobili per un valore di circa 342 miliardi di euro (forse qualche miliardo in meno, perché – si dice in giro – qualche immobile potrebbe essere stato svenduto a qualche politico di casa nostra).
QUARTA COSA DA FARE: vendere i propri immobili senza svenderli, e in modo che restino nelle mani dello Stato. Detto in altri termini, lo Stato dovrebbe “impegnare” (dare in pegno) i propri immobili in cambio di denaro (come fanno alcune famiglie che si recano al Monte di Pietà). Lo Stato dovrebbe però pensare di fare in modo di poter rientrare in possesso degli immobili che dà in pegno (nota: dando in pegno gli immobili di Stato si evita anche che vengano svenduti – come si dice in giro – ad alcuni politici di casa nostra).
QUINTA COSA DA FARE: lasciare andare in pensione i lavoratori anziani, retribuendo le pensioni con i ricavi derivanti dall’avere dato in pegno gli immobili. In questo modo si liberano posti di lavoro e le imprese si liberano in parte di forza lavoro, recuperando redditività e quindi in grado di effettuare nuovi investimenti.
SESTA COSA DA FARE: proseguire con l’attuazione del piano nazionale chiamato “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” come previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
11 Febbraio 2023 alle 11:22 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
LAVORO = PENSIONI
e
PENSIONI = LAVORO.
Sono due equazioni strettamente legate tra loro, talmente semplici, che il solo evidenziarle rasenta la banalità.
La prima equazione, LAVORO = PENSIONI, afferma:
1. Se l’importo PENSIONI aumenta (perché viene adeguato all’aumento della costo della vita – ovvero, all’inflazione) allora anche il salario (LAVORO) deve aumentare, per almeno due motivi: a) perché il costo della vita aumenta anche per i lavoratori (e non solo per i pensionati); b) perché occorre finanziare l’aumento delle pensioni con i contributi dei lavoratori attivi (perciò, se i salari non aumentano, i contributi risultano inferiori al fabbisogno per finanziare le pensioni, e quindi le pensioni – che devono comunque essere pagate – vengono erogate in deficit).
La seconda equazione, PENSIONI = LAVORO, afferma:
2. Se l’importo SALARIO (LAVORO) non aumenta, allora anche l’importo pensionistico (PENSIONI) non aumenta. Ma se il numero dei lavoratori attivi aumenta, sebbene il salario non aumenti, tuttavia aumentano i contributi versati dai lavoratori attivi e quindi si raggiunge il fabbisogno per finanziare le PENSIONI il cui aumento viene determinato dall’aumento del costo della vita.
TRE suggerimenti pe il Governo in ambito pensionistico (da attuarsi nell’ordine di preferenza come elencati di seguito) per mantenere in equilibrio il sistema previdenziale:
a) Se le pensioni aumentano per adeguarle al costo della vita, allora occorre aumentare anche i salari adeguandoli al costo della vita;
b) Se le pensioni aumentano per adeguarle al costo della vita, e se i salari non aumentano perché non vengono adeguati al costo della vita, allora occorre aumentare il livello di occupazione;
c) Se i salari non aumentano perché non vengono adeguati al costo della vita, e se non aumenta il livello di occupazione, allora le pensioni non vanno aumentate, e vanno agganciate ai salari e non all’inflazione.
4 Febbraio 2023 alle 14:46 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Visionando il video di La7 intitolato “A lezione di pensioni dalla Prof.ssa Elsa Fornero”, mi soffermo a riflettere al minuto 3:22: “Quando si fanno le riforme pensionistiche, ciò che bisogna guardare è il futuro. Certo, nel presente, dobbiamo aiutare chi sta …”, purtroppo non si riesce a capire chi dobbiamo aiutare, dal momento che un inopportuno scroscio di applausi va ad accavallarsi alle parole pronunciate dalla Prof.ssa Fornero, la quale prosegue dicendo “… ma le riforme si fanno per il futuro, non si fanno per l’anno corrente. Non si fanno per rendere contenti gli elettori di domani, quelli che voteranno il mese in corso, o tra sei mesi, quando sarà. Ma si fanno per quegli elettori che la politica dovrebbe rappresentare, i quali però non hanno alcuno che li rappresenta perché non votano. Questo è il grave problema del nostro Paese: l’incapacità di guardare al futuro. E, infatti, i bambini non si fanno più”.
Ma allora: se non si fanno più bambini, a che serve guardare al futuro? A che serve guardare ad una generazione che non ci sarà?
Se non si fanno più bambini, è al presente che occorre guardare, alla scarsa occupabilità dei giovani.
Ma la verità è ancora un’altra. La verità è che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nella nostra economia. Nella nostra economia italiana, voglio dire.
Ieri ho ricevuto una telefonata da una venditrice di depuratori di acqua. Mi ha detto che l’installazione è a titolo gratuito perché potrei ricorrere a bonus messi a disposizione dallo Stato (non saprei dire se è la verità, ma è quanto mi è stato detto). Ho declinato gentilmente l’invito, perché non sono interessato ad avere un depuratore di acqua in casa.
Sappiamo tutti che lo Stato ha offerto bonus del 110 per cento per ristrutturare case e condomini.
Intanto la BCE, per ragioni che evidentemente riterrà valide (ma che non condivido), aumenta il tasso di sconto, con la conseguenza di rendere più difficile pagare le rate del mutuo per quei giovani che hanno avuto l’idea di mettere su casa, famiglia e far nascere bambini (che ora, forse, da due si potrebbero ridurre a uno).
Insomma, per farla breve, mentre da un lato lo Stato italiano incentiva gli investimenti con bonus (e a quanto pare stia continuando ad erogare bonus – come da testimonianza della venditrice di depuratori d’acqua), dall’altro lato la Banca Centrale Europea frena gli investimenti alzando il tasso di sconto (che si riflette nell’innalzamento dei tassi di interesse applicati dalle banche commerciali a famiglie e imprese nell’erogazione di mutui e prestiti).
Mi è venuta alla mente l’opera di Shakespeare “La tragedia di Amleto, principe di Danimarca”, precisamente quel punto in cui Amleto osserva “Something is rotten in the state of Denmark” (Qualcosa si è corrotto nello stato di Danimarca).
E allora, riflettendo sulla economia, ho pensato: qualcosa si è corrotto in Italia e in Europa.
2 Febbraio 2023 alle 20:04 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Stelluti Michele, l’adeguamento delle pensioni al costo della vita a seguito dell’inflazione (che sia chiama “perequazione”) avviene in modo automatico.
Se un lavoratore dipendente andrà in pensione nel corso del 2023, automaticamente la sua pensione verrà rivalutata in base ad una determinata percentuale che riflette il tasso di inflazione (aumento del livello generale dei prezzi).
L’ISTAT rileva e comunica agli Organi competenti, anno per anno, qual è stato il tasso di inflazione durante l’anno. Il tasso di inflazione relativo all’anno 2022 è stato del 7,3%.
Il Governo Meloni ha decretato che l’adeguamento delle pensioni al tasso di inflazione è in funzione dell’importo pensionistico, per cui non tutte le pensioni verranno rivalutate del 7,3%.
In particolare, viene preso come riferimento la pensione minima del 2022 che è pari a 525,38 euro, per cui il Governo Meloni ha decretato:
1. rivalutazione del 100% del 7,3% (quindi del 7,3%) per le pensioni fino a quattro volte il minimo (ovvero da 0 euro a 2.101,52 euro lordi);
2. rivalutazione 85% del 7,3% (quindi del 6,20%), tra 4 volte il minimo (ovvero maggiore di 2.101,52 euro lordi) e 5 volte il minimo (ovvero minore o uguale a 2.626,90 euro lordi);
3. rivalutazione 53% del 7,3% (quindi del 3,87%), tra 5 volte il minimo (ovvero maggiore di 2.626,90 euro lordi) e 6 volte il minimo (ovvero minore o uguale a 3.152,28 euro lordi);
4. rivalutazione del 47% del 7,3% (quindi del 3,43%), tra 6 volte il minimo (ovvero maggiore di 3.152,28 euro lordi) e 8 volte il minimo (ovvero minore o uguale a 4.203,04 euro lordi);
5. rivalutazione del 37% del 7,3% (quindi del 2,70%) tra 8 volte il minimo (ovvero maggiore di 4.203,04 euro lordi) e 10 volte il minimo (ovvero minore o uguale a 5.253,80 euro lordi);
6. rivalutazione del 32% del 7,3% (quindi del 2,34%) oltre 10 volte il minimo (ovvero maggiore di 5253,80 euro lordi).
1 Febbraio 2023 alle 13:33 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Carlo cl1960, lei chiede il permesso di dissentire. Permesso accordato.
Ma se dissente, non è da me che deve dissentire. Bensì da altri.
I punti 1) e 2) sui quali lei dissente, presumo che siano i seguenti punti relativi al sistema a capitalizzazione:
1) Inflazione: l’inflazione svaluta i risparmi;
2) Investimenti: i risparmi non rimangono inattivi nel salvadanaio, ma vengono investiti. I rendimenti degli investimenti dipendono molto dall’andamento delle borse.
Se avrà avuto modo di osservare il video “Superquark, demografia e pensioni in Italia” del quale ho riportato il link, si sarà potuto rendere conto che i punti 1), 2) e 3) da me esposti fanno parte del pensiero “mainstream” (per così dire), che rappresenta non già il mio punto di vista (che potrebbe essere diverso, ma poco importa) quanto invece il punto di vista sul quale convergono le convinzioni degli esperti.
In pratica, ho voluto rispondere al sig. Aldolivio da Palermo in modo oggettivo, esponendo la differenza tra sistema a capitalizzazione e sistema a ripartizione così come oggi gli esperti la concepiscono.
1 Febbraio 2023 alle 13:33 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Aldolivio da Palermo, lei ha compreso bene, quando afferma che:
1. Con un sistema a capitalizzazione il lavoratore potrebbe andare in pensione quando vorrebbe, ritirando quanto ha versato (maggiorato con gli interessi maturati sul capitale versato), o in alternativa con una rata mensile chiamata pensione;
2. Un lavoratore fa i suoi calcoli dopo 35-40 anni e decide se rimanere al lavoro oppure lasciare;
3. Volendo estremizzare, anche con 1 lavoratore attivo e 10 pensionati, in ogni caso il lavoratore che va in pensione si ritirerebbe con quanto da lui versato;
4. Non ci sarebbe alcun politico che può porre un veto o alzarsi al mattino e decidere che non ci sono i soldi.
Perché tutto ciò non accade?
La risposta va trovata nell’analisi della evoluzione demografica della popolazione italiana.
Quando si parla di pensioni non è possibile non tenere conto degli aspetti demografici (numero di nascite, allungamento della vita, invecchiamento della popolazione).
A tal proposito la inviterei caldamente a prendere visione del seguente video disponibile su youtube in cui, in una trasmissione di La 7, la Prof.ssa Elsa Fornero (che personalmente ritengo tra le maggiori esperte in ambito pensionistico e che stimo profondamente per la sua onestà intellettuale) illustra il rapporto tra demografia e pensioni
https://www.youtube.com/watch?v=9VwpNHa8qAQ
La Prof.ssa Fornero non specifica, però, che stiamo applicando una “terapia” al sistema pensionistico e non invece una “cura” al sistema pensionistico: una “terapia” che porta inevitabilmente ad allungare l’attività lavorativa e quindi ad andare in pensione sempre più tardi.
In pratica, si propone una “terapia” del tipo “più attivi e meno pensionati”, e non si propone invece una “cura” del tipo “più attivi e più pensionati”.
Se lei, sig. Aldolivio da Palermo, è interessato ad approfondire l’argomento su come “curare” il nostro sistema pensionistico, potrà trovare la soluzione al seguente link
in cui propongo:
1. Supplire al calo delle nascite con l’impiego di lavoro robotico;
2. Equiparare il lavoro robotico al lavoro umano;
3. Associare al lavoro robotico una imposta (che io chiamo IRAUT) simile all’imposta associata al lavoro umano (IRPEF);
4. Con i contributi versati dai robot/automi si pagherebbero le pensioni.
Con un tale impianto del sistema pensionistico, ovvero facendo lavorare i robot al posto degli uomini, si potrebbe attuare in concreto un sistema pensionistico misto del tipo Capitalizzazione-Ripartizione (capitalizzazione per quanto versato dal lavoratore, e ripartizione tra robot e lavoratore).-
Concludendo, si potrebbe realizzare quanto da lei, sig. Aldolivio da Palermo, è stato espresso:
“il lavoratore che va in pensione si ritirerebbe con quanto da lui versato, e non ci sarebbe alcun politico che può porre un veto o alzarsi al mattino e decidere che non ci sono i soldi”.
1 Febbraio 2023 alle 10:49 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Aldolivio da Palermo lei domanda: “Se l’Italia avesse adottato fin dall’inizio, il sistema pensionistico a capitalizzazione anziché scegliere il sistema a ripartizione cosa sarebbe cambiato?”
La risposta alla sua domanda rimane incerta. Non è possibile saperlo.
Ciò che sappiamo è che entrambi i sistemi sono validi, e presentano entrambi dei rischi. Glieli descrivo brevemente.
SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE.
FUNZIONAMENTO
Funziona come un SALVADANAIO dove mettiamo i nostri risparmi che poi ci verranno restituiti come pensione.
RISCHI
1) Inflazione: l’inflazione svaluta i risparmi;
2) Investimenti: i risparmi non rimangono inattivi nel salvadanaio, ma vengono investiti. I rendimenti degli investimenti dipendono molto dall’andamento delle borse;
3) Gestione: iI gestore dei risparmi potrebbe essere disonesto o incapace, per cui i risparmi potrebbero essere perduti o diminuire di valore.
SINTESI
Il Sistema a capitalizzazione potrebbe fornire una buona pensione se i risparmi verranno ben rivalutati attraverso buoni investimenti.
SISTEMA A RIPARTIZIONE.
FUNZIONAMENTO
Funziona come una CASSA COMUNE: chi è giovane versa i suoi risparmi, chi è anziano ritira la pensione dalla stessa cassa, la quale rimane sempre vuota, perché quello che viene versato viene anche ritirato (questo è il sistema adottato in Italia).
RISCHI
1) Invecchiamento della popolazione: i pensionati diventano più numerosi dei giovani lavoratori e potrebbero diventare persino più dei lavoratori;
2) Aumento disoccupazione: meno lavoratori che versano i loro risparmi nella cassa comune;
3) Politica: chi controlla la cassa è il potere politico, e il politico per ricevere voti può promettere più di quello che il sistema riesce a mantenere.
SINTESI
L’unico modo perché questo sistema funzioni, sia sostenibile ed equo è che le pensioni siano commisurate ai risparmi, ovvero ai contributi versati nel corso della carriera lavorativa e alla durata media della vita da pensionati.
Mi permetta, sig. Aldolivio da Palermo, di rimandarla ad una ottima trasmissione televisiva di Superquark dell’indimenticabile e ineguagliabile Piero Angela. È un ottimo video che si trova su youtube e descrive molto semplicemente le caratteristiche principali del sistema a capitalizzazione e del sistema a ripartizione del sistema pensionistico (che è proprio quanto ho provato a sintetizzare in forma scritturale nella presente mia risposta alla sua domanda).
Superquark, demografia e pensioni in Italia
31 Gennaio 2023 alle 19:02 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, lei insiste nel sostenere che i soldi ci sono.
Ma davanti ad una simile affermazione il Governo la costringerebbe a provare quello che dice, darebbe a lei l’onere della prova, mettendola in difficoltà.
Lei allora potrebbe mostrare le liste del sig. Stefano e del sig. Adolivio da Palermo riportate nell’articolo al seguenti link:
– 2 miliardi di euro perduti, perché buttati 120 milioni di vaccini ormai scaduti. E allora? Il Governo le direbbe che 2 miliardi di euro sono stati purtroppo buttati, quindi i soldi non ci sono.
– Si buttano i soldi per RDC e relativi bonus. E allora? Provengono dalla fiscalità generale e non dai contributi lavorativi. Quindi non possono essere utilizzati per il pagamento delle pensioni.
– Sprechi per le mascherine. E allora? In casi di emergenza conclamata si fa il tutto per tutto.
– Sprechi per banchi a rotelle. E allora? Gli esperti hanno evidenziato che per continuare la scuola in presenza era necessario regolamentare le distanze, e la soluzione più appropriata si è mostrata quella di utilizzare i banchi a rotelle. Con il ritorno alla normalità i banchi a rotelle si sono rivelati parzialmente inutili se non del tutto inutili.
– La burocrazia costa 57 miliardi di euro. E allora? Comunque non potremmo impiegare quei 57 miliardi di euro per pagare le pensioni perché non derivano dai contributi versati dai lavoratori.
– Sprechi e corruzione nella sanità costano 23,5 miliardi. E allora? Comunque non potremmo impiegare qui 23,5 miliardi per pagare le pensioni perché non derivano dai contributi versati dai lavoratori.
– Sprechi trasporto pubblico locale ammontano a 12,5 miliardi. E allora? Comunque non potremmo impiegare qui 12,5 miliardi per pagare le pensioni perché non derivano dai contributi versati dai lavoratori.
– Deficit logistico-infrastrutturale ‘costa’ 40 miliardi all’anno. E allora? Comunque non potremmo impiegare qui 40 miliardi per pagare le pensioni perché non derivano dai contributi versati dai lavoratori.
– 24 i miliardi di spesa pubblica in eccesso.
Ecco, l’ultimo punto segnalato dal sig. Adolivio da Palermo le darebbe scacco matto, perché la risposta del Governo sarebbe: “lei parla di 24 miliardi di spesa pubblica in eccesso? È proprio per questo che stiamo frenando la spesa pensionistica”.
Il sig, Adolivio da Palermo poi si spinge fino a formulare una ipotesi alquanto audace affermando che “se la giustizia civile italiana funzionasse come quella tedesca il Pil aumenterebbe di altri 40 miliardi”.
Sarebbe interessante conoscere la relazione funzionale tra “giustizia civile” e “Pil”. Ma anche conoscendola, occorrerebbe trasformare gli italiani in tedeschi. E questo è impossibile.
Lei, sig. Giovanni, insiste nel dire che i soldi ci sono per pagare le pensioni.
Io, sig. Giovanni, insisto nel dire che occorre creare posti di lavoro per pagare le pensioni.
Possiamo allora unire le nostre due affermazioni dicendo in coro: creiamo nuovi posti di lavoro così ci sono i soldi per pagare le pensioni.
Possiamo creare nuovi posti di lavoro?
Yes, we can! (sì, possiamo!)
31 Gennaio 2023 alle 16:48 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, i Gruppi ci sono: CODS e UTP.
Priorità assoluta va certamente riservata a tre categorie di persone, che elenco in sequenza, ma hanno pari priorità:
1) Invalidi e inabili al lavoro
2) Disoccupati inoccupabili
3) Lavoratori con mansioni gravose
La sintesi è stata fatta. Da parte mia, ho solo aggiunto alle Proposte di CODS e UTP l’indicazione da dove recuperare le risorse.
Ho ribadito che lo Stato deve applicare una patrimoniale sui suoi beni allo stesso modo in cui a volte lo Stato ha applicato (o applica) la patrimoniale sui beni delle famiglie.
Come le famiglie durante la pandemia si sono recate a impegnare i loro beni per quattro soldi, così lo Stato deve impegnare i suoi immobili per recuperare le risorse finanziare di cui necessita per fare investimenti (senza dover andare a elemosinare al Consiglio europeo) al fine di creare nuovi posti di lavoro e per pagare le nuove pensioni.
Lo Stato non può continuare a sfruttare le famiglie considerandole come ammortizzatori sociali per supplire alle sue carenze, né a elargire aiuti alle famiglie a mo’ di elemosina.
Il Governo ha il dovere di guidare la Nazione, UNA SOLA NAZIONE, UNA SOLA BANDIERA, UNA SOLA COSTITUZIONE, lasciando cadere l’idea delle autonomie regionali o di uno Stato federale (gli italiani non sono mentalmente strutturati e organizzati come lo sono i tedeschi la cui Repubblica è a carattere federale).
Come si applica la tassa sui ricchi per distribuirla ai poveri, così va applicata una tassa alle Regioni più ricche per distribuire la ricchezza alle Regioni più povere.
I Sindacati devono smetterla di parlare di evitare le gabbie salariali. Gli stipendi vanno aumentati a causa dell’inflazione, e vanno aumentati ancora di più dove la vita è più cara.
Se la vita al Nord è più cara rispetto al Centro e al Sud Italia (in termini di trasporti, affitti, utenze) è giusto che i salari di lavoratori pubblici e privati al Nord siano più elevati di quelli dei lavoratori del Centro o del Sud.
Vanno aumentati i salari degli insegnanti di ogni ordine e grado.
Vanno stabilizzati i precari nelle scuole di ogni ordine e grado.
Vanno aumentati i salari non solo dei lavoratori pubblici ma anche dei lavoratori privati.
Vanno incentivati i medici con più di 67 anni a lasciare il lavoro, e vanno assunti medici giovani.
Un medico non può servire due padroni: il pubblico e il privato.
Va potenziata e sanata la Sanità pubblica che è letteralmente allo sfascio.
Va applicata una patrimoniale sulle case libere e non affittate.
Agli studenti fuori sede lo Stato deve garantire adeguate collocazioni, ristrutturando stabili dismessi o non più utilizzati (es. caserme).
Vanno nazionalizzate le industrie strategiche, come quelle petrolifere e di distribuzione carburanti.
La Stato deve intervenire nel calmierare i prezzi del carburante trascurando l’idea di interferenza sul libero mercato, in quanto il mercato non è libero dal momento che le industrie fanno cartello.
Sig. Giovanni, questa è la lista delle cose da fare.
Se lei ritiene di aggiungere o togliere qualcosa, faccia pure la parte di uno dei Ministri del Governo, perché a me pare che lì sanno fare benissimo i conti della spesa ma non sanno a quali voci di spesa rispondono tali conti perché non conoscono i veri problemi del Paese.
Sig. Giovanni, ora lei mi dirà che tutto ciò che ho detto non c’entra nulla con le pensioni. E che quindi, non è questo che lei si aspettava di sentirsi dire.
Come Marco Porcio Catone (conosciuto come Catone il censore) terminava i suoi discorsi sempre con la frase “ad ogni modo resto dell’opinione che occorre distruggere Cartagine ̶- Cartago delenda est), così io sono solito chiudere i miei discorsi (oramai lo sapete tutti) con la seguente frase:
resto dell’opinione che occorre parlare di pensioni e lavoro (opinionis maneo quod de pensionibus et operibus loqui necesse est).
31 Gennaio 2023 alle 12:27 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
“Se nessuno ascolta il tuo appello, va’ da solo, va’ da solo” (Mahatma Gandhi).
Sono capitato per caso su questo sito. Il caso ha voluto che ci rimanessi.
Cos’è il caso? “Il caso è la via che Dio usa quando vuole restare anonimo” (Albert Einstein).
Lei, sig. Franco Giuseppe mi dirà: “Lei parla con le parole degli altri”.
No, sig. Franco Giuseppe, io non parlo con le parole degli altri. Io ho fatto mie le parole degli altri, le ho interiorizzate, perché le ho maturate nella mia esperienza di vita.
Io ho fatto una Proposta al Governo, sig. Franco Giuseppe. Non mi risulta che nessun altro lettore di questo sito l’abbia fatta. Nemmeno lei.
Ognuno è artefice del proprio destino. Io non piango su me stesso, come fanno i lettori di questo sito. Io non mi lamento, come fanno i lettori di questo sito. Io non incolpo della mia situazione né il Governo italiano, né la Commissione europea, come sono soliti fare i lettori di questo sito. Io cado, io mi rialzo, io vado avanti per la mia strada.
“Io, io, io”, mi dirà lei, sig. Franco Giuseppe. Eppure, mi creda sulla parola (se crede alle mie parole) in quell’io, c’è il “me”, il “voi, il “noi”, il “loro”, c’è l’universo intero.
Io partecipo alla discussione portando dati scientifici e calcoli matematici perché chi fa le leggi porta dati scientifici e calcoli attuariali. Io sono giusto e loro sono nel torto.
Lei dice che parlo con mancanza di sentimenti umani.
È un colpo basso, se ne rende conto?
È un colpo basso non già perché mi colpisce, ma perché mi induce a chiarire qualcosa che avrei voluto rimanesse celato. Ma lei non mi permette di tacere. E allora presti attenzione a quello che sto per dirle.
Ho lavorato negli ultimi 10 anni come lavoratore autonomo a partita IVA. Nel 2020 (se ricordo bene) il mio commercialista mi fece presente che avrei potuto richiedere 600 euro all’INPS come aiuto, semplicemente collegandomi al sito, digitando il mio codice fiscale e la mia partita IVA. Chiunque a partita IVA avrebbe potuto farlo, anche se non aveva subito un calo di fatturato a seguito della pandemia. Questo era per il mese di marzo. Per il mese di aprile, venivano concesse 800 euro.
Io non avevo avuto alcun calo di fatturato, ed ho ritenuto “giusto” (se per lei, sig. Franco Giuseppe la parola “giusto” ha qualche significato) non richiedere 600+800=1.400 euro all’INPS.
Una persona mi domandò: “perché non li chiede ugualmente quei soldi e li dà a chi ha bisogno?”
Io risposi che non c’è alcun valore nel dare ad altri ciò che non si è guadagnato con il proprio sudore.
Aderii comunque all’invito di quella persona, recuperai i codici fiscali o postali di persone che avevano evidenziato le proprie difficoltà economiche, ed elargii a 10 persone 1.400 euro in totale di tasca mia (chi ebbe 100 euro, chi 200, chi 250 euro).
Se lei pensa che stia bleffando, è in errore. Perché c’è chi potrà testimoniare sulla veridicità di ciò che le ho appena detto.
Lei ama ricordarmi che “ho seguito la mia via e fatto le mie scelte”. La rimando alla frase iniziale di Mahatma Gandhi (“Se nessuno ascolta il tuo appello, va’ da solo, va’ da solo”).
Lei insiste nel sostenere che certe scelte sono state negate a priori ad altri.
Cosa ne sa lei della giustizia? Lei cade nello stesso errore in cui è caduto evidenziando la mia presunta mancanza di sentimenti umani.
Come fa a parlare per gli altri? Parli solo per se stesso.
Le posso assicurare che esistono diversi gradi di giustizia. Non sto parlando della Corte di Assise, di Appello, di Cassazione. No. Sto parlando di una giustizia più profonda, più “giusta”.
Lei, sig. Franco Giuseppe (come tutti i lettori di questo sito del resto), si limita a vedere solo la superficie delle cose, lei pensa in maniera “superficiale”.
Le do io qualcosa a cui pensare, e strada facendo comprenderà ciò che adesso non riesce a comprendere.
Perché alcune scelte sono state negate ad altri? PERCHÉ? La risposta è in quel “perché”.
Quando non sappiamo rispondere, tiriamo in ballo la fortuna, la sfortuna, il caso, l’incidente, l’ingiustizia, l’iniquità. Ma che significa?
Ricordi questa profonda verità, sig. Franco Giuseppe: OGNUNO È ARTEFICE DEL PROPRIO DESTINO.
Questo, come vede, NON è un esatto calcolo matematico rispetto alla Fornero.
31 Gennaio 2023 alle 1:06 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, quando si è dietro ad un video, e si digita alla tastiera, e si entra in contatto con altri nella rete, si è virtuali.
Io non ho un’anima. Io SONO un’anima che HA un corpo.
Ho avuto sentimenti, ho amato, odiato, riso, pianto, mi sono arrabbiato, ho avuto dubbi.
Di tutto ciò che ho elencato, mi sono rimasti solo i sentimenti. Amore, odio, riso, pianto, arrabbiature, dubbi si sono nebulizzati. Ma al loro posto si sono intensificati i sentimenti: la compassione.
Compassione per un fiore che muore; per un uccello che non può volare; per un cane abbandonato nel bosco; per un bimbo che non può vedere; per un uomo che perde il lavoro; per una donna che perde la vita nel momento stesso che nasce figlia.
Compassione non è “pietà”. È partecipazione simpatica, simpatia, sentire insieme.
Non mi lamento se aumenta la benzina, se aumentano i viveri, se aumenta il gas, se aumenta la luce, se aumenta il telefono, se mi decurtano la pensione (come peraltro hanno fatto riducendo la percentuale di adeguamento all’inflazione). A seconda di come si muove il mondo io mi regolo. Ci saranno spese incomprimibili che per poter soddisfare mi richiederanno di rinunciare ad altre spese. Tutto qua. Non mi lamento affatto. Non mi lamento di nulla, se ho il necessario. Dovrò fare rinunce? Non rinuncio a nulla, se rinuncio al superfluo.
Non sono né avvantaggiato, né svantaggiato. Raccolgo ciò che semino, proprio come accade con la pensione, con la quale si raccoglie ciò che si è versato.
Non sono né fortunato, né sfortunato. Sono io che creo il mio destino, la mia “destinazione”.
Se non ci fosse stata Quota 100, sarei andato in pensione quest’anno a 67 anni. C’è stata invece Quota 100 e l’ho scelta a 65 anni e 41 anni di contribuzione. Ho seguito la mia via, ho fatto le mie scelte. Non mi pongo la questione se io ho potuto scegliere ed altri no. Gli altri non sono il mio metro di misura, né io lo sono per gli altri. Non sono io chiamato ad amministrare la Giustizia. E chi è chiamato ad amministrare la Giustizia non sempre è in grado di saperla amministrare.
Non mi aspetto rispetto dagli altri, né che io sia degno di qualcosa. L’importante è che io non perda la dignità di me stesso. Io sono conscio del mio livello morale, e per questo non giudico gli altri. Se gli altri giudicano me, esercitano la loro piena libertà di pensiero e di espressione.
Vivere o morire per me non fa alcuna differenza, ora che ho tutto realizzato. Qualcuno allora potrebbe domandarmi “e perché non muori?” Che domanda! Non muoio perché non fa alcuna differenza!
La Morale è la mia bandiera, e l’Etica la mia via. Non ho nulla di cui provare vergogna.
Fino a quando la Morale mi indica la via e l’Etica mi guida sulla via, sono in linea con i codici sociali e quindi non ho necessità di provare pudore. Anzi, sono talmente aderente ai codici sociali che non conosco il pudore, né ho necessità di conoscerlo.
Pudore, questo sconosciuto!
30 Gennaio 2023 alle 22:55 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe lei dice: “Invito tutti a rispondere a questa domanda: Se quei 23 miliardi fossero serviti per abbassare i requisiti Fornero da 67 a 65 e i contributi validi da 43 a 42, ci sarebbe oggi qualcuno scontento ?”
Non è possibile rispondere alla sua domanda. Perché non è possibile porre la sua domanda.
Non è possibile porre la sua domanda, perché non è possibile verificare il risultato in termini sperimentali.
Non è possibile verificare il risultato in termini sperimentali, perché non è possibile modificare la Storia.
Ciò che non possibile verificare in termini sperimentali non è scientifico.
Ciò che non è scientifico è opinabile e ammette tutte le soluzioni possibili.
In altre parole, la sua domanda ammette le seguenti risposte entrambe corrette:
1. Ci sarebbe oggi qualcuno scontento
2. Non ci sarebbe oggi nessuno scontento
Ma, come direbbe Bersani, la risposta alla sua domanda sarebbe una non-risposta.
30 Gennaio 2023 alle 14:59 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Certamente sì, sig. Alex61: se dal pianeta Marte si inviasse al Governo italiano un contributo una tantum di 50 miliardi di Martcoin (valuta digitale che al cambio con l’euro farebbe esattamente 50 miliardi di euro), la flessibilità in uscita dai 62 anni di età o dei 41 di contributi di sindacale proposta potrebbe essere attuata.
Occorrerà, però, che dal pianeta Marte si inviasse sul pianeta Terra anche un certo numero di lavoratori marziani (ma-non-anziani) che alimentino la catena produttiva al fine di garantire la sostenibilità endogena (cioè che si autoalimenta senza interventi dall’esterno) del sistema previdenziale.
Per quanto “favolosa” possa sembrare la sua idea, sig. Alex61, lei ha esattamente centrato il punto cruciale della mia Proposta Individuale.
Nella mia Proposta Individuale suggerisco di rendere liquidi gli immobili dello Stato trasformandoli in valuta digitale con la quale pagare le pensioni (e questo corrisponde al suo concetto di invio soldi da Marte. È un concetto assai brillante, perché lei mette in evidenza che uno sblocco di una situazione di impasse – una strada senza via di uscita – può essere realizzato attraverso l’intervento di un agente esterno al sistema che si desidera cambiare. Per questa sua intuizione si merita un “bravo!”).
Nella mia Proposta Individuale suggerisco, a fronte delle uscite di lavoratori anziani, di fare entrare nel mondo del lavoro lavoratori giovani, “reclutandoli” (se mi è concesso utilizzare questo termine militaresco) dal numeroso esercito di disoccupati occupabili (e questo corrisponde all’invio sul pianeta Terra di lavoratori marziani-non-anziani).
28 Gennaio 2023 alle 7:45 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Rita, lei dovrebbe riuscire ad usufruire della Anticipata Fornero nel 2024, precisamente in maggio 2024, quando avrà maturato 41 anni e 10 mesi di contributi. La decorrenza della pensione avverrà dopo 3 mesi dalla maturazione dei requisiti contributivi. Pertanto, il suo primo cedolino pensione lo riceverà in settembre 2024.
Il futuro è sempre un po’ sfuocato, ed è tanto più sfuocato quanto più è lontano. A renderlo “sfuocato” è la probabilità che si verifichino eventi i cui accadimenti ci risultano difficili da prevedere e che inducono cambiamenti di rotta che prima non erano programmati. Pertanto le previsioni sul futuro contengono sempre elementi di incertezza, e vanno trattate quindi in termini probabilistici. Quanto più è vicino l’obiettivo da raggiungere nel futuro (come il suo), tanto più la probabilità di realizzazione dell’obiettivo si avvicina al 100% (certezza).
Pertanto, sig. Rita, possiamo affermare con certezza che lei riuscirà ad usufruire della Anticipata Fornero in maggio 2024 con una probabilità che rasenta la certezza, e che è pari a 99,99% (probabilità non calcolata, ma stimata sulla base di interventi legislativi più recenti che in 11 anni hanno lasciata pressoché invariata la Riforma Fornero – pensione di vecchiaia a 67 anni, e pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne).
Mi sentirei di non trascurare, tuttavia, la possibilità che, avendo il Governo Conte 1 a guida Lega-M5S reintrodotto le finestre all’Anticipata Fornero, questa potrebbe subire, già per il 2024, una modifica estendendo la finestra da tre mesi a sei mesi (ma è solo una mia personalissima ipotesi che non trova alcuna giustificazione nei programmi dell’attuale Governo).
27 Gennaio 2023 alle 23:11 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Rita, lei domanda:
“se non c’erano i soldi quest’anno ma come sarà possibile che ci saranno come per incanto il prossimo anno”.
La sua, più che una domanda, è una espressione di grande stupore, dal momento che la sua esclamazione è seguita da ben sette punti esclamativi (!).
Il suo stupore viene dissipato dall’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi che ha firmato il documento, inviato agli Organi dell’Unione europea, dal titolo “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Italia Domani”, nel quale a pag. 5 si legge:
“Il Governo stima che gli investimenti previsti nel Piano avranno un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche. Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all’andamento tendenziale. Nell’ultimo triennio dell’orizzonte temporale (2024-2026), l’occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano i divari regionali, l’occupazione femminile e l’occupazione giovanile. Il programma di riforme potrà ulteriormente accrescere questi impatti.”
Quindi, per rispondere alla sua osservazione, sig.ra Rita, ovvero da dove potranno uscire i soldi per pagare le nuove pensioni, si punta sulla crescita economica, sull’aumento del prodotto interno lordo, sull’aumento dell’occupazione e grazie anche (e soprattutto) agli investimenti, che innescheranno un effetto moltiplicativo (dovuto al cosiddetto “moltiplicatore keynesiano”) sulla produzione e quindi sull’occupazione. Come avverrà questa “esplosione” di produzione? Grazie ai soldi forniti dalla Unione europea: “L’Italia intende inoltre utilizzare appieno la propria capacità di finanziamento tramite i prestiti della RRF, che per il nostro Paese è stimata in 122,6 miliardi” (pag. 3 del PNRR).
In sintesi, le nuove pensioni potranno essere pagate con i contributi versati dai nuovi lavoratori la cui occupazione verrà garantita dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza attraverso una serie di investimenti e di strumenti tra cui anche il programma nazionale denominato «Garanzia di occupabilità dei lavoratori».
Personalmente nutro fiducia nel successo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Una fiducia misurata, magari con qualche riserva.
Sarà forse per la deformazione professionale che mi si è appiccicata addosso (avendo fatto per anni il Business Continuity Manager), ma io, se fossi il Governo, l’opzione di “back-up” magare la prenderei pure in considerazione.
Infatti, proprio nella mia Proposta Individuale che ho inoltrato al Governo Meloni, all’articolo 3 comma 4 ho tenuto a precisare:
“4. Ricambio generazionale. È da prendere in seria considerazione la possibilità che i risultati del programma nazionale «Garanzia di occupabilità dei lavoratori» si rivelino al di sotto delle aspettative del Governo.”
Credo, sig.ra Rita, di potermi fermare qui, sperando di essere riuscito a dissipare il suo dubbio.
27 Gennaio 2023 alle 21:09 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Gian, con la sua frase “Pertanto se non riesci battere un tuo nemico cerca di fartelo amico” lei ci ricorda amabilmente Giulio Cesare.
Anche se nutro forti dubbi sia verso i Sindacati, sia verso il Governo, per onestà intellettuale devo assumere che entrambi gli schieramenti conoscano l’“Arte della guerra” di Sun Tzu, che peraltro ci è stato anche gradevolmente ricordato dall’amico Wal52 qualche commento fa.
Conoscendo Sun Tzu, i Sindacati, prima di stringere alleanze con il Governo, provano a sondarne le intenzioni, i piani, ed è per questo che hanno istituito tavoli di lavoro, seguendo il consiglio del saggio Sun Tzu:
Sun Tzu: “È inutile stringere alleanze prima di conoscere le condizioni, lo stato d’animo e i piani del nemico”.
Ma anche il Governo conosce Sun Tzu (beh, insomma… i suoi spin doctor, voglio dire) e anche il Governo segue il saggio consiglio di Sun Tzu:
Sun Tzu: “Se non vedi alcun vantaggio nell’azione, resta immobile come una montagna, anche se il nemico ti provoca” (dicendo, per esempio, “in assenza di risposte naturalmente valuteremo” https://www.pensionipertutti.it/pensioni-2023-incontro-governo-e-sindacato-cosa-e-emerso-parla-landini/).
Anche se Sindacati e Governo conoscono l’Arte della guerra di Sun Tzu, dubito però che conoscano anche lo spirito che anima e pervade l’opera di Sun Tzu, che è il Tao.
Cos’è il Tao? Il Tao è la Via, una Via vuota, che nonostante l’uso non si riempie mai.
Proprio come la cassa dell’INPS.
27 Gennaio 2023 alle 14:41 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, desidero rassicurarla sul mio stato di salute, anche se mi sono svegliato con un forte mal di testa.
La mia attenzione è rivolta al futuro, non al passato.
Non è mai stato mio intento utilizzare argomenti odierni per giustificare azioni del passato.
No! Mio intento è utilizzare argomenti odierni per fondare azioni del futuro
Lascio alle mie spalle Salvini, Landini, tutti questi piccoli “ini”, e pure Berlusconi, Meloni, tutti questi grandi “oni” (che mi intimidiscono anche un po’ perché fanno rima con “leoni”).
Tutti loro sono un presente senza futuro, perché le loro idee appartengono già al passato.
Il futuro al quale io guardo riguarda l’avvio di un Corso Universitario di “Istituzioni di Economia Informatica”.
È un corso “super-nuovo” che non esiste in alcun Piano di studi universitario, un corso in cui si acquisiscono conoscenze di informatica da integrare con le conoscenze di economia, in modo che i futuri economisti digitali possano trovare le giuste ricette economiche che i nostri attuali economisti tradizionali non riescono a trovare e pertanto non possono rispondere ai reali bisogni della gente.
I reali bisogni della gente sono custoditi gelosamente nel binomio “Pensioni e Lavoro”. Pensioni si riflette in Lavoro e Lavoro si riflette in Pensioni, come ballerina che danzi dinanzi allo specchio muovendo se stessa col proprio riflesso.
Per quanto riguarda la parola “subdola”… mi scorre addosso come goccia di rugiada su un petalo di rosa.
27 Gennaio 2023 alle 13:49 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig./Sig.ra LD61 (non si sa mai… potrebbe essere transgender),
quanto poco conosce gli essere umani!
Ma, soprattutto quanto poco conosce se stess*
(se lei è transgender, farebbe bene a levare quell’orrendo asterisco che ho volutamente messo, e scrivere “stesso” oppure “stessa”, perché scrivere “stess*” è la più grande offesa che si possa fare non già al “genere” umano, ma alla lingua italiana, una offesa paragonabile soltanto al vilipendio della Republlica Italiana).
27 Gennaio 2023 alle 13:38 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
A Noam Chomsky andrebbero tributati onori da parte della intera Umanità.
Le 10 regole che Noam Chomsky elenca sono valide, corrispondono alla realtà, sono vere.
Se mi è consentito esprimersi su quanto espresso da Noam Chomsky, vorrei contestualizzare due sue affermazioni nella nostra realtà.
PRIMA affermazione: “il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza di sperare ingenuamente che tutto domani andrà meglio e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato”.
SECONDA affermazione: “Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come dolorosa e necessaria, ottenendo l’applicazione pubblica nel momento, per un’applicazione futura”.
Desidero contestualizzare la SECONDA affermazione nella nostra realtà riportando due affermazioni:
“Sappiamo bene che richiediamo sacrifici ma speriamo che questi sacrifici siano compresi proprio in nome di quella possibilità di crescita che si accompagnerà a un rafforzamento del lavoro senza il quale (e la quale) anche questa riforma del sistema previdenziale rischia di essere vanificata in un impoverimento collettivo. Ma questo impoverimento collettivo è esattamente il rischio che questa Manovra vuole evitare.”
“C’è un’ultima cosa che forse per molti è la più dolorosa. Questa è la riforma pensionistica con questi princìpi, e poi ci sono i vincoli finanziari. I vincoli finanziari oggi sono severissimi. Allora, nessuna riforma pensionistica dà nell’anno successivo alla sua introduzione (o nell’anno della sua introduzione) risparmi, perché il sistema pensionistico è un meccanismo lungo tra le generazioni, e allora abbiamo dovuto ─ e questo sì, che ci è costato anche psicologicamente ─ chiedere un sacrificio”.
27 Gennaio 2023 alle 10:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Sergio 61, lei è l’incarnazione dell’anima popolare.
Ci sono parole che a lei non piace sentire, come le mie. Parole che non piace sentire al popolo. È comprensibile.
Ci sono parole che a lei piace sentire, come quelle dei politici. Parole che piace sentire al popolo. È comprensibile.
CONCLUSIONE 1: il populismo non nasce dai politici. Ma dal popolo.
CONCLUSIONE 2: poiché il Governo è scelto dal proprio popolo, ogni popolo merita il proprio Governo.
26 Gennaio 2023 alle 22:58 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, io non stravolgo la realtà, semplicemente vedo la realtà con i miei occhi.
Ognuno vede la realtà con i propri occhi. Ognuno ha la “sua” realtà, che non necessariamente coincide con la realtà vista da altri.
Quando rispondo ad un quesito, io non adotto tecniche subdole. Adotto, invece, una tecnica che ho mutuato dalla matematica.
Cerco di spiegarmi con un esempio che considero il più semplice esempio matematico esistente al mondo: l’equazione di primo grado:
x-1=0
Qual è la soluzione dell’equazione? Ovvero, qual è il valore da dare a x in modo che il primo membro (x-1) sia uguale al secondo membro (o)?
I professori insegnano che, aggiungendo o sottraendo ad ambo i membri dell’equazione lo stesso valore, si ottiene una equazione equivalente alla data.
Se aggiungiamo al primo membro il valore +1 e al secondo membro il valore +1 si ottiene una equazione equivalente alla data:
(X-1+1) = 0+1
Al primo membro il valore -1 si elide col valore +1 (ovvero, -1+1=0) per cui otteniamo:
x+0 = 0+1
Ma x+0 è uguale a x; mentre 0+1 è uguale a 1 per cui otteniamo:
x=1 che è la soluzione dell’equazione.
Voglio arrivare a questa conclusione:
OGNI EQUAZIONE HA IN SÉ LA PROPRIA SOLUZIONE.
Mi perdoni questa prolissità ma mi occorreva come premessa per arrivare al dunque.
Se ogni equazione ha in sé la propria soluzione, allora
OGNI DOMANDA HA IN SÉ LA PROPRIA RISPOSTA.
La risposta alla domanda la si trova ristrutturando la domanda in termini della sua risposta.
Questa è una cosa che ho imparato nel mio lavoro di Consulente (con la “C” maiuscola).
Quando mi pongono un problema ed io devo trovare la soluzione al problema, la tecnica che uso è di far parlare la peroana, perché nessuno meglio della persona conosce il problema.
Compito del Consulente (quello con la “C” maiuscola) è di “ristrutturare” il problema della persona in termini della sua soluzione.
Ora, sig. Franco Giuseppe, non mi dica che in tutta la sua vita non le è mai capitato di vivere la seguente circostanza: lei pone una domanda a qualcuno, questo qualcuno le risponde in un certo modo, lei ribatte, e l’altro le risponde “hai visto? Ti sei dato la risposta da solo!”
Cosa c’è di “subdolo” in questo?
Sig. Franco Giuseppe, a me piace giocare con le parole, e lei stesso lo vede nei miei commenti. Ma non uso le parole per ingannare, per prendermi gioco di altri, per illudere.
Non faccio ragionamenti subdoli. Non è conforme al mio stile.
Sig. Franco Giuseppe, vuole proprio sapere la verità? La vera verità che non si dovrebbe mai dire, perché non si deve mai rubare ad altri la speranza?
Le dirò la verità su ciò che penso se lei mi promette di non rivelarla a nessuno. Nemmeno ai lettori di pensionipertutti. Me lo promette? Bene, allora gliela dico.
Il Governo non riuscirà mai a fare una legge pensionistica che possa valere per tutti, parliamoci chiaro.
Ci sarà sempre qualcuno che come i migranti annegherà inevitabilmente nel mare del lavoro.
Ok, la Fornero è uguale per tutti, è vero.
La Fornero è il barcone che fa annegare i lavoratori nel mare lavoro.
E allora, tenetevi la Fornero. Fate una petizione e gridate ad alta voce “Viva la Fornero!”
Non pensate di poter correggere gli altri, correggete voi stessi.
Non criticate gli altri, ma criticate voi stessi.
Non date la colpa agli altri se siete mendicanti, ma a voi stessi che vi comportate da mendicanti.
Nessuno viene messo alla prova che sia superiore alla sua capacità di superarla.
Nessuno al mondo potrà aiutarvi se non voi stessi.
Ed ora, sig. Franco Giuseppe, dopo che mi ha fatto dire quel che avrei voluto tacere (perché a volte la verità va celata e non espressa) le chiedo di potermi congedare da lei perché vorrei andare a letto in quanto domani dovrò alzarmi molto presto (se supererò la notte, si intende).
26 Gennaio 2023 alle 18:14 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, il confronto tra due tempi differenti ci induce a riflettere su una evidenza: possiamo cambiare il futuro, ma non il passato.
Spesso, a fronte di un problema, presentando la soluzione mi veniva detto: “Perfetto, perché non ci abbiamo pensato prima?”
La risposta era talmente semplice, da sembrare persino banale: “Non ci abbiamo pensato prima, perché prima il problema non c’era. Ora che ci abbiamo pensato, adottando la soluzione trovata, questo stesso problema non ci sarà più”.
Quattro anni fa c’erano vincoli finanziari, vincoli europei, vincoli demografici che suggerivano senz’altro prudenza nel mettere mano alle pensioni. Tale prudenza si è tradotta nella misura a carattere sperimentale Quota 100 della durata di tre anni. Una misura restrittiva, in quanto non solo circoscriveva la platea dei possibili beneficiari, ma all’interno di tale platea riduceva ulteriormente i possibili beneficiari in quanto solo coloro che avevano stipendi medio-alti venivano incentivati ad aderire a Quota 100.
Quota 100, oltre a creare differenze di trattamento tra i lavoratori, ha introdotto un problema: lo scalone da 62 a 67 anni che si sarebbe venuto a creare alla scadenza di Quota 100.
La storia la conosciamo. Si sono succeduti altri Governi, è emersa la pandemia, la guerra, la crisi energetica, e si è deciso di ridurre lo scalone attraverso diversi scalini, per cui da Quota 100 si è passati a Quota 102 (aumentando l’età anagrafica da 62 a 64 lasciando inalterata l’anzianità contributiva a 38 anni) e poi a Quota 103 (riducendo l’età anagrafica da 64 a 62, ma aumentando l’anzianità contributiva da 38 a 41).
Occorre riconoscere che aumentare l’anzianità contributiva equivale ad aumentare l’età anagrafica. E viceversa.
Oggi i vincoli finanziari, i vincoli europei, i vincoli demografici sono ancora più stringenti di quelli di 4 anni fa.
Concludo, sig. Franco Giuseppe, riprendendo la sua frase finale, perché la risposta alla sua domanda è nella sua stessa domanda: “milioni di lavoratori sono costretti a rincorrere la Fornero e poche migliaia no”.
26 Gennaio 2023 alle 13:32 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Fab62, anche senza disporre di una valutazione quantitativa in termini di costi, si può ragionevolmente affermare che non è proprio possibile ridurre di 1 anno e 3 mesi l’anticipata Fornero. Potrebbe, invece, essere possibile ridurre di 3 mesi l’anticipata Fornero, rimuovendo le finestre.
Se ci mettiamo al posto del Governo, e facciamo ricorso alla storia biblica, il Governo si trova il percorso ostacolato dal Mare Rosso (Riforma Fornero) che si trova avanti, e dai carri armati (non i Leopard tedeschi, ma i carri trainati da cavalli) del Faraone d’Egitto (L’Europa, per intenderci) che si trova dietro.
A quel tempo Mosè sapeva come aprire le acque del Mar Rosso, e lo attraversò indenne assieme al Popolo di Israele (breve parentesi storica: Israele fu il nome che fu dato a Giacobbe perché Giacobbe aveva vinto la lotta con un angelo, e allora l’angelo, vinto, gli disse “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché sei stato forte contro Dio e con gli uomini ed hai vinto” – Genesi, capitolo 32, versetto 29).
Ma come ben sappiamo il Governo non è Mosè, non è in grado di spaccare a metà la Riforma Fornero e passare indenne attraverso la Riforma Fornero con il popolo italiano che viene tallonato dall’Europa.
Sig. Fab62, parliamoci chiaro. Per fare la Riforma Pensioni che vuole il popolo italiano, ci vuole uno che sappia dividere in due la Riforma Fornero, in due lati, tra loro speculari e simmetrici (Pensioni e Lavoro), come nella frase palindroma “AI LATI D’ITALIA” che può essere letta da sinistra verso destra e da destra verso sinistra (però, a pensarci bene, “Ai lati d’Italia” potrebbe essere un buon nome per un partito politico…Giorgia, che ne dici?)
Una esortazione ai politici: Sinistra e Destra, siate speculari e non contrapposti!
Perché, come ama ricordarci Mauro Marino, “una equa riforma previdenziale non è né di destra né di sinistra è semplicemente essenziale per i cittadini italiani e per il futuro dei nostri figli”.
Così è stato detto, così sia fatto.
Errata corrige
Intendevo riferirmi al sig. Fab60, non al sig. Fab62.
26 Gennaio 2023 alle 12:17 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Lilli Reolon, lei ha ragione quando afferma che “la pensione anticipata Fornero- anche dopo l’intervento con la L. 4/2019- rimarrà in vigore con i requisiti contributivi fissati fino al 31/12/2026”.
La seguente mia affermazione “l’anticipata della Fornero NON è garantita fino al 2026” (riportata nell’articolo) significa che l’anticipata Fornero attuale potrebbe essere ulteriormente peggiorata, ovvero, che i 42 anni, 10 mesi più TRE mesi di finestra (per gli uomini, e 1 anno in meno per le donne) potrebbero essere portati a 42 anni, 10 mesi e SEI mesi di finestra (o anche a 12 mesi di finestra come per Opzione Donna).
Perché l’anticipata Fornero potrebbe essere peggiorata? La risposta è semplice: c’è già un precedente, è stata già peggiorata dal Governo Conte 1 con Lega-M5S, introducendo i tre mesi di finestra alla pensione anticipata Fornero che prima del 2019 non c’erano.
Chi insiste nel voler “superare” la Riforma Fornero, senza un cambio di paradigma, non tiene affatto conto della NATURA della Riforma Fornero.
La popolazione italiana invecchia (si nasce sempre meno e si vive sempre più a lungo).
La Riforma Fornero affronta il problema dell’invecchiamento della popolazione italiana, ed adotta come soluzione il trasferimento dell’invecchiamento della popolazione in generale (bambini-giovani-anziani) ad una popolazione più ristretta (giovani-anziani), col risultato di avere sempre più lavoratori anziani e sempre meno lavoratori giovani (questo deriva dal fatto che l’economia italiana cresce sempre poco, sempre al tasso dello zero virgola percento e quindi non vengono creati nuovi posti di lavoro).
La popolazione dei lavoratori invecchia.
La Riforma Fornero NON HA LA SOLUZIONE al problema dell’invecchiamo della popolazione dei lavoratori.
La soluzione al problema dell’invecchiamento della popolazione dei lavoratori è esattamente l’opposto della Riforma Fornero: trasferire l’invecchiamento dalla popolazione (giovani-anziani) alla popolazione (bambini-giovani). La soluzione l’ho fornita con la mia Proposta Individuale.
CONCLUSIONI: la sola Riforma Pensioni possibile – SENZA CAMBIO DI PARADIGMA – è l’allungamento della età anagrafica, o l’allungamento dell’anzianità contributiva.
LA SOLA RIFORMA PENSIONI POSSIBILE – SENZA CAMBIO DI PARADIGMA – È LA RIFORMA FORNERO.
Tutto questo discorso che le ho presentato, sig.ra Liili Reolon, il Governo, i politici, gli economisti e tutti gli altri che trattano il tema pensioni, lo vedono in termini squisitamente finanziari: spesa pensionistica, spesa pubblica, rapporto spesa pubblica/PIL, debito pubblico.
In altre parole, se l’obiettivo verso cui mirare è la luna (occupazione giovanile) e c’è un dito che la punta (lavoratori anziani), ebbene, Governo, economisti e tutti gli altri che trattano il tema pensioni guardano al dito (lavoratori anziani) anziché alla luna (occupazione giovanile).
Pe quanto riguarda l’altro elemento che ha messo in evidenza, sig.ra Lilli Reolon, si potrebbe anche pensare di superare il sostituto di imposta nel senso di delegare il tutto ai lavoratori e alle lavoratrici che verrebbero in tal modo maggiormente responsabilizzati sia riguardo allo stipendio che percepiscono che alle tasse che versano.
In un futuro assai prossimo venturo ci saranno disintermediazione fisica (ovvero intermediazione digitale) e solo l’ultima generazione, la Generazione Z (i nati dopo il 2000, quelli che si attaccano con la mano ai quadri e all’asfalto) che sanno utilizzare le tecnologie digitali come i trapezisti di un circo che mentre fanno un triplo salto mortale senza rete hanno anche il tempo di inviare un WhatsApp.
C’è un saggio di Keynes intitolato “Prospettive economiche per i nostri nipoti”. Mi auguro che riusciremo a consegnare ai nostri nipoti una economia ed una società tali, da poter essere migliorate più di quanto saremo riusciti a fare noi.
26 Gennaio 2023 alle 0:17 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
La sua bandiera bianca le rende onore, sig. Giovanni.
Con la sua resa mi ha vinto. Non ho più modo di controbattere.
25 Gennaio 2023 alle 22:20 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Mariano, parlando del sig. Giovanni, ho parlato di tutti noi, ho parlato di ognuno di noi.
Ognuno di noi è Giovanni.
25 Gennaio 2023 alle 21:44 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Wal52, ci sono due grandi Maestri nel saper rendere semplici anche le cose complicate (dico volutamente “complicato” e non “complesso”, perché la complessità può essere ridotta, ma non semplificata. La complessità, come l’entropia, può solo essere ridotta, e la parte di complessità ridotta viene trasferita da un’altra parte che da semplice diventa complesso, o da complesso diventa “più” complesso).
Uno di questi Maestri (sulla scia del maestro Alberto Manzi) è il compianto Piero Angela, del quale ho molti DVD.
Un altro Maestro capace di rendere semplici i principi e le leggi della fisica è il fisico teorico Richard Feynman del quale ho molti libri.
Per quanto riguarda me, per esempio, provo a raggiungere il livello massimo di semplicità anche grazie ai tentativi di affinare sempre più i concetti per farmi capire.
In questo mio sforzo particolare c’è un tocco di magia: quanto più mi sforzo di farmi capire, tanto più capisco quello che dico. In altre parole, c’è nella spiegazione, in generale, un meccanismo di feedback (retroazione) che alimenta all’indietro (in colui che parla) la conoscenza.
Semplicità, simmetria, eleganza sono i tre ingredienti dai quali non posso prescindere nella costruzione dei miei modelli economici. Perché?
Perché se una formula è semplice, simmetrica, elegante, allora è bella, e nella bellezza è presente la verità è la verità è la perfetta aderenza alla realtà. Solo se una formula è bella è in grado di descrivere la realtà (cos’è la realtà? è la perfetta aderenza alla verità).
Convincere l’interlocutore? Chi convince l’interlocutore con-vince e vince anche se stesso.
25 Gennaio 2023 alle 21:00 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, mi rendo conto che non è una questione di avere visioni diverse sullo stesso problema.
È invece una questione di problemi diversi.
Provo a spiegarmi meglio.
Con il mio esempio non ho voluto mettere in risalto QUANTA pensione le spetterebbe; ho voluto mettere in risalto CHI pagherebbe la sua pensione.
In altre parole, non ho voluto mettere in risalto QUANTO carburante entra nel serbatoio della macchina-pensioni, ma QUALE tipo di carburante entra nel serbatoio della macchina-pensioni.
In una macchina alimentata a benzina non si può mettere il gas. La macchina a benzina non può funzionare con il gas.
Nella macchina-pensioni alimentata con i contributi dei lavoratori attivi non si può mettere il carburante-soldi per Alitalia. Sono due cose totalmente differenti.
Se anche si potessero usare per le pensioni i soldi destinati all’Alitalia, si riuscirebbe a pagare le pensioni per 1 anno, per 2 anni, per 3 anni. E poi? Quando i soldi destinati all’Alitalia finiscono che si fa?
La macchina-pensioni deve avere dentro di sé un meccanismo che la autoalimenta, tipo dinamo, che mentre la macchina corre, genera energia elettrica che nelle macchine elettriche può anche andare ad alimentare la corsa (vale sempre però il secondo principio della termodinamica dell’entropia che vieta il moto perpetuo).
Si potrebbero recuperare risorse dall’evasione fiscale, sul lato del mancato versamento dei contributi, facendo emergere il lavoro sommerso. E su questo fronte il Governo ci sta provando, da anni.
La mia impostazione è la seguente: mentre da un lato si cerca di far emergere il lavoro sommerso, dall’altro lato occorre cercare di creare nuovi posti di lavoro in regola.
È inutile insistere sugli sprechi che ci sono.
Se lei, sig. Giovanni, ha un’auto a benzina, anche se lo Stato spreca migliaia e migliaia di metri cubi di gas, a lei non interessa, perché a lei interessa che lo Stato le dia la benzina.
Lo Stato non ha la benzina per far funzionare la sua automobile. Lo Stato non ha risorse da prendere dal mondo del lavoro per pagare la sua pensione. Tutto qui.
25 Gennaio 2023 alle 18:50 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Pietro62, essere ascoltati è la ragione necessaria, ma non è sufficiente (come direbbero i matematici).
La “ragione necessaria e sufficiente” è quella di Luciano Lama: non basta avere ragione, bisogna essere capaci di farsela dare (e qui è implicita la ragione necessaria, ovvero che si venga ascoltati).
I Sindacati vengono ascoltati nelle loro ragioni. Ma non sono capaci di farsi dare ragione.
25 Gennaio 2023 alle 18:40 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, non deve affatto scusarsi quando propone con convinzione le sue idee, perché lei crede nelle sue idee. E chi crede nelle proprie idee è pronto anche a lottare per le proprie idee. E se uno lotta per le proprie idee, vuol dire che le proprie idee valgono qualcosa, perché (come Ezra Pound ama ricordarci) “Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui”.
Supponiamo che il Governo faccia i calcoli solo per lei e che le dica:
“Sig. Giovanni, lei ha 65 anni di età ed ha versato 37 anni di contributi. Lei non ha i requisiti né per Quota 100 (62,38), né per Quota 102 (64, 38), né per Quota 103 (62, 41). Ci spiace molto. Ma vediamo cosa possiamo fare per lei.
Come saprà la sua aspettativa di vita è di 80 anni: quindi, stando alle statistiche, le rimarrà da vivere altri 15 anni (lei si augura di più, noi ci auguriamo di meno). Nel corso della sua vita lavorativa lei e il suo datore di lavoro avete versato complessivamente il 33% del suo stipendio lordo annuale. Questo vuol dire che in due anni lei ha versato il 66% del suo stipendio annuale. Come saprà, l’importo pensionistico annuale della sua pensione è uguale al 66% del suo stipendio lordo annuale (non si preoccupi, abbiamo tenuto conto delle varie rivalutazioni dovute ai vari aumenti di stipendio e all’adeguamento al costo della vita).
Quindi – continua il Governo – per arrivare al nocciolo della questione, lei in 15 anni di vita che le rimangono assorbirà 30 anni di contributi versati durante la sua attività lavorativa. Ci sono ancora 7 anni da “consumare”. Se lei vivrà fino a 83 anni e mezzo avrà consumato tutto il suo montante contributivo. E siamo pari. Lei potrà andare in pensione con un Decreto legge che faremo esclusivamente per lei e lo chiameremo in suo onore Decreto Legge Giovanni”.
Lei, sig. Giovanni, con un sorriso a 32 denti come quello del caro Umberto Orsini nella nota pubblicità di un dentifricio (perché Umberto Orsini amava invitare la gente a sorridere) fa salti di gioia. Ma nel momento in cui sta per congedarsi dal Governo, il Governo la richiama e le dice:
“Sig. Giovanni, dove sta andando? Ci lasci il tempo di concludere. Per poter erogare la pensione a lei, ci occorre trovare 1,5 lavoratori che gliela paghino (perché, sa, la cassa dell’INPS è sempre vuota – e qui non c’entrano proprio per nulla le armi che mandiamo all’Ucraina). Questo ce lo dicono i nostri consulenti esperti, ce lo dice Brambilla, perché lui dice che ci vuole un rapporto attivi/pensionati uguale a 1,5. In altre parole, ci occorrono 1 lavoratore che lavori a tempo pieno e 1 lavoratore che lavori part-time per poter pagare a lei la pensione. Se lei è in grado di trovare lavoro a 1,5 lavoratori potrà andare in pensione. Noi non siamo in grado di trovare lavoro ai nostri disoccupati, né con i navigator e né con l’ANPAL. Forse ci riusciremo con il GOL – Garanzia Occupabilità dei Lavoratori! Ma non è scontato”
Lei sig. Giovanni, è in grado di trovare lavoro alla gente per poter andare in pensione?
Viviamo in una società dove, purtroppo, oramai è tutto fai-da-te!
25 Gennaio 2023 alle 15:22 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Stefano 1961, seguo con attenzione i suoi commenti dai quali traspare proprietà di linguaggio, maturità di ragionamento, cultura.
Non mi è sfuggito il suo riferimento al cosiddetto “effetto farfalla” che illustra la forte sensibilità di un processo alle condizioni iniziali. Questa forte sensibilità alle condizioni iniziali fu rilevata dal meteorologo statunitense Edvard Lorenz che “incidentalmente” produsse un grafico (chiamato “attrattore di Lorenz”) il quale rappresentava l’immagine di due ali di una farfalla. Che in sintesi dice questo: piccole cause generano grandi effetti” (a me piace assimilare questa frase al verso di Dante nel Canto I del Paradiso verso 34 “Poca favilla gran fiamma seconda” che Dante ha ripreso da una sentenza divulgatissima presso gli antichi “Parva saepe scintilla magnum excitavit incendium. Piccola nota: per Dante il soggetto è “gran fiamma” per cui Dante sta dicendo che la sua grande fiamma genera poca favilla la quale, però, egli si augura verrà rinforzata da altri, e lo dice nei versi che seguono: “forse di retro a me con miglior voci si pregherà perché Cirra risponda”. Io, scusandomi con l’amico Dante, oso prendermi la libertà di reinterpretare il suo verso intendendo per soggetto “poca favilla” invece di “gran fiamma”, per cui una “piccola scintilla causa come effetto una grande fiamma “– piccole cause, grandi effetti).
Sulla forte sensibilità alle condizioni iniziali ne ho parlato anch’io nel mio libro “L’economista in camice” alle pag. 68.-69 in riferimento ad un esempio del fisico Robert Savit a proposito della “fluttuazione caotica” del prezzo dell’oro (ebbene, sì, anche i fisici si occupano di economia, ed hanno creato la Econofisica).
Sig. Stefano 1961, mi perdoni questa “fuori-uscita”, ma ci voleva.
Finalmente veniamo al punto della questione: al lei non le garba la mia affermazione “lei cosa farebbe”. Secondo lei dovrebbe pensarci il Governo.
E questo mi porta a quando anni fa sentii per televisione uno sfegatato tifoso (non ricordo se della Roma o della Lazio, ma comunque dall’accento si sentiva che era romano) il quale diceva con voce resa roca dal tifo: “er governo c’haddà penzà!”
Io insisto sul “lei cosa farebbe” perché è quello che spesso mi domandavano i manager che dovevano prendere le decisioni.
Lo sappiamo tutti che ci sono persone che vengono “pagate per pensare” (a differenza dei lavoratori che nel momento in cui vorrebbero esprimere una loro idea in merito ad una possibile soluzione e cominciano a dire “io penso…” subito vengono stoppati con la frase “non sei pagato per pensare”).
Il Governo ha tanti di quei consulenti che sono tutto fuorché consulenti. Ci si circonda di consulenti al solo scopo di poter scaricare su di loro le responsabilità quando le cose vanno male, dicendo semplicemente “me lo ha consigliato l’esperto! Più di questo cos’altro avrei potuto fare”.
Io fui e sono un vero Consulente, quello con la “C” maiuscola. Ne ho visti di “consulenti”, ma davvero tanti, e le posso assicurare, sig. Stefano 1961, che tutto essi sono fuorché consulenti in grado di tirar fuori vere soluzioni.
Anch’io sono favorevole ai numeri. Ai numeri veri, reali che vengono spiegati da formule, da quelle formule che traducono in un formato sintetico i ragionamenti. Se tali ragionamenti vengono tradotti in formule, e se otto formule si integrano tra loro maniera compatta, vuol dire che il ragionamento è solido come il diamante. Questa è la forza dei miei ragionamenti che una volta tradotti in formule cessano di essere opinioni e diventano argomentazioni. Che possono essere confutate solo con altre espressioni matematiche.
Ci sono poi altri numeri, quelli statistici. Sono numeri che possono essere adattati a qualsiasi circostanza. Basti vedere ad ogni elezione politica, in cui vincono sempre tutti i partiti. E se qualche partito perde è solo perché “non ha vinto”.
Parafrasando una famosa frase di Einstein, mi verrebbe da dire:
“Nella misura in cui un dato statistico si riferisce alla realtà, esso non è certo. E nella misura in cui esso è certo, non si riferisce alla realtà”.
25 Gennaio 2023 alle 13:57 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Ale, mi fa molto piacere essere “disappuntato”, è proprio grazie ai disappunti dei miei colleghi che ho potuto creare nell’arco di trent’anni la “teoria più bella del mondo”, dopo la “teoria della relatività” di Einstein (mi perdoni questo riferimento autoreferenziale).
E veniamo al dunque.
Lei afferma testualmente: “Se mancano i lavoratori giovani…non perchè ci sono solo poche nascite ma anche perchè e forse ora soprattutto perchè gli attuali giovani non trovano lavoro o lo fanno in nero.”
Concordo con lei, sig. Ale: se mancano i lavoratori giovani non è “solo” perché ci sono poche nascite (sottolineo la parola che lei correttamente ha usato in maniera appropriata: “solo”), ma anche e soprattutto perché i giovani non trovano lavoro o lo fanno in nero.
Se lei facesse tale osservazione alle persone che contano, ovvero al Governo, il Governo le risponderebbe così (come me lo immagino io, eh):
“L’osservazione da lei avanzata è al centro dell’attenzione dell’attività di Governo, il cui impegno nel favorire l’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani è stato già esplicitato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza attraverso il programma nazionale “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” unitamente al “Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso”. Il Presidente del Consiglio dei Ministri intende ringraziarla per aver voluto esternare il frutto delle sue competenze”.
Che gliene pare, sig. Ale? Il Governo l’ha semplicemente zittito con un grazie e con grazia.
Altre persone che contano, e con le quale mi misuro io intellettualmente a distanza, sono Fornero, Cazzola, Brambilla, e chi più ne ha più ne metta.
Tutte le esimie persone che le ho citato mettono l’accento sulla denatalità, su aspetti demografici, e su tante altre cose che non sto qui a ricordarle.
Quindi, per potermi confrontare con loro, io devo mostrare loro come risolvere il problema della denatalità, delle poche nascite, e non tanto usando paroloni come quelli espressi nel PNRR del tipo:
“Una nuova strategia di politiche per i giovani e per l’infanzia è cruciale per invertire il declino di fecondità e natalità”.
Quindi è sulle nascite che devo martellare, sul trovare la soluzione al problema della denatalità, in modo da poter demolire una ad una tutte le obiezioni che potrebbero essere avanzate da: Fornero, Cazzola, Brambilla, e chi più ne ha più ne metta.
25 Gennaio 2023 alle 12:57 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Agostino62, le posso assicurare, senza tema di essere smentito, che politici e sindacalisti sarebbero felicissimi di sposare il suo ragionamento, di passare al sistema a capitalizzazione gestito magari da un Fondo Pensioni.
La politica si scrollerebbe di dosso il problema di dove recuperare le risorse per pagare le pensioni. I sindacalisti si rallegrerebbero perché le Associazioni sindacali partecipano alla gestione dei fondi pensione.
Questo è il mio pensiero poco nobile. Ma sono sicuro che i politici e i sindacalisti saprebbero esporle pensieri più nobili dei miei.
Ma lasciamo da parte politici e sindacalisti, e parliamo di chi è più vicino al concetto di “Stato”.
Chi pensa in termini di Stato pone sempre due paletti alle pensioni: età anagrafica e anzianità contributiva.
Accettando il suo ragionamento, sig. Agostino62, potremmo eliminare il paletto dell’anzianità contributiva, dal momento che la gestione dei fondi pensionistici non è più a carico dello Stato ma a carico dei privati. Ma c’è ancora il paletto dell’età anagrafica.
Perché nei pensionamenti rimane il paletto dell’età anagrafica?
Perché tutta l’Europa insiste nell’aumentare l’età del pensionamento?
Perché mancano i lavoratori!
Proprio due giorni fa la Repubblica titolava: “L’allarme del premier giapponese: “Troppi pochi figli, siamo sull’orlo della paralisi””.
https://www.repubblica.it/esteri/2023/01/23/news/giappone_crisi_natalita_figli-384795630/
L’articolo riporta che “il Giappone ha continuato ad applicare leggi severe sull’immigrazione nonostante alcuni allentamenti, ma alcuni esperti affermano che le regole dovrebbero essere ulteriormente allentate per aiutare ad affrontare l’invecchiamento della società”.
Perciò, sig. Agostino62, se non si trova il modo per aumentare il numero di lavoratori senza obbligare i lavoratori anziani a restare al lavoro, è giocoforza allungare progressivamente l’età anagrafica o comunque aumentare gli anni di contribuzione che vorrebbe indirettamente dire aumentare l’età anagrafica.
I politici, promettendo “Quota 41 indipendentemente dall’età anagrafica”, fanno i conti senza l’oste.
Ma poi viene l’oste, che i conti li sa far meglio dei politici.
25 Gennaio 2023 alle 11:56 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, non occorre che lei mi ricordi che ci sono centinaia di miliardi di evasione fiscale. Io lo so, lo sa lei, lo sa il Governo, lo sanno i Sindacati, insomma, lo sanno tutti quanti. E allora?
A quali conclusioni porta il suo ragionamento? Quali istruzioni operative lei consiglia per recuperare risorse dall’evasione fiscale?
Vorrebbe forse affiggere manifesti del tipo
“EVADERE È UN FURTO PUNIBILE DALLA LEGGE”?
Vorrebbe forse impiantare una campagna di lotta del tipo
“SIAMO PRONTI ALLA LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE”?
Lo Stato è da decenni che fa la lotta all’evasione fiscale. A distanza di quarant’anni (da quando ho cominciato a capire qualcosa di economia) c’è ancora l’evasione fiscale. Cosa vuol dire questo?
L’INPS è da decenni che pensa di separare la Previdenza dall’Assistenza. A distanza di 36 anni (da quando era presidente dell’INPS Giacinto Militello nel1987) si parla ancora di separare la Previdenza dall’Assistenza. Cosa vuol dire questo?
Vuole forse dire che non c’è la volontà politica di fare le cose che devono essere fatte? E allora? Dove ci portano questi ragionamenti?
Siamo solo bravi a dare i numeri.
Lei, da ex fiscalista, è bravo a calcolare a quanto potrebbe ammontare il recupero dall’evasione fiscale (60/70 %). Va bene, ne prendiamo atto.
L’ISTAT è brava a calcolare il tasso di inflazione al 7,3% per l’adeguamento automatico delle pensioni. Va bene, ringraziamo ISTAT che rende noi pensionati meno poveri.
Itinerari Previdenziali di Alberto Brambilla dice che il rapporto attivi/pensionati deve tendere a 1,5. Va bene, abbiamo capito, Brambilla!
Sig. Giovanni, il suo 60/70%, il 7,3% dell’ISTAT, l’1,5 di Brambilla sono numeri, e con i numeri si fa il Sudoku.
I numeri possono dirci come ci stiamo muovendo entro uno schema predefinito. Ma qui si tratta di dover costruire nuovi schemi. E i numeri, da soli, non sono sufficienti.
Occorre anche impostare una strategia, da cui discende un piano di azione, risultati che irrobustiscano il sistema economico, che rendano più resiliente il sistema sociale, e questo significa poter continuare ad evolvere nonostante la presenza dell’evasione fiscale, nonostante la pandemia, nonostante la guerra, nonostante l’inflazione, insomma, nonostante tutto quello che potrebbe capitare.
Sig. Giovanni, le garantisco (almeno) tre cose:
1. Con l’introduzione della moneta digitale di Stato da me proposta si recupererebbe il 60/70 % dell’evasione fiscale che lei ha calcolato (perché tutte le transazioni finanziarie/economiche internamente all’Italia verrebbero tracciate. Con l’euro, invece, l’evasione fiscale continuerà ad esistere);
2. L’utilizzo della moneta digitale di Stato svilupperebbe maggiormente la domanda interna di consumi e quindi di produzione. Indurrebbe a far affidamento più su risorse interne che su quelle esterne (un po’ come è accaduto con le mascherine che abbiamo cominciato a produrle anche in Italia anziché importarle tutte dalla Cina). Facendo maggiormente affidamento su risorse interne, il tasso di inflazione (l’aumento dei prezzi) si collocherebbe in Italia al di sotto del 7,3% senza dover essere costretti ad aspettare le azioni della BCE);
3. Inserendo i “lavoratori robot” (più in generale macchine automatizzate) nel novero dei “lavoratori umani” è più facile ottenere il rapporto attivi/pensionati vicino al valore 1,5.
Sig. Giovanni, dunque, qual è la morale?
La morale è: I NUMERI NON SERVONO A NULLA, SE MANCA UNA VISIONE.
24 Gennaio 2023 alle 22:00 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
ADDENDUM
Volendo aggiungere una precisazione sul “cambio di paradigma”.
Ho portato l’esempio del sistema tolemaico e del sistema copernicano come cambio di paradigma.
Contestualizzando l’esempio al mondo delle pensioni, quando il Governo e Sindacati si incontreranno l’8 febbraio parleranno di pensioni, cioè metteranno al centro del tavolo di confronto le pensioni.
Io chiamo “Sistema Pensionistico Tolemaico” questo: le pensioni al centro, e il lavoro che ruota attorno alle pensioni.
Governo e Sindacato dovrebbero invece mettere al centro del loro confronto il lavoro.
Io chiamo “Sistema Lavorativo Copernicano” questo: il lavoro al centro, e le pensioni che ruotano attorno al lavoro.
Questo è il cambio d paradigma cui mi riferivo.
Un Sistema Pensionistico Tolemaico è fuori tempo, non ha alcun senso in una economia digitale.
24 Gennaio 2023 alle 19:59 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.Agostino_62, la sua domanda è interessante, perché va al nocciolo del sistema pensionistico (e anche oltre).
Il sistema pensionistico si REGGE DA SOLO se ci sono sufficienti nascite, da cui hanno origine sufficienti lavoratori, che riescono ad alimentare le pensioni necessarie. Per questo gli esperti (Fornero, Cazzola, Brambilla, Tridico) insistono a più riprese nel sottolineare l’importanza del rapporto “lavoratori attivi/pensionati”. Il rapporto ritenuto pressoché ideale è 1,5 ovvero, 1 lavoratore e mezzo per ogni pensionato. Stiamo quindi parlando di RISORSE REALI.
Il sistema pensionistico è SOSTENIBILE se ci sono sufficienti risorse finanziarie per poter finanziare l’erogazione delle pensioni. Tali risorse finanziarie derivano dai contributi dei lavoratori attivi. Quindi, in un certo qual modo, anche qui entrano in gioco le risorse reali. Ma, se i contributi dei lavoratori attivi non sono sufficienti, dal momento che le pensioni devono essere pagate, si ricorre o alla fiscalità generale aumentando le tasse, oppure ai prestiti tramite emissione di titoli di Stato (BOT, BTP, ecc.) che vanno ad aumentare il debito pubblico.
I due approcci sono tra loro complementari, la maggior parte degli economisti li considera un tutt’uno, ed è per questo che insistono da un lato sulle RISORSE REALI (rapporto attivi/pensionati) e dall’altro sulle RISORSE FINAZIARIE (per erogare gli importi pensionistici).
Che si adotti il sistema a ripartizione oppure a capitalizzazione non modifica l’impianto concettuale del sistema pensionistico, ciascun sistema ha i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza (come in tutte le cose, d’altronde).
Il sistema a capitalizzazione è a carattere individuale: la persona versa i soldi in un fondo pensioni, secondo una cadenza temporale definita, il fondo pensioni li fa fruttare (sperando che i gestori del fondo siano bravi) e quando la persona decide di ritirare la somma di denaro, la ritira con gli interessi che nel frattempo sono maturati ed hanno accresciuto il capitale finanziario iniziale.
Il sistema a ripartizione è a carattere sociale: la persona versa i soldi ad un Istituto previdenziale (INPS, per esempio) che li utilizza per pagare la pensione di un’altra persona, quella di un pensionato. In base a tale criterio, la cassa dell’Istituto previdenziale è sempre vuota, perché da un lato c’è chi deposita, e dall’altro c’è chi ritira. In questo caso, la persona che versa i soldi non può chiedere di ritirare quanto ha versato, perché i soldi in cassa non ci sono. Quando l’Istituto previdenziale, in base alle leggi stabilite dal Parlamento verifica che la persona ha i requisiti per andare in pensione, allora restituisce alla persona quello che ha versato, con gli interessi che nel tempo sono maturati, e lo fa mese per mese fino a scadenza della vita.
Non entro in profondità in merito al sistema di calcolo retributivo, misto e contributivo. Dico solo che incidono sull’importo pensionistico e tale importo incide sulla durata del trattamento pensionistico e quindi su quando poter andare in pensione. I politici, cercando di andare incontro ai lavoratori, per lasciarli andare in pensione quanto prima, sono costretti a diminuire gli importi, ma vengono comunque frenati sul fronte delle risorse reali: se vanno in pensione i lavoratori anziani, la forza lavoro si riduce al di sotto della soglia di sostenibilità REALE (attivi/pensionati) e poi della sostenibilità FINANZIARIA (contributi/pensioni).
Ora vengo al punto cruciale. PERCHÉ ESISTE IL PROBLEMA PENSIONI? E qui espongo il MIO punto di vista.
Il “problema pensioni”, a mio avviso, nasce dal fatto che vengono posti sotto i riflettori gli EFFETTI, la componente finanziaria, la spesa pubblica, il debito pubblico, il rapporto spesa pensionistica/PIL, che è tutto valutato in RISORSE FINANZIARIE, mentre le CAUSE, le componenti reali, rimangono per così dire nell’ombra, le nascite, i lavoratori, il rapporto attivi/pensionati che è tutto valutato in RISORSE UMANE.
Io affronto il “problema pensioni” indagando sulle CAUSE, e quindi sulle RISORSE REALI.
I modelli economici che ho sviluppato vertono principalmente sulle risorse reali: beni reali (per esempio, casa), servizi reali (per esempio amministrazione condominiale) lavoro (per esempio idraulico), capitale fisico (per esempio, automobile, nel caso di un commesso viaggiatore). I miei modelli esplicitano le relazioni tra i beni reali anche in termini nominali, ovvero monetari, ma non finanziari, non ci sono azioni come BOT, non c’è il tasso di interesse che fa aumentare la moneta, e, soprattutto, la moneta è ancorata ai beni reali.
Forse mi sto dilungando, sig. Agostino_62, e se la sto tediando mi spiace, ma lei ha citato una parola chiave che è “SALTO DI PARADIGMA”.
Mi corre l’obbligo di precisare che il passare da un sistema a ripartizione a un sistema a capitalizzazione non è un “salto di paradigma”, e solo un cambiamento di metodo, che sono entrambi validi, entrambi con vantaggi e svantaggi. Tutto qua.
Il cambio paradigma è qualcosa di più radicale. Un cambiamento radicale è, per esempio, il passaggio dal sistema tolemaico (la Terra al centro del “sistema terrestre” e il Sole al posto della Terra) al sistema copernicano (il Sole al centro del sistema solare e la Terra quale terzo pianeta del sistema solare).
Così io affermo che occorre cambiare paradigma, modo di pensare, non solo sulle pensioni, puntando i riflettori sulle CAUSE più che sugli EFFETTI, ma sull’intera economia, puntando i riflettori sulla ECONOMIA REALE piuttosto che sulla ECONOMIA FINANZIARIA.
E qui il discorso si allarga su molti altri fronti, sulla moneta digitale (che serve solo come mezzo di scambio e non anche come riserva di valore alimentata soprattutto con speculazioni finanziarie); sul lavoro robotico (per supplire alla mancanza di lavoratori a seguito del calo delle nascite); sulla robot tax (per poter finanziare le pensioni e riempire i vuoti contributivi di quei lavoratori che diventano disoccupati a causa dell’impiego del lavoro robotico).
SENZA UN CAMBIO DI PARADIGMA NON SARÀ ATTUABILE NESSUNA RIFORMA PENSIONI.
Ma ora devo fermarmi proprio qui, perché siamo andati già molto oltre: oltre il confine delle pensioni.
24 Gennaio 2023 alle 16:20 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Marco63, lei domanda alla Redazione di pensionipertutti perché continua a chiedere il parere del Prof. Cazzola.
La risposta (come è mio solito dire) è nella domanda: pensionipertutti si occupa di pensioni, e il Prof. Cazzola è un esperto di pensioni per tutti.
Ha ragione, sig. Marco63, nel dire che (sue parole) “tale Cazzola” “è un grande sostenitore della sua tanto adorata Fornero”.
Se mi è concesso fare un accostamento che spero non risulti irrispettoso, sembrano la coppia Fred Astaire e Ginger Roger del Sistema Previdenziale.
C’è tra di loro una reciprocità di idee, una sintonia di pensiero, che sono singoli e coppia allo stesso tempo, legati da una sorta di entanglement quantistico per cui se il Prof. Cazzola si trovasse ad un estremo dell’universo e la Prof.ssa Fornero all’altro estremo dell’universo, ebbene ascoltando l’uno si riuscirebbe a capire immediatamente cosa pensa l’altra.
La Riforma Fornero è ragionevole: se mancano i lavoratori giovani (perché ci sono poche nascite) è giocoforza mantenere al lavoro i lavoratori anziani.
La Riforma Fornero è illogica: proprio perché manteniamo al lavoro i lavoratori anziani, vengono a mancare i lavoratori giovani (e quindici ci sono poche nascite).
Vede, sig. Marco63, riesco a comprendere bene il suo disappunto. Lei e molti altri lavoratori vivete questa contraddizione in maniera inconsapevole ma la esprimete in maniera consapevole con parole amare, a volte feroci (lungi da me dal propormi come un novello filosofo stile giovane Diego Fusaro, o come il più maturo Umberto Galimberti, filosofo e psicoanalista).
Ad oggi, nessun politico, nessun governante è riuscito a risolvere questa contraddizione intrinseca nella Riforma Fornero che io definisco “Paradosso Forneriano”, ovvero, una norma che vuole essere la soluzione di un problema ma diventa essa stessa il problema da risolvere.
Infine, sig. Marco63, lei suggerisce che gli italiani dovrebbero fare come stanno facendo i francesi.
Io penso, invece, che gli italiani dovrebbero fare come gli italiani che hanno fatto l’Italia.
Credere nello Stato unitario, più che nelle autonomie regionali.
Credere nella nazione italiana, anche se gli italiani non si riconoscono nella nazione.
Credere nella Costituzione della Repubblica Italiana fatta per il popolo, anche se chi fa le leggi non onora la Costituzione della Repubblica Italiana perché non onora il popolo per il quale la Costituzione della Repubblica Italiana è stata fatta.
24 Gennaio 2023 alle 12:25 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Così, sig.ra Lilli Reolon, dopo i suoi 41 anni di servizio, hanno cominciato a decorrere i 10 mesi…
L’ultimo miglio! (last mile)
Dopo aver traversato mondi come ENPAS, INPDAP, INPS, dopo aver superato impervi sentieri come il retributivo, il misto, il contributivo, lei torna a casa!
Tutte le fatiche, le delusioni, i rim-pianti, son solo più che ombre che si dissipano alla luce di un sorriso.
Il primo sorriso dopo l’ultimo miglio! (first smile)
Last mile, first smile!
23 Gennaio 2023 alle 23:21 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig, Mog, lei vuole sapere se le 5 settimane di malattia sono valide per il conteggio per la pensione.
La risposta è affermativa: le 5 settimane di malattia sono valide per il conteggio per la pensione.
C’è solo una domanda da porsi: l’INPS è a conoscenza della sua malattia?
I contributi accreditati per malattia si chiamano “contributi figurativi”.
Sul sito INPS i contributi figurativi vengono definiti in questo modo:
“Contributi figurativi: Contributi accreditati, senza onere a carico del lavoratore, per periodi in cui l’interessato è costretto a interrompere l’attività lavorativa per diversi motivi (gravidanza, malattia, disoccupazione). Sono utili sia per raggiungere il diritto a pensione sia per aumentare l’importo della stessa”.
Potrà leggere lei stesso la definizione di “contributi figurativi” se:
1. si collega al sito INPS al seguente indirizzo:
2. clicca su “Come funziona”
3. cerca la voce “contributi figurativi”
4. posiziona il cursore del mouse sulla voce “contributi figurativi”: le compare la finestra che spiega cosa sono i “contributi figurativi”.
Il sito INPS spiega anche come fare perché i contributi figurativi vengano riconosciuti. Per sua comodità, le riporto i contenuti del sito INPS:
“Se nei periodi di malattia l’interessato non è stato assistito da un ente previdenziale o non è stato ricoverato o degente in pubbliche istituzioni ospedaliere, il riconoscimento della malattia e la durata del periodo accreditabile dipendono dai termini di presentazione delle denunce di inizio e fine della malattia.”
L’INPS continua, scrivendo cosa fare quando inizia la malattia:
“La data di inizio della malattia deve essere denunciata entro 60 giorni, completa di un certificato medico di parte. Se la denuncia avviene dopo 60 giorni, ma sempre in costanza della malattia, il riconoscimento del periodo di accredito dei contributi figurativi parte dal 60° giorno prima della denuncia.”
L’INPS continua, scrivendo cosa fare quando finisce la malattia:
“La data di cessazione della malattia deve essere denunciata entro 15 giorni, completa di un’ulteriore certificazione medica. Se la denuncia avviene dopo 15 giorni, sono riconosciuti solo i periodi di infermità attestati dalla certificazione presentata con la denuncia di inizio della malattia o, eventualmente, durante la stessa. Pertanto, se dopo la tempestiva denuncia di inizio malattia il richiedente non presenta altra documentazione, il riconoscimento deve essere accordato solo per il periodo di malattia compreso nei 60 giorni precedenti la data della denuncia”.
Per sintetizzare quanto detto dall’ INPS, l’INPS deve conoscere la data di inizio e la data di fine della sua malattia, e deve entrare in possesso della relativa documentazione (i documenti dell’ospedale che le ha fatto l’operazione).
Non avendo io una esperienza diretta di come fare quando si è in malattia (perché in 41 anni di lavoro non sono mai stato in malattia) non so dirle come viene gestita la procedura, ovvero se pensa tutto il datore di lavoro o se deve pensarci lei direttamente o se lei può avvalersi di un Patronato.
A complicare le cose, generando una confusione ancora maggiore, ci si mette anche la nota finale dell’INPS che afferma:
“Avvertenze
La presente scheda non costituisce fonte di diritti e non deve essere posta a fondamento di affidamenti e/o scelte lavorative o previdenziali”.
Non si capisce cosa l’INPS stia dicendo. Praticamente, l’INPS, in un linguaggio altamente confuso, sembra che voglia affermare e negare allo stesso tempo che le regole sono queste, ma non è detto che siano affidabili.
Il problema non è dell’INPS, ovviamente, ma è nostro, perché non capiamo, perché siamo ignoranti, e la legge non ammette ignoranza.
In definitiva, sig. Mog, se le è possibile, raccolga tutta la documentazione che ha sulla sua operazione e vada nuovamente al Patronato o direttamente all’INPS.
23 Gennaio 2023 alle 19:13 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Vincenzo, lasci che le dica questo. Purtroppo, nessuno è in grado di valutare la mia proposta. Come si dice alla scuola media, “non hanno le basi”.
Nessun economista ha le basi scientifiche, sperimentali necessarie non già per convincersi della bontà della mia proposta, ma per “capirla”.
Quando vedo economisti ancorati alle loro credenze ottocentesche, al libero mercato, ai mercati che si autoregolano, al non intervento dello Stato (eccetto quando lo Stato deve aiutare imprese e famiglie) mi viene in mente il pensiero del fisico Max Planck: “Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari”.
Io credo che per me sia un bene che non si parli della mia proposta. Come si potrebbe credere alla moneta digitale di Stato di Perfetto? I mass media mi stritolerebbero, mi darebbero dell’incompetente, mi coprirebbero di insulti. Proprio come accadde (e accade) con la Prof.ssa Fornero.
E qui, proprio a proposito delle accuse rivolte a Elsa Fornero (come il Prof. Cazzola amichevolmente la chiama), voglio richiamare un brano del bellissimo e utilissimo libro sulle pensioni “La guerra dei cinquant’anni – Storia delle riforme e controriforme del sistema pensionistico” del Prof. Giuliano Cazzola, che a pag. 164 scrive:
“Ma la volgarità degli insulti che viaggiano sui social è inaccettabile perché prescinde da qualsiasi considerazione sulle tue opinioni. Ti insultano sul piano personale; e basta. In questi casi aiuta ricordare una frase attribuita a Helmut Kohl durante la vicenda dell’installazione degli euromissili. Assistendo dal suo studio a una manifestazione pacifista disse. «Loro sono tanti e io sono solo. Ma loro hanno torto e io ho ragione”.
Ecco, è lo stesso pensiero che sorge nella mia mente quando io vedo gli economisti tradizionali. Loro sono tanti e io sono solo. Ma loro hanno torto e io ho ragione.
23 Gennaio 2023 alle 18:05 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Adri, il Governo Conte 1, con coalizione Lega-M5S, ha emanato il Decreto Legge del 28 gennaio 2019 n. 4, in cui si stabilisce che la pensione anticipata non verrà adeguata alla speranza di vita fino al 31 dicembre 2026.
Lei domanda se si può essere certi che l’anticipata Fornero ci sarà anche nel 2024 e 2025.
Non lo sappiamo. Non ancora, perlomeno. Ma possiamo formarci un’idea osservando come vengono fatte le leggi.
Nel sopraccitato DECRETO-LEGGE 28 gennaio 2019, n. 4. Dal titolo “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” vi è l’articolo 15 che parla di pensioni.
Lei mi perdonerà se le riporterò lo sproloquio verbale che si adotta nella formulazione delle leggi, ma è doveroso farlo se vogliamo essere obiettivi nel formarci una opinione circa le azioni e i comportamenti che adottano i nostri politici e governanti nei confronti dei lavoratori e della nazione.
Art. 15 dal titolo “Riduzione anzianità contributiva per accesso al pensionamento anticipato indipendente dall’età anagrafica. Decorrenza con finestre trimestrali”.
Partiamo prima dal Comma 2.
COMMA 2: “Al requisito contributivo di cui all’articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, non trovano applicazione, dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2026, gli adeguamenti alla speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”.
Non si capisce niente, però si capisce che “non trovano applicazione, dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2026, gli adeguamenti alla speranza di vita”.
Che cosa non trovano applicazione agli adeguamenti alla speranza di vita?
Non trovano applicazione agli adeguamenti alla speranza di vita le pensioni anticipate della Riforma Fornero (che qui si chiama “articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”).
Tutto chiaro fin qui?
MIA OSSERVAZIONE 1: i soldi non ci sono per migliorare i trattamenti pensionistici. Non ci sono ora e non c’erano nel 2019. Quindi cosa c’è sotto che permette di elargire tanta generosità nel congelare l’aspettativa di vita fino al 2026?
La risposta è nel comma 1
COMMA 1: “l’accesso alla pensione anticipata è consentito se risulta maturata un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Il trattamento pensionistico decorre trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei predetti requisiti”.
Ecco spiegato da derivano le risorse: si recuperano risorse introducendo le finestre trimestrali che la Riforma Fornero aveva rimosso, perché le trovava un “bizantinismo” (ovvero, ci si perde in sottigliezze complicando i ragionamenti).
In altre parole, il Governo Conte 1, formato dalla Coalizione Lega-M5S, è manifestamente responsabile di AVER PEGGIORATO LA RIFORMA FORNERO.
MIA OSSERVAZIONE 2: se non si sbloccherà il fronte lavoro, non sarà mai possibile superare la Riforma Fornero, né cancellarla, ma sarà possibile peggiorarla.
Ora, sig. Adri, sono pronto nel tentare di rispondere alla sua domanda (ma prenda la mia risposta con beneficio di inventario, perché io non sono un indovino e soprattutto non gioco con le parole, anche se con le parole mi piace giocare).
Chi afferma che “l’anticipata della Fornero è garantita fino al 2026”, lo dice in forma di scaramanzia, non ci sono dei razionali che sostengano tale affermazione.
Hanno modificato continuamente le leggi pensionistiche, spostando sempre più in avanti l’età di accesso alla pensione.
Hanno peggiorato la Riforma Fornero, introducendo le finestre trimestrali.
Se usiamo i due precedenti come “razionali”, allora potremmo dire: “l’anticipata della Fornero NON è garantita fino al 2026”.
Ma io li prenderei uno ad uno i rappresentanti sindacali, li piegherei sulle mie ginocchia e gli darei tante di quelle sculacciate finché non comprendono di smetterla di parlare di pensione di garanzia dei giovani e di pensione complementare, e di insistere invece nel togliere le finestre trimestrali all’anticipata Fornero e le finestre annuali a Opzione Donna.
Signori Sindacalisti, usate le parole per ottenere e non per assecondare.
23 Gennaio 2023 alle 13:07 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giovanni, concordo su tutti i punti che lei ha citato.
C’è un aspetto che tutti sanno ma che non affiora quasi mai: il primo ammortizzatore sociale è la famiglia.
Le riunioni tra Governo e Sindacati dovrebbero svolgersi in stanze chiuse a chiave (“cum clave”) e venire aperte solo dopo la fumata bianca dell’accordo.
Con un simile protocollo, è sicuro che le soluzioni ai reali problemi della nostra società verrebbero trovate (nel bene o nel male) entro l’arco di poche ore.
Sono molte le cose che andrebbero cambiate. Altro che pensione di garanzia per i giovani, altro che pensione complementare…
Ma per poter cambiare le cose occorre avere un ideale da perseguire, una via da seguire, ma, soprattutto, la consapevolezza profonda che non si può parlare di pensioni senza parlare anche di lavoro.
Pensione di garanzia per i giovani? NO: lavoro per i giovani!
Pensione complementare? NO: se non viene prima il lavoro per i giovani!
22 Gennaio 2023 alle 13:10 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giulio, solo ora mi accorgo che l’idea di una “proposta referendaria” proviene da lei. La rimando quindi alla mia risposta che vedrà sotto il commento del sig. Sergio del 22 gennaio 2023 8:58.
22 Gennaio 2023 alle 12:48 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Sergio, in pratica lei sta proponendo una “Proposta di Legge di iniziativa popolare”.
Una simile azione è prevista dall’articolo 71, comma 2 della Costituzione della Repubblica italiana. L’articolo 71 recita:
ART. 71.
Comma 1: “L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale”.
Comma 2: “Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”.
In termini operativi, per avviare una “Proposta di Legge di iniziativa popolare” occorre impostare una “macchina operativa” che sia in grado di:
1. Impostare una “Proposta di Legge di iniziativa popolare” in termini di articoli come prevede la Costituzione (si potrebbe fare);
2. Divulgare la Proposta di Legge (si può fare);
3. Raccogliere 50.000 (cinquantamila) firme da parte di elettori, le cui firme vanno autenticate, per esempio, da assessori comunali (si può fare);
4. Presentare la Proposta di Legge alla Corte Suprema di Cassazione che poi farà annunciare l’iniziativa tramite la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (si può fare).
Trattandosi di una Proposta di Legge, questa verrà discussa in Parlamento (Camera e Senato).
In Parlamento ci sono parlamentari che tra una parola e l’altra dell’oratore guardano i loro smartphone, prendono appunti su altre proposte che verranno discusse, discutono tra loro per risolvere qualche problema internamente al loro partito.
Insomma, per farla breve: quando si passerebbe alla votazione per approvare o respingere la Poposta di legge di iniziativa popolare, tutti parlamentari premerebbero il bottone che fa uscire la scritta “RESPINTO”.
Noi stiamo parlando, in pratica, di uno strumento tramite il quale il Popolo esercita la sua sovranità in accordo con l’articolo 1, comma 2 della Costituzione della Repubblica Italiana: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. In altre parole, si parlerebbe di “democrazia diretta”.
Ma il nostro Parlamento non accetta la democrazia diretta (ci ha provato il Movimento Cinque Stelle, che ha fallito, perché ha cessato di essere Movimento per diventare Partito politico e quindi è arrivato a comportarsi come tutti gli altri Partiti politici).
Ci fu un tempo in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri (il cui nome non cito per una forma di rispetto, ma è l’ex sindaco di Firenze) propose un Riforma costituzionale tramite referendum.
Qualcuno disse che si veniva “chiamati a votare una riforma che vede la demolizione di principi democratici strutturali, tra cui l’eliminazione del Senato e la possibilità di votare i capolista, oltre l’alzamento della soglia per la raccolta firme dei referendum».
Come è noto, l’iniziativa referendaria dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri (ex sindaco di Firenze) non ebbe successo.
Ed egli cadde come corpo morto cade.
Per risolvere i problemi che abbiamo, occorrono non solo economisti contabili, ma anche economisti che siano in grado e capaci di consigliare il Governo ad attuare misure concrete orientate alla crescita e allo sviluppo economico.
Per risolvere i problemi che abbiamo, occorrono non solo Capi di Partito, ma anche Leader di Nazione.
Occorrono Statisti, e non solo uomini di Stato.
21 Gennaio 2023 alle 18:44 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Luigi41, per non demoralizzare i lavoratori, che attendono che scenda la manna dal cielo come quando Mosè guidava il popolo di Israele verso la Terra Promessa attraversando il deserto, diciamo pure che i prossimi incontri non andranno a finire a tarallucci e vino, ma che si arriverà ad un accordo tra le parti.
Lei, sig. Luigi41, mi porta il caso specifico dell’On. Durigon. Ve bene, ragioniamo allora su Quota 41 (che credo sia proprio il suo caso dal momento che ha scelto come nickname Luigi41).
Nella Proposta di Legge PDL 2855 a prima firma del deputato Claudio Durigon si parla effettivamente di “andare oltre la Fornero”, di fare tabula rasa della legge Fornero con una misura che (cito testualmente) “sostituisce integralmente le regole introdotte dalla riforma Fornero”. La misura di cui parla l’On. Durigon è (cito testualmente) “unico requisito contributivo pari a 41 anni per tutti”. Sia per uomini che per donne.
Fin qui i lavoratori Quota 41 si rallegreranno. Ma la festa dura poco.
La PDL 2855 a prima firma del deputato Claudio Durigon viene presentata alla Camera dei deputati in data 11 gennaio 2021.
Avanzo una CONGETTURA (mia ipotesi): l’On. Durigon doveva conoscere gli studi che poi l’INPS avrebbe pubblicato in luglio 2021 in cui si afferma che Quota 41 indipendente dall’età anagrafica è la più onerosa in assoluto di qualsiasi altra misura che il “XX Rapporto INPS di luglio 2021” ha preso in considerazione.
Sapendo questo, l’On. Durigon fa una virata di 180 gradi.
Nella PDL 2855 Durigon aggiunge un nuovo comma chiamato 10-quater (e cito testualmente): “Il nuovo comma 10-quater prevede, quindi, che la pensione anticipata debba essere liquidata con il sistema contributivo con la logica dell’opzione, cioè quella che fino ad oggi ha accompagnato l’evoluzione della cosiddetta « opzione donna »”.
DOMANDA: perché Durigon parla di “pensione anticipata” quando aveva appena detto di sostituire la legge Fornero con “unico requisito contributivo pari a 41 anni per tutti?” È presto detto.
Durigon, effettivamente, sta demolendo la legge Fornero, punto per punto, comma per comma.
Il Comma 10 dell’articolo 24 impropriamente detta “legge Fornero” parla effettivamente della “pensione anticipata” e quindi Durigon doveva per forza fare riferimento alla “pensione anticipata”.
Ma ecco la mossa geniale: unire l’“unico requisito contributivo pari a 41 anni per tutti”, passando attraverso “pensione anticipata” , alla “pensione anticipata debba essere liquidata con il sistema contributivo con la logica dell’opzione, cioè quella che fino ad oggi ha accompagnato l’evoluzione della cosiddetta « opzione donna”. Geniale veramente!
Durigon ha fatto un’altra virata di 90 gradi, passando cioè a “Quota 41 indipendente dall’età ma con il metodo di calcolo completamente contributivo”.
Ma ora, sappiamo bene che abbiamo “Quota 41 con minimo di età 62 anni”
Durigon ha fatto un’altra virata di 45 gradi.
L’8 febbraio si incontrano Governo e Sindacati dove mi pare ci sarà anche Durigon. Il 12 febbraio ci sono le elezioni Regionali. Abbiamo detto tutto.
Comunque, vuoi mica mettere la genialità di Durigon a confronto con “L’amica geniale di Elena Ferrante”? Sottile è Durigon, e anche malizioso. Ma mi sta simpatico, forse per quel suo faccione pacioso.
Sig, Luigi41, signori lavoratori e signori lettori, non pensate affatto che in Parlamento ci siano degli stupidi: ci sono persone di spiccata intelligenza che sanno fare accettare al popolo ciò che il popolo è restio ad accettare.
I parlamentari sono leoni, i lavoratori sono gazzelle.
In Africa, il leone deve correre più della gazzella se vuole sopravvivere.
In Africa, la gazzella deve correre più del leone, se vuole sopravvivere.
Morale 1. Non importa se sei leone o gazzella: comincia a correre.
Morale 2. Sig. Luig41, non si abbatta. Continui pure la sua corsa disperata. Sperando.
21 Gennaio 2023 alle 14:41 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
L’8 febbraio il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Elvira Calderone e la sua squadra di tecnici e consiglieri si incontreranno con una vasta rappresentanza di “parti sociali”.
Sinceramente, io non confido molto né nel “Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali”, né nei rappresentanti delle cosiddette “parti sociali”.
Come terminerà l’incontro? A tarallucci e vino.
Tuttavia è giusto incontrarsi, scoprire le carte, avviare una contrattazione, dove si cede da una parte e si con-cede ad un’altra parte.
È un gioco a somma costante (alcuni amano dire “a somma zero”, ma è meno preciso, sebbene visivamente corretto).
Facciamo un esempio terra terra e consideriamo “Quota 41 a partire da 62 anni di età (Q103)” e “Opzione Donna (OD)”.
Ministro e parti sociali si troveranno a ragionare sulla seguente uguaglianza: Q4162+OD=0 (gioco a somma costante).
Supponiamo che Q4162 valga -1 (è negativo perché c’è il vincolo di età di 62 anni, mentre si vorrebbe qualcosa di positivo ovvero Q41 senza vincolo di età).
Supponiamo che OD sia +1 (è positivo perché Opzione Donna è stata prorogata di 1 anno, ma il numero è appena +1, più basso di +2 che era un punteggio migliore rispondente a Opzione Donna con i requisiti dell’anno scorso).
Perciò: -1+1=0
Con tutto il can can che si sta facendo su Opzione Donna, forse (ma non è detto!) il Governo “cederà” su OD e “con-cederà” un miglioramento di OD.
Se OD passerà da +1 a +2 (con i requisiti dell’anno scorso), allora necessariamente Q4162 passera da -1 a -2 (perché -2+2=0, gioco a somma costante) diventando Q4163, ovvero “Quota 41 a partire da 63 anni (Q104)”.
Occorre invece esplorare l’equazione Q41+OD=L, deve L sta per lavoro, per cui aumentando il lavoro si possono migliorare Q41 e OD, in quanto l’equazione fondamentale è P=L (Pensioni = Lavoro).
Ma questi discorsi sono di tipo accademico: non già perché ci sono piccole formule, ma perché l’Italia non ha “leader” (guide) in grado di portare in alto mare la nave Italia che si è incagliata sul debito pubblico.
Il Presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi forse dice la verità quando afferma che in Europa non ci sono leader. Ma il Presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi direbbe una verità ancora più grande se dicesse che anche in Italia non ci sono leader (eccetto lui, probabilmente).
Proprio sul debito pubblico, il 19 gennaio 2023 a Davos ha parlato il primo Ministro olandese Mark Rutte il quale ha affermato: “Penso che si debba ridurre il debito governativo che e’ troppo alto in Italia, Francia e in altri Paesi perche’ danneggia le prospettive di crescita di lungo periodo”. Mark Rutte ha poi aggiunto: “Servono riforme del debito: guardate all’Italia o ad altri Paesi, spendono dal 10% al 15% della spesa pubblica in pensioni, noi il 5%. Per questo sono contento che la Francia stia affrontando la riforma delle pensioni”.
L’Olanda assieme a Germania, Austria e Danimarca è considerata far parte dei cosiddetti “Paesi frugali” e Mark Rutte è considerato un cosiddetto “falco”.
A rimarcare le considerazioni di Mark Rutte, interviene il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis (già premier della Lettonia): “Sul debito non si può abbassare la guardia. L’Europa rischia di pagare caro il piano Usa per l’industria, pronti a un fondo comune”. E ancora: “L’Italia è sulla strada giusta, ma nel 2023 faccia le riforme””.
“Italia! Oh, Italia! Thou who hast the fatal gift of beauty” (traduzione: Italia! Oh, Italia! Tu che ha il dono fatale della bellezza – Lord Byron).
Pare che l’Europa giochi con l’Italia come il gatto col topo. Pare che i falchi amino avventarsi sulle colombe.
All’Italia con prudenza consiglio: sii un po’ più gatto, e un po’ meno topo.
Al Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni oserei dire: sia più falco, e meno colomba.
20 Gennaio 2023 alle 18:21 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Giò, lei può anche chiedere all’INPS che le restituisca i soldi che lei ha versato con i suoi contributi, ma l’INPS non glieli potrà darà perché non li ha. Li ha utilizzati per pagare le pensioni ad altri lavoratori che sono andati in pensione prima di lei.
Lei potrà andare in pensione se:
– ci sono 2 nuovi lavoratori che potranno pagare la pensione per lei (ma al momento non ci sono);
oppure
– se il Governo decide di attingere alla fiscalità generale aumentando le tasse (ma non può farlo, perché ha detto che le tasse vanno abbassate con la flat tax);
oppure
– se il Governo decide di attingere alla fiscalità generale aumentando l’IVA (ma non può farlo, perché altrimenti i consumi crollerebbero ancora di più e ciò metterebbe in difficoltà le aziende produttrici);
oppure
– se il Governo decide di attingere alla fiscalità generale chiedendo i prestiti e quindi aumentando la spesa pubblica e il debito pubblico (ma non può farlo, perché l’Europa non glielo permette)
La posizione del Governo, nel linguaggio scacchistico, si chiamerebbe triplo “scacco” (di alfiere, perché non può aumentare le tasse; di cavallo, perché non può aumentare l’IVA; e di regina perché non può aumentare la spesa pubblica).
Il Governo potrà uscire dallo scacco puntando sull’aumento dell’occupazione. E farebbe bene a farlo, prima che gli diano scacco matto obbligandolo ad accettare il MES (prestiti salvastato).
Il Governo dovrebbe fare in modo di poter gestire l’economia facendo leva solo sulla Politica fiscale (sulla quale ha completo controllo), e non anche sulla Politica monetaria (che è sotto il controllo della BCE).
Per poter far leva solo sulla Politica fiscale, occorre che l’Italia sia emettitrice di moneta.
20 Gennaio 2023 alle 13:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Caro sig. Wal52, è sempre un piacere per me conoscere i suoi pensieri.
Spesso lei fa riferimento a Matrix. Ebbene, come Matrix, anch’io (si può dire) ho vissuto in un computer.
Nell’Anno Domini 1980, IBM aveva introdotto una nuova tipologia di dischi che all’azienda nella quale lavoravo non andavano bene, perché si correva il rischio di sprecare spazio disco.
Il problema era che i cosiddetti “metodi di accesso” allocavano lo spazio in cilindri, mentre noi volevamo che lo spazio venisse allocato in tracce, per evitare proprio di sprecare spazio disco.
Occorreva modificare il Sistema Operativo di IBM! Un Sistema Operativo che ti gestisce centinaia di migliaia di transazioni al giorno e migliaia di utenti.
L’azienda organizzò un team di lavoro (entro il quale c’ero anch’io naturalmente) fatto da megasuper-super-superesperti di sistemi operativi.
Chiedemmo all’IBM di fornirci il codice sorgente della Supervisor Call (codice macchina decimale 10, esadecimale 0A, binario 0000 1010) di allocazione dei file MVS (Multiple Virtuale Storage) per poter modificare le istruzioni ivi codificate.
IBM ci diede i sorgenti e io diventai un hacker buono, uno che modifica i Sistemi Operativi con il consenso sia dell’azienda che del Fornitore.
Per fare questo genere di operazioni occorre conoscere i blocchi di controllo del Sistema Operativo e il linguaggio in cui sono scritti i programmi del Sistema Operativo (in Assembler e in esadecimale). Oggi, nessun ragazzo al disotto dei 70 anni conosce l’MVS e il linguaggio Assembler per mainframe.
Ho visto molta intelligenza in quei programmi, l’opera di tecnici, di programmatori di sistema assai evoluti (esistono due tipi di programmatori: di sistema e di applicazioni – io appartengo ad entrambe le categorie di programmatori).
Le posso dire senza ombra di dubbio che è pressoché impossibile hackerare un mainframe, e quando sento che alcuni sistemi vengono hackerati attribuisco la responsabilità non già all’hacker (che fa il suo mestiere) ma al Responsabile dei Sistemi Informativi che non si dota di un mainframe ma preferisce affidarsi ai meno costosi sistemi detti “dipartimentali” che si possono “bucare” come un pezzo di burro con un grissino (io non so farlo perchè non conosco, e nè mi interessano, i sistemi dipartimentali).
Per fargliela breve, sig. Wal52, io ho vissuto dentro un computer, l’ho toccato con mano, da dentro, ho visto come si esprime l’intelligenza umana, quali obiettivi persegue (certamente, ci sono anche degli stralunati che nei commenti ai programmi scrivono “make me potent” – “rendimi potente” – ma sono comunque una ristrettissima minoranza).
Ho vissuto quarant’anni fa quello che tra poco vivremo tutti noi. In un certo senso io provengo dal futuro. E pertanto io so già ora come evolveranno le nazioni digitali (altrimenti non avrei fatto la Presentazione dell’Economatica, non le pare?)
La BCE arriva ora all’euro digitale! Tra poco invierò la presentazione sulla Economatica anche a Banca d’Italia e alla BCE. Non già per dire che la moneta digitale l’ho già vista nel 1980, ben 40 anni fa. Solo per far comprendere loro, tacitamente e indirettamente, che loro sono in ritardo di 40 anni.
Mi domando, però, come mai nessuno dei nostri economisti, che si occupano di Econofisica, di Economia Computazionale e di Economia Sperimentale sia risucito con tanta suprema conoscenza di economia a prevedere la nascita della moneta digitale! (di questo, tra l’altro, ho già provveduto a informare la Prof.ssa Elsa Fornero, alla quale ho girato anche la mia Proposta Individuale – Non mi ha risposto – Non ancora).
Sono sicuro che l’Italia avrà la sua moneta digitale di Stato. Non so dirle, però, quando uscirà, vista la velocità con cui si muovono i nostri governanti (consigliati da cime di economisti aspiranti a Premi Nobel) i quali hanno altro a cui pensare, tra cui la ratifica del MES che l’Europa obbligherà a firmare.
20 Gennaio 2023 alle 13:30 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Il video del Corriere della sera che si intitola “Atlas diventa aiuto operaio nel cantiere edile” si trova qui: https://video.corriere.it/robot-atlas-diventa-aiuto-operaio-cantiere-edile/08bbfc68-97f5-11ed-a8ba-307a461da0c0
20 Gennaio 2023 alle 13:26 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Lungi da me dall’entrare a gamba tesi nel confronto tra Governo e Sindacati, ma ho l’impressione che il Governo e i Sindacati siano rimasti al 1800. Si ha l’impressione che si sveglino al mattino solo per pianificare i tavoli da lavoro.
Signori del Governo e signori del Sindacato, la gente a gran voce vi dice “SVEGLIA!”.
Signori del Governo e signori del Sindacato, avete letto anche voi la notizia Adnkronos di Giovedì 19 Gennaio 2023 dal titolo “World economic forum, il pessimismo degli economisti: due terzi prevedono la recessione” (https://www.adnkronos.com/world-economic-forum-il-pessimismo-degli-economisti-due-terzi-prevedono-la-recessione_5dikVVpuKlmfk982FUSS5E?refresh_ce).
Recessione? Personalmente io vedo dietro l’angolo la depressione.
Giusto per far capire anche agli altri che differenza c’è tra recessione e depressione: la recessione è quando gli altri perdono il posto di lavoro; la depressione, invece, è quando sei tu a perdere il posto di lavoro.
Signori del Governo e signori del Sindacato, nei tavoli parlerete di pensioni, e va bene. Anzi male. Non vi servirà proprio a nulla parlare di pensioni, perché i soldi, i denari, la moneta non ce l’avete. Non vi servirà proprio a nulla parlare di pensioni, se non parlerete anche di lavoro, di salari, di automazione, di digitalizzazione.
Signori del Governo e signori del Sindacato, vi rimando ad un video su ciò che ci aspetta in ambito lavorativo e, francamente, non so se sia vero o una bufala, e se è vero non so se ridere o piangere.
Il video del Corriere della sera si intitola “Atlas diventa aiuto operaio nel cantiere edile” (“https://video.corriere.it/robot-atlas-diventa-aiuto-operaio-cantiere-edile/08bbfc68-97f5-11ed-a8ba-307a461da0c0)
Signori del Governo e signori del Sindacato, legatevi ben stretti alle vostre poltrone. Atlas potrebbe venire da voi e chiedere con squisita gentilezza “ti dispiace cedermi il tuo posto?” perché è proprio quello che vi capiterà se non dimostrerete di essere all’altezza di rispondere ai reali bisogni dei lavoratori, che faticano, che si spaccano la schiena da mattina alla sera, che sono esausti, che vengono trattati come cavalli anziani legati alle botticelle e frustati perché non ce la fanno più a trasportare quelle persone che sanno solo pianificare i calendari per i prossimi tavoli da lavoro. Tutto ciò ha una sola parola: DISUMANO!
A volte mi sembra di scorgere più umanità in robot umani che in umani robot.
20 Gennaio 2023 alle 10:08 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Salvatore (primo), noi conosciamo le cose non perché le comprendiamo, ma perché ci sono familiari.
Il meccanismo che io propongo per l’introduzione e la gestione della moneta digitale di Stato è di una semplicità così estrema che la si può definire persino “banale”.
PUNTO UNO. “Moneta di Stato” significa che è lo Stato a gestire la moneta, non la Banca. In termini operativi, a gestire la moneta digitale di Stato sarà una banca governativa con azionista il Governo.
PUNTO DUE. La moneta è “digitale” perché viviamo in una economia digitale.
PUNTO TRE. Liquidare il Patrimonio statale non significa venderlo agli amici, non stiamo parlando di “azioni dello Stato”. Stiamo parlando di Palazzo Chigi, Palazzo del Quirinale, e quant’altro.
PUNTO QUATTRO. La LID non può uscire dall’Italia, e quindi gli “amici degli amici” rimangono con un palmo di naso perché non possono trasferire le LID in Svizzera o altrove.
PUNTO CINQUE. La LID non può uscire dall’Italia e quindi i furbetti che percepiscono il Reddito di Cittadinanza pur risiedendo all’estero non se ne fanno nulla delle LID, a meno che non le spendano in Italia (e questo comunque è un bene).
PUJNTO SEI. Con le LID non si pone il problema se al tassista, al negoziante gli garba oppure no. Basta che loro non abbiamo spese aggiuntive nella gestione dei POS o in commissioni varie. E comunque almeno di un minimo di LID avrebbero bisogno perchè le tasse vanno pagate in LID.
PUNTO SETTE. Non c’è alcun problema con il dollaro, l’euro e quant’altro, perché la LID non viene scambiata sui mercati valutari.
PUNTO OTTO. L’Italia non è l’America Latina (che pur apprezzo dall’album “America Latina” di Lucio Battisti).
PUNTO NOVE. I pensionati pagati in LID hanno una moneta a tutti gli effetti per comprare e pagare il necessario: alimentari, bollette, visite mediche, medicinali, quindi dov’è il problema? Se c’è una perdita del potere di acquisto della LID questa deriva dai costi più elevati delle materie prime, sui quali la BCE non ha nessun’arma per intervenire, nemmeno alzando il tasso di sconto (e quindi il problema lo avremmo sia con le LID che con l’euro).
PUNTO DIECI. Le questioni sono “complicate” in virtù di quanto espresso al primo rigo: comprendiamo solo ciò che ci è familiare. Quando si va in banca a chiedere un mutuo, non c’è alcun problema per la banca nel dare il prestito di 100.000 euro. Basta una semplice trascrizione sul registro contabile. Quel prestito non deriva dal risparmio dei correntisti: quel prestito è “denaro prelevato dal futuro”, dal denaro che lei poi restituirà alla banca mese per mese. Lo Stato, invece, preleva il denaro dal presente, dal suo immobile, è come se lo “pignorasse”, proprio come abbiamo visto fare alla gente in occasione del lockdown. Se la banca può creare 100.000 euro in dieci giorni (perché deve verificare che esistano le dovute garanzie per la restituzione del credito), lo Stato può creare le LID in un solo giorno, con una trascrizione sul registro di Cassa Depositi e Prestiti perché la garanzia patrimoniale c’è l’ha già.
PUNTO UNDICI. Se lei pensa che possa essere una “baggianata” applicare una patrimoniale ai beni dello Stato, dall’altro lato occorre dire che noi tutti non consideriamo affatto una baggianata la patrimoniale sulle nostre case, che ci piace poco, è vero, ma a testa china e con le mani strette dietro la schiena (come Calimero di “Ava come lava!)” l’accettiamo zitti e muti.
PUNTO DODICI. Diamine! Esiste il Sardex “Moneta virtuale e complementare di scambio, utilizzata in alcuni circuiti di compravendita in Sardegna” (come recita l’enciclopedia Treccani), mentre a Roma vorrebbero lanciare il Tibex. Con la corsa all’autonomia regionale (Lombardia, Veneto, e quant’altro) andrà a finire che ogni regione si farà la propria moneta.
Lo Stato è uno, una sola Costituzione, una sola bandiera, una sola moneta. Non è patriottismo, mi creda, è solo il tentativo di far funzionare quell’economia digitale che è sulla bocca di tutti ma che ancora nessuno sa che cosa sia (proprio come nessuno sa ancora che cos’è l’euro digitale).
Ci sono altri 50 punti che potrei elencare. Ma, come dice la canzone, “Qui, io mi fermo qui”.
19 Gennaio 2023 alle 22:22 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, non sono affatto permaloso.
Sono anni che ho imparato e pratico l’arte della scultura. Proprio come faceva Michelangelo. Solo che Michelangelo scolpiva la pietra, il marmo, smussandolo, rimuovendo le parti superflue, facendo emergere, per esempio, la Pietà.
Michelangelo non ha creato la Pietà dalla pietra. La Pietà era già pre-esistente nella pietra. Michelangelo l’ha solo fatta mergere rimuovendo il superfluo.
Alla pari di Michelangelo, io scolpisco il mio ego. A furia di limarlo, smussarlo, rimuovo il superfluo e faccio emergere la persona che sono. La permalosità è il vestito con cui l’ego ama agghindarsi. Il mio ego, a furia di prendere colpi di martello e scalpello, si è piuttosto ridimensionato e pertanto non riesco ad essere permaloso nemmeno se lo volessi.
La mia mail è senz’altro arrivata al Governo, ai Ministri e al Ragioniere dello Stato, sebbene non abbia la ricevuta di ritorno. Ma loro, deve capire sig. Franco Giuseppe, sono persone che si muovono tutte assieme, con cautela, se qualcuno fa il primo passo potrebbe anche correre il rischio di inciampare.
Non so dirle, sig. Franco Giuseppe, ho l’impressione che formiamo anche i Governi con il “copia e incolla”.
Non ci sono idee nuove, non ci sono orizzonti nuovi, non ci sono prospettive. Ci affanniamo a sistemare vecchi problemi rattoppandoli con pezze che dopo qualche anno cedono.
La vita media dei Governi italiani è circa due anni (più o meno). Speriamo che con l’allungamento della vita media, aumenti anche la vita media dei Governi.
19 Gennaio 2023 alle 17:05 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur (mentre a Roma si tiene consiglio, Sagunto viene espugnata).
Sagunto, città governata da Roma in terra di Spagna, inoltrò a Roma una richiesta di aiuto.
A Roma si cominciò a discutere se fosse opportuno o meno inviare rinforzi per aiutare Sagunto.
Mentre a Roma di discuteva, le gloriose forze armate Cartaginesi, al comando dell’intrepido Annibale, entrarono in Sagunto, e la espugnarono.
I lavoratori hanno inoltrato a Roma, tramite i loro rappresentanti che sono i Sindacati, la richiesta di riformare la legge Fornero. A Roma si è cominciato a discutere, è c’è la “disponibilità a fare altri tavoli”, perché “serve capire se ci sono o no le risorse e la volontà politica di fare la riforma della Legge Fornero”.
Dum Romae consulitur, Italia regredӗrit (mentre a Roma si tiene consiglio, l’Italia regredisce).
18 Gennaio 2023 alle 22:03 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, nella sua nota di chiusura lei domanda: “Se in 5 anni non siamo riusciti a risolvere un problema semplice come da me sopra esposto, quanto ci vorrà per mettere in cantiere la più complessa proposta Perfetto ?”
Personalmente aderisco al principio francescano (di San Francesco d’Assisi, intendo) che è il seguente: “inizia dal necessario, passa al possibile e ti ritroverai ad aver fatto l’impossibile.”
Il necessario è lasciare andare in pensione i disoccupati e le disoccupate ultracinquantenni che non hanno la possibilità di rioccuparsi; lasciare andare in pensione i lavoratori e lavoratrici che fanno lavori gravosi; lasciare andare in pensione i lavoratori e lavoratrici che hanno invalidità, indipendentemente dalla percentuale di invalidità che hanno (maggiore di 0%).
Il possibile è attuare le disposizioni di legge già previste in materia pensionistica; lasciare andare in pensione le lavoratrici con Opzione Donna avente i requisiti dello scorso anno.
Se il Governo arriverà a risolvere il necessario ed il possibile, come indicato, vorrà dire che avrà maturato una coscienza sociale, una coscienza di Stato, che gli darà la forza di attuare l’impossibile: “la più complessa proposta Perfetto”.
18 Gennaio 2023 alle 17:29 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig.ra Lilli Reolon (ha un bel nome, armonico, gradevole all’udito) seguo con attenzione i suoi commenti, che trovo al tempo stesso schietti e misurati.
Riguardo al futuro, ricordo il pensiero che nel 2011 la Prof.ssa Fornero espresse in merito all’equità intergenerazionale, l’ho ripreso e l’ho inserito nei Principî generali: “riuscire a far fronte agli impegni finanziari della generazione corrente senza trasferirne gli oneri alle generazioni future”.
Per realizzare quel nobile principio si è reso necessario frenare i pensionamenti. Bene. Ma cosa abbiamo ottenuto oltre al contenimento della spesa pubblica?
Abbiamo ottenuto che per rendere possibile il futuro alle generazioni future abbiamo reso inaccettabile il presente alla generazione corrente. Soprattutto, abbiamo reso inaccettabile “Opzione Donna”.
Forse ricorderà, sig.ra Lilli Reolon, le 50 lire metalliche.
Sul cosiddetto “lato verso” delle 50 lire (il lato posteriore, il rovescio) è raffigurato il corpo nudo del dio greco Efesto (dio Vulcano, per i Romani) che con la mano destra impugna il martello in alto, e si accinge a battere sull’incudine: è il simbolo dell’Industria, è il simbolo del Lavoro.
Sul “lato dritto”, invece è raffigurato il profilo di donna con una corona di foglie di quercia: intorno alla testa coronata c’è la scritta “Repubblica Italiana”.
La moneta è più che un mezzo di scambio: è un simbolo, il simbolo che rappresenta l’identità di una Nazione.
Italia è Lavoro. Italia è Donna.
Ora, non importa chi esso sia se Governo o Datore di lavoro, ma chi umilia il Lavoro, chi umilia la Donna, umilia l’Italia.
18 Gennaio 2023 alle 0:00 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Wal52, non so in qual modo venga interpretato il testo “L’arte della guerra” di Sun Tzu (il maestro Sun).
Personalmente l’ho interpretato non tanto in termini di strategia militare (quale comunque esso è) oppure in termini di competizione con altri per raggiungere il successo personale.
Ho interpretato “L’arte della guerra” in termini più profondi, più interiorizzati.
C’è un punto in cui Sun Tzu afferma che “la vita e la morte del nemico dipendono da te, perciò sei il padrone del suo destino”.
Ho riflettuto a lungo su questa frase e mi sono domandato: ma chi è il mio nemico?
Quando ho scoperto che sono io il nemico di me stesso, ho capito che vincendo me stesso potrò essere padrone del mio destino.
Con un tale cambio radicale di paradigma, il libro “L’arte della guerra” di Sun Tzu diventerebbe “L’arte della pace”.
Sarà senz’altro vero che per quanto profonda sia la nostra saggezza individuale, essa non inciderà sul mondo reale. Ma è sufficiente, io credo, che incida su noi stessi.
17 Gennaio 2023 alle 17:14 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Bravo sig. Lucky!
Mi ha portato all’attenzione la Proposta di Legge n: 376 di iniziativa della deputata Serracchiani dal titolo “Disposizioni e deleghe al Governo in materia di accesso flessibile e graduale al trattamento pensionistico”, presentata il 17 ottobre 2022.
Mi era sfuggita.
La PdL 376, articolo 4 (Opzione Donna), comma 1 riporta testualmente: “ 1. All’articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: « il 31 dicembre 2021 » sono sostituite dalle seguenti: «il 31 dicembre di ciascun anno »; b) al comma 3, le parole: « il 28 febbraio 2022 » sono sostituite dalle seguenti: « il 28 febbraio di ciascun anno »”.
Nota: le parole « il 31 dicembre 2021 » e « il 28 febbraio 2022 » non sono presenti “All’articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26” (ma, data la mia poca familiarità con gli atti parlamentari, potrei sbagliarmi).
Comunque, le parole “31 dicembre di ciascun anno” e “28 febbraio di ciascun anno” lascerebbero intendere che l’On. Serracchiani stia proponendo una Opzione Donna strutturale.
17 Gennaio 2023 alle 16:05 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Sergio, occorre estrema cautela quando si dice di realizzare una misura pensionistica senza specificare con quali risorse si intende realizzarla.
Il giornalista di https://www.pensioniefisco.it/pensione-2024-con-una-nuova-quota-100 resta, purtroppo, sul generico, perché dalla “stanze dei bottoni del governo” evidentemente non sanno ancora le risorse che avranno nel 2024.
La mia osservazione è molto semplice.
Tra poco ci saranno le elezioni regionali. Gli specchi per le allodole stanno per essere posizionati in posti strategici. Credo che le testate giornalistiche, ovvero i mass media in generale, siano proprio alcuni di questi posti strategici.
Orbene: va bene che ci sono ancora molte allodole in volo, ma suvvia! andare a sbattere ancora contro tali specchi per le allodole vuol dire proprio farsi male da soli!
O no?
17 Gennaio 2023 alle 14:36 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Teo, concordo con lei affermando che sono le risorse reali ad avere valore, non la moneta.
Lei mi offre l’occasione per fare un distinguo tra denaro e moneta.
Il denaro è ciò che è accettato dal mercato. Forse lei ricorderà quando negli anni Settanta scarseggiavano le monete metalliche (le 5 lire, le 10 lire, le 50 lire, le 100 lire) per cui i negozi davano come resto caramelle, gettoni telefonici, francobolli. Ecco, quelle caramelle, quei gettoni telefonici, quei francobolli fungevano da denaro. Per rimediare a questa forma di baratto, e sempre per far fronte alla scarsità delle monete metalliche, le banche emisero i cosiddetti “mini-assegni” (fatti con carta scadente per cui si consumavo molto velocemente).
La moneta, invece, viene emessa dallo Stato (nell’Unione europea non sono gli Stati che ne fanno parte ad emettere moneta ma è la Banca Centrale Europea). La moneta euro ha valore di denaro perché viene accettata dal mercato. La lira italiana, per esempio, è una moneta che non ha valore di denaro perché non viene accetta dal mercato.
La conclusione è che: il denaro non può essere creato dal nulla, mentre la moneta, invece, può essere creata dal “nulla” (nella mia Proposta Individuale viene specificato cosa significa che la moneta viene “creata dal nulla”).
Per evitare di creare moneta dal nulla, e per ricondurre la moneta al valore di denaro, nella mia proposta aggancio la moneta (ovvero la moneta digitale) alle risorse reali, agli immobili pubblici. Quindi, la moneta digitale potrà espandersi solo se si espandono le risorse reali.
Lei, sig. Teo, dice esattamente quello che dico io.
Lei dice testualmente: “Immaginate se ci riuscite un vagone di carta colorata o soldi come volete chiamarli, ma nessuna risorsa a disposizione, cosa costruisci con la carta colorata il nulla”.
Io dico (nell’articolo sopra riportato), testualmente: “basti pensare, per esempio, alla condizione limite che si verrebbe a creare qualora ci fossero sufficienti risorse finanziarie da poter finanziare le pensioni di un qualsivoglia numero di pensionati, ma nessun lavoratore per produrre beni e servizi”.
Sia lei che io mettiamo l’accento sulle risorse reali. Quando io parlo di lavoratori, parlo di “risorse reali”, parlo di “fattore di produzione reale”.
C’è anche un’altra osservazione che lei fa, sig. Teo, che coglie un aspetto di verità, quando dice che: “Quello che oggi definiamo denaro , non è affatto denaro, ma una condizione decretata dell’uomo; si tratta di un mezzo di controllo e schiavitù in mano a pochi, niente più”.
Tornando al mio esempio sulla disponibilità di risorse finanziarie per pagare le pensioni senza però disponibilità di risorse reali (i lavoratori) per produrre, qualora avessimo una enorme disponibilità finanziaria, potremmo effettivamente fare come fanno i Paesi produttori di petrolio che hanno una enorme disponibilità finanziaria per cui i cittadini residenti non lavorano e fanno lavorare tutti gli stranieri riducendoli in condizioni di schiavitù.
La mia Proposta, sig. Teo, agli occhi di un attento lettore, si rivela una sorta di Manifesto che potrebbe intitolarsi “Libertà dalla schiavitù”, libertà dalla schiavitù del sistema neoliberalista e libertà dalla schiavitù dell’economia finanziaria, e va in controtendenza al pensiero di Friedrich von Hayek (Premio Nobel per l’economia nel 1974) che nel suo libro “La via della schiavitù” metteva in evidenza che i pianificatori economici (lo Stato) non potevano conoscere la volontà degli altri e quindi finivano per comportarsi da despoti. Hayek è stato uno dei più influenti economisti del pensiero neoliberista, a lui si ispirarono Ronald Reagan e Margareth Tatcher della quale è famosa l’affermazione “Non esiste qualcosa chiamata società”.
Infine, sig. Teo, mi lasci concludere con questa affermazione di Keynes che mi piacerebbe poter ricordare al Governo: “Non facciamo niente perché non abbiamo soldi, però è esattamente perché non facciamo niente che non abbiamo soldi”.
16 Gennaio 2023 alle 22:26 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, la storia dell’industria italiana la conosciamo fin troppo bene: debito pubblico, profitti privati.
È dagli anni Settanta (ma forse ancora prima) che l’industria italiana, quando le cose vanno male, scarica i lavoratori allo Stato tramite la cassa integrazione, mentre quando le cose vanno bene distribuisce i profitti agli azionisti. E lo Stato (cioè noi) paga.
Se lo Stato paga quando l’industria italiana glielo chiede, allora è verosimile che industriali, finanzieri, piccoli e grandi imprenditori, grande distribuzione, fino ai piccoli commercianti votino i partiti che andranno al Governo (destra e sinistra non ci sono più, sono la stessa cosa). Ma credo che a votare i partiti che andranno al Governo sia anche (e sfido chiunque a smentirmi) quella stragrande maggioranza di cittadini che credono alle promesse elettorali dei partiti che poi andranno al Governo (e qui le elezioni che si svolgono in maniera democratica mi daranno senz’altro ragione).
L’attuale Governo non prenderà spunto da questa mia Proposta. No ora, perlomeno. Non ascolterà neppure i Sindacati il 19 gennaio. L’incontro del 19 gennaio sarà un incontro farsa. Il Governo non ascolterà nemmeno la voce della Nazione. Il dado è tratto, la decisione è presa. Il Governo ora ha ben altro a cui pensare.
L’attuale Governo ha una poltrona per tre. L’attuale Governo deve ratificare il MES. L’attuale Governo deve fare scendere il debito pubblico. L’attuale Governo è sotto l’egida dell’Europa, sotto “tutela” dell’Europa.
Ma c’è un fatto ancora più importante da considerare: se nel 2011 le condizioni economico-finanziarie dell’Italia erano più favorevoli di quelle di oggi, come si può immaginare di fare una riforma pensionistica, oggi, più favorevole della Riforma Fornero del 2011? Lo si potrebbe fare attuando la mia Proposta Individuale. Ma il Governo non è stato ancora messo all’angolo dall’Europa. E quindi il Governo accantonerà per il momento la mia Proposta Individuale.
Qualcuno forse sorriderà della mia idea della “moneta digitale di Stato”. Non mi è difficile pensarlo. Probabilmente chi sorriderà della moneta digitale di Stato avrà riso leggendo della “moneta digitale italiana” del comico Beppe Grillo (https://beppegrillo.it/la-moneta-digitale-italiana/). E Beppe Grillo non è un comico qualsiasi, intendiamoci, è a capo di un Movimento che è il secondo partito politico italiano!
Far pagare l’automazione a Confindustria? Manco per sogno. L’abbiamo detto prima: è l’industria italiana che fa pagare lo Stato, è l’industria italiana che fa pagare l’automazione allo Stato attraverso i sussidi di disoccupazione da erogare ai lavoratori che perderanno il posto di lavoro. Questo mi indispone un po’, devo dirlo. Perché ho l’impressione che a volte lo Stato si comporti come quel politico, che tutti noi conosciamo, che ti mette il braccio sulla spalla, ti fa lo sgambetto, e poi ti dice “posso aiutarti?”
Forse sono io fuori posto in questa società: ho dello Stato una considerazione talmente alta da farmi sentire quasi fuori tempo.
Ed ora, sig. Franco Giuseppe, mi permetta di leggerle nel pensiero. Lei mi vuole domandare: “Ma scusi, ma questa Proposta, allora, perché l’ha fatta?”
La Proposta l’ho fatta perché, quando il Governo non saprà più dove sbattere la testa, quando nel Consiglio dei Ministri tutti si guarderanno in faccia è non sapranno cosa fare, quando sentiranno la stretta morsa dell’Europa che vorrà obbligare l’Italia a chiedere il MES per “tutelarla”, perché non vada in bancarotta, allora, forse, qualcuno nel silenzio di tutti dirà: “e se provassimo ad attuare la Proposta Individuale di quel signore che ci ha consigliato di trasformare gli immobili pubblici in moneta digitale italiana – proprio quella moneta digitale italiana di cui parla anche Grillo l’Elevato – e di applicare la robot tax come abbiamo già fatto con la web tax?”
Mi piacerebbe, eccome, sig. Franco Giuseppe, evadere da queste problematiche, e dedicarmi a qualcosa di più sereno, di più calmo, ora che sono in pensione. E forse lo farò, perché il cammino della vita lo si misura in due modi: quanta strada si è fatta, e quanta strada rimane ancora da fare. E di strada io ne ho già fatta tanta.
1 Gennaio 2023 alle 18:14 (pubblicato su https://www.pensionipertutti.it)
Sig. Franco Giuseppe, lei la mette sul personale, ed io in genere rifuggo dal parlare di me stesso. Ad ogni modo, tenterò di rispondere alle sue osservazioni.
Non so chi io sia stato in una vita precedente (o perlomeno non me lo ricordo). Spesso le persone mi domandano se sono un prete oppure un professore. Non sono né un prete, né un professore.
È probabile che in una vita precedente sia stato un cavaliere: un po’ Lancillotto, in lotta con se stesso sospeso tra due amori (quello per Ginevra moglie di re Artù e quello per Elaine di Astolat, conosciuta anche con il nome di Lady Shalott) e un po’ Parsifal, lo scudiero di Lancillotto, che divenne cavaliere e dedicò la sua vita alla ricerca del Santo Graal. Certamente non sono stato responsabile di atroci misfatti durante la persecuzione dei Catari: lo so con certezza, perché provo verso la Santa Inquisizione – che va dal 1200 fino al 1600 dopo Cristo (anno della messa a rogo di Giordano Bruno) – un’avversione incontenibile, che tento con ogni sforzo di domare.
Nella mia vita non ho mai ricevuto benefici in cambio di denaro, o di favori da parte dei politici. Sono stato insignito del titolo onorifico di Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica italiana, questo è vero, ma non ho mai proferito una parola, né mosso un dito per richiederlo, e non mi è mai passato per la testa di aspirare a tale titolo onorifico.
Io non “assolvo” i politici, le loro azioni vengono giudicate dagli elettori che li hanno eletti. Solamente chi li ha eletti potrà emettere il giudizio morale di approvazione o di disapprovazione. Io mi limito ad analizzare ciò che i politici si propongono di fare, le condizioni entro le quali si trovano ad agire, i risultati che potrebbero ottenere sotto certi vincoli dettati dalle condizioni esistenti. Aggiungo che, oltre a non essere né un prete né un professore, non sono nemmeno un politologo.
È vero che mi sono pensionato con Quota 100 (per la precisione con Quota 106, con 65 anni di età anagrafica e 41 anni di anzianità contributiva).
È vero che avrei potuto continuare a lavorare fino a 67 anni e oltre, e pensionarmi come lei, come la maggior parte dei lavoratori, con la legge Fornero.
È vero che Quota 100 è una legge che ha favorito solo pochi lavoratori e creato disparità di trattamento, disuguaglianze che hanno alimentato malumori negli animi dei lavoratori al punto da mettere lavoratori contro lavoratori.
È vero che ho tratto beneficio da Quota 100.
Non è vero che “assolvo” i politici perché ho tratto beneficio da una legge fatta da loro.
Non è mia intenzione ricordare il debito pubblico e l’automazione. Tutto ciò è sotto gli occhi di tutti. Quando l’ho fatto, è per dare corpo al mio ragionamento, per evidenziare il perché i politici non riescono (a mio avviso, s’intende) a mantenere le loro promesse, e in che modo l’automazione andrebbe affrontata al fine di consentire ai politici la possibilità di mantenere le loro promesse.
La morale è per me una cosa molto personale (un po’ come i vestiti). La morale riguarda i valori. Per tale motivo, i miei valori possono differire dai valori di un altro, ma non per questo cerco di proporli ad altri. Anzi, spesso gioco con me stesso dicendomi che semmai dovessi fondare un ordine monastico lo chiamerei Fatecomevoletefratelli.
In definitiva, sig. Franco Giuseppe, lasci che le dica questo: ho studiato per un quarto della mia vita, ho lavorato per un’altra metà della mia vita e sto vivendo l’ultimo quarto della mia vita; ho raggiunto il massimo risultato intellettuale che un essere umano può raggiungere nella vita e mi sento pienamente appagato al punto che potrei lasciare sin d’ora questo mondo senza alcun rimpianto. Inoltre, non provo rancore verso alcuna persona. Tutto ciò, io credo, mi consente di vedere la realtà in maniera cristallina e di risultare obiettivo nelle mie osservazioni (anche nei confronti dei politici).