Luigi Dallapiccola
Luigi Dallapiccola nacque nel 1904 a Pisino, cittadina situata al centro dell’Istria, penisola oggi per la maggior parte croata, ma a quel tempo parte integrante dell’Impero Austro-Ungarico, e quindi punto di confluenza di numerose culture, da quella italiana a quella slava e tedesca. La famiglia Dallapiccola aveva origini trentine. Il padre dal 1905 divenne insegnante di lingue classiche e presidente del ginnasio cittadino, unico istituto di formazione di quel genere in lingua italiana della penisola autorizzato dall’Impero, nonostante il pericolo di irredentismo che animava in quel periodo la popolazione di cultura italiana.
Oltre al severo apprendimento scolastico, come era comune nelle famiglie borghesi dell’epoca, Luigi cominciò molto giovane a coltivare l’interesse per la musica, attraverso lo studio del pianoforte, mostrando già prestissimo una particolare inclinazione per quest’arte. I genitori non dichiararono mai esplicitamente il loro dissenso verso una possibile carriera musicale del figlio, tuttavia cercarono comunque di assecondare i gusti del giovane.
Nonostante le normali tensioni e difficoltà tipiche di un qualsiasi luogo di “confine” etnico-culturale, Dallapiccola visse i primi anni a Pisino in un clima mediamente sereno e tranquillo, fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dove i moti irredentisti da parte della popolazione italiana si accentuarono pericolosamente. L’entrata in guerra dell’Italia, contro l’Austria, ebbe delle dirette ripercussioni sulla popolazione italiana all’interno dell’Impero. Per la prima volta si cominciò a parlare di campi di concentramento per confinare gli oppositori politici, anche se con la morte dell’imperatore Francesco Giuseppe, la nuova politica imperiale di Carlo optò invece per una linea più morbida che implicava in molti casi la deportazione dal proprio luogo d’origine, verso l’Austria. Il ginnasio di Pisino, da tempo sospettato di essere uno dei covi del dissenso politico, venne chiuso e la famiglia Dallapiccola nel 1917 fu costretta a trasferirsi a Graz sotto il controllo della polizia. Nei venti mesi trascorsi nella città stiriana, visse di stetti e difficoltà la condizione di confino, soprattutto per i problemi legati agli approvvigionamenti, tuttavia poté frequentare con una certa assiduità il loggione del teatro cittadino che, nonostante la guerra, continuava a mettere in scena opere di prim’ordine. Lì il giovane scoprì i grandi capolavori di Mozart, Weber e soprattutto Wagner.
Con la sconfitta dell’Austria, nel 1918 Pisino, come di fatto tutta l’Istria e la Dalmazia, divenne italiana. La famiglia Dallapiccola poté così tornare alla normalità. Il padre riebbe il suo posto al ginnasio l’anno successivo. Il giovane riprese il liceo, tuttavia la convinzione di voler proseguire una carriera musicale si faceva sempre più viva nella sua mente. Per questo motivo iniziò a frequentare, parallelamente agli studi liceali, più seri studi musicali, questa volta a Trieste, che al tempo era di certo il centro più importante dell’intera regione. A Trieste studiò armonia con Antonio Illersberg e pianoforte con Alice Andrich Florio. Luigi Dallapiccola conserverà un ricordo particolare di Illersberg, maestro che seppe aprirgli lo sguardo musicale verso orizzonti più ampi, dandogli prima di tutto una solida formazione improntata nello studio dei classici della polifonia italiana vocale e strumentale. Non mancarono negli stessi anni anche le rare ma importanti occasioni per venire a contatto con la musica contemporanea del suo tempo, come il primo incontro con “Pelléas et Mélisande” di Claude Debussy che suscitò un grande fascino nel giovane Dallapiccola, cosa che non avvenne invece, negli stessi anni, con l’ascolto del “Mefistofele” di Arrigo Boito.
Nel 1922 concluse il percorso liceale e decise di trasferirsi a Firenze per proseguire gli studi musicali. Nella città toscana inizialmente studiò con Ernesto Consolo, musicista che gli fece toccare con mano autori contemporanei come Debussy, Maurice Ravel e Bela Bartók, e l’anno successivo si iscrisse al Regio Istituto Musicale “Luigi Cherubini” (oggi Conservatorio di Firenze), al tempo diretto da Ildebrando Pizzetti, per seguire corsi di armonia e contrappunto.
Nonostante l’interesse ormai sempre più vivo per la composizione, nel 1924 Dallapiccola si diplomò in pianoforte, risultato che gli avrebbe permesso fin da subito una brillante carriera da concertista se nello stesso anno non avesse avuto quel primo incontro con la musica di Arnold Schönberg che come nessun altro avvenimento musicale giocò in Dallapiccola un ruolo fondamentale nell’aprirgli nuove prospettive verso il mondo della scrittura musicale. Il maestro viennese, infatti, su invito di Alfredo Casella, fece tappa a Palazzo Pitti per dirigere il suo affascinante quanto scandaloso “Pierrot Lunaire”. Alla medesima rappresentazione tra gli altri assisteva anche Giacomo Puccini, con il quale Schönberg ebbe al termine un lungo dialogo, di cui non si conoscono però i contenuti.
Negli anni successivi al diploma il giovane Dallapiccola continuò a studiare composizione, impartendo nel frattempo lezioni di pianoforte. Più tardi iniziò anche l’attività di pianista accompagnatore al fianco della danzatrice La Meri. Tale collaborazione nel 1930 gli permise di viaggiare all’estero, sia a Vienna che a Berlino, città che lo stupirono per la grande vivacità culturale soprattutto nel campo dell’arte contemporanea. Nelle grandi capitali europee poté assistere a rappresentazioni di primissimo livello di opere come “Elektra” e “Salome” di Richard Strauss, di composizioni come la “Prima Sinfonia” di Gustav Mahler ed all’ora inedita messa in scena, almeno in Italia, del “Simon Boccanegra” di Giuseppe Verdi. Sempre nel 1930 nacque anche il duo Dallapiccola-Materassi, destinato a lasciare un importante segno soprattutto per quanto riguardava la scelta di repertorio, pieno di autori al tempo assai moderni come Debussy, Ravel, Igor Stravinskij, Leoš Janáček. Il 1930 fu anche l’anno della licenza in composizione. Nel 1931 invece conobbe la futura moglie Laura Coen Luzzatto, studentessa triestina presso l’università di Firenze, che sposerà però solo nel 1938.
La produzione compositiva dallapiccoliana inizia ufficialmente con la “Partita” per soprano ed orchestra del 1932, anche se già da prima molti furono i lavori scritti da Dallapiccola e considerati, a quanto pare, come composizioni minori. La “Partita” fu anche una delle prime composizioni ad essere eseguite per un ampio pubblico che non a caso si rifà, almeno formalmente, ad un genere di composizione che riecheggia il passato di grande tradizione strumentale italiana riportato in auge soprattutto dalla generazione di Casella, ma il cui fascino investì anche quella più giovane al quale facevano parte Gian Francesco Malipiero lo stesso Luigi Dallapiccola ed il coetaneo Goffredo Petrassi.
Grazie soprattutto all’impegno di Casella, l’Italia di quegli anni poteva vantare festival musicali di tutto rispetto, come la Biennale di Venezia, il Maggio Musicale Fiorentino e gli incontri del festival organizzato dalla Società Internazionale di Musica Contemporanea (SIMC), nei quali il nome di Dallapiccola a poco a poco si stava facendo strada. Ma i maggiori incontri con personalità di respiro internazionale negli anni ’30 avvenivano soprattutto a Venezia, luogo in cui Dallapiccola poté conoscere direttamente, oltre a Casella e Malipiero, anche compositori come Alban Berg. Nel 1934 a Vienna partecipò al concorso indetto dalla Universal Edition in memoria del compianto direttore Emil Hertzka, nella cui giuria figuravano tra gli altri Berg, Ernst Křenek ed Anton Webern. Nel 1935 fu invece a Praga dove assistette alla prima esecuzione mondiale dell’op.24 di Webern organizzata dalla SIMC; rimase così positivamente sconvolto dalla composizione che, pur non avendola del tutto compresa, ne intuì subito la portata storica e stilistica.
Nel 1934 vinse il concorso per divenire insegnante di pianoforte complementare al Conservatorio di Firenze. Secondo le sue qualifiche avrebbe potuto aspirare ad insegnare pianoforte principale, tuttavia preferì l’incarico meno prestigioso poiché questo gli permetteva più libertà di manovra e quindi la possibilità di affrontare con i suoi allievi repertori che andassero al di là di quello prettamente pianistico previsto dai programmi d'istituto. Celebri furono all’interno dell’ambiente del Conservatorio le sue lezioni di analisi, alle quali partecipavano allievi di ogni provenienza. Più o meno di questo periodo fu la composizione dei “Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane”, tre gruppi corali di due composizioni ciascuno, ogni uno di organico completamente differente. Eseguiti in versione integrale per la prima volta nel 1937, furono, a detta dello stesso Dallapiccola, l’ultimo colorito spiraglio di spensieratezza di un’età felice, un’opera di svolta e la fine di un’epoca, quella giovanile, che si concluse bruscamente con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Tuttavia, nonostante il clima sfavorevole che imperversava in Europa, fino al 1938 Dallapiccola riuscì ancora a viaggiare all’estero. Nel 1937 fu per la prima volta a Parigi dove incontrò Darius Milhaud, Francis Poulenc e lo scrittore ed aviatore francese Antoine de Saint-Exupéry con il quale discusse la realizzazione di un’opera teatrale tratta dal racconto “Vol de Nuit”, opera che il compositore portò poi a termine nel 1939. Nel 1938 visitò anche Londra, dove ebbe modo di assistere all’esecuzione di “Das Augenlicht” op.26 di Webern, diretta da Herman Scherchen, rimanendone affascinato soprattutto per la purezza del suono nella scelta strumentale.
In un Europa sempre più spopolata da intellettuali, perseguitati dalle nuove restrizioni da parte dei totalitarismi, Dallapiccola in principio continuò ad operare, rimanendo lontano dalle faccende politiche verso le quali molti musicisti suoi coetanei invece si schierarono. Il compositore in quel periodo sosteneva appunto che il singolo individuo fosse di fatto impotente di fronte alle decisioni calate dall’alto da parte del regime, tuttavia, con la promulgazione delle leggi razziali in Italia, anche gli ideali politici di libertà e lotta contro l’oppressione divennero concreti nell’animo di Dallapiccola, ideali che lo toccarono negli affetti più cari dato che la compagna Laura Coen Luzzatto contava origini ebraiche. Proprio i sentimenti nati da quella difficile situazione diedero vita ad una delle pagine più celebri ed eseguite del compositore istriano, ovvero i “Canti di Prigionia”, raccolta di tre composizioni per coro e strumenti su testi di celebri condannati del passato, Maria Stuarda, Severino Boezio e Girolamo Savonarola.
Immediatamente successivo ai “Canti di Prigionia” fu anche il progetto di una nuova opera teatrale, “Il Prigioniero”, preceduto dalla composizione delle “Liriche Greche”, come a voler affiancare alla necessità di espressione di un terribile presente, la possibilità di calarsi di tanto in tanto in un’oasi di distaccata serenità intellettuale che la manifestazione dell’attuale non gli avrebbe mai concesso. Il lavoro per terminare “Il Prigioniero” si protrasse però più del previsto, anche per via della guerra e del non facile ed immediato ritorno alla normalità dopo la liberazione da parte degli alleati, situazione complicata anche dalla nascita della prima figlia Annalibera che gravò ulteriormente in una non facile situazione economica. Nel dopoguerra affiancò quindi l’attività di insegnante ad un incarico di collaborazione offertagli dal periodico “Il Mondo”, dove fu incaricato di scrivere articoli musicali, senza tralasciare le cospicue commissioni dalle quali nacquero composizioni come i “Due Studi” (Sarabanda, Fanfare e Fuga) per violino e pianoforte, che ne ispirò poi anche una versione orchestrale dal titolo “Due Pezzi per Orchestra”. Nell’immediato dopoguerra Dallapiccola operò anche per il ritorno in attività della SIMC della quale fu segretario della sezione italiana.
A partire dalla seconda metà degli anni Quaranta la notorietà internazionale di Dallapiccola cominciò a crescere inesorabilmente. Molte delle sue musiche vennero eseguite a Parigi, Londra, Bruxelles e Copenaghen, e per la prima volta nel 1948 una sua composizione approdò negli Stati Uniti, paese che presto lo accolse con simpatia ed onori. Sempre del 1948 fu anche la volta delle “Quattro Liriche di Antonio Machado”, su poesie di uno dei più significativi poeti spagnoli del Novecento, antifascista che durante la guerra civile si schierò apertamente per la repubblica. Seguì nel 1949 la composizione dei “Tre Poemi”, dedicati ad Arnold Schönberg, con il quale ebbe il primo contatto, epistolare, in occasione del suo 75° compleanno. I "Tre Poemi" furono un’opera di svolta per il compositore istriano. Non fu di certo il primo in cui utilizzò la dodecafonia, ma fu quello dove la usò in maniera esclusiva e definitiva. L’adozione sistematica della dodecafonia divenne infatti da qui in avanti una vera e propria necessità comunicativa, l’unica capace di assecondare i due aspetti compositivi più cari a Dallapiccola, ovvero l’espressività del canto e la volontà di speculazione numerica e simbolica.
Nei primi anni Cinquanta l’ormai celebre compositore, su invito del direttore e mecenate Serge Koussevitzky, fu invitato in America per svolgere dei corsi musicali a Tanglewood, sede estiva della Boston Symphony Orchestra, nei quali il maestro di Pisino ebbe come allievo anche il giovane Luciano Berio. Nel periodo trascorso a Tanglewood scrisse la “Tartiniana”, divertimento per violino e orchestra dedicato a Koussevitzky, in onore del suo conterraneo istriano Giuseppe Tartini. Sempre negli Stati Uniti, a New York, ebbe anche modo di incontrare per la prima volta Thomas Mann, scrittore tra i più amati dal compositore. Anche se indirettamente, fu il contatto con Mann ad avvicinarlo musicalmente alla poesia tedesca, che mise poi in opera nei “Goethe-Lieder” e poi nella cantata “An Mathilde”. Dal punto di vista compositivo, gli anni Cinquanta furono caratterizzati anche da tre altri importanti lavori di natura e indirizzo differenti. Da una parte vide la luce nel 1952 il “Quaderno di Annalibera”, raccolta di pagine d’album per pianoforte dedicata alla figlia, e la loro trasposizione orchestrale con il titolo di “Variazioni”, e i “Canti di Liberazione”, che possono essere considerati un proseguo di quel filone narrativo dallapiccoliano iniziato con i “Canti di Prigionia” e che, attraverso l’opera “Il Prigioniero” portarono poi negli ultimi anni alla realizzazione dell’”Ulisse”, opera che trovò conclusione solo nel 1966, e fu considerata dallo stesso compositore come il risultato di tutta una vita.
Gli ultimi anni di Dallapiccola vennero scanditi da numerosi e prestigiosissimi riconoscimenti internazionali, fatto che consacrò il compositore di Pisino come uno dei più importanti protagonisti del Novecento, non solo musicale, ma culturale nell’accezione più ampia del termine, sia in Italia che all’Estero.
Luigi Dallapiccola si spense a Firenze nel 1976.
Dallapiccola: Firenze dodecafonica
Dallapiccola parla di Ulisse
LIBRI DI e SU DALLAPICCOLA
Luigi Dallapiccola: Appunti, Incontri, Meditazioni - Ed. Suvini Zerboni, Milano, 1970
Luigi Dallapiccola: Parole e Musica - Ed. Il Saggiatore , Milano, 1980
Sergio Sablich: Luigi Dallapiccola, Musicista Europeo - Ed. Epos, Palermo, 2004