Ildebrando Pizzetti nacque a Parma nel 1880. Il padre, insegnante di pianoforte e direttore di coro, inizialmente osteggiò il figlio nell’intraprendere la carriera musicale, fatto che ritardò nel giovane Ildebrando l’approccio allo studio del pianoforte. Dopo il ginnasio classico frequentò l’istituto musicale di Parma dove studiò armonia e contrappunto con Telesforo Righi, ma fu l’incontro con Giovanni Tebaldini, direttore dell’istituto e musicologo, ad istillare nel giovane la fascinazione per la musica antica e il canto gregoriano, a quel tempo materie quasi del tutto sconosciute in ambito ufficiale nelle accademie. Tebaldini, quindi, influenzò Pizzetti nel riscoprire la musica antica, tendenza che divenne comune tra i giovani compositori di quella generazione come Ottorino Respighi, Alfredo Casella e Gian Francesco Malipiero, ma a differenza di questi ultimi, Pizzetti conservo parallelamente un rispetto particolare per la tradizione italiana più recente, soprattutto quella verso Giuseppe Verdi e il melodramma ottocentesco, che mancava quasi del tutto nei suoi contemporanei più progressisti.
Diplomatosi in composizione nel 1901, lavorò dapprima come maestro sostituto al Teatro Regio di Parma, movendo i primi passi come compositore di opere teatrali. Nel 1905, con la composizione di musiche di scena per la tragedia “La Nave”, iniziò un sodalizio con Gabriele D’Annunzio destinato a concretizzarsi in future eterogenee collaborazioni che vanno dalle liriche per canto e pianoforte “I Pastori” dall’Alcyone del 1908, all’”Erotica” da La Chimera del 1911, a “La Sinfonia del Fuoco” per baritono, coro e orchestra scritta per il film di Pastrone Cabiria del 1914, passando per il coro “Cade la sera” del 1942, fino ai suoi più celebri titoli in ambito operistico come “Fedra” del 1915, e “La Figlia di Iorio” del 1954. Il debutto in teatro per Pizzetti avvenne proprio con l’opera “Fedra” la cui estetica si contrapponeva sia al verismo che al wagnerismo, per formulare invece un rinnovato “linguaggio drammatico latino” più vicino al teatro di parola che all’opera lirica tradizionale.
Pizzetti fu anche insegnante di composizione nel 1907 presso l’Istituto musicale di Parma dove lui stesso studiò, per poi trasferirsi a Firenze l’anno successivo in qualità di docente di armonia e contrappunto. Nel 1924 insegnò al Conservatorio di Milano, rimanendovi fino al 1936 per andare a sostituire, dopo la morte di Respighi, quest’ultimo alla cattedra di perfezionamento in composizione presso l’Accademia di Santa Cecilia in Roma.
L’ambito in cui eccelse maggiormente l’operato compositivo di Pizzetti fu quello corale, della cui tradizione l’Italia ereditava molto ma all’epoca poco praticava, e nel cui ambito riuscì a ricavarsi a quel tempo un posto di rispettosa originalità, questo grazie anche all’interesse per la musica antica e per il gregoriano che divenne ispirazione costante nella musica vocale pizzettiana, che trova massima espressione nella “Messa da Requiem” del 1923. Accanto alla musica sacra, la carriera del Pizzetti compositore continuò soprattutto in teatro con opere come “Lo Straniero” del 1925, “Fra Gherardo” del 1927 e “Dèbora e Jaéle”, queste due ultime dirette in prima assoluta a La Scala da Arturo Toscanini negli anni ’20.
Pizzetti fu senza dubbio un nazionalista, posizione testimoniata sia in musica che dalla vicinanza istituzionale alla cultura del regime fascista al fianco di Giovanni Gentile, del quale firmò il Manifesto degli intellettuali fascisti, e con il quale collaborò anche in campo letterario, ma mantenne però sempre posizioni non reazionare, contrarie all’entrata in guerra dell'Italia. Pizzetti fu anche attivo saggista e critico musicale, scrivendo sulle più importanti riviste del tempo, nelle quali espresse sempre chiaramente la sua posizione atta a preservare la tradizione, cercando di conciliarla con le tendenze artistiche a lui vicine, ma con scarsa comprensione verso le più recenti sperimentazioni compositive delle nuove avanguardie. Prese posizioni precise nei confronti del modernismo in musica, indirettamente anche in polemica con colleghi di prestigio come Alfredo Casella e Gian Francesco Malipiero, posizioni che però il regime non fece mai proprie ufficialmente. Nonostante la vicinanza al fascismo, nel secondo dopoguerra rimase una figura molto rispettata in ambito musicale, ricoprendo ancora incarichi di massimo rilievo. Dal 1948 al 1951 Pizzetti fu presidente dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, dal 1963 al 1966 fu presidente dell’Istituto di studi verdiani, dal 1954 al 1959 fu anche presidente del Sindacato musicisti italiani e nel consiglio di amministrazione della SIAE. Nel 1958 ricevette dall’Accademia dei Lincei il prestigioso premio Feltrinelli per la musica.
L’ultima opera, che concluse la vita musicale di Pizzetti, fu “Filiae Jerusalem, adjuro vos”, cantata per soprano, coro femminile e orchestra del 1966 su testi tratti dal Cantico dei Cantici. Pizzetti si spense a Roma, dopo una lunga carriera, nel 1968.
Riccardo Viagrande: Ildebrando Pizzetti compositore, poeta e critico - Ed. Casa Musicale Eco, Monza, 2013