Béla Bartók

Béla Bartók nacque nel 1881 a Nagyszentmiklós, cittadina del Banato rumeno a pochi chilometri dal confine ungherese, a quel tempo sotto la corona d’Ungheria, e quindi parte del vasto Impero Austro-Ungarico. La famiglia Bartók, di lingua ungherese e di estrazione colta, nonostante le antiche origini tedesche, volle avviare il figlio Béla fin da subito alla cultura del proprio paese ed allo studio della musica, notando prestissimo nel bambino un’eccellente propensione per quest’arte. I primi insegnamenti musicali arrivarono dalla madre, eccellente pianista, e proprio il pianoforte fu lo strumento che gli consentì un primo approccio con i suoni ed in particolare con la dimensione del canto popolare, che fu poi così importante nella carriera del compositore.

Nel 1888, con la morte del padre, la vita della famiglia cambiò però radicalmente, dato che la madre sola riusciva a stento a mantenere l’intera famiglia, ma, nonostante ciò, continuò a dare ai figli un’educazione esemplare. Data la situazione precaria, la famiglia dovette viaggiare molto, nonostante i continui cambiamenti non giovassero né alla salute, né all’apprendimento del giovane Béla. Visse prima a Nagyszőlős (oggi in Ucraina) e poi a Bratislava, dove poté intraprendere studi musicali più seri, fino ad ottenere nel 1899 sia l’ammissione al Conservatorio di Vienna, sia quella presso l’Accademia di Pest dove si diplomò in pianoforte e composizione nel 1901.

Iniziò dapprima una carriera pianistica coronata da concerti di importanza via via crescente, in capitali europee come Vienna e Berlino; al contrario, come compositore non riuscì a decollare, nonostante già dalle prime partiture Bartók tentasse l’ambizioso sforzo di conciliazione tra lo stile tardoromantico tedesco, su modello dell’amato Richard Strauss, con la musica popolare della sua patria, seguendo così le orme di quelle scuole nazionali già fiorenti da decenni in molti paesi della "periferia" europea. Va detto che per Bartók la musica popolare non fu un semplice oggetto di ispirazione ma un vero bacino di studio che lo coinvolse fin dal 1904 quando per la prima volta venne a contatto con il canto contadino. A partire dal 1905 iniziò così un sempre più intenso e sistematico lavoro di registrazione e trascrizione dei canti che Bartók stesso andava raccogliendo di villaggio in villaggio grazie all’ausilio del fonografo, inventato qualche decennio prima da Thomas Edison. In questo lavoro trovò la complicità di Zoltán Kodály, altro importante musicista ungherese che con Bartók diede uno dei più significativi contributi alla nascita dell’etnomusicologia. Il lavoro di ricerca, che dapprima si limitò alla catalogazione di canti magiari, portò poi alla registrazione e alla trascrizione minuziosa della musica popolare di zone limitrofe ricchissime di cultura musicale. Nel 1918 Bartók arrivò a registrare ed a trascrivere circa 3.500 musiche rumene e 3.200 canti slovacchi.

Nel 1907 divenne insegnante di pianoforte presso l’Accademia di Budapest e tra il 1908 e il 1909 riuscì a pubblicare le sue prime composizioni degne di nota: il “Primo Quartetto per Archi” e le “14 Bagatelle per Pianoforte”. Nonostante ciò, le sue composizioni furono più volte rifiutate dal pubblico e dalla critica. La sua unica opera teatrale “Il Castello di Barbablù”, composta nel 1911, non venne eseguita prima del 1918. Dopo il matrimonio con la prima moglie Marta Ziegler nel 1909 e la successiva nascita del primo figlio Béla jr., seguì un periodo di scarsa attività compositiva che però lo vide concentrato nello studio della musica popolare del centro Europa, dei Balcani e della Turchia. Nel 1913 fu addirittura a Biskra in Algeria, ampliando ancor più l’orizzonte di quel già vasto ambito di canti popolari che egli aveva scoperto e raccolto nel decennio precedente.

Dal punto di vista compositivo tornò alla ribalta nel 1916 con il balletto “Il Principe di Legno” che finalmente lo consacrò a fama internazionale come compositore. Seguì poi, alla fine della Prima Guerra Mondiale, la composizione della pantomima teatrale “Il Mandarino Meraviglioso”, iniziata nel 1918 e influenzata in particolare dall’opera di compositori contemporanei come Igor Stravinskij e Arnold Schönberg. Più in generale la musica composta da Bartók negli anni ‘20 non fu immune all’estetica espressionista, anche se il sistema compositivo bartokiano non volse mai alla dodecafonia.

Nel 1923 in occasione del cinquantenario dall’unificazione della città di Budapest scrisse la “Dance Suite”, raccolta orchestrale ispirata a danze provenienti da varie regioni dell’Est europeo e balcanico. Nello stesso anno vi fu anche l’improvviso divorzio dalla moglie Marta ed il matrimonio con la più giovane allieva Ditta Pasztory. Seguì poi fino alla fine degli anni ‘20 un periodo particolarmente creativo in cui vennero alla luce composizioni come il “Concerto per Pianoforte”, “Outdoors”, il “Terzo Quartetto” e il “Quarto Quartetto” per Archi. Verso la fine degli anni ’20 si intensificò anche l’interesse per la sua musica all’estero, prima in Inghilterra, nel Paesi Bassi ed in Germania, poi negli Stati Uniti ed in Unione Sovietica.

Nonostante la crescente ondata di nazionalismi che insidiava l’Europa degli anni ’30, Bartók rimase in patria fino alla fine del decennio, componendo alcuni tra i suoi maggiori capolavori, come “Musica per Archi, Celesta e Percussioni” su commissione di Paul Sacher, e la “Sonata per due Pianoforti e Percussioni”. Da qui in avanti lo stile compositivo di Bartók si fece sempre più purificato da ogni esplicita influenza esterna, rivelando ciò che oggi potremmo definire senza indugio come la più autentica manifestazione estetica del pensiero compositivo bartokiano.

B. Bartók e Z. Kodály
Bartók mentre registra canti di contadini

Nel 1940, dopo la morte della madre, al quale fu molto legato per tutta la vita, in occasione di una tournée negli Stati Uniti, per via dell’imminente scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Bartók decise di prolungare la sua permanenza in America fino al termine del conflitto. Qui cercò di proseguire il suo lavoro sul folklore, tenendo conferenze e componendo, in una situazione finanziaria e di salute sempre più precaria, e lontano dalla famiglia e dalle amicizie più strette che rimasero confinate in Ungheria.

Nel 1943 ricevette da Serge Koussevitzky la commissione di una nuova opera orchestrale, il “Concerto per Orchestra” che portò a termine in pochi mesi. Da tempo Bartók soffriva di leucemia, ma la condizione di salute sembrava essersi stabilizzata a tal punto da permettergli nel 1945 di progettare la realizzazione di alcuni nuovi lavori, come il “Terzo Concerto per Pianoforte” e il “Concerto per Viola”, nonché il ritorno in patria, progetti che, per l’aggravarsi repentino della malattia non riuscì a portare però a compimento.

Béla Bartók si spense a New York nel 1945.

Bartók e il canto popolare [EN]

Registrazioni originali di danze rumene

Documentario su Béla Bartók [EN]

LIBRI DI e SU BARTOK

Béla Bartók: Scritti sulla musica popolare, a cura di Diego Carpitella - ed Boringhieri, Torino, 1977

Massimo Mila: L’ Arte di Béla Bartók - ed. Bur Rizzoli, Milano, 2013

Béla Bartók: Lettere scelte a cura di János Demény, traduzione di Paolo Ruziscka - ed. Il Saggiatore, Milano, 1969