2011camerlengo-it

Pasquale Camerlengo: "Non amo i programmi normali"

Reut Golinsky

Traduzione di Barbara Castellaro

Siamo alla fine del Nebelhorn Trophy. La danza libera è terminata con una vittoria a sorpresa per gli americani Madison Hubbel e Zach Donohue che pattinano insieme soltanto da pochi mesi. Il loro coach, Pasquale Camerlengo, è in piedi accanto al “kiss and cry” dove sta ricevendo le congratulazioni dai suoi colleghi. Anche molti pattinatori lo stanno avvicinando. “Ah ecco” - ho detto a me stessa - “Ha creato le coreografie per loro l’estate scorsa. E per quei pattinatori. E anche per quell’atleta. E per quei pattinatori che lo stanno avvicinando ora…”

Il suo nome ha iniziato, stagione dopo stagione, a dominare sempre più nella danza sul ghiaccio dove allena alcune delle coppie più forti, insieme alla moglie, la due volte campionessa del mondo Angelika Krylova.

Ma il lavoro di Pasquale, come coreografo, si vede anche nei programmi delle coppie di pattinaggio artistico e dei pattinatori di singolo.

Abbiamo parlato con lui dei suoi allievi, delle sue coreografie, del pattinatore ideale e di molto altro.

Durante la conferenza stampa, ai tuoi allievi Madison e Zach è stato chiesto qual è il segreto della loro vittoria qui. Ma la persona alla quale andava fatta questa domanda sei probabilmente tu.

Io penso che noi abbiamo fatto un buon lavoro. E quando dico “noi” io voglio dire tutti noi, dal momento che credo realmente nel lavoro di squadra. Madison e Zach sono pattinatori di talento, si sono abbinati perfettamente fin dal primo giorno in cui hanno cominciato a pattinare insieme. E, naturalmente, abbiamo lavorato molto duramente con loro, perché crediamo che siano un’ottima squadra e possano essere annoverati accanto alle grandi coppie.

Avevo pianificato di iniziare la nostra intervista con le congratualazioni per un’altra tua coppia, Kaitlyn Weaver e Andrew Poje, che si sono classificati quinti agli scorsi Mondiali. Questo era un risultato inaspettato per te?

Li avevamo spinti in quella direzione. Quando sono venuti da noi erano già dei buoni pattinatori, ma non avevano la consapevolezza di poter raggiungere i migliori al mondo. In quel momento non avevamo committenze da altri atleti di vertice, così abbiamo investito molto tempo e molta energia nel seguire Weaver/Poje, nel contribuire a farli crescere e a credere che sono dei grandi pattinatori. E’ una sfortuna che non siano mai diventati Campioni Nazionali del Canada. Quando vieni presentato come il Campione nazionale, gli altri ti considerano anche in modo diverso. Ma il loro talento e la loro capacità di pattinare hanno fatto la differenza ai Mondiali.

Per me la loro short dance è stato uno dei programmi più belli della scorsa stagione.

Grazie. Penso che fosse in sintonia con le loro personalità. Abbiamo provato a creare qualcosa di simile nello stile a Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”. Quest’anno abbiamo una short dance su musiche latine. Per la rhumba abbiamo scelto un pezzo molto conosciuto: “Historia de un amor”. E’ molto sensuale. Ci sono bellissimi accenti nella musica ai quali abbiamo potuto far corrispondere movimenti interessanti. E la parte della samba è molto vivace, divertente e coinvolgente.

Per la free dance abbiamo cercato di costruire qualcosa di molto emozionante basato su una popolare canzone francese, “Je suis malade”. Abbiamo utilizzato circa 2 minuti e 15 secondi della canzone originale eseguita da Lara Fabian e il resto è stato composto proprio per questo programma, basato su parte della musica originale. Abbiamo pensato che sarebbe stata una buona idea usare una canzone francese dal momento che Weaver/Poje hanno alcune gare in aree francofone: i mondiali a Nizza, la finale di Grand Prix a Quebec City. I Campionati nazionali saranno in una città con una percentuale alta di persone che parlano francese. (Moncton, dove un terzo della popolazione parla francese). Così ci siamo detti: “Perché no? Il nostro pubblico capirà questa canzone”.

Ti sei posto alcuni obiettivi per loro questa stagione, tipo come classificarsi di nuovo fra le prime cinque coppie, o arrivare più in alto?

Fondamentalmente, chiedo sempre ai miei atleti di fare del loro meglio. Dico ai miei pattinatori: “Ragazzi, voi dovete sempre lottare come se doveste vincere la competizione anche se sapete di non avere alcuna possibilità. Ma lottate e mostrare il vostro meglio, e poi quando sedete al kiss and cry vedrete che cosa accade. Talvolta ci sono piacevoli sorprese, talvolta no. Ma ogni cosa dipende da voi, e voi potete terminare la competizione ad un alto livello anche quando si perde, perché avete ottenuto qualcosa.

Passiamo a Nathalie Péchalat e Fabian Bourzat, che si sono uniti a voi l’estate scorsa. Deve essere più difficile per te lavorare con loro che con le altre coppie dal momento che questi due atleti pattinano insieme da lungo tempo. Hanno già abitudini, un modo loro di fare le cose.

Sì, hai colto un particolare importante. In realtà io non credo che le persone che raggiungono una certa età non possano migliorare. Ma, talvolta, questo si è fissato nella testa del pattinatore che dice: “Sai, ho 30 anni non c’è nulla che io possa ancora imparare”. Ma è completamente sbagliato. Questo è accaduto durante la mia carriera: come pattinatore, probabilmente, ho imparato più a 28 anni che a 18. La maturità è consequenziale all’età, che è importante nella danza sul ghiaccio. E’ importante che si veda quanta consapevolezza e fiducia hai in quello che stai facendo. Cambiare allenatore è duro perché ciascuno ha un approccio diverso. Devi stare attento a non fare cambiamenti improvvisi dal nero al bianco, ma prima partire dal grigio scuro, poi passare al grigio, poi al grigio chiaro e solo successivamente al bianco. Così, a poco a poco sto tentando di far loro capire che possono cambiare; possono migliorare e possono provare nuovi elementi che non hanno mai tentato prima.

Per esempio?

Per esempio: hanno recentemente pattinato programmi nei quali era preponderante la parte interpretativa, come “Zhivago”, “Chaplin” e “Circus”, dove stavano recitando più che danzare veramente. Nella danza libera di quest’anno abbiamo introdotto un altro concetto, focalizzandoci maggiormente sull’unità. Per creare il necessario effetto visivo, devono muoversi esattamente nello stesso modo. Erano forse meno abituati a farlo. Erano più attenti al modo di esprimere ciò che sentivano, mentre ora devono concentrarsi sulla precisione. E poi hanno bisogno della tecnica negli elementi obbligatori, per fare in modo che il key point risulti più pulito. Talvolta dicono: “Oh, ma non possiamo farlo. Lo stiamo facendo a modo nostro perché quello è il modo in cui l’abbiamo imparato”. Ma io rispondo: “No, ascoltate, proveremo quello e poi mi direte che cosa ne pensate”. Così provano una volta, due e poi dicono:”Forse possiamo… forse..“ E alla fine comprendono che non hanno raggiunto il limite, che possono migliorare ancora; possono imparare e migliorare ancora purché ci credano.

Chi ha coreografato i loro programmi per questa stagione?

Sono stati coreografati in collaborazione con diverse persone. Nathalie e Fabian sono abituati a lavorare in questo modo e noi vogliamo che lo continuino a fare. Naturalmente, io sono anche un coreografo, ma ho la consapevolezza che ci sono persone più specializzate in alcuni aspetti di quanto non lo sia io. Loro sono andati in Francia per la danza libera, hanno lavorato con un coreografo che ha insegnato loro alcuni movimenti delle braccia, alcuni interessanti movimenti dello stile hip hop e alcune transizioni tra gli elementi. Angelika ed io li abbiamo portati sul ghiaccio e abbiamo creato tutti i passi. Sebbene il tema della loro danza sia Egiziano, la danza in sé e la musica sono moderni. Inizia con melodie mediorientali dalla colonna sonora de’ “L’ultima tentazione di Cristo” e poi cresce in qualcosa di simile alla techno music. Per la short dance li abbiamo portati a uno studio di Danza latina affinché ne imparassero le basi. Non è stata creata lì alcuna coreografia, ma hanno imparato come realizzare alcuni movimenti. L’attuale coreografia è stata preparata da Angelika e da me.

Hai coreografato molti programmi, e non soltanto per i tuoi allievi o per i pattinatori di danza sul ghiaccio. Ho provato a contare quanti dei tuoi programmi abbiamo visto soltanto durante questa competizione. Michel Brezina : 2 programmi, la coppia di artistico Hausch/Wende: entrambi i programmi...

La coppia di danza spagnola (Hurtado/Diaz) – entrambi i programmi, Franz Streubel, Romain Ponsart…

Ti ricordi il primo programma in assoluto che hai coreografato?

Il primo programma in assoluto? O cielo… Quando pattinavo, circa negli anni Novanta, avevo sempre l’abitudine di coreografare parte dei miei programmi. Anche se stavo lavorando con un altro coreografo che mi dava alcune dritte, ero solito creare da me la coreografia di più di metà del programma. Non posso dire con certezza qual è stata la mia prima coreografia, ma probabilmente è stato nel 1993. Allora mi ero ritirato e Carlo Fassi, che stava lavorando a Milano e che sapeva che avevo smesso di pattinare, mi chiamò nel suo ufficio e mi chiese: “Quanto prendi per la coreografia?”. Io risposi: “Non ne ho idea”. Allora disse: “Bene, domani mattina verrai alla pista e inizierai a lavorare con i miei studenti”. Ecco quando ho cominciato. Ho lavorato come coreografo a Milano per due anni, la maggior parte del tempo con pattinatori italiani e con alcuni pattinatori europei non troppo conosciuti. In questo modo ho accumulato esperienza e ho iniziato a comprendere meglio come creare una coreografia. Ho imparato a lavorare con le necessità dei pattinatori, qualcosa a cui non avevo mai pensato quando pattinavo. Non devi volere che sia il pattinatore ad adattarsi a te, ma tu devi adattarti al pattinatore e creare qualcosa che vada bene per lui.

Nel 1996-1997 tornai a gareggiare e nel 1998 mi ritirai nuovamente. Allora stavo lavorando a Lione con Muriel Boucher-Zazoui e quando smisi di pattinare Muriel mi chiese di lavorare con lei. Fra i pattinatori con i quali ero solito lavorare c’erano Nathalie e Fabian, creavo le loro coreografie quando erano a Lione. Lavoravo anche con Marie-France Dubreuil/Patrice Lauzon e Isabelle Delobel/Olivier Schoenfelder. Ho lavorato prevalentemente con coppie di danza, ma anche con alcuni pattinatori di singolo, per esempio Stanick Jeannette, francese, due volte medaglia di bronzo agli Europei. Ma la prima vera grande committenza è stata con Daisuke Takahashi. Molte persone sono venute da me dopo aver visto che cosa avevo fatto per Daisuke: Jeremy Abbott, Alissa Czisny, Michal Brezina, Tomas Verner…. Ogni cosa è iniziata da lì.

E loro continuano a tornare!

E io sono felice di questo, specialmente per Daisuke. Negli ultimi anni ha sempre cambiato coreografo per lo short program, perché ama provare cose nuove e lavorare con persone nuove. Ha cambiato molti coreografi, ma è rimasto con me. Abbiamo già pensato alla musica per le prossime Olimpiadi. Sono piuttosto felice e orgoglioso di questo. Sono felice che lui ami quello che faccio e il modo in cui lo faccio.

Forse lui sta con te perché tu puoi essere diverso; tu proponi idee e stili differenti; da dove trai l’ispirazione?

Come pattinatore, sono cresciuto imparando molte cose, dal tango al rock and roll al jazz. Ho provato ad imparare il flamenco e la danza classica. Così ho acquisito un po’ di tutto. E’ abbastanza facile per me passare da uno stile all’altro, sento di poter creare la coreografia di un programma techno-moderno, o classico, o che intrerpreti una colonna sonora. Non puoi veramente spiegare l’ispirazione, ma si tratta di una sensazione all’interno della quale si legano musica e movimenti. Ho un disegno nella mia mente, so quale sensazione il movimento dovrebbe creare o quale illusione ottica. E poi provo a riprodurlo con il pattinatore. Io personalmente amo quando in un programma c’è interpretazione, quando le persone piangono o sorridono.

Come Daikuse ne’ “La Strada”

Esatto. E a proposito, all’inizio lui mi disse “Non posso farlo”. Si sentiva ridicolo nel farlo. Così gli dissi: “Sei un artista. Devi essere completo, devi essere capace di fare qualsiasi cosa”. Ma quando ha percepito la reazione da parte della gente intorno a lui che diceva che il programma sembrava fantastico, si è convinto che doveva provarlo. Ed è stato facile, perché ha un bagaglio completo ed è un così grande artista. Non smette mai di imparare e mai di sorprendere quanto lontano può spingersi nell’acquisire le cose. Ho sempre detto di essere fortunato per il fatto che Daikuse mi abbia scelto. E’ così versatile come pattinatore, puoi chiedergli di eseguire qualsiasi cosa e lui lo farà. Talvolta non sei nemmeno sicuro che la tua idea sia buona, ma poi lui la esegue e, wow, la fa apparire così bella che non importa che cosa sia!

Il pattinatore ideale con il quale lavorare di quali qualità deve essere in possesso?

Il “pattinatore ideale” prima di tutto dovrebbe avere buone capacità di pattinare. Per raggiungere quel livello di abilità sul ghiaccio, in cui l’eseguire un movimento diventa qualcosa di naturale e appare buono – fili profondi, velocità - deve essere in grado di pattinare e non pensare ai movimenti dei suoi piedi. Allora, puoi prenderti cura della parte superiore del corpo, dell’espressione, delle linee, della bellezza del movimento, del giusto carattere di ciò che interpreta, ecc… E’ anche necessario che ami l’arte, la osservi e provi a capirla. Non basta vedere i movimenti e dire: “Oh, è bello", ma si deve cercare di andare più in profondità e chiedersi: “Che cosa lo rende così bello? Forse è perché viene eseguito in questo modo specifico?” Io cerco di mettere insieme tutte le mie conoscenze e creo la mia coreografia, ma il pattinatore che non possiede questo spirito di osservazione non la farà mai come io l’ho figurata. Io creo sempre tenendo a mente le necessità del pattinatore, ma se non c’è alcuna necessità, non c’è nulla da creare. Tu puoi insegnargli, ma è un lavoro durissimo.

Così il pattinatore perfetto dovrebbe possedere la conoscenza dell’arte, il senso di osservazione e essere una persona molto sensibile. Daikuse è una buona combinazione di tutto questo. Lo stesso si può dire di Stéphane Lambiel. Io lo adoro, è un vero artista, crea i propri elementi. Emana una immensa emozione, esegue ogni singolo movimento come se crescesse con lui, conosce esattamente che cosa fare nel momento giusto. O le abilità di pattinaggio che possiede Patrick Chan… è meraviglioso! E’ in grado di acquisire velocità da passaggi complessi. Wow, come riesce a farlo?

Ci sono pattinatori con i quali vorresti lavorare?

Naturalmente. Tra le donne mi piacerebbe lavorare con Carolina Kostner. E’ così bella sul ghiaccio, e così brava nel fare ciò che fa, che lascia molto spazio alla creatività; non ci sono limiti perché lei è bravissima. E poi mi piace moltissimo Mao Asada. Penso che possa essere grande, ma nasconde ancora un po' le proprie potenzialità. Tra gli uomini… è duro fare nomi… Vorrei lavorare con Yuzuru Hanyu. Egli possiede già qualcosa: è un buon pattinatore, è molto elastico ed è ancora abbastanza giovane da essere plasmato. Ma non voglio nominare pattinatori con i quali potrebbe non accadermi mai di lavorare.

Allora perché non offrire loro di lavorare con te?

No, non lo farò mai, non è nel mio stile…

E’ interessante che tu abbia nominato soltanto pattinatori di singolo. Infatti in questo momento sei maggiormente conosciuto per le coreografie di pattinatori di singolo.

Lavoro di più con un certo livello di pattinatori di singolo. E le coppie di danza con le quali sto lavorando non sono ancora state riconosciute tra i pattinatori di alto livello, soltanto Kaitlyn e Andrew si sono spinti finora così lontano. Ecco perché sono meno noto come coreografo di danza sul ghiaccio. Ma ho creato, per esempio, coreografie per Isabelle e Olivier, fondamentalmente di tutti i loro programmi tra il 1999 ed il 2006.

Il loro programma con le maschere, “Carnevale a Venezia” era anche tuo?

Sì, era un bel programma e quando l’ho costruito ero in un momento di ispirazione speciale. Isabelle e Olivier vennero nel Delaware, dove vivevamo in quel periodo, per lavorare su questo programma. Angelika era incinta di nostra figlia e poiché era vicina al parto, stavo sul ghiaccio con il telefono con la suoneria a volume massimo. Infatti, avrebbe potuto suonare in qualsiasi momento e io avrei dovuto correre a portare Angelika all’ospedale. Era un bel periodo, non ero ancora coinvolto con altre coreografie a questo livello e così avevo più tempo per loro e avevo la possibilità di concentrarmi maggiormente sul loro lavoro. Perché talvolta, quando il lavoro si sovrappone, hai molte cose da fare e alla fine è normale rischiare di restare a corto di idee. Così inizi a sentirti stanco; non sei così produttivo come potresti essere.

Bene, l’estate scorsa è stata abbastanza piena per te.

E’ stata piena, ma ho cercato di organizzarmi al meglio, anche se non sono una persona organizzata. Talvolta questo dipende anche dalla disponibilità del pattinatore. Se dicono: “Non posso venire in qualsiasi momento, ma solo in questo”, allora devo lavorare di notte con uno e durante il giorno con l’altro e cercare di fare quanto più possibile.

Siamo arrivati all’ultima domanda: ho notato durante la competizione che stavi guardando i pattinatori per i quali hai creato le coreografie. Come ti senti nel guardare qualcosa che hai creato presentato sul ghiaccio? Probabilmente non è esattamente come l’hai immaginato.

No, lo so… Non sono mai contento, anche quando un programma è buono. I pattinatori hanno la tendenza a ridurre la parte coreografica, in modo da focalizzarsi di più sugli elementi. E’ qualcosa che mi disturba sempre, specialmente perché credo che si possa veramente integrare gli elementi come parte della coreografia. Ma i pattinatori si trattengono. E’ possibile che tentino di prendere una pausa quando invece dovrebbero esprimere qualcosa, e non è bello. Alla fine il programma appare normale e non amo i programmi normali.

Ma si tratta di un processo e all’inizio della stagione non è mai facile. I pattinatori hanno bisogno di focalizzarsi sull’esecuzione degli elementi. Ma con il procedere della stagione e quando hanno eseguito i loro programmi così tante volte da non pensare a quello che stanno facendo, passano a dedicarsi alla parte coreografica. Cerco di incontrarmi con i pattinatori di nuovo, prima delle competizioni principali, per perfezionare le cose, aggiungere, migliorare… E quando vengono da me, spesso chiedo loro: “Dove si è perso questo movimento? Dove questo passaggio? Perché non hai più eseguito questo?” e loro mi rispondono: “Perché, sai, non abbiamo avuto tempo…”. “Ma quel movimento significava qualcosa per te? O era soltanto alzare il tuo braccio?”

Così di solito posso dire che abbiamo fatto un buon lavoro – ma verso la fine della stagione.

Dopo queste dichiarazioni, non vedo l’ora di assistere ai tuoi programmi pattinati ai Campionati del Mondo quest’anno. E non vedo l’ora di assistere ad altri programmi coreografati da te nei prossimi anni. Grazie per il tuo lavoro e buona fortuna.

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