L' estate in Italia è tempo di stupri. Ma cosa fanno le femministe dinanzi allo stupro etnico, a Milano, a Brescia, a Foggia, a Chieti~? E perché la Rai è così reticente? E perché la Chiesa non si indigna neppure ai funerali delle vittime? Né si segnalano cortei «scemo scemo» davanti al tribunale di Chieti dove il gip (maschio) ha azzeccagarbugliato il codice contro il parere del pm (donna) per mettere in libertà lo stupratore algerino di una minorenne deflorata, di una verginità massacrata.
Il giudice ha rimesso in libertà il ventiduenne Abderramene Lazarec, studente di Agraria, non solo perché non esisterebbe pericolo di fuga né di inquinamento delle prove (e passi), ma anche perché «non può reiterare il reato». Ma come fa a esserne sicuro, dottor Marco Flamini? Ha forse sequestrato allo stupratore l' arma del delitto? Questa è di nuovo l' Italia di Rosetta e di Cesira, de "La ciociara" di Alberto Moravia, ma moltiplicata per mille. Gli stupri etnici che, giorno dopo giorno, sempre di più stanno avvelenando le nostre cronache, ripropongono, nelle strade d' Italia e nelle ore dell' agguato, la stessa atmosfera angosciante di quel capolavoro: l' urlo acuto, la disperazione, il ruggito, la testa che sbatte, il sangue e «quel silenzio che le era caduto addosso nel momento che i marocchini l' avevano violentata e che doveva durarle tanto tempo, forse per sempre». Scrisse Moravia all' editore Bompiani: «Il titolo più appropriato per questo mio romanzo sull' Italia sarebbe "Lo Stupro"». Ebbene, è come se fossimo di nuovo nello Stupro, nel fuoco di una guerra, anche se tribale ed interetnica questa volta. Già quello stupro etnico, in qualche maniera "alleviato" dalla Liberazione dal Nazifascimo, fu la morte della pietà, l' anestesia morale, la durezza del cuore.
Figuriamoci dunque gli stupri di miserabile, feroce fisiologia che vengono perpetrati oggi, senza nemmeno la guerra e tutto lo sconquassamento sociale e la vacanza morale che la guerra si trascina appresso. Lo stupro di Moravia avvenne in chiesa, mentre questi dei nostri odiosi giorni avvengono nelle latrine, per strada, nei capannoni abbandonati~ La verità è che lo stupro etnico non dovrebbe suscitare nessuna indulgenza, né stimolare stratagemmi retorici o procedure giuridiche sostanzialmente agghiaccianti o congetture antropologiche, tragicamente ridicole. è un atto bestiale e disgustoso, praticato per scelta ponderata e fredda negli scontri tribali e religiosi che finirono di distruggere la Jugoslavia.
E invece abbiamo il sospetto che in Italia un atteggiamento "pudico", una capziosità giudiziaria, il silenzio dei telegiornali, la complicità caritativa del clero, un' amnesia del femminismo, uno stupido terzomondismo residuale di fatto proteggano gli stupri etnici. Perché? Che cosa ha in testa il gip di Chieti, il dottor Marco Flamini? Liberando lo stupratore a ventiquattro ore dallo stupro, non si rende conto di aver posto le condizioni, speriamo solo astratte, perché possa maturare un nuovo crimine, la vendetta sull' algerino, come si usava ai tempi del delitto d' onore che era - l' hanno dimenticato tutti? - l' esecuzione dello stupratore e non della stuprata: l' onore non era un metro di terra sopra la donna, sopra la Hina di turno, ma l' eliminazione del maschio caprone. Il più famoso delitto d' onore, consumato a ridosso del Sessantotto, fu la morte a Catania del professore Speranza, ucciso a pistolettate dal maestro Furnari.
Perciò, in questa nuova barbarie di stupri etnici, ci chiediamo dove sono finite le femministe «l' utero è mio e lo gestico io», le vestali delle molestie sessuali da ufficio, le militanti che hanno crocifisso Clinton, le moraliste che hanno disinfestato la Rai allupata dei penosi traffici boccacceschi. Forse dinanzi allo stupro etnico sono diventate tutte antropologhe, pronte a minimizzare, a contestualizzare, e magari a guardare con pietà scientifica e con simpatia freudiana allo stupro dell' integrazione, allo stupro terapeutico, obolo da sacrificare sull' altare del terzomondismo sessuale, già anticipato da Moravia nel 1957: «Quei marocchini dopo tutto sono anche loro giovanotti in fuga».
E per "marocchini", Cesira, interpretata nel film di De Sica da Sophia Loren, intendeva non solo gli stupratori della figlia Rosetta, ma i maschi di tutte le razze del mondo che si erano raccolti in Italia. Si chiama stupro etnico e significa ovviamente che solo alcuni di questi uomini sessualmente solitari, stranieri e predatori, utilizzano l' organo sessuale come una pistola o come il coltello da piantare nella donna occidentale, dell' italiana: per rivalsa inconsulta. I più invece sono solo uomini famelici che vanno in giro per il mondo, non portando con sé mogli e famiglie, e spesso vivono di espedienti, in baracche e in comunità di soli maschi. In entrambi i casi la sessualità diventa il luogo dove si ricovera tutta la deiezione e il senso della sconfitta.
Nella libido si concentra la voglia di promozione, l' insoddisfazione, la rabbia... E tanto più trovano eccitanti le nostre donne, perché libere di muoversi, dalle sei del mattino, mentre vanno al lavoro, sino alle due di notte, quando escono dalla discoteca. Ha scritto Emanuele Severino sul Corriere della Sera che nella cattolicissima Brescia dopo le ore 20 la gente ormai non esce di casa. Ma ogni momento è buono per l' incontro, per l' aggressione, o per il raptus, per l' uscita dallo stato di normalità in una strada deserta, appena adocchiata la vittima. Insomma, questi predatori sono a loro volta preda di un impulso primario animalesco che - bisogna dirlo liberamente - il Corano legittima nella considerazione di scarso conto in cui mette la donna (Sura numero 4 per citarne una) anticipando persino le teorie razziste sulla "Inferiorità mentale della donna" (1901) dello psichiatra tedesco Paul Jiulius Moebius.
Va invece spiegato a chi viene in Italia che, come esiste una civiltà delle posate, qui da noi c' è anche una civiltà della sessualità, minoritaria magari, e forse al tempo stesso più pervertita e più delicata, ma la sola che non viola la persona, la sola protetta dalla legge. Esistono infatti anche gli stupratori italiani, da reprimere esemplarmente, a riprova che consideriamo lo stupro un delitto molto grave e che la pena sarà, sempre, molto pesante verso chiunque. Lo stupro, che sino al 1996 era un reato contro la moralità pubblica e contro il buon costume è stato trasformato, da un legislatore evidentemente più illuminato del giudice di Chieti, in un delitto contro l' integrità della persona. Tutti devono sapere, italiani e stranieri, che in Italia la persona fisica è sacra. E, senza arrivare al tabù della castrazione chimica e alle demagogie della Lega, chi viola l' integrità della persona deve subire sulla sua pelle un oltraggio detentivo di uguale durata: «Questa mia figlia qui, me l' hanno rovinata, sì me l' hanno rovinata per sempre, una figlia che era un angiolo e adesso è peggio che se fosse morta. Ma davvero lo capite quello che ci hanno fatto?».
FRANCESCO MERLO 24 agosto 2006