A 6 anni trucidato dai neonazi
BERLINO - Joseph aveva sei anni, gli stessi grandi, caldi occhi scuri del papà iracheno Saad, il sorriso dolce di mamma Renate, tedesca di nascita. Quella mezza faccia da straniero non piaceva ai neonazisti. Lo hanno attaccato in cinquanta, lo hanno pestato, torturato, drogato e annegato in una piscina pubblica, sotto gli occhi atterriti della sorella maggiore. C' erano almeno altri duecentocinquanta bagnanti quel giorno là in piscina, ma nessuno mosse un dito, nessuno accorse alle grida d' aiuto di Joseph. è accaduto a Sebnitz, nel profondo della Germania orientale, venerdì 13 giugno 1997, ma per la magistratura locale il caso era archiviato come "annegamento accidentale". C' è voluta tutta la tenacia di Saad e Renate per raccogliere le testimonianze dei presenti che la polizia non aveva cercato, e imporre la riapertura del caso. Il quotidiano popolare Bild ieri ha rivelato l'atroce storia sparandola in apertura di prima pagina, e la sua denuncia scuote il paese. ORMAI la sete di violenza eversiva dell'ultradestra si fa sempre più sanguinaria: non esita più neppure a commettere un infanticidio. Leggendo la storia su Bild quasi ci si augura che sia il resoconto di un incubo. Di un falso. E invece no: faceva caldo quel venerdì 13 giugno di tre anni e mezzo fa, laggiù nel piccolo borgo sassone di Sebnitz, poche vecchie case a un passo dal confine cèco. Tranquillità apparente, ma a Sebnitz la Npd neonazista è al 6,5 per cento dei voti e ha un consigliere comunale. Joseph e la sorella Diana (allora dodicenne) andarono a rinfrescarsi nella piscina all' aperto "Dr. Petzold", la preferita dai giovani del posto. Erano due ragazzi tranquilli, figli di una stimata coppia di medici che hanno la proprietà di una delle tre farmacie del paese. Joseph era fiero d' aver appena imparato a nuotare, non aveva dimenticato di portare con sé gli occhialetti da nuoto per proteggere gli occhi dal cloro. Erano le 14,30 circa, Diana si era tuffata in acqua per prima. Joseph stava per seguirla, quando una cinquantina di neonazisti hanno preso d' assalto la piscina al grido di "morte allo straniero". Quattro o cinque afferrano il bambino, iniziano a picchiarlo a sangue con pugni di ferro e calci tirati con gli stivali anfibi. Colpi alla testa e al ventre a raffica, e invano Joseph grida disperatamente aiuto. Mentre cinque neonazisti bloccano sua sorella per impedirle di cercare soccorsi o di chiamare la polizia, nessuno dei 250 bagnanti muove un dito; bagnini e sorveglianti come scomparsi dalla circolazione. Al culmine un ultrà di destra fa ingurgitare al piccolo un liquido misterioso, poi insieme ai suoi complici lo getta in acqua. Stordito e piegato dal dolore, Joseph tenta con le ultime forze di risalire a galla, ma tre nazisti - due ragazzi e una ragazza - si tuffano per tenergli sotto la sua testa. Il bimbo è morto dopo questi lunghi venti minuti di martirio. "Morte per annegamento dovuta a incidente", disse il rapporto dell'inchiesta. La polizia non seppe trovare testimoni decisi a parlare, nei suoi rapporti registrò "voci di giochi un po' rissosi tra ragazzi in acqua", i medici legali non sospettarono di nulla, e il 7 maggio 1998 il caso fu chiuso. Mamma Renate, papà Saad e Diana si chiusero nel dolore e nel ricordo. Fu una giovane donna - Bild e la polizia ne tacciono il nome per proteggerla da rappresaglie - a contattare la povera famiglia: non ce la faceva più a tenersi dentro quella verità terribile, raccontò dell'assalto assassino. Renate e Saad si decisero: a loro spese, sborsando 10mila marchi (circa 10 milioni di lire) fecero esumare la piccola salma; affrontarono il lungo viaggio fino a Giessen (Assia, un Land dell'Ovest) alla ricerca di medici legali più affidabili. E alla seconda autopsia appresero che nel corpicino di Joseph c' erano tracce di Ritalin, un sedativo usato dai neonazisti come droga da discoteca al posto dell'ecstasy: era il liquido fatto ingoiare al bimbo per stordirlo e affogarlo con meno problemi. Mamma Renate lanciò allora la sua battaglia: cercò uno per uno quei 250 bagnanti del venerdì della morte, e riuscì a convincerne 15 a rompere il silenzio. Strappò loro altrettante dichiarazioni giurate che inchiodano i neonazisti. Tre di loro adesso sono stati arrestati, la magistratura ha riaperto l'inchiesta. Il paese trema, e quella povera famiglia di Sebnitz spera nella nuova indagine e nei mass media per avere infine giustizia. Anche se nessuno le potrà restituire il sorriso e la gioia di vivere del piccolo Joseph assassinato a sei anni, perché non era biondo né abbastanza ariano.
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
La madre di Joseph denuncia La polizia complice dei nazi
BERLINO - "Mi hanno minacciata l'altra sera, insieme a mia figlia e mio marito: "I prossimi sarete voi, maiali stranieri, vi sistemeremo a coltellate in pancia, Heil Hitler", gridavano da sotto le nostre finestre di casa. Ufficialmente sono sotto la protezione della polizia, ecco come la polizia sa difendere i cittadini! Ma non mi piegheranno, la mia battaglia va avanti! Il mio povero bimbo, torturato a morte dai neonazisti, deve avere giustizia". Madre-Coraggio Renate Kantelberg-Abdulla scandisce con calma le sue parole, trattiene i singhiozzi. Sebnitz, il giorno dopo la rivelazione dell'orrore: Repubblica ha parlato con la mamma del bimbo annegato secondo la denuncia di Bild da cinquanta squadristi, ecco la sua testimonianza. "Protezione della polizia? Qui persino tra i ranghi della polizia ci sono estremisti di destra. E quando si tratta di stranieri, gli agenti non hanno voglia d' impegnarsi più di tanto. Mio marito, mia figlia e io stavamo parlando con alcuni giornalisti tedeschi quando in strada ieri sera è cominciata la gazzarra. Hanno gridato le loro minacce, hanno intonato inni nazisti a squarciagola, col braccio teso nel saluto che qui è vietato dalle leggi. Non s' impressioni, qui all' est, per gli stranieri è il pane quotidiano. Il parroco luterano ci accusa di aver mancato al dovere di genitori mandando Joseph solo in piscina!". "Lei mi chiede se ci sentiamo ancora sicuri qui? Certo che no. Ma restare qui, almeno finché la giustizia non punirà gli assassini, è il nostro dovere di madre e padre. Lo dobbiamo al nostro Joseph, non rinunceremo a questo ultimo atto d' amore per il nostro povero bimbo. E lo dobbiamo a tutte le altre famiglie in cui stranieri sono uno dei genitori o entrambi, a tutte quelle famiglie cui ogni giorno i nazisti minacciano di uccidere i figli". è un grido di guerra, quello di mamma Renate, ma senza speranze. "Giustizia? Polizia? La prima inchiesta fu condotta con pochi interrogatori, effettuati solo sei mesi dopo i fatti. I testimoni non parlarono. Avevano troppa paura dei neonazisti infiltrati nella polizia, e magari pronti a denunciarli ai loro camerati. "Caso Joseph Abdulla, iracheno", era scritto nell' intestazione del fascicolo giudiziario. Una falsità - Joseph era tedesco come la mamma che lo aveva messo al mondo - che dice tutto. L' inchiesta fu chiusa 14 giorni prima dell'arrivo del referto della prima autopsia. Non vollero credermi quando dissi loro che era impossibile che Joseph, così prudente e premuroso, andasse ad annegare da solo in una piscina dall' acqua profonda 1 metro e 35. E che dire di tutti quei bagnanti, che non mossero un dito? Eravamo soli, io andai da sola a caccia di testimoni. Una donna, che era in piscina quel giorno, sulle prime cercò di mentire, ebbe la spudoratezza di lasciarsi sfuggire ghignando che era contenta della morte di Joseph: uno straniero in meno. Quello fu un momento terribile. Eppure l'ho convinta a parlare". "Io, tedesca, sono felice e fiera di aver sposato uno straniero: gli arabi, e anche voi europei del sud, avete una capacità spontanea di amare i bambini che troppi tedeschi non hanno. Troppi bimbi qui crescono senza amore, abbandonati tutto il giorno in strada dalle famiglie. Forse anche per questo crescendo diventano poi criminali. Troppa paura, troppa indifferenza, troppa facilità a piegarsi alla forza. C' erano più di cento persone quel giorno in piscina, hanno torturare a morte il mio bambino. Raccogliendo a fatica le testimonianze in tutti questi tre terribili anni, ho rivissuto davanti ai miei occhi la sua agonia atroce. E quell' altro spettacolo, di cento persone e più che non hanno reagito davanti a pugni e calci dati da energumeni a un bimbo, né davanti al suo pianto e alle sue grida, né al suo dibattersi in acqua mentre lo annegavano. E quel bimbo era mio figlio, carne della mia carne. Avevano paura, si sono voltati dall' altra parte: è tipico dei tedeschi. Meglio non reagire, pensano: meglio evitare il rischio di essere picchiato o ferito anch' io, meglio risparmiarsi grane, interrogatori della polizia, l'obbligo di testimoniare. Purtroppo siamo così, noi tedeschi, e non so se sia possibile cambiare il nostro popolo". "Il male comincia nelle famiglie, qui in Germania: i bimbi crescono con troppo poco amore. Per troppa gente qui da noi è normale quanto mi dissero, poco dopo la morte violenta di Joseph, persone di qui, simpatizzanti dell'ultradestra. "Di nuovo uno straniero di meno, bene", dissero. E anche che l'inchiesta sarebbe stata costosa, che per uno straniero morto non valeva la pena di spendere tanto denaro dei contribuenti. Che sono spesi meglio quando la polizia protegge i cortei dei neonazisti dai loro avversari. Il mio Joseph forse non è l'unico bambino ucciso per la faccia da straniero. Mi batto anche perché altri abbiano giustizia. Conosco una famiglia curda il cui figlio undicenne fu ucciso in strada a colpi di pistola qui all' est. Terrorizzati, fuggirono dalla Germania, oggi vivono in Canada. Mi hanno telefonato, rimpiangono di non aver avuto anche loro il coraggio di cercare giustizia". "Vivere qui è terribile, mi creda. In Iraq a fianco di mio marito vissi la guerra del Golfo, ma questa atmosfera qui è peggio delle bombe. Specie all' est: sono più aggressivi. Dall' Ovest hanno sostegni e finanziamenti, all' ovest trovano rifugio quando qui la terra scotta loro sotto i piedi per qualche inchiesta sui loro crimini. Dopo il martirio di Joseph, alcuni giovani d' ultradestra di qui trascorsero mesi all' Ovest attendendo che si calmassero le acque. Era questione di tempo, pensavano, erano certi che l'inchiesta sarebbe stata archiviata. Anche adesso diffido della magistratura. Troppo spesso qui i neonazisti se la cavano con miti condanne". Ha paura per il futuro, mamma Renate. "I politici devono muoversi, o una Germania hitleriana risorgerà. Tremo sentendo i capi della Cdu. Finché la Spd è al governo i neonazisti hanno un po' di paura, ma se nel 2002 vincerà la Cdu... Guardi Angela Merkel. Io, donna, fui felice quando una donna divenne capo dell'opposizione, ma adesso... in questa situazione, con i neonazisti all' attacco, Frau Merkel chiede una Leitkultur, una cultura-guida tedesca... Non si rende conto di aiutare chi vuole una Germania senza stranieri, chi la pensa come gli assassini del mio bimbo?".
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
Il caso Joseph è una montatura
BERLINO - I genitori del piccolo Joseph come il professore di Verona: quello che sembrava un atroce infanticidio neonazista si è probabilmente rivelato secondo magistratura e poteri politici un clamoroso falso, un misto di simulazione e costruzione di prove artificali costruito approfittando della paura verso l'ultradestra e in questo caso dei pregiudizi verso la Germania. Proprio così come il docente della città veneta si era procurato lesioni inventandosi un'aggressione a opera di skinhead, tutto indica che la mamma tedesca e il papà iracheno del bimbo di sei anni morto annegato in piscina il 13 giugno 1997 nella cittadina sassone di Sebnitz, Germania Orientale, abbiano accusato a torto i giovani d' ultradestra. Una falsificazione clamorosa, che ha spudoratamente strumentalizzato i troppi, diffusi pareri ostili preconcetti dei tedeschi verso se stessi e soprattutto verso il loro Est, e del resto del mondo verso la Germania. Qui, a differenza di Verona, c' è forse l'aggravante della complicità consapevole dei media tedeschi, da Bild che ha lanciato la storia ad alcune reti tv. "Non c' è alcuna prova che la morte del bambino abbia una matrice politica e razzista, non c' è alcun indizio che faccia pensare a un crimine neonazista", hanno detto ieri i magistrati. E un patologo di Dresda accusa i colleghi medici dell'ovest di aver svolto un lavoro privo d' ogni rigore professionale con la seconda autopsia del corpicino di Joseph. Quella cioè che - fatta eseguire dai genitori dopo l'archiviazione della prima inchiesta - avvalorava l'ipotesi di morte violenta. Cosa accadrà ora? Come reagirà l'opinione pubblica a un caso che minaccia di portare molta acqua al mulino dei neonazisti? Il primo, grave pericolo è quello di un'ondata di risentimento dei tedeschi dell'est, sempre accusati per primi di xenofobia, verso media e istituzioni. Anche verso il cancelliere Schroeder che l'altro ieri aveva ricevuto la madre del bimbo, Renate Kantelberg- Abdulla, quasi avvalorando indirettamente la sua versione. Le accuse che adesso gravano sui coniugi sono pesanti. Primo: aver manipolato i testimoni e le loro dichiarazioni. "Da noi interrogati - dicono i magistrati - tutti hanno ritrattato quanto affermavano nei testi giurati raccolti dalla signora". Tutti hanno ammesso che nessuno di loro aveva in realtà assistito alla morte del bimbo, e quindi nessuno era in grado di dire cosa fosse accaduto, e nessuno dei presenti in piscina quel giorno ora sentiti dagli inquirenti aveva notato un coinvolgimento di skinhead nella morte del bambino. Testimoni influenzati e più volte pagati, testimonianze suggerite e poi manipolate, giovani neonazisti apparentemente pagati da network tv per sfilare sotto la casa della famiglia Kantelberg-Abdulla gridando minacce e slogan nazisti nei giorni scorsi. Il catalogo delle rivelazioni di ieri è pazzesco, fa crollare la versione dell'atroce omicidio. Anche per quanto ha detto ieri il direttore della clinica universitaria di Dresda, Professor Erich Mueller: "Escludo che prove delle cause della morte siano state ignorate dalla prima autopsia, e non erano riconoscibili segni di violenza sul corpo del bimbo". Immediato l'intervento del popolarissimo premier sassone, Kurt Biedenkopf, cdu, eterno nemico di Kohl e da sempre tra i politici più credibili del paese: "I medici dell'Istituto di medicina legale della Bassa Sassonia guidati dal dottor Christian Pfeiffer hanno lavorato con la seconda autopsia in un modo del tutto privo di qualifica professionale". Chi avrebbe inventato la pista dell'infanticidio neonazista? La famiglia Kantelberg-Abdulla da sola, o al suo fianco i media, e magari altri ancora? Gli interrogativi restano aperti e agitano la Germania. "Le testimonianze che accusavano i neonazisti sono state manipolate", accusa Stern, settimanale liberal non sospetto di simpatie d' ultradestra. Non è tutto, aggiunge Biedenkopf: "Secondo precisi indizi alcuni dei giovani con la testa rasata che hanno gridato minacce di morte sotto le finestre della famiglia erano stati pagati da un network tv per inscenare la loro manifestazione".
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
(29 novembre 2000)