Il Novecento sarà forse stato un "secolo breve" per la storia, come recita il titolo di una nota opera di Hobsbawm, ma certo non per la scienza. Per parlare del "secolo lungo" della fisica moderna abbiamo incontrato nell' estate tre personaggi rappresentativi, ai quali abbiamo chiesto testimonianze riguardanti il suo passato, presente e futuro. Brani di queste e altre interviste saranno trasmessi da RaiDue in autunno (nel programma Il filo di Arianna di Lorenza Foschini). Il nostro primo testimonial è John Wheeler, professore emerito a Princeton, che ha vissuto ben nove decimi del secolo passato. Ci ha ricevuto sulla costa del Maine, in un' isola di sua proprietà che gli ha ispirato una delle sue famose massime: "più si allarga l' isola della conoscenza, e più si allunga il confine del mistero". Detto altrimenti: "più impariamo, e più impariamo quanto ci resta da imparare". L' osservazione delle onde che si frangono sulla spiaggia deve anche avergli suggerito il concetto di "schiuma quantistica", che riduce la statica geometria macroscopica a un ribollente divenire microscopico. Lei ha conosciuto bene Niels Bohr, padre della meccanica quantistica, dagli anni ' 30 alla sua morte. "Bohr è stato il più grande scienziato del secolo scorso. Era disposto ad andare dovunque pur di conoscere le risposte ai grandi quesiti, ed era convinto che l' India e la Cina fossero i luoghi giusti. Si recò in quei paesi e parlò con molti studiosi. Ma poi, una volta tornato, mi disse: "Le domande che si pongono sono meravigliose, ma non si può proprio credere alle loro risposte". Bohr non era facile da capire quando parlava. Un giorno discusse della bomba atomica con Churchill, il quale si rivolse a uno dei suoi consiglieri sbuffando: "Ma perché quell' uomo usa frasi così lunghe?". Questo però era forse un problema di Churchill, che un' altra volta espresse la stessa lamentela dopo un pranzo con lo scrittore Henry James... ". Nel campo della meccanica quantistica il suo contributo più importante è forse l' esperimento delle scelte differite, che sembra implicare la possibilità di influenzare il passato compiendo un' azione nel presente. Come è possibile? "Il fatto che la scelta di ciò che si vuole osservare abbia degli effetti irreversibili sul fenomeno osservato è uno dei più grandi misteri della meccanica quantistica. In certi casi la scelta si può appunto effettuare in modo che gli effetti riguardino eventi del passato. In termini classici, questo sembra significare che il passato viene influenzato dal presente. In termini quantistici, significa soltanto che il passato non esiste se non nelle misurazioni del presente. Per dirla con un motto: "la realtà è solo una teoria"". Lei ha assistito alla prima e all' ultima lezione di Einstein a Princeton, a vent' anni di distanza. Cosa ricorda? "Sono state molto diverse. La prima lezione era stata tenuta segreta per evitare che si presentassero troppe persone. Einstein parlò dell' essenza stessa della natura, con equazioni differenziali a dieci termini. Nel corso della sua vita esaminò tutte le loro possibili soluzioni, ma alla fine ci ha lasciato con l' impressione che quel genere di analisi fosse inconcludente. "La sua ultima lezione l' ha tenuta al mio seminario di Princeton. Era divisa in tre parti: la genesi del concetto di relatività, il significato che essa aveva per lui, e il motivo per cui non credeva alla meccanica quantistica. Ha concluso dicendo: "Se io osservo un topo, l' atto di osservarlo può cambiare la sua condizione di topo?". A lui non piaceva che l' osservazione fosse così importante ai fini della definizione della realtà". Nel campo della relatività generale, i suoi studi più noti riguardano i "buchi neri", un termine che lei stesso ha coniato. Quali sono le loro proprietà più interessanti? "Le proprietà fisiche si possono esprimere con un motto che Feynman trovava un po' osceno: "i buchi neri non hanno peli". In termini meno criptici, sono completamente determinati dalla massa, la carica e la rotazione. Tutto il resto è scomparso e irrilevante. Una sorprendente proprietà matematica è che mettendo insieme due buchi neri se ne ottiene un terzo la cui massa non è la somma delle masse dei primi due, come ci si potrebbe attendere, ma la radice quadrata della somma dei loro quadrati: una inaspettata applicazione del teorema di Pitagora! Infine, una proprietà filosofica è che nei buchi neri il tempo è arrivato al capolinea. I buchi neri sono un modo per vedere dal presente il futuro. Anzi, per osservare già oggi la fine stessa del tempo". Lei ha citato Feynman, che è stato il più brillante dei suoi allievi. Insieme avete trovato un' altra sorprendente proprietà del tempo. "Feynman stava studiando con me un problema relativo ai positroni, che sono "elettroni positivi" di antimateria. Una sera gli ho telefonato, e gli ho detto: "Sai, Richard, il positrone si potrebbe considerare come un normale elettrone che va a ritroso nel tempo, dal futuro al passato". Lui ha poi sviluppato il concetto nei suoi famosi diagrammi di Feynman. "Un giorno sono andato da Einstein per parlargliene. Mi ha ascoltato pazientemente per una ventina di minuti, e poi mi ha detto una cosa che da allora viene citata spessissimo: "Non riesco ancora a credere che Dio giochi a dadi". E ha aggiunto: "Ma forse mi sono guadagnato il diritto di commettere degli errori"". Il miglior amico di Einstein a Princeton era Kurt Godel, il massimo logico del Novecento. Anche lei l' ha conosciuto. "Un giorno sono andato a trovarlo con Kip Thorne e Charlie Misner, coi quali stavo scrivendo il libro Gravitazione, e gli abbiamo chiesto: "Vorremmo che ci parlasse di come il suo teorema di incompletezza è collegato al principio di indeterminazione di Heisenberg". Lui si è rifiutato, e ci ha chiesto invece: "Nel vostro libro, parlate del mio modello di universo?". Noi abbiamo risposto di no, e lui ci ha detto che avremmo dovuto prenderlo più seriamente. "Il modello, presentato in occasione del settantesimo compleanno di Einstein, descrive un universo in cui, andando sempre avanti nel futuro, ci si può ritrovare nel passato e rivivere sempre la stessa vita. Un universo con un tempo chiuso, proprio com' è lo spazio sul nostro pianeta. Questa idea, per funzionare, richiede che la materia presente nelle varie parti dell' universo ruoti, ma non sembra che esista una rotazione sufficiente". Lei ha scritto una volta: "Il teorema di Godel è troppo importante per essere lasciato ai matematici". Che intendeva dire? "Devo confessare di non aver mai completamente capito quel teorema. Ma l' autoriferimento su cui esso si basa mi sembra essenziale per comprendere l' universo. La relatività ci insegna che lo spazio-tempo dice alla materia come muoversi, e la materia dice allo spazio-tempo come curvarsi. La meccanica quantistica ci insegna che l' universo crea l' osservatore, che registra le informazioni che creano l' universo. "All' inizio l' universo era di dimensioni ridotte, ma col tempo si è espanso fino al momento in cui si è sviluppata la vita. Infine è apparsa la mente umana, che può consapevolmente rivolgere la propria attenzione all' inizio dell' universo. "L' universo è un circuito autoeccitato, e l' osservazione è l' energia che ne alimenta la genesi. Fino a che punto siamo noi a determinare ciò che ci determina? Per me questa è la domanda fondamentale, la più grande speranza per il futuro, la maggior sfida e anche la più entusiasmante. Credo che alla fine ne usciremo vittoriosi".
di PIERGIORGIO ODIFREDDI