c) la VIRTUS - 1980

1981: la Virtus a Sanremo

Storia del Prof. Pietro Fiaschi.

In quei due anni, 1978 e 1979, ci sostennero il Signor Vario e la Renault. Dopo tanti anni, mi dispiace solo di non avere avuto i soldi, all'epoca, per comprare una Renault e pagare almeno il debito morale. Ma tant'è.

Poi venne la Virtus. Il Professor Pietro Fiaschi era il Presidente della mitica Virtus Finale, un colosso sportivo che aveva il monopolio della pallavolo, dell'atletica, mentre nel calcio era riuscita nientemeno a ottenere la prima e unica vittoria di Finale, il campionato italiano CSI.

Fiaschi “era” la Virtus. Ci metteva tutto l'impegno e la passione, con le sue indiscusse capacità di convincimento riusciva a far tirar fuori i soldi dagli sponsor per la società, così che la Virtus poté sfoggiare divise rosse con i bordini gialli, nuove fiammanti.

Del baseball non solo era appassionato (era stato arbitro) ma aveva una predilezione particolare. Ci accompagnava alle partite con il furgoncino da nove posti, compreso il guidatore. Dopo una mezz'ora, intonava canti goliardici (ne era un raffinato conoscitore), ben sapendo che il decimo passeggero, abusivamente nascosto nel bagagliaio, non avrebbe resistito dall'inserirsi nel coro, rivelando la sua presenza. Che risate!

In tanti anni di attività sportiva, dopo aver praticato tante e diverse attività, non ho mai più incontrato un Presidente con la P maiuscola come Fiaschi.

Fu proprio il 1980, primo anno dell'era Virtus, l'apoteosi del Baseball a Finale.

Finale vinse tutte le partite a casa e fuori, schiacciando gli avversari Marcozzi, Rapallo, Sanremo, Cairo Montenotte, il povero Cairo che allora era la squadra materasso, ne prendeva da noi sempre almeno dieci di differenza, facendosi asfaltare come da un rullo compressore.

La nostra squadra juniores arrivò seconda, eravamo quasi tutti compagni di classe, la quarta A dello Scientifico. Ci vediamo spesso, ancora oggi, siamo rimasti amici, ricordiamo ancora bene “...quella partita sotto la pioggia, a Bavari, li abbiamo distrutti...”la prima partita, al Carlini di Genova, contro il Cus.. siamo andati in vantaggio per uno a zero, per poi perdere venticinque a uno!”.

Nella squadra maggiore avevamo un grosso (non è un eufemismo) giocatore. Un "ex" degli Sharks. Un negro. Allora la parola non era un dispregiativo. Anzi, si faceva prendere in giro: “Lou, sei un po' abbronzato, oggi...” Lui ci rideva su: “Ho dimenticato la crema, Giani...”

James Lewis, si chiamava, di mestiere faceva il sottufficiale dell'USAF, di stanza nelle basi NATO in Italia, ormai praticamente italiano. Aveva mani grandi come badili, un braccio grande come una mia coscia, molto forte di pancia, il suo giro vita era impossibile da abbracciare.

La gente veniva a vederlo dalle città vicine, era l'unico sportivo straniero, pardon, di colore, della nostra provincia. Quando con la sua mazza pesantissima colpiva la pallina (perché troppe volte si avvitava su se stesso, facendo elicottero con la mazza e finendo strike-out), era un fuoricampo applauditissimo.

Solo a Ferrari e Reciputi riuscivano gli homer, per il resto la Virtus Finale era una squadra di ragionatori, con un conto pesante di battute valide che facevano punteggio.

Così il 1981 si chiuse con un'apoteosi. Ma non ci accorgemmo che era il canto del cigno del grande baseball a Finale Ligure.