L’occasione di questa Mostra è costituita dalle riprese fotografiche di Cristiano Vassalli per l’edificio un tempo destinato a Macello Comunale.
Le immagini del 2000 mostrano un edificio che, dismesso da tempo ma ancora in condizioni di conservazione non ancora del tutto coinvolte nell’attuale stato di degrado, con i suoi spazi senza connotazioni decorative e i grandi meccanismi destinati alla macellazione, ha il fascino di una razionalità metafisica e senza tempo.
Gli obiettivi di questa esposizione si misurano con l’intento che, da tempo e anche dopo la recente mostra sull’insediamento Birra Peroni a Vigevano, il MIV conduce: l’approfondimento di aspetti della città appartenenti all’industrializzazione ottocentesca. Di fatto appartengono a questa fase costruttiva della città, dopo l’esperienza viscontea e sforzesca, le principali trasformazioni urbane ancora rilevabili nella sua consistenza attuale. Altresì se nel primo caso l’esperienza insediata tra trecento e quattrocento, pur se derivata da esperienze milanesi e padane, si è individuata a Vigevano in una specifica tradizione, l’eredità dell’esperienza messa a punto a partire dalla seconda metà dell’ottocento, ugualmente derivata da contemporanee esperienze milanesi e padane, sembra ancora in attesa di una sintesi compiuta. La crescita produttiva tardo ottocentesca della città ha soprattutto coinciso con il suo ultimo, significativo sviluppo istituzionale.
Vigevano nell’ottocento è la città delle prime grandi fabbriche che saranno destinate a generare, più o meno direttamente nel corso del novecento, il successivo moltiplicarsi di un frammentato e diffuso tessuto produttivo. Contemporaneamente Vigevano si dota di nuove istituzioni scolastiche
Una città collettiva, del lavoro e pubblica si sovrappone alla città esistente. La sua architettura, omologata sul piano decorativo e stilistico a canoni generalmente storicisti ed eclettici, sa rispondere alle necessarie innovazioni distributive e tematiche.
Altresì a Vigevano la “nuova” città si innesta, in modi apparentemente d’occasione, su un impianto ancora medioevale e rurale che viene conservato, senza pretendere di sostituire la città precedente: a ridosso dei principali assi viari esistenti e lungo antichi corsi d’acqua, si perseguono, in assenza di un piano razionale e complessivo, soprattutto ragioni infrastrutturali e funzionali piuttosto che i temi di una estesa rappresentatività. Ciò malgrado sembra ancora possibile riconoscere in una porzione urbana – l’area della cosiddetta Fiera – e nell’opera di Cesare e Antonio Filippo Vandone, un destino ancora attuale.