La spettacolare visione dell'erosione dei ghiacciai
La spettacolare visione dell'erosione dei ghiacciai
La Speleologia Glaciale è l’esplorazione e lo studio di grotte nei ghiacciai, grotte che si modificano e si trasformano molto rapidamente nel tempo
Spesso vista soltanto come un’attività sportiva “estrema”, la Speleologia Glaciale è in realtà una vera e propria esplorazione “geografica” dei vuoti all’interno dei ghiacciai. Come per le grotte in roccia, infatti, ogni cavità viene posizionata, documentata con rilievi topografici e fotografie, se ne studiano le forme, la circolazione dell’acqua, le relazioni con il ghiacciaio, l’evoluzione e le trasformazioni nel tempo.
Per la formazione di cavità glaciali è necessario che il ghiaccio possa fondere , trasformandosi in acqua. Il ghiaccio è un materiale impermeabile, quindi l’acqua necessita di fratture e discontinuità per potersi infiltrare nella massa di ghiaccio. Le fratture devono essere aperte e non troppo diffuse, perché l’azione di «modellamento» dell’acqua sul ghiaccio si possa concentrare in punti precisi, dando origine alle grotte. Le grotte glaciali differiscono perciò dai crepacci, che sono semplici spaccature meccaniche nella massa glaciale.
Le grotte glaciali si distinguono in:
Grotte endoglaciali, sviluppate all’interno del ghiacciaio;
Grotte di contatto, o subglaciali, formate alla base del ghiacciaio, tra ghiaccio e substrato roccioso.
Poiché il ghiacciaio è in continuo movimento, anche le cavità si spostano con esso verso valle. Nello stesso punto dove si era formato un mulino negli anni precedenti, inizia a formarsi un nuovo mulino, che priva il vecchio mulino a valle dell’alimentazione idrica. I mulini più vecchi divengono così fossili collassando e chiudendosi progressivamente, fino a scomparire.
E’ abbastanza comune osservare allineamenti di mulini con, da monte a valle:
1-2 mulini in formazione;
3 mulini di grandi dimensioni con ridotto apporto idrico;
4 mulini fossili in via di chiusura;
5 tracce di vecchi mulini ormai scomparsi.
L’aumento delle temperature medie estive e il conseguente incremento dell’ablazione portano maggiori quantità di acqua e aria a temperature più elevate all’interno delle cavità, che divengono sempre più grandi e ampie. Di conseguenza, una grande quantità di ghiaccio viene perduta internamente per ablazione (insieme combinato dei processi di sublimazione, fusione ed evaporazione che determinano una riduzione della massa del ghiacciaio): queste perdite di massa occulte sono molto difficili da quantificare, tuttavia rappresentano una voce importante nel bilancio di massa dei ghiacciai temperati. Il fenomeno è diventato particolarmente evidente nei ghiacciai alpini a partire dai primi anni 2000, parallelamente agli effetti della crisi climatica sui ghiacciai alpini.
In Alta Val Camonica, il ghiacciaio dell’Adamello - a cavallo tra il Trentino Alto Adige e la Lombardia - con un’estensione che supera i 14 km2 è il più grande delle Alpi Italiane.
Compreso tra una quota minima di 2500 e una quota massima di 3530 metri, è l’aggregazione di 6 unità: Miller Superiore, Corno Salarno, Salarno, Adamello o Pian di Neve, Adamé e Mandrone. Il ghiacciaio dell’Adamello non costituisce in realtà che un unico apparato glaciale. Negli ultimi 15 anni la fronte del Mandrone si è abbassata di 50 metri, l’equivalente di un grattacielo di 15 piani.
Il ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina nel cuore del Parco nazionale dello Stelvio, si estende per quasi 10 km².
Fino al 2015 riceveva apporti da 3 bacini delimitati da cime superiori ai 3500 metri disposte in un grandioso anfiteatro naturale del gruppo Ortles-Cevedale. Le 3 colate confluivano tramite potenti seraccate in una imponente lingua comune oggi purtroppo soggetta a importanti collassi. Il ghiacciaio viene monitorato dall’Ottocento, e questo ha permesso ai ricercatori di testimoniare la sua “sofferenza”. Infatti, negli ultimi150 anni la sua superficie glaciale si è ridotta di più di un terzo e la sua lingua è arretrata di circa 2 km, mentre il suo spessore si è ridotto di circa 70 metri negli ultimi 80 anni.
I sentieri glaciologici Vittorio Sella e Luigi Marson nascono da un’iniziativa del Servizio Glaciologico Lombardo (SGL) per avvicinare il grande pubblico agli ambienti glaciali del gruppo del Disgrazia e del Bernina, unico “quattromila” delle Alpi Centrali. L’obiettivo focale è avvicinare consapevolmente escursionisti, visitatori e turisti alle peculiarità dell’ambiente glaciale; un viaggio nel tempo e nello spazio per ammirare queste preziose risorse naturali.
Percorrendo i sentieri, appena rinnovati con nuovi cartelli esplicativi, l’escursionista potrà osservare tutte le forme del modellamento glaciale come ad esempio le morene deposte in epoca storica dal Ghiacciaio nei periodi di massima crescita, le rocce montonate ed infine le più recenti aree deglacializzate. La posizione dei vari segnali glaciologici permetterà di valutare le variazioni della posizione della fronte del ghiacciaio dalla fine del XIX secolo. Una sentinella chiave utile a testimoniare il cambiamento climatico in atto anche sull’arco alpino.
Panoramica sul sentiero glaciologico del Ventina
Il Sentiero Glaciologico «Vittorio Sella» si sviluppa interamente all’interno della Val Ventina, chiusa verso Sud da cime di tutto rispetto: il Pizzo Ventina (3261 m s.l.m.), il Monte Disgrazia (3678 m s.l.m.), il Pizzo Cassandra (3226 m s.l.m.), il Pizzo Rachele (2998 m s.l.m.) e la Cima del Duca (2968 m s.l.m.). Queste vette creano le condizioni morfologiche e climatiche favorevoli alla formazione e alla conservazione fino ai nostri giorni di una importante massa glaciale: il Ghiacciaio della Ventina. Seguendo il sentiero, contrassegnato da bolli blu, l’escursionista è invitato dal cartello al primo punto di sosta ad entrare in quel mondo alpino dove il ghiaccio riveste un ruolo fondamentale nell’evoluzione del paesaggio.
Successivamente la traccia si sviluppa lungo tutta la vallata dove sono presenti altri 4 punti di sosta in cui l’escursionista è accompagnato in un percorso di avvicinamento, inteso sia nello spazio che nel tempo, al ghiacciaio del Ventina, consentendogli di “leggere” nel paesaggio le tracce del ghiaccio.
Particolare di una delle targhe che segnano la posizione storica della fronte del ghiacciaio del Ventina
Il Sentiero Glaciologico «Luigi Marson» inizia dal Rifugio Bignami percorrendo un primo breve tratto dell’Alta Via della Valmalenco in direzione del rifugio Marinelli Bombardieri, fino al raggiungimento del ponte poco a monte dell’Alpe Fellaria. Seguendo il sentiero, contrassegnato da ometti e bolli blu, l’escursionista è invitato dal cartello al primo punto di sosta ad entrare in quel mondo alpino dove il ghiaccio riveste un ruolo fondamentale nell’evoluzione del paesaggio. Successivamente la traccia si sviluppa in tre percorsi: A, B, C nei quali sono presenti altri 6 punti di sosta dove l’escursionista è accompagnato in un percorso di avvicinamento al ghiacciaio Fellaria consentendogli di “leggere” nel paesaggio le tracce del ghiaccio.
Ghiacciaio di Fellaria con il lago glaciale
Particolare della falesia del ghiacciaio del Fellaria Est