La testimonianza di suor Alessandra, Suore Americane di Assisi
Non è stata una cosa facile
“Non è stata una cosa facile” dice suor Alessandra, “potevi essere arrestato, potevi essere giustiziato. C’è voluto un grande coraggio, avvolto nel silenzio e durato non pochi giorni”. Dargli da mangiare non era scontato. Era un periodo di guerra, i viveri erano contingentati, non era facile giustificarli o ridividerli.
Il rispetto religioso che ha precorso i tempi
Gli Ebrei apprezzarono ancora di più il fatto che noi, pur essendo cattolici, e in quel periodo si sentiva molto di più la differenza tra le confessioni, (noi siamo suore francescane dell’atonement, cioè della riconciliazione e siamo nate nel 1909 proprio con lo scopo di riconciliare), non abbiamo mai cercato di veicolare contenuti cattolici o convertire; abbiamo fatto tutto con massimo rispetto. In quel periodo c era anche questa fratellanza che ha precorso i tempi, prima ancora del Concilio Vaticano II, servito poi a farci cambiare questa prospettiva. Nessuno ha forzato la loro fede. E’ strano; le suore dicevano che gli Ebrei andavano a pregare insieme a loro, ed erano accettati nella cappella, poi ognuno pregava per conto suo e a modo suo, ma comunque tutti insieme.
La visita a sorpresa di Francesco Meyer Cerniani
Nel 2019 trovammo un bigliettino del signor Giorgio Cerniani datato 2002 nel quale ringraziava di cuore le suore del monastero a nome di tutta la famiglia Meyer Cerniani di Trieste per avergli salvato la vita durante le persecuzioni nazi fasciste( 24-09-2002). Marina Rosati, fondatrice del Museo della Memoria, si è messa in contatto con la comunità ebraica di Trieste cercando parenti e familiari. Poco tempo dopo è stata ricontattata dal figlio di Giorgio, Francesco (non a caso) che ha raccontato la sua storia. Sono arrivati dopo l’8 settembre del 43 e sono stati nascosti nel convento delle suore americane; il cugino di Francesco, Renato Meyer, muore, mentre sono nascosti, di appendicite andata in peritonite. La tomba di Renato è ancora al cimitero di Assisi.
La storia è andata cosi:
Anni fa tornò un uomo che suonò il campanello, io aprii la porta e quest’uomo chiedendo scusa entrò trafelato nell’atrio mentre ancora gli stavo chiedendo chi fosse. Continuavo a chiedere “Ma lei chi è?” e lui rispondeva “devo andare di qua, dove c’è Gesù Bambino”. Io dietro di lui e lui che non riusciva a dire nient’altro se non che doveva andare a vedere Gesù Bambino. Io ero rimasta perplessa, fino a che poi non mi ha raccontato tutta la storia. Si ricordava di quando lui e la sua famiglia pregarono di fronte a questo bambinello quando i Tedeschi stavano battendo alla porta, cercando di sfondarla, perché qualcuno gli aveva detto che vi erano dei rifugiati dentro. Erano le una di notte. Ci siamo vestite di corsa, allarmate dalle famiglie ebraiche e, l’unica cosa che siamo riuscite a fare, fu di pregare tutti insieme. Questa famiglia si è salvata grazie alla porta che era troppo pesante per essere buttata giù. E’ la stessa porta che c’è ora. Quando lo ha rivisto ha esclamato: questo è il bambino di cui parlava il mio papà!
La botola delle suore americane
Nel convento delle suore americane c’è nascosta una botola, riaperta da poco. Un passaggio è stato poi tamponato e a tutt’oggi non è rimasto aperto, ma erano tutti i cunicoli dell’Assisi romana che servivano nel passato e, all’epoca dei fatti raccontati, per scappare. Questo era un nascondiglio più sicuro, ci stavano solo nei momenti cruciali, altrimenti erano nascosti nel convento. Lì c'erano gli animali, era un magazzino, una stalla poco frequentata che costituiva il luogo di massima sicurezza. Si poteva accedere alla botola sotterranea solo tramite una scaletta temporanea; la botola era coperta da pezzi di legno.
La “via della salvezza” continua scendendo per il Vescovado, san Quirico, San Giuseppe, le suore francesi e le suore stimmatine dove è stata riconosciuta “giusta tra i giusti “suor Ornella Brandi badessa di quest’ordine che accoglieva orfane e le avviava al mondo del lavoro tramite l’acquisizione di un mestiere; non erano di clausura; da loro fu nascosta la famiglia Maionica; anche qui ci fu un’incursione dei tedeschi ma grazie ad alcuni stratagemmi fu sventata.
La testimonianza che c’è, perché manca
A San Quirico c’è un diario del monastero dove vengono appuntate le cose principali ed è un resoconto annualistico di tutto ciò che accade. Le pagine del 1943 vennero strappate, per non dare informazioni, ma vennero conservate segretamente, mentre quelle del 1944 vennero scritte a parte.