I luoghi coinvolti nell’assistenza degli Ebrei rifugiati furono:
Il vescovado
Il convento di san Damiano
Le suore americane
Le suore stimmatine
I loro documenti, gli oggetti preziosi, i libri sacri, le suppellettili religiose venivano celati nei sotterranei del Vescovado, anche in degli spazi murati dal vescovo in persona.
Nei conventi gli Ebrei erano liberi di riunirsi nella preghiera
Gli Ebrei rimanevano nascosti nei conventi fin quando non ricevevano un FALSO documento d’identità
I documenti permettevano di identificarli come rifugiati dell’Italia meridionale. Essendo questa parte d’Italia già nelle mani degli Alleati, ciò avrebbe permesso il loro transito in queste zone ormai al sicuro.
I documenti falsi vennero stampati con grande coraggio e in situazione di grande pericolo dal tipografo assisano Luigi Brizi e da suo figlio Trento.
Le carte venivano poi completate con foto e bolli nel monastero di San Quirico sotto la supervisione di due ufficiali italiani nascosti nel monastero: Il colonnello Paolo Gay e il tenente Antonio Podda.
Con o senza documenti gli Ebrei dovevano comportarsi in modo cauto, non potevano distrarsi. Dovevano imparare la geografia dei luoghi indicati nei loro passaporti, studiarne le usanze, i nomi delle personalità locali, imitare il dialetto o per lo meno nascondere il proprio accento.