Intervista a...
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Monsignor Nicolini aprì le porte agli Ebrei e ai rifugiati politici, «ospitando contemporaneamente fino a cinquanta persone, con le quali divise tutto ciò che aveva». I Brizi permisero agli Ebrei di ottenere le carte d’identità e le tessere annonarie con cui poterono sfamarsi. Padre Niccacci, infaticabile dall’alba al tramonto, recapitava dispacci da una casa e un monastero all’altro di Assisi. La “Rete” aveva il suo quartier generale presso il monastero di San Quirico, in cui i primi Ebrei, accolti da madre Biviglia e le sue sorelle che ruppero eccezionalmente la plurisecolare clausura, furono «un uomo francese di origine polacca, sua moglie e i loro figli. Erano scappati da un campo di concentramento in Francia e avevano passate le Alpi a piedi».
Viaggi di fortuna, sono quelli narrati dalle lettere, dai documenti e dalle foto. Gioia Bartali, nipote del “Ginettaccio”, si inginocchia e recita la preghiera di ringraziamento del nonno nella cappellina di famiglia che è stata donata al Museo. Testimonianze struggenti, come quelle di Mira, Hella e Lea Baruch arrivate con i loro genitori da Fiume e nascoste nella foresteria del Monastero di Santa Croce. «Le suore ci davano ogni mattina una zuppa di pane molto buona. Mira e Hella portavano il pranzo da un altro convento», racconta Lea Baruch. A Santa Croce, nella camera 13, nel ’44 venne alla luce Francesco Clerici, figlio del rifugiato politico Angelo e di sua moglie Luisa che avevano già un bimbo di due anni, Giuseppe. Il piccolo Francesco quel Natale impersonò Gesù Bambino nel presepe vivente del convento delle suore tedesche. Dalle madri francesi del Monastero di Santa Colette («la più rigida clausura di Assisi») entrarono le famiglie ebree dei Corinaldi di Milano, i Majonica di Trieste. Lì ripararono dal Belgio anche gli ebrei Finzi, padre e madre e la piccola Brigitte di due anni che al Monastero vide nascere il fratellino Enrico Maria. «E il fatto curioso, è che la cartolina di precetto al servizio militare di Enrico Maria Finzi arrivò alle suore, nel 1964 quando ormai da vent’anni era tornato in Belgio con i suoi cari». I Fintzi, come tutti gli Ebrei celati anche nei sotterranei assisiati tornarono sani e salvi alle loro case. Gli unici “sommersi” qui sono stati i pochi deceduti per morte naturale. È il caso della signora Clara Weiss, Ebrea di origine austriaca che si spense a San Quirico e fu sepolta sotto mentite spoglie nel cimitero di Assisi «in un loculo acquistato a proprio nome di don Brunacci», il genius loci assisiate. A guerra finita, il figlio della signora Weiss ha posto fine alla farsa del falso nome (Bianca Bianchi) tornando ad Assisi per onorare la memoria della madre con una tomba sulla quale è scolpita la stella di Davide. Da poco, riordinando i ricordi del padre morto, una signora di Assisi, ha ritrovato una lettera gialla in cui leggeva le parole di Giovanni Brunel, un ebreo di Zagabria che ringraziava la città di Assisi per averlo salvato dalla persecuzione, iniziando dalla famiglia Lolli, noti macellai della città. La storia in realtà molto dettagliata di Giovanni racconta prima di essere stato nascosto nella montagna assisana, dove i vecchi della famiglia Lolli tenevano gli animali e durante l’inverno fu ospitato a casa loro. Il nipote di Giovanni che vive a Zurigo, informato, non sapeva nulla di questa storia.
Quando Francesco Cerniani Meyer, ebreo ospitato ad assisi nel 43, nel 2019, presso il Comune di Assisi, nella Sala della Conciliazione, ha ringraziato tutti i presenti, lasciò tutti un po' stupiti in realtà. Ma lui voleva ringraziare tutta la città di Assisi, tutto quello che era stato fatto.