Basilica Cattedrale

CENNI STORICI


La basilica cattedrale di Cefalù sorge nella parte più alta del paese, incastrata tra il mare ed il massiccio roccioso della rocca alle sue spalle. Venne edificata per volere di Ruggero II d’Altavilla (1130-1154), re di Sicilia, Puglia e Calabria, nel 1131. Narra la leggenda:


Facendo vela per Palermo nell'estate di quell'anno, scortato da tre navi napoletane, Ruggero s'imbatté in una terribile tempesta. Dopo due giorni durante i quali sembrò che dovessero perire lui e tutti gli uomini del suo equipaggio, egli fece voto che, se fossero risparmiati, avrebbe eretto una cattedrale in onore di Cristo Salvatore nel luogo in cui avessero felicemente toccato terra. Il giorno seguente - era la festa della Trasfigurazione - il vento cessò e le navi scivolando sulle acque quiete, trovarono sicuro riparo nella baia di Cefalù ai piedi dell'enorme muraglione di roccia che domina ancora buona parte della costa ad est di Palermo. [...] Mettendo piede sulla terraferma il re ordinò che in quel luogo venisse eretta una cappella in onore di San Giorgio il quale, diceva, gli era apparso nel momento in cui la tempesta raggiungeva il culmine; Ruggero si fece quindi portare delle aste per misurazione e si mise immediatamente all'opera per trovare un luogo adatto alla costruzione della sua cattedrale (1).


Più verosimile è la motivazione secondo cui Ruggero II scelse Cefalù alla luce del nuovo assetto geopolitico; trovandosi al centro della costa settentrionale era a metà strada tra Palermo, capitale del regno, e Messina, sede della regia zecca. Inoltre la conformazione naturale del luogo la prediligeva come luogo inespugnabile, come si evince dal resoconto di Ibn Jubayr del 1184: "La sovrasta una rupe vasta e rotonda; su la quale sorge una rocca che non se ne vide mai altra più formidabile e l'hanno munita ottimamente contro qualsivoglia armata navale". La diocesi di Cefalù, nella sua forma attuale, trae origine dal predetto Ruggero II, il quale rifondò il vescovato - di cui si hanno notizie già nel IX sec. e scomparso durante il periodo della dominazione araba - dotandolo di vaste proprietà terriere ed arricchendolo di privilegi. Fin dalla sua fondazione le liturgie nella nuova chiesa vennero affidate ai canonici regolari agostiniani che il sovrano chiamò da Bagnara Calabra. Il primo vescovo fu Jocelmo (1130-1150), già abate di Bagnara. I lavori ebbero inizio, con la posa della prima pietra, domenica 7 giugno, giorno di Pentecoste, dell’anno 1131: presenti alla cerimonia lo stesso re, l’arcivescovo di Messina Ugone, da cui la nuova diocesi di Cefalù era suffraganea, i vescovi e la nobiltà siciliana. Dedicata al Santissimo Salvatore e ai Santi Pietro e Paolo, fu edificata in memoria dei genitori di Ruggero II: il Gran Conte Ruggero I ed Adelasia del Vasto. La chiesa sarebbe divenuta un mausoleo dinastico: nel 1145 Ruggero II predispose la sistemazione di due sarcofagi porfirei, con relativi baldacchini marmorei con intarsi a mosaico: uno per le sue spoglie mortali, l’altro a gloria della famiglia Altavilla e destinato a rimanere vuoto. Ma il destino fu avverso alle volontà del re, alla sua improvvisa morte, avvenuta secondo la secolare tradizione cefaludese il 28 febbraio 1154 a Palermo, venne sepolto provvisoriamente nella cripta della cattedrale palermitana in un sarcofago romano. La morte del sovrano arrestò l'ambizioso e complesso progetto: l'edificio rimase incompiuto. Nel 1215 Federico II, con inganno mandò il vescovo di Cefalù Arduino (1217-1238) in missione in Terrasanta e approfittando della sua assenza, fece trasportare i due sarcofagi porfirei con i relativi baldacchini esistenti a Cefalù, nella cattedrale di Palermo, destinandoli per sé e i suoi familiari. Riguardo le spoglie mortali di Ruggero II, furono, in data imprecisata, traslate in un semplice sarcofago a lastre porfiree dove tutt’ora riposano. Guglielmo I, succeduto al padre, spostò il suo interesse sulla nascente fabbrica del duomo di Monreale, rinunciando così al completamento del progetto cefaludese che vide la sua quasi ultimazione soltanto in età post-federiciana. Il 10 aprile 1267 il cardinale Rodolfo, vescovo di Albano, consacrò la cattedrale, quindici giorni prima di quella della cattedrale di Monreale.



(1) J. J. Norwich, Il regno nel sole: 1130-1194, Palermo, 2022.

Ipotesi di collocazione dei sarcofagi, degli amboni e del recinto con i plutei (V. Zoric; B. Viscuso).

Il sarcofago in porfido trasferito  a Palermo da Federico II per accogliere le sue spoglie. Sullo sfondo le lastre in porfido composte per  il corpo di Ruggero II.

A - Sagrato.


Il sagrato, utilizzato a lungo come cimitero (coemeterium; sacrarium), è anche noto con il nome di turniale. Ha un'estensione quadrangolare di circa 32x32 metri, ed è sopraelevato di circa 4,50 metri rispetto alla piazza. Realizzato verosimilmente intorno al XIII secolo, venne raffigurato per la prima volta nell'incisione di Benedetto Passafiume [fig. 1] e, durante i secoli, fu sottoposto a diverse trasformazioni. Fino al 1850 era possibile osservare nel suo perimetro una fontana in lumachella che, successivamente, fu collocata nell'atrio del palazzo vescovile [fig. 2]. Una pia credenza, nata in epoca rinascimentale, vuole che la terra del sagrato sia stata portata a Cefalù da Gerusalemme. Lungo il fronte della piazza sono poste le quattro statue in stucco (1726) - soprannominate Pisantuna dai Cefaludesi - dei Santi Girolamo, Gregorio Magno, Ambrogio ed Agostino [fig. 3]. La cancellata artistica, realizzata in ferro battuto risale al periodo 1848-50. Nel 2022, dopo oltre 150 anni, si sono conclusi i lavori di restauro.

B - Portico.


Le prime notizie sono contenute in un resoconto del priore della cattedrale, fra Giovanni Passafiume, che, tra il 1471-1472, stipula un contratto con il magister Ambrosius da Como perché costruisca un portuale seu hospicium davanti alla porta major o porta Regum. Il portico, a tre campate disuguali (due a sesto acuto e la mediana a tutto sesto), venne realizzato utilizzando tutto lo spazio compreso tra le torri, arretrandosi di poco rispetto al filo esterno di queste e reimpiegando materiale antico di spoglio per i sostegni delle arcate. Venne realizzato in almeno tre fasi: la prima risale ad Ambrogio da Como, succeduto alla sua morte dal figlio Antonio. Nel 1499 il vescovo Rinaldo de Montoro, (1496-1511), affida all’architetto Matteo Carnalivari il completamento del portico di facciata. Di particolare pregio i due capitelli dell'arcata centrale con le insegne del vescovo Giovanni Andrea Gatto (1472-1484), realizzati in pietra di Collesano, e la chiave di volta dell'arcata centrale con le insegne del capitolo dei canonici. Di particolare interesse è il portale in marmo [fig. 1] il cui appellattivo porta Regum ricorda i dipinti fatti eseguire, al tempo del vescovo Giovanni Cicala (1194-1215), sulle pareti adiacenti per esaltare la munificenza verso la Chiesa Cefaludense e la sua cattedrale dei sovrani Ruggero II, Guglielmo I, Gugliemo II e Costanza d'Altavilla in contrapposizione alle privazioni compiute dall'imperatore Federico II. Sotto il portico, presso la torre sud, è stato rinvenuto un lacerto di mosaico pavimentale in tessere policrome con figure vegetali ed animali incorniciate da bande con decorazioni geometriche [figg. 2, 3, 4]. Il mosaico, risalente al VI secolo, è impostato sopra una strada a basole del I secolo, distrutta ed abbandonata nel II secolo: si è ipotizzato che sul sito esistesse una basilichetta paleocristiana.

C - Torri.


Alte circa 50 metri, dominano lo skyline di Cefalù: la torre nord è prospiciente il palazzo vescovile; quella sud la rocca. Edificate sul modello di analoghe strutture islamiche dell'area hispano-magrebina, le torri della cattedrale, a dispetto di una più tarda funzione campanaria, ne serravano la facciata conferendole l'aspetto di una chiesa-fortezza (ecclesia munita). L'ingresso all'edificio era soggetto al tiro incrociato degli arcieri attraverso le feritoie in facciata. La presenza degli armigeri è testimoniata da un'incisione nella torre sud [fig. 1]. Le torri si sviluppano su sette livelli; il primo dei quali è interrato nella torre sud. Le murature sono omogenee all'esterno (pietrame informe nei livelli inferiori e conci squadrati in quelli superiori) e più eterogenei all'interno. La torre nord accoglie la cella campanaria con tre campane: Agata (1638), Immacolata (1653) e Lucia (1693). I cippi delle campane, sostituiti nel 2018, sono stati collocati nella torre sud [fig. 2]. Una quarta campana, recentemente recuperata, reca l'effigie del Santissimo Salvatore [fig. 3]. Colpita da un evento improvviso, un crollo causato da un sisma o da un cedimento strutturale, la torre nord differisce dalla quella sud sia nel pietrame della lanterna sia nell'interno a doppia camicia [fig. 4]. In fondazione sono presenti resti di edifici ellenistico-romani [fig. 5]. Al piano più basso della torre nord, con accesso dalla scala del chiostro dei canonici, è presente la cella delle carceri vescovili. Al secondo piano delle torri nord e sud è possibile ammirare un'esposizione cronologica dei reperti archeologici rinvenuti nelle torri durante la campagna di scavo del 1985/86 [fig. 6].

D - Navate.


L'interno è a croce latina, diviso in tre navate scandite da due file di colonne di spoglio: quattordici fusti di granito rosa e due di cipollino, con basi e capitelli di II secolo [fig. 1]. La navata centrale si conclude nell'arco trionfale che, fortemente ribassato rispetto al progetto originario [fig. 2], è sorretto da due grandi colonne con capitelli figurati prodotti nella seconda metà del XII secolo da maestranze pugliesi. La copertura della navata centrale, databile intorno al 1170, presenta pitture di matrice islamica e tavolette dipinte con musici e animali [figg. 3, 4, 5]. Danneggiata da un incendio, fu restaurata nel 1263 a spese di Enrico I Ventimiglia, in suffraggio dei figli Manfredi e Pirruccio, deposti in un sarcofago [8]. Nella navata sinistra, oltre alla cripta [11], sono collocati i monumenti funebri dei vescovi: Nicolò Stizzìa (1594-1595) [1], Francesco d'Aragona (1525-1561) e Rodrigo Vadillo (1569-1578) [2], Ottaviano Preconio (1578-1587) [3] e Matteo Orlando (1674-1694) [5]; nella destra invece quelli dei vescovi: Matteo Muscella (1702-1716) [6] e Gioacchino Castelli (1755-1788) [10], tra i quali è posto il sarcofago di Eufemia d'Aragona [9], della reggente del regno di Sicilia. Ai lati del portone d'ingresso sono poste le acquasantiere in marmo dei vescovi Francesco de Luna (1493-1496) [14] e Francesco Gonzaga (1587-1593) [15] [figg. 6, 7]. Il fonte battesimale (XII secolo), ricavato da un unico blocco di lumachella, è decorato da quattro leoncini [figg. 8, 9]. Tra gli anni '20 e '70 del 1900 furono rimosse le dieci cappelle laterali e le decorazioni in stucco [fig. 10]. Sulla prima colonna della navata sinistra è visibile l'encausto di papa Urbano V [12], vicino al quale si pone la Madonna con Bambino, scolpita nel 1533 da Francesco del Mastro su commissione del nobile Filippo De Serio [fig. 11]. Negli anni '90 del secolo scorso sono state installate le vetrate artistiche  [fig. 12] di Michele Canzonieri che rappresentano: la creazione (navata centrale) e l'Apocalisse (finestrone); episodi della vita di San Pietro (navata sinistra) e di San Paolo (navata destra).

E - Transetto.


Ha un'altezza maggiore rispetto alle navate laterali; un ulteriore slancio era previsto nel progetto originario all'incrocio dei bracci che avrebbe dovuto accogliere una cupola [fig. 1]. Sulle pareti del transetto si sviluppano due gallerie, scavate nello spessore delle mura dell'edificio in corrispondenza dei camminamenti delle navatelle ed un cleristorio arricchito da una serie di colonnine, simile all'esterno a uno pseudo loggiato. Vi sono collocati i monumenti funebri dei vescovi: Domenico Valguarnera (1732-1751) [1], Giovanni Sergio (1814-1827) [2] e Marco Antonio Gussio (1644-1650) [3]. Ai lati del corpo traverso trovano posto due organi: il più antico (1612) fu realizzato dal maestro organaro Raffaele La Valle [6] [fig. 2]; il più moderno (1966) dall'organaro Vincenzo Mascioni [10]. Esistevano anche due cappelle: a nord la cappella di San Gaetano da Thiene, a sud quella dell'Immacolata Concezione. Di un'altra cappella, resta verosimilmente un affresco della Madonna con Bambino [9]. Nella seconda metà del XX secolo furono smontati anche i monumenti funebri dei vescovi Francesco Vanni (1786-1803) [7] e Giovanni Maria Visconte Proto (1844-1854) [4], lasciando in situ solo le originarie lastre tombali [4, 5, 7]. Sul fianco meridionale del corpo traverso si accedeva alla sacrestia Aragona, demolita alla fine degli anni '70 del 1900. Rimane in situ, a memoria degli antichi spazi, il portale [8], in marmo bianco di Carrara, che reca sull'architrave lo stemma del vescovo Francesco d'Aragona (1525-1561) sostenuto da due putti [fig. 3]. 

F - Bema.


Il presbiterio occupa il fondo della chiesa. Il moderno altare maggiore è opera di Virginio Ciminaghi [1] e presenta un fregio bronzeo raffigurante l'Adorazione dell'Agnello [fig. 1]. La decorazione musiva [fig. 2], voluta da Ruggero II, riveste tutto il catino absidale e le pareti del bema. Domina la scena la figura di Cristo Pantocratore [fig. 3]. La decorazione a stucco, opera di Scipione Li Volsi, fu realizzata dapprima sui contrafforti del corpo traverso sotto l'episcopato di Stefano Muniera (1621-1631) e, successivamente, arricchita ed ampliata fino ai mosaici del presbiterio dal vescovo Marco Antonio Gussio (1544-1650) nel 1647. 

G - Protesi.


La protesi è il luogo di preparazione delle offerte, del pane e del vino per la celebrazione eucaristica. Oggi è adibita a cappella del Santissimo Sacramento ed è ornata con decorazione a stucco realizzata nel 1620. La cappella conserva un altare d'argento [3] del XVIII secolo e i monumenti funebri dei vescovi: Ruggero Blundo (1858-1888) [1], Martino Mira (1607-1619) [2] e José Sanz de Villaragut (1696-1698) [4].

H - Diaconico.


Il diaconico è il luogo della custodia degli arredi sacri e fino a pochi anni fa era adibito a Sancta Sanctorum ossia cappella delle reliquie ed era ornata con decorazione a stucco rimossa durante i restauri del 1980. Oggi si presenta spoglio e mutilo di molti elementi decorativi [fig. 1]: sono presenti un lacerto di affresco nell'abside, una custodia eucaristica marmorea di scuola gaginiana [fig. 2], il monumento funebre di Manuel Esteban de Muniera (1621-1631) [4] e l'altare ligneo dell'Immacolata Concezione - antico altare dei matrimoni - posto in origine nella parete meridionale del corpo traverso [fig. 3]. Vicino all'arco d'ingresso del presbiterio è esposto un pannello marmoreo con decorazione a mosaico: è poco piú della metà anteriore di un sarcofago romano [fig. 5] a cassa di notevoli dimensioni  che, fino al 1985 si trovava murato presso la sedes regia, frutto del riciclo e riuso - già in età normanna - del materiale classico.