La stazione di posta

Anticamente, per poter passare dal Piemonte alla Lombardia, si doveva percorrere la strada Consolare Milano-Novara e Boffalora era la località di confine. Chi doveva varcare il confine era obbligato a presentare il salvacondotto alle guardie della dogana; si trattava solitamente di un documento in forma di lettera, col nome del viaggiatore e lo scopo del viaggio. Può essere considerato l'antenato del moderno passaporto.

LA STAZIONE DI POSTA

Era il luogo dove era possibile fare il cambio dei cavalli, bere un bicchiere di vino e alloggiare per una notte a buon prezzo.

LA TABERNA DE BOFFALORA

Già ai tempi dei Visconti, Boffalora disponeva di quella che veniva chiamata la "Taberna de Boffalora" che all'arrivo dei monaci Certosini era stata da loro acquistata ed accorpata ai possedimenti della Grangia. Quest'ultima, in tempi successivi, divenne Stazione di Posta con due Osterie: "Sant'Antonio" e "Croce Bianca".

GLI ATTUALI FABBRICATI DELL' EX STAZIONE DI POSTA in piazza 4 giugno.

Osteria S.Antonio

Osteria Croce Bianca

La prima stazione di posta era l'Osteria Grande o di S. Antonio (prima Circolo Unione e ora Posteria italiana, discendente dalla più antica "Taberna de Boffalora") così chiamata per una raffigurazione popolare del Santo, presente fino agli anni '60 del secolo scorso, dipinta sopra un supporto di lamiera sostenuto da un braccio di ferro sporgente verso il centro della strada.

OSTERIA PICCOLA

La seconda stazione di posta, chiamata "Osteria piccola" per le sue dimensioni ridotte, era detta anche Croce Bianca perché sulla facciata dell'edificio si trovava come insegna una croce bianca.

L'ingresso si trovava sotto i Portici, da dove si entrava in una sala con camino. Vi erano poi una cucina e una dispensa, oltre a una cantina, una legnaia, due stalle, un fienile e un pozzo. Il piano superiore, che comprendeva anche l'area sopra i Portici, era composto da diverse stanze, alcune delle quali con caminetto.

L'accesso portava ad un salone, dove si trovavano tavoli in legno con panche, contiguo a una saletta con camino.

Al primo piano vi erano quattordici stanze adibite ad alloggi, otto delle quali disponevano di un camino, tre locali guardaroba e due latrine comuni.

Nelle cantine vi era una ricca attrezzatura da vino.

Al lato sinistro dei Portici era ospitata la Pesa Pubblica e l'Intendenza di finanza con funzioni di Dazio e Dogana. L'obbligo di passaggio dalla Dogana era assicurato da una catena che chiudeva la Contrada che va a Mesero (attuale via Trezzi) e solo i finanzieri potevano toglierla permettendo il transito. Ancora oggi questa strada è definita in dialetto: Stra' Cadèna.

Stra'Cadèna

Nel libro "Le mie prigioni" Silvio Pellico racconta di essersi fermato a far colazione all'osteria della stazione di Posta di Boffalora, accompagnato da un brigadiere austriaco, dopo essere stato liberato dal carcere il 10 settembre 1830.

I mezzi di trasporto

Le carrozze

L' elegante portone a bugnato.