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La mamma? ...è sempre la mamma!

Grazie al mio lavoro, ho ascoltato tante storie e spesso il racconto ha "toccato" la relazione con la propria mamma: alcune volte nell’esprimere le proprie insicurezze e nella difficoltà di scegliere serenamente progetti o relazioni, incertezze che rallentano o bloccano addirittura il successo nella realizzazione dei propri obiettivi; altre volte nel rammarico di non riuscire a risolvere il conflitto (e nemmeno a gestirlo) della relazione affettiva, cosa che condiziona negativamente il bisogno di tenerezza e di vicinanza quando la persona amata ancora “c’è”; altre volte nel disturbo e nel disagio del percepire una relazione affettiva ingombrante ed invadente, sensazione che crea allontanamento emotivo e anche fisico ma che lascia il dolore della solitudine e del risentimento.

E i sensi di colpa? Ne vogliamo parlare? Il sentirsi criticati alimenta il senso di inadeguatezza e i sensi di colpa, producendo emozioni che piuttosto boicottano ogni possibile cambiamento verso un miglioramento di sé, perché inevitabilmente sarebbe diverso o lontano dalle aspettative degli altri.

Quando si è adolescenti, si contesta la mamma ma al tempo stesso si farebbe di tutto per ricevere la sua approvazione.

Quando si è adulti però, se non si è cresciuti nella consapevolezza di se stessi, succede di ritrovarsi - richiamando inconsapevolmente la dinamica adolescenziale - in relazioni affettive che ripropongono lo stesso stile di relazione avuto con la mamma. Perché succede questo? La relazione con la mamma è la nostra prima relazione d’amore. Immaginate quanti "file" sono "registrati" in noi a partire dal concepimento relativamente a questo primo incontro d’amore! Capirete perché il nostro inconscio ci conduce a riproporlo nella vita di ogni giorno.

Crescere significa anche differenziarsi dalle credenze e convinzioni della propria famiglia di origine e comprendere che mai questo significa sminuire o svalutare tutto l’amore che abbiamo ricevuto e tantomeno significa privare del nostro amore chi ci ha preceduto. Crescere significa anche imparare a perdonare chi ci ha preceduto per tutte le volte che è stato diverso da come avremmo preferito che fosse e a perdonarci per tutte le volte che abbiamo scelto di essere diversi dalle proprie aspettative, inconsapevoli  di avere il diritto di essere se stessi, scegliendo di esprimerci con autenticità.

Tutto questo è possibile nella misura in cui si cresce nella consapevolezza di se stessi e del proprio ruolo sociale.

Siamo figlie e siamo mamme e oggi più di ieri abbiamo strumenti e informazioni che possono essere un sano sostegno alle buone relazioni. Per fare la differenza nella propria vita e in quella dei propri figli è necessaria la volontà di mettersi in gioco per sperimentare modalità di comunicazione diverse da quelle a cui siamo abituati e che ci fanno vivere malessere e frustrazione. Una comunicazione efficace può divenire efficiente e aiutare concretamente a risolvere o gestire conflitti in modo pacifico e costruttivo. Ma questo non è ancora sufficiente. È importante anche creare ricordi indimenticabili nelle relazioni affettive significative.

Ognuno di noi desidera sentirsi speciale per la persona amata!

Sei disponibile a condividere momenti di gioia? Quante volte ti è capitato di organizzare momenti speciali insieme a tuo/a figlio/a o insieme alla tua mamma?

La gioia di stare insieme con leggerezza, quella leggerezza che mai è superficialità, condividere pensieri ed emozioni, sapendo che in quell’occasione la critica e il giudizio sono assenti semplicemente perché non ce n'è bisogno, è rigenerante e crea riconoscimento e rispetto reciproco, oltre a costruire dei ponti forti e robusti fra le generazioni, che sapranno reggere il peso dei momenti difficili.

È nel mio ruolo professionale facilitare occasioni speciali per riscoprire la bellezza dell’amore nella famiglia.

Per questo motivo ho pensato ad una serata con la mamma. Qualche ora in cui attraverso il gioco e la musica faciliterò l’apprendimento di un dialogo che permette l’espressione delle proprie emozioni e l’ascolto di quelle altrui, condizione necessaria per una comunicazione affettiva, consapevole del fatto che una buona comunicazione può fare la differenza nella vita di tutti i giorni, per ognuno di noi. Se poi penso agli adolescenti che usufruiranno di tale apprendimento, riesco ad immaginare solo il meglio nella loro vita. Ad immaginare scelte di relazioni affettive più consapevoli e piene di successo e di gioia.

Ti va di esserci? Dimmi se ci sei!

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Ci stai nelle mie scarpe?

La parola "dono"? Forse non si usa nemmeno tanto più. Donare non è un buon affare. A meno che lo si faccia per ottenere il contraccambio. Ma così, non è più nemmeno un dono.

E se ti invitassi a fare un'esperienza... diversa?

Con l'AIDO di Troia (FG), abbiamo pensato ad una serie di incontri per riscoprire che il dono genera emozioni "potenti", che hanno cioè il potere di creare benessere dentro e intorno a noi. Emozioni che hanno il potere di farci sentire vivi, di consapevolizzare le nostre molteplici possibilità: a prescindere da quanti anni tu abbia, da che professione tu svolga, dalle vicende positive o impegnative che tu abbia vissuto fino a questo momento.

Il prossimo 10 maggio, alle ore 18:00, ci introdurremo in questo percorso che - se vorrai - potrà avere seguito. Sostenendo la tua partecipazione agli incontri successivi a quello introduttivo potrai, inoltre, promuovere i progetti dell'AIDO. 

Credo proprio che tu possa farTI questo... dono.

E scoprire che le tue emozioni e quelle degli altri sono un qualcosa di irrinunciabile per conoscere se stessi, per entrare in contatto con chi ci sta dinanzi, per costruire un presente più accogliente e dinamico.

Ti aspetto! 

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4 anni di NOI

Il tempo scorre inesorabile e a me sembra passare velocissimo: un’ora, un giorno, un mese e… pure un anno ormai da un po' li percepisco come un lampo. Progetti, nuove idee, decisioni e scelte. Nuove abilità, interessi e amicizie che si aggiungono a quelle già consolidate… e la vita in famiglia, che mi allena alla flessibilità. Il tempo sembra sempre poco eppure profondamente vissuto.

Oggi è il quarto anniversario dell’apertura del mio studio di Consulente Familiare e a me sembra ieri, ma tante cose sono cambiate nella mia vita da allora: io sono cambiata e tutto intorno a me è cambiato.

Se sono felice? Sì, sono felice quando incontro lo sguardo meravigliato e speranzoso di chi era disfatto e sconfortato solo un’ora prima. Sì, sono felice quando apprendo cose nuove per me e mi scopro sempre più consapevole delle mie potenzialità, soprattutto quando posso condividerle mettendomi al servizio del territorio in cui vivo. Sì, sono felice quando le abilità acquisite sono il sostegno di nuovi progetti per il bene comune. Sì, sono felice di aver scelto di scrivere la storia del tempo che sto vivendo nell’azione, consapevole che sono in buona compagnia. Sì, sono felice di aver destrutturato alcuni stereotipi sulle donne ereditati dal passato: sento che questo sta facendo la differenza nella mia vita e in quella delle persone a me care.

Oggi - proprio oggi! - è bene ricordare che proprio le credenze e le convinzioni del passato, secondo le quali le donne non avrebbero le medesime abilità dell’uomo nell’apprendimento o nelle decisioni (questo ha relegato al nascondimento e al silenzio), sono state rovesciate da vissuti di donne che hanno evidenziato quanto sappiamo essere decisive in tutti gli ambiti sociali ed economici con caratteristiche tutte proprie. Credo che ci sia ancora tanta strada da fare affinchè questi stereotipi smettano di essere una minaccia creando pressioni, insicurezze, pensieri di svalutazione di sé, ansie; anzi, sarebbe bello se tutti consapevolizzassimo questo: come è vero che dietro un grande uomo c’è una grande donna, è altrettanto vero che dietro una grande donna si scoprono grandi uomini che la incoraggiano e la sostengono.

Ed è in questo reciproco sostenerci che ciascuno scopre e riscopre la meraviglia della propria identità.

Anche questo è stato, è e vuole essere l’occasione che metto a disposizione con il mio lavoro di consulente familiare: accompagnare coloro che incontro sulla mia strada professionale a meravigliarsi di ciò che sono. Di ciò che siamo: donne e uomini che raccontano con scelte e gesti quotidiani il bisogno di reciprocità di cui nessuno può fare a meno.

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Buon lasciare andare!

Quando ero bambina, c'era una tradizione molto sentita per la notte di Capodanno. Forse ne hai sentito parlare anche tu. Si lanciavano in strada oggetti di vita quotidiana ormai disutili: bicchieri sbeccati o piatti lesionati o tazze senza maniche. Ricordo la nonna che aveva cura di conservare questi oggetti rovinati proprio per la notte di Capodanno. 

Era un ritrovarsi con l'intero quartiere: tutti insieme nel gesto di lasciare andare ciò che era ormai disutile o non piaceva più, perché portava su di sé i segni di una distrazione o di rabbia o di dolore che lo avevano imbruttito. 

Questo gesto pubblico era "propiziatorio" per chiedere ed essere disponibili a ricevere ricchezza e abbondanza nel nuovo anno.

Se vuoi davvero fare festa, questa notte e domani, devi proprio accorgertene: è tempo di lasciare andare!

In questo giorno che chiude un anno, è tempo di bilanci ma soprattutto è tempo di creare spazio: il tempo nuovo chiede che lasci andare la memoria di qualcosa di bello che non c'è più o di qualcosa che avresti voluto e che non è stato.

Non alimentare la tristezza.

La tristezza vive e si alimenta di ricordi! 

La riconosci: più ti attraversa, più è chiaro a cosa sei aggrappato, cosa hai più paura di perdere o che hai già perso. Più la senti, più capisci da chi o da cosa non ti vuoi separare, cosa non vuoi lasciare andare...

Viverla e lasciarla andare mi fa vivere l'esperienza del vuoto. Lascio tutto, le cose che non mi piacciono e le cose a cui sono aggrappata e... dopo qualche istante... ci sono ancora. 

Io esisto ancora! 

In questa scoperta, trovo uno spazio per  vivere in pienezza nuove esperienze. 

Se ti concedi la forza  di lasciare andare ciò che è stato e che ti ha ferito o deluso allora hai la forza di 𝙘𝙤𝙢𝙞𝙣𝙘𝙞𝙖𝙧𝙚!

Allora sarà per te, anche per te, un buon 2024.


Auguri! Buona fine e miglior principio...

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Litigare... con amore!

«Noi due non andiamo più d'accordo!».

Capita di sentire frequentemente questa frase.

Sono parole che contengono una delle grandi difficoltà che una coppia si trova a vivere e che può condurre ad una crisi dolorosa.

Troppo spesso ci si sente soli e ancor più soli ci si sente quando questa difficoltà viene raccontata in cerca di soluzioni possibili e viene banalizzata, svalutata, minimizzata o, peggio ancora, quando se ne subiscono i giudizi superficiali di chi poco sa! E poi vogliamo parlare dei luoghi comuni che sono sempre in auge ma lasciano una sensazione di vuoto a chi li riceve senza averne fatto nessuna richiesta?

«Gli uomini... sono tutti così!».

«Figurati le donne son tutte lunatiche!».

«Ma che te frega! Fai quello che ti piace... si adeguerà, altrimenti bye bye!». E così via…

Del resto, ascoltare tanto dolore nella narrazione di una persona cara, soprattutto se carico di emozioni come rabbia, rancore, risentimento, sensi di colpa, delusione, vendetta (e chi più ne ha più ne metta) senza sentirsi coinvolti, non è un’impresa facile e non è per tutti. Ed è proprio per questo che i luoghi comuni vengono considerati una buona panacea.

Ma sarà proprio così?

Una relazione affettiva così importante e così complessa allo stesso tempo, ha bisogno di “cura” e di protezione da parte di entrambi i protagonisti, ognuno con la propria responsabilità e il proprio diritto ad essere riconosciuto e coinvolto nella relazione. Diversamente, la relazione entra nel disequilibrio, nel disconoscimento di sé e di conseguenza dell’altro.

Allontanarsi l’uno dall’altro senza aver risolto il conflitto e senza averne compreso le convinzioni alla base dell’esperienza, non aiuta a sentirsi liberi di cambiare e magari di ricominciare; piuttosto si rischia di inciampare in esperienze simili.

Le crisi possono diventare un’occasione di crescita personale e relazionale nella misura in cui le affrontiamo e le superiamo, acquisendo sempre più consapevolezza e capacità di discernimento; oppure, decretano un fallimento. Sta a noi a scelta!

E se la crisi è nella coppia?

Beh, si litiga! Litigare fa bene alla coppia!

A patto che si litighi con amore.

Litigare - ma litigare con amore - può creare un’intesa di coppia ogni giorno più bella e passionale.

E tu, sai come si fa?


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Genitori e Figli: un incontro di emozioni

In un mondo che va sempre più veloce e ci manca il tempo per fare tutto, come mamma e come papà ci si sente degli acrobati e si rischia di trascurare le cose più importanti: se stessi, la relazione di coppia e la relazione con i propri figli, finendo ben presto col sentirsi in colpa.
I sensi di colpa - è risaputo - non sono affatto dei buoni consiglieri e neppure producono gratificazione, gioia, leggerezza, fiducia nel futuro.
Da 1 a 10, quante volte come genitore ti sei trovato ad affrontare cambiamenti che non avevi previsto e situazioni che non avresti mai voluto vivere?

Hai creduto anche tu che per essere forti e realizzarsi nella vita sia necessario eliminare le emozioni? Se così fosse, hai rischiato o ancora rischieresti di sentirti insicuro di fronte ad ogni novità: e questo perché eliminare le emozioni è in realtà lasciare alle emozioni di trovare la strada per un corto circuito. Un corto circuito che ti fa trovare in situazioni dove ti agiteresti e ti sentiresti di certo a disagio.

Quante volte ti è capitato di voler scappare via? O di sorridere a qualcuno mentre avresti voluto urlare? A volte sembra che niente ti tocchi... ma è davvero così? La risposta la sai solo tu.

Ti fai condizionare dal tuo bambino, da quello che dicono gli altri o da quello che succede e non riesci a trovare dentro di te degli strumenti che possano aiutarti quando il caos ti travolge?
Ti sei sentito come un supereroe privato dei propri poteri?
Ti sei trovato a vivere momenti di scoraggiamento che ti hanno fatto perdere vitalità, fino a smarrire il senso stesso della missione di essere genitore?
Se qualche volta ti sei sentito (o sentita) così, sappi che sei in ottima compagnia.
È successo a tutti! Anche a me. E mettere la testa sotto la sabbia oppure il cuore, non è la soluzione migliore per sentirsi a proprio agio e adeguati.

Essere genitori ci cambia, ci trasforma e ci fa crescere.
Essere mamma, essere papà è una grande fatica fisica ed emotiva; richiede tanta attenzione ai particolari, a volte coraggio e fermezza... E quindi tanto vale decidere di mettersi al timone della propria vita, di essere sempre più consapevoli di se stessi, delle proprie risorse personali.

Conoscersi, conoscere le proprie emozioni e gestirle ci rende liberi di scegliere come e quando agire per il meglio restando se stessi con fiducia, insegnando ai propri figli a fare altrettanto.

È il motivo per cui ho messo a punto degli incontri dedicati ai genitori, a mamme e papà che hanno voglia di sperimentarsi in un clima di condivisione e scoperta delle proprie e altrui emozioni, in uno spazio di riservatezza senza giudizi o stereotipi. Un percorso che ha come obiettivo la scoperta delle emozioni come fonte di energia per rafforzare le proprie capacità, con la consapevolezza che l’allenamento per vivere bene le proprie emozioni non finisce mai. Occasione preziosa per sperimentare l’empatia e stabilire connessioni autentiche fra adulti che desiderano sviluppare un clima di fiducia nelle proprie famiglie.

Incontri per... su-per-eroi come te!

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Prendimi in gioco con te

Come sarebbe una vita senza emozioni?

Sai come gestire la rabbia o la frustrazione? Reagisci in modo impulsivo, causando o subendo conflitti nelle tue relazioni?

Riconosci le tue paure? Ti lasci bloccare dalle paure privandoti di sperimentare nuove esperienze? Lasci che le tue paure ti aiutano a prepararti all’azione?

Riesci a esprimere la gioia per i tuoi successi? Ti svaluti e nulla ti entusiasma?

Quante volte ti sei permesso di essere te stesso senza giudicarti?

 

Le emozioni ci aiutano a connetterci con gli altri, a sviluppare relazioni significative e ad apprezzare la bellezza della vita. Tuttavia, bisogna imparare a riconoscerle, a gestirle e ad esprimerle in modo sano ed efficace, senza reprimerle o negarle. Imparare a riconoscerle è il primo passo per poterle gestire in modo efficace senza condizionare negativamente le proprie relazioni: di coppia, di famiglia, di amicizia o di lavoro. Perché questo possa accadere, occorre prenderle in squadra e allenarsi giorno per giorno con loro: esperienza dopo esperienza sapremo regalarci momenti magici, pieni di entusiasmo e soddisfazione anche nell’aver attraversato le tempeste che la vita ci propone quotidianamente! Le emozioni fanno già parte di ognuno di noi: donati la possibilità di cooperare con loro.

 

Ti aspetto in Fiera!


 

 

Ci vediamo alla Fiera di Foggia!


IL PROGRAMMA

 

29.09.2023 ore 18:00 presso la FIERA DI FOGGIA

“Se lo dici tu, mi fido!”

Decidere insieme ci libera

 

30.09.2023 ore 18:00 presso la FIERA DI FOGGIA

“Prendimi in gioco con te”

Le tue emozioni sono la tua squadra!

 

01.10.2023 ore 18:00 presso la FIERA DI FOGGIA

Felicemente (?) Genitori

Tutorial per mamme e papà in cerca di pace


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Se lo dici tu, mi fido

Tutti siamo chiamati a maturare, in un processo graduale, ciò che portiamo dentro: ma ad una condizione irrinunciabile. Quale? Vivere la propria vita come unica e irripetibile; e ciò nell’autonomia e nella consapevolezza di sé. Ma dobbiamo essere anche credibili.

Sia che siamo figli o genitori o educatori, dobbiamo essere credibili!

Soprattutto quando facciamo i conti con la paura di spiccare il volo, nelle miriadi di difficoltà e di variabili che la vita prevede. Autonomia e indipendenza sono due input da lasciar crescere ed esercitare: due “spinte” interiori (che ogni essere umano naturalmente possiede) da mostrare e da lasciare esercitare, con fiducia.

Serve un buon equilibrio tra ciò che mi è permesso fare e ciò che è possibile fare!

Certo… non subito si raggiunge un ottimo risultato. Bisogna sperimentare; e se incorriamo in un “errore”, è sano avere rispetto anche di questi “errori”. Avere fiducia: “dare” fiducia è la condizione necessaria per vivere un vero ben-essere e per costruire relazioni costruttive.

Avere fiducia - dare fiducia, significa avere una sufficiente autostima che permette di assumersi la responsabilità delle proprie scelte, delle proprie azioni e dei propri sentimenti, abbandonando modelli di comportamento ingiustificati e non adatti al “qui ed ora”.

È vero! Le relazioni oggi ci sembrano complicate ed essere genitore, figlio o educatore in questo momento storico è complesso; ma allo stesso tempo, è interessante se ci si mette in gioco. Richiede presenza e attenzione all’altro. Chiede partecipazione alle esigenze affettive e ai desideri nascenti dei figli se si tratta dei genitori, ai figli chiede lo stesso verso i genitori, e così è per ogni relazione significativa. Non è sempre facile accompagnare i cambiamenti delle persone che ci sono vicine: a volte un padre, una madre, un insegnante, un amico, un figlio, possono trovarsi disorientati, spiazzati, sforniti di quel sapere-essere-agire necessari a comprendere correttamente ciò che sta accadendo alla persona che gli sta accanto in modo da poter intervenire efficacemente… Se e quando ci si dona le occasioni per “fornirsi” di questi strumenti, proprio in questo modo si contribuisce a costruire quel rispetto che ognuno deve imparare ad avere per la propria e per l’altrui persona. Contribuisce alla stima di sé e, come per i vasi comunicanti, rafforza la stima dell’altro rispetto a ciò che è e a ciò che fa, rispetto a ciò che è e a ciò che fanno gli altri.


Vincenza Fatibene

 

 

Ci vediamo alla Fiera di Foggia!


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Decidere insieme ci libera

 

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“Prendimi in gioco con te”

Le tue emozioni sono la tua squadra!

 

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Felicemente (?) Genitori

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Ci vediamo alla Fiera di Foggia!

Vediamo un po’ ti propongo un esperimento.

Per tre giorni… o magari solo per un giorno (se è troppo impegnativo farlo per tre giorni), prova a fare un elenco degli oggetti multimediali che tocchi per utilizzarli (come il telefono o il tablet e così via…) e un elenco delle persone che hai toccato semplicemente per una pacca sulla spalla o per un abbraccio o per una carezza, perché no.

Se poi puoi anche stare attento a quale sentimento hai provato nell’uno o nell’altro caso, ti fai un doppio regalo.

Faccio una scommessa con te: l’elenco degli oggetti sarà certamente più lungo dell’elenco delle persone. Non ci credi? Quasi quasi ti offro un caffè se ho torto.

La verità è che abbiamo preso le distanze. E forse non ce ne siamo nemmeno accorti. Siamo così tranquilli ad entrare in contatto con un oggetto che obbedisce (più o meno… dipende anche da quanto sappiamo usarlo) a quello che gli chiediamo di fare con un touch. Ci sembra ormai strano pensare di entrare in contatto con un essere umano come me. Siamo diventati anche noi macchine, abbiamo ridotto gli altri ad oggetti: non ci fa più paura far soffrire un altro. Esistere sembra diventato il sinonimo di cinismo.

Cinismo… cosa significa? Non provare più nulla davanti a quello che accade. Che accade agli altri. Che accade a te. Tutto ci lascia identici. Freddi. Distaccati. Delle macchine, insomma.

Se non c’hai mai pensato, prova a pensarci.

Se questo non ti piace, se non lo senti tuo, se perfino vuoi ribellarti a tutto ciò, allora questo invito è per te. L’invito a provare ad uscire da questa tragedia del distacco, per ricordarci che siamo appunto esseri umani.

Ti aspetto alla 45° Fiera d’Ottobre, al Salone del Sociale con dei laboratori di educazione emozionale, per uno spazio e un tempo che ci dedichiamo proprio per guardarci in faccia, guardarci negli occhi e per diventare un desiderio. Sì, il desiderio che diventa progetto, azione, cambiamento.

Ne abbiamo bisogno, tutti.

Vincenza Fatibene

 

 

IL PROGRAMMA

 

29.09.2023 ore 18:00 presso la FIERA DI FOGGIA

“Se lo dici tu, mi fido!”

Decidere insieme ci libera

 

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“Prendimi in gioco con te”

Le tue emozioni sono la tua squadra!

 

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Come si fa una cosa... cambia la cosa che si fa!

Sembra un gioco di parole, ma la dice lunga sulla capacità di ognuno di noi di dare un senso al proprio comportamento. Potrebbe diventare un motto da usare come un mantra per alcuni, per altri potrebbe risultare estremamente fastidiosa.

Perché?
Quante volte ti è capitato di ascoltare affermazioni che sono contrarie al comportamento che si assume?
"L'ho ucciso/a perché l'amavo". " È colpa tua se ti ho tradita." "Di fronte all’ingiustizia si può solo subire".
Sono casi estremi che però rendono l'idea.

O ancora mezze frasi espresse con tono contrario alle parole come risposta ad una informazione ricevuta, del tipo: “va bene, fai tu”… ma detto con tono nervoso. Comunicazioni che lasciano spazio ad interpretazioni in base allo stato d’animo o alle convinzioni dell’interlocutore; in ogni caso laddove i messaggi sono contraddittori, le intenzioni non coincidono con le parole e le modalità espressive utilizzate.

Si chiama paradosso comunicativo. Le parole sono colme di ambiguità, di supposizioni di false credenze e rendono i significati confusi.

In queste situazioni può venire in aiuto la domanda: "𝘤𝘰𝘴𝘢 𝘮𝘪 𝘷𝘶𝘰𝘪 𝘥𝘪𝘳𝘦 𝘥𝘢𝘷𝘷𝘦𝘳𝘰 𝘢𝘥𝘦𝘴𝘴𝘰?".

Se la mia vita fisica e affettiva dipende da chi comunica con me attraverso il paradosso, la mia mente è in pericolo, perché non so più chi è colui che mi parla, non so più se mi posso fidare di quello che mi viene detto.
Un computer andrebbe in tilt, mentre invece una persona ha un profondo bisogno di capire, prima di interrompere una relazione che ha ritenuto significativa, altrimenti non ci riesce.

Proprio questo la mette in pericolo. Questo tipo di comunicazione tende ad orientare la percezione della realtà al fine di ottenere un comportamento desiderato senza apparentemente averlo imposto. Più tempo si resta in una relazione dove il paradosso è la frequenza di comunicazione più usata, più è difficile avere discernimento di cosa è bene per se stessi è cosa è bene evitare. Naturalmente, lo scopo dichiarato di colui che usa questi modi comunicativi è il bene del destinatario.

Io avrei qualche dubbio che sia capace egli stesso di sapere, in quel momento, cosa sia meglio per se stesso!

Il rischio è di restare intrappolati in una relazione in cui ci si sente a disagio e confusi, una relazione che chiede di cambiare progetti, contrastando convinzioni ritenute valide fino ad un attimo prima, facendo leva sui sensi di colpa. Comportamenti di questo tipo denotano una grande insicurezza in chi li opera, imponendosi con ricatti e minacce. La cosa più grave a mio avviso è giustificare la continua assenza di rispetto e di amore per se stessi e per l’altro/a, credendo di ritrovarsi in una relazione dove la gelosia fa da padrona. Certo, solo chi è geloso/a ama davvero! Altro paradosso, e invece la gelosia che soffoca le relazioni alimentando continue paure, con la conseguenza di indebolire chi le subisce con rassegnazione!

Come posso evitare o ridurre il rischio di restare intrappolata/o in una comunicazione ambigua?

-Verificare prima di tutto la congruenza fra affermazioni che ci vengono rivolte e comportamenti conseguenti.

-È bene concentrarsi e porsi la giusta domanda per ricevere la risposta che ci serve. Se è un cambiamento radicale quello che viene richiesto, la domanda potrebbe essere: “perché devo cambiare? Perché proprio adesso? Come mi sentirei se non lo facessi? E come mi sentirei se lo facessi? A cosa mi serve?”

-Porre attenzione, quando si ascolta, all'importanza che si dà alle parole e la loro ambiguità, ai toni che si usano, all’espressione del viso e alla postura del corpo.

 -E soprattutto è bene evitare di fare tutto questo in solitudine.

Chiuderti nel guscio della tua sofferenza non ti può essere di aiuto, rischieresti di sentirti come in un labirinto. Attraverso il confronto con degli esperti potresti scoprire che tu vali così come sei e ricevere quante più informazioni possibili che faranno la differenza per comprendere che come si fa una cosa cambia la cosa che si fa!

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...è tempo di accoglienza

Ancora qualche giorno di pausa estiva, di una estate piena di emozioni intense e di nuove scelte consapevoli, tempo che dedico volentieri alla mia famiglia che nel frattempo ha dato il benvenuto ad una new entry. Senza mezzi termini: sono diventata nonna di una creatura meravigliosa. Immersa nella commozione e nella gioia di questo momento magico, mi ritrovo a fare i conti con tante notizie di cronaca davvero preoccupanti su comportamenti privi di valori di alcuni giovani (sottolineo alcuni) e subito mi pongo dalla parte dei genitori “moderni”, riflettendo su quale potrebbe essere il mio contributo utile ad educare alla responsabilità del ben-essere. In fondo i genitori moderni non sono diversi dai genitori di sempre: si prodigano per il bene dei propri figli affinché questi possano ricevere tutti gli strumenti utili per fare le scelte più appropriate e assumere i comportamenti più consoni ad ogni situazione; e proprio come i genitori di una volta, nutrono tante speranze per il futuro.


Con questa marea di pensieri ed emozioni, decido di dedicare un po' di tempo alla lettura, scegliendo dalla mia libreria un libro già letto tempo fa, che attira la mia attenzione per il suo titolo: Le piccole virtù di Natalia Ginzburg.

Trovo che leggere sia sempre illuminante e infatti presto trovo la mia chiave di lettura in questo passaggio del libro: 


Se abbiamo noi stessi una vocazione, se non l’abbiamo rinnegata o tradita, allora possiamo lasciar germogliare [i nostri figli] quietamente fuori di noi, circondati dell’ombra e dello spazio che richiede il germoglio di una vocazione, il germoglio d’un essere. Questa è forse l’unica reale possibilità che abbiamo di riuscir loro di qualche aiuto nella ricerca d’una vocazione, avere una vocazione noi stessi, conoscerla, amarla e servirla con passione: perché l’amore alla vita genera amore alla vita.


Dunque il compito educativo della famiglia è da considerarsi un dono fra le generazioni: penso che ci sia proprio una "genealogia del dono", per cui semplicemente doniamo qualcosa che abbiamo già ricevuto da altri.

Il dono è l’amore! L’amore per se stessi e le proprie scelte, per i propri figli e per i nipoti che ci aprono le porte dell'avvenire; e attraversando le tempeste della vita, tanto più lo faranno quanta più sicurezza avranno respirato in una casa con basi solide dove avranno provato il gusto e il desiderio di ricreare le stesse condizioni anche quando a loro volta "partiranno". Ci misuriamo tutti con i limiti di genitori imperfetti (fa parte della nostra umanità!) e ugualmente abbiamo aperto ai nostri figli le porte del futuro e loro le riapriranno a noi; anzi, in realtà ce le aprono già!


Anche io ho ricevuto questo prezioso dono e sono grata e riconoscente alla mia mamma e al mio papà:  è grazie a loro che ho imparato ad essere forte e determinata, nel mentre vivo con amore e passione ogni progetto che intraprendo, con i miei tempi e i miei modi. Ed è grazie a loro che ho scelto di essere la donna che sono, senza sentirmi obbligata a fare le loro scelte.


E tu... per cosa sei grato?

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...è tempo di miracoli

Mi chiamo Vincenza. Vivo e lavoro a Lucera. Quanti anni ho? Sono del 1968 (fai tu i conti…). Sono sposata e madre di tre giovani uomini. Sono una professionista socio-educativa, nello specifico “consulente della coppia e della famiglia”, più propriamente detta “consulente familiare”; adeguatamente formata con metodologie specifiche a beneficio delle singole persone, delle coppie e della famiglia. Conduco cicli di incontri per adolescenti, giovani coppie e genitori, con particolare attenzione a temi come: affettività e sessualità, educazione emozionale, sostegno alla progettualità e alla genitorialità. 

Cosa fa un Consulente Familiare ? Questa domanda mi viene rivolta di frequente e oggi mi viene di rispondere così...

Un consulente ti ascolta  attentamente, si mette nei tuoi panni per comprenderti meglio, non ti giudica, non decide per te. Usa un atteggiamento empatico, caldo, accogliente, rispettoso della tua dignità; non fa distinzioni di razza, sesso, religione, ceto sociale. Mantiene il segreto professionale di quanto confidi, ti accompagna nell’esplorazione dei tuoi sentimenti e dei tuoi pensieri così da attingere alle tue capacità, per stimolarti a fare la scelta che senti più rispettosa e possibile per te. 

Credo molto in questa professione: credo nella relazione che cura, nel rapporto che si crea fra me e la persona che a me si affida. Sento uno scambio intenso di rispetto, fiducia, ascolto, affetto, comprensione, attenzione, sostegno; ad ogni incontro esco arricchita dall’umanità che ho incontrato, sollevata nel vedere un volto rabbuiato accennare a tratti più distesi, appagata da un sorriso che ha preso il posto di lacrime dolorose. Amo la mia professione ed oltre alle competenze acquisite e in itinere, ci metto tutto il mio cuore, perché non c’è gioia più grande che assistere al miracolo della vita!

E tu... che ne pensi?

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Un tempo per ri-trovare te stesso

Capita spesso di chiudersi in se stessi. Esattamente: di “doverlo” fare. Non certo perché sia utile o opportuno. Semplicemente perché crediamo che sia meglio così: non parlarne è come decidere che il problema, in fondo, non esista. Certo, mi rode dentro e forse sono già arrivato al punto che non riesco più a dormire per quel problema; ma criptarlo nel silenzio fa bene a me, fa bene a tutti.

E poi… è meglio così perché davvero non sapremmo con chi parlarne: al massimo, mi cerco un complice, qualcuno che mi dia sempre ragione, che non mi crei un eventuale ulteriore senso di colpa. Così, davvero, posso tirare a campare.

È un’illusione. E forse in fondo ne siamo consapevoli.

Non è affatto possibile pensare che si possa andare avanti così. Necessariamente, quel problema che sto celando, diventerà qualcosa che mi porta in asfissia. In panico, anche. Insomma: prende così piede dentro me che, ben presto, potrà portarmi a condizioni ancora più terribili. Potrà portarmi a scelte che in verità non voglio affatto per la mia vita, per il mio benessere.

Ecco: benessere. Passare dal problema al benessere. È questo quello che dovremmo fare, tutti. Dove quel “dovremmo” è in realtà un “dovere di desiderio”, un bisogno che la parte più profonda di me arriva ad elemosinare. E mi chiede che mi prenda cura di me stesso.

È il momento di uscire dal silenzio, da quel silenzio infame che sta facendo male: a te, a me, a tutti. Non serve mettere sotto il tappeto le questioni che ci rendono tristi, spenti, abbattuti. Serve invece accogliere quelle situazioni e trovare una strada nuova. Trovare la strada per stare bene.

È questo quello che ti può aiutare a fare un consulente familiare: ascoltandoti, prova a mettersi nei tuoi panni. Con rispetto, senza alcun pregiudizio legato a quelle etichette che fanno tanto soffrire. Ti aiuta ad esplorare sentimenti e pensieri e, attingendo alle tue capacità, ti stimola a fare quella scelta davanti alla quale puoi sentirti felice di aver rispettato te stesso, di aver finalmente compiuto qualcosa per prenderti davvero cura di te.

Incontrare un consulente familiare è darti l’occasione di incontrare te stesso: se non ti senti più a tuo agio col tuo corpo, provaci; se ti senti sempre arrabbiato, provaci; se ti senti perseguitato dal passato, provaci; se ti senti così chiuso da non voler più uscire di casa, provaci; se con il tuo partner non funziona più nulla (o quasi), provaci; se ti vuoi voler bene, provaci!

 

Regalati un tempo per ri-trovare te stesso!

E tu... che ne pensi?

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