5 dicembre
Put Your Soul on Your Hand and Walk
Al cinema Fanfulla di Lodi lo sconvolgente documentario su Fathma Hassona, palestinese e giornalista uccisa a Gaza dall’esercito israeliano
Put Your Soul On Your Hand And Walk, della regista iraniana esule in Francia Sapideh Farsi (Francia-Iran, 2025, 110’)
venerdì 5 dicembre ore 21,15
sabato 6 dicembre ore 21,15
domenica 7 dicembre ore 21,15
lunedì 8 dicembre ore 20,20
versione originale inglese con sottotitoli in italiano
«Un invito e un consiglio: andate assolutamente a vedere Put Your Soul on Your Hand and Walk, ma preparatevi a soffrire. Un po’ come in La voce di Hind Rajab» (La Repubblica)
con il sostegno di
Amnesty International Italia
Emergency
Medici Senza Frontiere
Assopace Palestina
Ordine dei Giornalisti
Anpi
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Esecuzioni dell’esercito israeliano a Jenin, il 27 novembre 2025 (Palestine TV)
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29 novembre
Doppio standard
Nel nord della Cisgiordania, dal 25 novembre, è in atto quella che il governo di Tel Aviv definisce «operazione anti-terrorismo»: le città di Tubas, Tulkarem e Jenin sono poste sotto assedio.
Le scuole sono chiuse, le serrande dei negozi abbassate, ogni movimento vietato. Due palestinesi sono stati uccisi giovedì dopo essere usciti con le mani alzate da un garage in cui si erano rifugiati: i vertici dell’Idf hanno dichiarato che erano terroristi, erano invece disarmati e inermi. «Un’altra apparente esecuzione sommaria», secondo il portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Jeremy Laurence. E, ancora, decine di arrestati e migliaia di sfollati, cento ulivi sradicati nella comunità di Kafr Malik.
I palestinesi sono stretti dai raid dell’esercito israeliano e dalle aggressioni dei coloni, che il ministro della difesa Israel Katz definisce «disturbo dell’ordine pubblico», non atti di terrorismo quali sono.
Intanto, continua l’opera «di re-ingegneria della topografia dei campi rifugiati», come l’ha definita Roland Friedrich, direttore dell’Unrwa in Cisgiordania: ventitré edifici rasi al suolo a Jenin nell’ultima settimana, che seguono ai duecento ordini di demolizione eseguiti tra marzo e giugno di quest’anno.
Corteo di Non Una Di Meno a Roma, il 22 novembre 2025
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24 novembre
Per vivere in pace
Domani, 25 novembre, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
In Italia, in base a un’indagine Istat, sono circa 6 milioni e 400mila (il 31,9%) le donne che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale a partire dai sedici anni di età: il 18,8% ha subito violenze fisiche e il 23,4% violenze sessuali.
Nel 2025, secondo l’osservatorio di Non Una Di Meno, ci sono stati settantotto femminicidi, tre suicidi indotti di donne, due suicidi indotti di ragazzi trans. L’anno non è ancora finito: che la settantottesima possa essere l’ultima.
I 118 centri della rete DiRe (Donne in Rete contro la violenza) riferiscono che in un anno sono state ascoltate 23.851 donne.
Domani, in tutta Italia, le donne manifesteranno per vivere in pace.
Aereo ITA Airways in volo e Aeroporto di Madrid-Barajas
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20 novembre
Giovani in fuga dall’Italia
Il Rapporto Italiani nel mondo 2025 della Fondazione Migrantes attesta che il vero problema italiano è l’emigrazione dei suoi cittadini, non l’immigrazione. Se nel 2019 emigrati italiani e immigrati stranieri si equivalevano a circa 5,3 milioni, oggi il numero dei connazionali all’estero supera di 1 milione quello degli stranieri in Italia. Gli italiani all’estero sono infatti 6,4 milioni a fronte dei 5,4 milioni di stranieri in Italia: 155 mila persone, soprattutto giovani qualificati (laureati o diplomati), hanno lasciato l’Italia quest’anno, con un aumento del 36% rispetto all’anno scorso, per ottenere un salario, un sistema di welfare e una vita dignitosi. Lasciano il nostro paese anche nuovi cittadini, persone straniere che hanno acquisito la cittadinanza italiana: oltre 1 milione e 576 mila tra il 2014 e il 2023, a smentire la retorica della «sostituzione etnica».
Circa il 76% degli espatri tra il 2006 e il 2024, (1,25 milioni) ha avuto come destinazione l’Europa: Regno Unito (289.000), Germania (248.000), Svizzera (166.000), Francia (162.000) e Spagna (106.000) ai primi posti; fuori dal continente, Stati Uniti (83.000) e Brasile (80.000). La Sicilia è la regione con la comunità di residenti all’estero più numerosa (844.000), seguita da Lombardia (690.000) e Veneto (614.000). L’analisi della distribuzione regionale degli iscritti all’Aire (Associazione Italiani Residenti all’Estero) evidenzia che, di fronte allo spopolamento a livello nazionale, la mobilità verso l’estero è in crescita in ogni contesto territoriale. Nove regioni presentano variazioni marcatamente più alte, tra queste Veneto (+9,0%), Lombardia (+7,5%) e Toscana (+6,6%).
Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, dichiara: «Bisogna investire sui giovani, investire nell’università e nell’internazionalizzazione dell’università, investire in ricerca, investire nei salari che sono certamente più bassi rispetto ai salari europei». Di tutto questo l’Italia «non vede attualmente dei segnali».
Diverse isole dell'arcipelago delle Salomone, nel Pacifico meridionale, sono state sommerse a causa dell'innalzamento del livello del mare.
«Lui stava morendo in questo mondo, il tuo e il mio, in un campo allagato dal mare. In tutto il mondo, milioni di persone guidavano le loro auto per andare e tornare dal lavoro; milioni di persone ridevano e parlavano nei ristoranti mentre i camerieri si affrettavano con i loro vassoi carichi, milioni di persone accendevano o spegnevano gli interruttori della luce, o sedevano in auto con l’aria condizionata accesa mentre la moglie o il marito facevano la spesa al supermercato.
I miliardari che avevano reso tutto questo possibile, poche decine di persone, andavano sul campo da golf, convocavano consigli di amministrazione, sfrecciavano per il mondo coi loro jet privati e contemplavano la macchina mondo che avevano creato per il loro guadagno mentre numeri esorbitanti sfarfallavano sui loro schermi. Quanto costa la benzina? Quanto costa la foresta? Quanto costa il pianeta?
E il ragazzo stava morendo in un campo allagato».
Vandana Singh, Racconti di viaggiatori dal confine dei mondi, Zona42
12 novembre
Clima, degrado ambientale, catastrofi naturali
Si è aperta il 10 e si chiuderà il 21 novembre a Belém, in Brasile, la Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. La COP30 arriva a dieci anni dall’Accordo di Parigi e per la prima volta si svolge in Amazzonia.
Alcune decine di milioni di persone nel mondo sono già in una condizione che potrebbe essere definita “migrante climatico” (o in via di diventarlo): per esempio persone che si spostano o hanno necessariamente cambiato luogo di vita per ragioni legate al clima, sia a livello locale che nazionale.
Gli spostamenti, anche interni (dunque difficilmente quantificabili), sono dovuti a disastri naturali improvvisi (uragani, alluvioni e incendi boschivi); degrado ambientale progressivo (innalzamento del livello del mare, desertificazione e perdita di terre coltivabili); carenza di risorse (acqua potabile e cibo, in conseguenza della siccità prolungata o della diminuzione della produttività agricola).
Il modello a medio/lungo termine (fino al 2050) elaborato dalla Banca Mondiale stima che potrebbero esserci oltre duecento milioni di spostamenti interni legati ai cambiamenti climatici.
I paesi più colpiti sono Kenya, Somalia, Cina, Filippine, Pakistan, Etiopia, India, Brasile, Bangladesh e Malesia.
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13 settembre del 1993. Yitzhak Rabin – primo ministro israeliano – e Yasser Arafat – leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) – si stringono la mano nel cortile della Casa Bianca, dopo la firma degli accordi di Oslo; in mezzo a loro l’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton. l’anno successivo Rabin e Arafat sarebbero stati insigniti del Nobel per la pace.
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4 novembre
A trent’anni dall’assassinio di Yitzhak Rabin
La sera del 4 novembre 1995, alle 21.30, a Tel Aviv, al termine di una manifestazione di sostegno agli accordi di Oslo, il primo ministro dello Stato di Israele, Yitzhak Rabin, è assassinato da Yigal Amir, colono ebreo estremista e sionista. Gli accordi avrebbero dovuto avviare un processo che avrebbe messo fine al conflitto tra israeliani e palestinesi, brutalmente interrotto dall’assassinio di Rabin.
Questo il commento di Lorenzo Cremonesi, già allora inviato del Corriere della sera in Medio Oriente, trasmesso oggi da Radio Popolare.
«Quell’omicidio è stato una rivolta. Cosa metteva alla luce quell’omicidio? Metteva alla luce quello che poi divenne evidente: un paese diviso, nel quale c’era un altro sionismo, un altro Israele; c’era una Israele laica, che accettava gli accordi di Oslo, che voleva la divisione della terra, che vedeva nei palestinesi una controparte che aveva dei diritti. C’era questa idea di compromesso: la pace in cambio della terra, la restituzione di gran parte dei territori occupati per fare in modo che i palestinesi avessero un loro stato. Ma all’ombra di tutto questo era cresciuta un’altra Israele, Israele religiosa, ortodossa, fondamentalista, che vedeva nella terra la vacca sacra che andava glorificata e messa in pratica: voleva dire che quelle terre non andavano rese. Rabin era un traditore, perché quella terra era parte sacra di Israele, ed è un traditore, un fedifrago da assassinare, chi lavora contro Dio. Questa Israele fanatica oggi è al governo, oggi sono al governo gli assassini di Rabin. Allora si disse che Yigal Amir, l’assassino di venticinque anni, era un isolato, un pazzo, e invece Yigal Amir rappresentava una buona parte di Israele, che oggi è la maggioranza».
Bombardamento su Gaza City (Ansa)
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29 ottobre
Numeri
«Israele ha diritto a reagire se viene ucciso un suo soldato»: ieri notte, in seguito all’uccisione di un soldato israeliano durante uno scontro a fuoco, la Striscia di Gaza è stata sottoposta a un potente bombardamento da parte dell’esercito di Tel Aviv che ha causato la morte di oltre cento civili. Una vita contro cento. E il rischio concreto che la violazione della tregua comprometta la «pace storica» di Donald Trump.
Il bombardamento è avvenuto quando erano in corso le operazioni di ricerca e recupero dei corpi degli ostaggi israeliani deceduti, rese difficoltose dalla distruzione di Gaza City. Per sua parte, il governo israeliano rifiuta di consentire a una squadra multinazionale di accedere alla Striscia con unità specializzate per il ritrovamento dei corpi e mezzi pesanti necessari per rimuovere macerie e detriti. I resti degli ostaggi non ancora riconsegnati alle famiglie sono tredici. Gli uomini, le donne, le bambine e i bambini palestinesi sepolti sotto le rovine si calcola siano circa diecimila.
Unrwa, Gaza (ap)
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23 ottobre
Compresa l’Unrwa
Dopo il 7 ottobre 2023, Israele ha avviato una violenta campagna denigratoria contro l’agenzia delle Nazioni Unite per le persone rifugiate palestinesi, a causa di presunti legami con Hamas: in particolare, dodici dipendenti gazawi sono stati accusati di aver preso parte all’attacco al sud di Israele e alla strage che ne è seguita. Gli Stati Uniti e molti paesi dell’Unione Europea hanno allora interrotto i finanziamenti a Unrwa, in una situazione di assoluta emergenza per il genocidio in atto nella Striscia di Gaza.
Il governo israeliano non ha mai fornito le prove a sostegno delle proprie accuse, e già nel gennaio 2024 la Corte internazionale di Giustizia aveva intimato al governo di Tel Aviv di garantire l’ingresso massivo di aiuti umanitari in territorio palestinese.
Nel pomeriggio di ieri, la stessa Corte ha deliberato che «Israele ha l’obbligo di riconoscere e facilitare i programmi di soccorso forniti dalle Nazioni unite e dai suoi enti, compresa l’Unrwa».
Ilsreco ripropone tre interviste ad Alice Boffi, lodigiana e operatrice umanitaria Unrwa.
1. Rendere il mondo un posto più giusto (7 ottobre 2023)
All’alba del 16 ottobre 1943 iniziò il rastrellamento del ghetto di Roma, a opera di reparti delle SS e della Polizia d’Ordine tedesca, con la collaborazione di funzionari fascisti della Repubblica Sociale Italiana, che redassero gli elenchi delle persone appartenenti alla comunità ebraica romana. Ne furono deportate 1023, internate nel campo di sterminio di Auschwitz; 1007 non fecero ritorno.
«Ad Auschwitz non si va per una gita, ma per compiere un atto di memoria. – ha dichiarato ieri il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano – Questi luoghi sono punti di memoria che vanno continuamente richiamati».
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16 ottobre
Roma, 16 ottobre 1943. In “gita” ad Auschwitz?
«Anche quella sera le famiglie erano già tutte raccolte nelle case. Qualche madre accendeva la lampada sabbatica – non quella bella, ch’era stata nascosta ai primi furti tedeschi – mentre i vecchi con la teffilà [formulario di orazioni] sui ginocchi recitavano le benedizioni, e passavano dal borbottio della preghiera all’invettiva iraconda e chioccia contro i nipotini disturbatori. Così la donna scarmigliata non ebbe difficoltà a radunare un gran numero di ebrei per avvertirli del pericolo.
Ma nessuno volle crederci, tutti ne risero. Sebbene abiti in Trastevere, la Celeste ha parenti nel Ghetto ed è ben nota all’intera cheilà [comunità]. Tutti sanno che è una chiacchierona, un’esaltata, una fanatica: basta vedere come gesticola quando parla, con gli occhi spiritati sotto quei capelli di crine vegetale. E poi si sa che in famiglia sua sono tutti un po’ tocchi; chi non conosce il suo figlio grande, quello di 24 anni, magro, peloso, nero e strambo, con un’aria da haham [rabbino] mancato, e si dice perfino che abbia il mal caduco? Come si fa a dare ascolto alla Celeste?
“Credetemi! Scappate, vi dico! – supplicava la donna. – Vi giuro che è la verità! sulla testa dei miei figli!”»
Giacomo De Benedetti, 16 ottobre 1943 (novembre 1944)
Migliaia di sfollati palestinesi in marcia verso il nord di Gaza (Ansa)
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10 ottobre
A casa?
Oggi alle 11.00 il fuoco israeliano nella Striscia di Gaza è cessato. Da ieri mattina, non appena il valico di Netzarim è stato aperto, un flusso ininterrotto di uomini, donne e bambini palestinesi, carichi di bagagli, su pesanti carretti, in macchina o a piedi, ha iniziato a muoversi lungo la strada costiera, verso nord, tra il Mediterraneo a sinistra e file di edifici devastati a destra, per fare ritorno a quelle che un tempo erano le loro case.
Due anni di conflitto sono costati oltre 67.000 morti accertati (altri 10.000 almeno sono sepolti sotto le macerie) e 436.000 abitazioni distrutte (61 milioni di tonnellate di detriti).
A breve, inizierà lo scambio degli ultimi ostaggi israeliani in mano ad Hamas e di centinaia di prigionieri palestinesi detenuti dal governo di Tel Aviv.
«Bene, stavano per distruggerlo ancora, non era così?... Questo giardino Terra, civile e sapiente, doveva essere di nuovo fatto a pezzi perché l’Uomo potesse sperare ancora, nell’infelicità e nell’oscurità».
Walter M. Miller jr., Un cantico per Leibowitz, 1959
5 ottobre
Le donne nella Resistenza per la pace
«Ripensare alle storie delle donne dentro la guerra partigiana significa ripercorrerla come sperimentazione del possibile volto di una comunità da costruire nella ricerca di rapporti ed equilibri nuovi, innanzitutto tra uomini e donne, fuori dalla violenza del fascismo e delle sue guerre. Rifiutando il ruolo di custodi della razza guerriera voluta dal fascismo, le donne che rischiano sé stesse nella Resistenza, mettendo i propri corpi nella storia e immaginando forme per tesserne il quotidiano, affermano la pace come unico orizzonte possibile per una comunità capace di garantire diritti per tutti e tutte».
Queste parole sono tratte dalla presentazione, a firma di Laura Coci ed Elisabetta Ruffini, del graphic novel È l’idea che fa il coraggio, di Gino Carosini e Marco Mastroianni, con il coordinamento degli Istituti lombardi per la storia della Resistenza (Bergamo, Como, Lodi, Milano, Pavia, Sondrio, Sesto San Giovanni, Fondazione Memoria della Deportazione – Milano) associati all’Istituto nazionale Ferruccio Parri (De Ferrari Editore, 2025).
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Lezione di resistenza civile non violenta...
L'imbarcazione Alma, della Global Sumud Flotilla, dopo l'abbordaggio della Marina israeliana in acque internazionali nella tarda serata di mercoledì 1° ottobre
3 ottobre 2025
...Lezione di democrazia
Manifestanti in sciopero per Gaza a Genova nella mattina di venerdì 3 ottobre
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Immagine dalla locandina del film 300, di Zack Snyder (2007)
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1° ottobre 2025
Questa è Sparta? No, sono gli Stati Uniti d’America
Ieri, 30 settembre, nella base marines di Quantico, il ministro della guerra Pete Hegseth e il presidente Donald Trump hanno tenuto un discorso agli stati maggiori dell’esercito degli Stati Uniti, convocati d’urgenza per l’occasione.
«C’è un nemico fra noi e dobbiamo occuparcene prima che sia fuori controllo» ha dichiarato Trump, riprendendo la teoria del nemico interno propria dei totalitarismi (l’ebreo per il nazismo, l’oppositore per il fascismo); poi, riferendosi alle città americane a guida democratica, ha aggiunto che queste saranno «terreno di addestramento per l’esercito».
Hegseth ha invece criticato le politiche “woke” del passato, accusandole di aver favorito il declino militare a causa di criteri ideologici come quote di genere ed etnia, e tracciato le linee guida del nuovo «ethos guerriero» statunitense: addestramento impegnativo e «maschio» (i test di idoneità fisica saranno calibrati su parametri maschili) e disprezzo per il politicamente corretto; e ha concluso: «Il nostro compito è prepararci alla guerra. E vincerla».
24 settembre 2025
Il tempo è venuto
Al 21 settembre 2025, 150 dei 193 stati membri delle Nazioni Unite hanno riconosciuto lo Stato della Palestina, così come due stati non membri (Città del Vaticano e Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi). Ultima in ordine di tempo, durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, la Francia (unitamente ad Andorra, Lussemburgo, Malta e San Marino), preceduta di un giorno da Portogallo, Regno Unito, Canada e Australia. Irlanda, Spagna, Slovenia e Norvegia avevano già riconosciuto il diritto della Palestina a esistere nel 2024, la Svezia nel lontano 2014.
«È giunto il momento di fermare la guerra, il massacro, è arrivato il tempo della pace. – ha dichiarato Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica francese - Niente giustifica la guerra in corso a Gaza. Niente. Al contrario, tutto ci obbliga a porvi fine definitivamente, visto che non l’abbiamo fatto prima».
Lo stato di Palestina fu proclamato da Yasser Arafat il 15 novembre 1988 durante la sessione conclusiva del 19° Consiglio Nazionale Palestinese. Da allora, lo hanno riconosciuto quasi tutti i paesi di Asia e Africa e delle Americhe (con l’eccezione degli Stati Uniti e di Panama), portandosi dalla parte giusta della storia.
A sinistra, in alto: New York, 20 settembre 2025, ebrei ortodossi manifestano contro il genocidio a Gaza.
A sinistra, in basso: Roma, 22 settembre 2025, i “Preti contro il genocidio” in manifestazione per la pace in Palestina.
Diventa testimone della memoria: associati a Ilsreco
La prima tavola della storia dedicata ad Angiola Rossi all'interno del graphic novel È l’idea che fa il coraggio, presentato il 18 settembre scorso a Lodi
22 settembre 2025
On line la presentazione dell’evento dedicato ad Angiola Rossi
Sono on line sul canale YouTube Ilsreco le registrazioni relative all’evento Angiola Rossi. Una storia lodigiana, che si è tenuto il 18 settembre scorso nella sala Granata presso la Biblioteca Comunale Laudense di Lodi.
Hanno preso la parola:
Laura Tagliaferri (vicesindaca)
Alice Vergnaghi (in rappresentanza dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi)
Ercole Ongaro (storico, Ilsreco)
Elisabetta Ruffini (coordinatrice del graphic novel È l’idea che fa il coraggio, De Ferrari Editore 2025)
Eleonora Gaboardi (Anpi provinciale)
Ivano Mariconti (nipote di Angiola Rossi, Aned)
Sono state proiettate le registrazioni degli interventi di Gino Carosini e Marco Mastroianni (illustratori, impossibilitati a partecipare di persona).
Ha coordinato Laura Coci (Ilsreco) ed Elena Zaini (Ilsreco) ha effettuato una lettura dalla biografia di Angiola Rossi.
Guarda l’intervento di Gino Carosini
Guarda l’intervento di Marco Mastroianni
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Fotogramma dal video Trump Gaza, realizzato con Intelligenza Artificiale e pubblicato dallo stesso Donald Trump sul suo social Truth il 26 febbraio 2025.
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19 settembre 2025
Una miniera d’oro
«C’è un piano aziendale, realizzato dalle persone più professionali che ci siano, che si trova sulla scrivania del presidente Trump su come questa [la Striscia di Gaza] sia una miniera d’oro.
Non sto scherzando, ne vale la pena. Ho iniziato delle trattative con gli americani, non lo dico per scherzo perché non chiedo molto.
Abbiamo pagato un sacco di soldi per questa guerra, quindi dobbiamo capire dopo come dividere in percentuale la compravendita dei terreni di Gaza.
E adesso niente scherzi, abbiamo completato la fase di demolizione che è sempre la prima fase di un rinnovamento urbano. Ora dobbiamo ricostruire, è più economico».
Bezael Smotrich, ministro delle Finanze di Israele, dichiarazione pubblica del 17 settembre 2025
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11 settembre 2025
Angiola Rossi. Una storia lodigiana
È l’idea che fa il coraggio è un graphic novel realizzato nel 2025 per De Ferrari Editore da Gino Carosini e Marco Mastroianni, con il coordinamento degli Istituti lombardi per la storia della Resistenza (Bergamo, Como, Lodi, Milano, Pavia, Sondrio, Sesto San Giovanni, Fondazione Memoria della Deportazione - Milano) associati all’Istituto nazionale Ferruccio Parri e guidati da Elisabetta Ruffini.
È un libro che coniuga il genere del romanzo grafico con la ricerca storica e la documentazione archivistica, in particolare degli Istituti della Resistenza attivi in Lombardia, dedicato a otto donne della Resistenza lombarda, non tanto e non soltanto partigiane combattenti, ma resistenti civili a vario titolo, che con il proprio impegno hanno contribuito in modo silenzioso ma determinante alla Liberazione dal fascismo e dal nazismo, il 25 aprile di ottant’anni fa.
Angiola Rossi, lodigiana, è una delle otto protagoniste del graphic novel: compagna di Eligio Mariconti (antifascista e resistente), madre in pectore di Mario e Gianfranco (partigiano e deportato in campo di sterminio), negli anni difficili della guerra questa donna coraggiosa ha provveduto alla famiglia, mantenendola unita e solidale.
La storia di ‘Lina’ sarà presentata giovedì 18 settembre prossimo, alle 18.00, nella sala Granata presso la Biblioteca Comunale Laudense, per iniziativa di Comune di Lodi, Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (Ilsreco), Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (Aned), Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) Comitato provinciale di Lodi, con la collaborazione dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi.
Parteciperanno all’evento, coordinato da Laura Coci, Laura Tagliaferri (vicesindaca), Marco Fassino (dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi), Ercole Ongaro (storico), Elisabetta Ruffini (coordinatrice del progetto degli Istituti lombardi), Gino Carosini e Marco Mastroianni (illustratori), Ivano Mariconti (Aned), Eleonora Gaboardi (Anpi); sarà effettuata una lettura dalla biografia di Angiola Rossi a cura di Maria Teresa Demoro.
«Ecco, allora, idealmente presentate da Bianca Ceva – segretaria del Parri dal 1955 al 1971 – le storie di Angiola Rossi, Vilma Conti, Anna Papis, Irma Camero, Maria Arata, Giuseppina Modena (nota con l’appellativo di ‘Mamma Togni’), Eler Valentina Giubertoni, Clementina Oggioni; otto donne che hanno operato in altrettanti territori lombardi (Lodi, Como, Bergamo, Sondrio, Milano, Pavia, Mantova, Sesto San Giovanni), non secondo una logica di campanile ma ciascuna consapevole di agire ove il proprio intervento fosse necessario, in una visione ampia e integrata del bene collettivo, del bene che dalla propria famiglia e comunità si allarga alla popolazione tutta e all’intero paese, nel presente e nel futuro. Otto donne che nei venti mesi più angosciosi della storia dell’Italia novecentesca, con gratuita generosità, scelgono la parte del riscatto. Storie di donne riemerse dal patrimonio archivistico degli Istituti, affidate alle penne di Carosini e Mastroianni che le hanno rappresentate integrando documenti e fotografie d’epoca nelle pagine e nelle strisce che hanno realizzato. Storie poi consegnate al mondo come figlie libere di percorrere le vie che sceglieranno e di vivere allegramente, in pace; affidate ad altre donne e uomini, giovani che apprendano con curiosità e anziani che ricordino con commozione, serbandone memoria» (dalla presentazione di Laura Coci ed Elisabetta Ruffini).
Per la sua valenza storica, l’evento rappresenta un’opportunità formativa per le e i docenti che vi prenderanno parte, ai quali sarà rilasciato un attestato di partecipazione.
A sinistra, la scia di fuoco del presunto drone che ha colpito un’imbarcazione della Global Sumud Flotilla nella notte tra il 9 e il 10 settembre; a destra, i resti dell’ordigno sganciato sull’imbarcazione (FanPage)
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10 settembre 2025
Dalla parte giusta della storia
Ieri, martedì 9 settembre, Israele ha bombardato Doha, capitale del Qatar, attaccando l’edificio ove era riunito o stava per riunirsi il comitato direttivo di Hamas per discutere dell’accordo di tregua a Gaza, convocato dopo il «sì» dello stato ebraico al medesimo accordo. Il governo di Netanyahu fa ciò che vuole, in spregio al diritto internazionale, agli ostaggi, alla popolazione civile palestinese.
Ancora, nella notte tra ieri e oggi, la Russia ha sorvolato con propri droni, poi abbattuti, lo spazio aereo della Polonia, forse per errore, forse no, e ha continuato a bombardare città e villaggi dell’Ucraina.
Un secondo attacco nel giro di due giorni ha colpito una seconda nave della Global Sumud Flotilla, alla fonda nel porto tunisino di Sidi Bou Said. «Le prove video suggeriscono che un drone, privo di luce e quindi non visibile, abbia sganciato un dispositivo che ha incendiato il ponte della barca Alma. – ha commentato la diplomatica Francesca Albanese – Fonti esperte suggeriscono che si trattasse di una granata incendiaria avvolta in materiali plastici immersi nel carburante, che avrebbe potuto incendiarsi prima di atterrare sulla nave».
Opporsi al genocidio in corso a Gaza con le armi della non violenza è possibile: lo dimostra la Spagna, che lunedì ha approvato un pacchetto di nove sanzioni contro il governo di Israele, la principale delle quali è l’arresto della compravendita di armi. L’intento dichiarato da Pedro Sanchez è quello di «contrastare l’occupazione, porre fine allo sfollamento forzato della popolazione palestinese e mantenere viva la soluzione dei due stati» e di «far sì che l’opinione pubblica spagnola sappia che il suo paese, di fronte a questo episodio infame, è dalla parte giusta della storia».
(da sinistra) L’attore palestinese Amer Hlehel, l’attrice giordano-canadese Saja Kilani, la regista tunisina Kaouther Ben Hania, l’attore palestinese Motaz Malhees e l’attrice palestinese-israeliana Clara Khoury mostrano una foto di Hind Rajab al loro arrivo per la prima di The Voice of Hind Rajab durante l’82a Mostra del Cinema di Venezia il 3 settembre 2025
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8 settembre 2025
Buon vento!
Ieri, domenica, le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla salpate da Barcellona hanno raggiunto quelle all’ancora nel porto di Sidi Bou Said, in Tunisia; a queste si uniranno altre imbarcazioni salpate da Genova e Catania per fare insieme rotta su Gaza, navigando in acque internazionali, in un’azione di resistenza civile che ha l’obiettivo di rompere la complicità del silenzio sul genocidio.
L’esercito israeliano si prepara a bloccare le imbarcazioni (e non potrebbe farlo, in acque internazionali), e a questo fine ha già diffuso intimidazioni e video dimostrativi.
Ma, se le naviganti e i naviganti portatori di pace saranno internati in carcere dal governo israeliano, dal porto di Genova – dal quale ogni anno partono migliaia di container verso Israele – non uscirà «un chiodo», promette il Collettivo autonomo dei portuali della città ligure. Non una minaccia, ma un’affermazione di Resistenza.
Intanto, nella sera di sabato, a conclusione della Mostra del cinema di Venezia, il film della regista tunisina Kaouther ben Hania La voce di Hind Rajab – ricostruzione della tragica fine di una bambina di sei anni uccisa a Gaza dai militari israeliani il 29 gennaio 2024 – è stato premiato con il Leone d’argento. Al termine della proiezione il pubblico lo aveva premiato con una standing ovation di ventiquattro minuti.
Il patriarca greco Teofilo III e il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, a Gaza (Vatican News)
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28 agosto 2025
Resistenze
Il 26 agosto il patriarca greco ortodosso, Teofilo III, e il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, in una dichiarazione congiunta hanno dichiarato che i sacerdoti e le suore della Chiesa della Sacra Famiglia e di quella greco ortodossa di San Porfirio, a Gaza, «hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che si troveranno nei due complessi», a fronte della decisione del governo israeliano «di prendere il pieno controllo della città di Gaza». Per i civili rifugiati nelle chiese di San Porfirio e della Sacra Famiglia, indeboliti e malnutriti, «cercare di fuggire verso sud equivarrebbe a una condanna a morte».
Il 31 agosto, da Barcellona e da Genova, e il 4 settembre, da Tunisi e dalla Sicilia, salperà verso Gaza, navigando in acque internazionali, la Global Sumud Flotilla, un centinaio di imbarcazioni che tenteranno di raggiungere Gaza in un’azione di resistenza civile (samud in arabo significa ‘resistenza ferma’) e di solidarietà non violenta. A bordo vi saranno centinaia di persone di lingua, età, religione diverse, accomunate da un unico obiettivo: giustizia e libertà per Gaza.
Sul fronte opposto, i governi europei da quasi due anni continuano a tacere (nel 2024 l’italiana Leonardo ha venduto armi a Israele per 7 milioni di euro, e ha continuato a farlo nel 2025, rifiutando però di rendere nota l’entità del traffico), esercitando dunque un doppio standard: gli stessi stati che hanno imposto imposto dure sanzioni economiche in Iraq e in Libia per la protezione dei civili, che hanno agito contro le violazioni del diritto internazionale da parte della Russia nell’invasione dell’Ucraina, non hanno sanzionato in alcun modo concreto i crimini di guerra compiuti da Israele, che anzi hanno continuato a rifornire e sostenere, limitandosi a dichiarazioni puramente formali. Come scrive Meera Sabaratnam, docente in relazioni internazionale all’Università di Oxford, «senza questa cornice imperiale di tolleranza e sostegno, quel progetto coloniale [del governo israeliano] non potrebbe essere tanto ambizioso e implacabile». E ancora, riguardo al genocidio del popolo palestinese: «In un mondo che si proclama impegnato nei diritti umani e nell’uguaglianza, è evidente che alcuni vengono considerati molto più umani di altri».
Fotogramma dal film Valzer con Bashir, di Ari Folman (2008)
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16 agosto 2025
Una «missione storica e spirituale»
È quella annunciata dal leader israeliano Benjamin Netanyahu: espellere tutta la popolazione civile palestinese da Gaza, distruggendo e spianando le macerie per ricostruire e reinsediare la Striscia etnicamente ripulita. Mentre il governo prepara la deportazione dei palestinesi in paesi terzi, la società civile israeliana si prepara allo sciopero indetto domenica 17 agosto per protestare contro l’occupazione totale dei Gaza.
Scrive lo storico Ercole Ongaro: «Passo dopo passo Israele è sceso nell’abisso del genocidio. A riconoscerlo sono non soltanto i principali esperti di genocidio a livello mondiale, ma anche autorevoli ebrei della diaspora e qualificate organizzazioni israeliane per i diritti umani, quali Physicians for Human Rights e B’Tselem che ha intitolato il proprio rapporto Il nostro genocidio. È sconvolgente che a macchiarsi di tale infamia sia il popolo che ottanta anni fa veniva riconosciuto vittima di un abominevole genocidio perpetrato dalla macchina di dominio e di morte del nazismo».
continua a leggere l’approfondimento di Ercole Ongaro Nell’abisso del genocidio
Il monumento commemorativo delle vittime delle stragi di Marzabotto, Grizzana, Monzuno nel Parco storico di Monte Sole
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14 agosto 2025
Una preghiera per la pace
Oggi 14 agosto, alle 15.00, dai ruderi della chiesa di Santa Maria Assunta a Casaglia, nel Parco regionale storico di Monte Sole, a Marzabotto, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, eleverà una «preghiera per la pace in nome delle vittime innocenti in Terra Santa», leggendo i nomi di bambine e bambini israeliani e palestinesi uccisi il 7 ottobre 2023 e nella Striscia di Gaza in oltre ventidue mesi di guerra.
Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 reparti tedeschi, appartenenti essenzialmente alla 16a divisione granatieri “Reichsführer-SS”, massacrarono quasi 800 persone, per la massima parte donne e bambini, nel quadro di un’operazione antipartigiana di “bonifica” del territorio immediatamente a ridosso della prima linea del fronte. È la sommatoria di una serie di singoli episodi di violenza assassina contro civili inermi che si consumarono in 115 località diverse, distribuite nel territorio dei tre comuni di Marzabotto, Grizzana, Monzuno e disseminate in una zona delimitata dalle valli del Setta a est, del Reno a ovest, e sovrastata dalle alture di Monte Sole a nord e Monte Salvaro a sud.
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10 agosto 2025
Guerra alle donne
Pete Hegseth, segretario alla Difesa del governo statunitense, ha condiviso sul social X un video su Doug Wilson e sulla Comunione delle Chiese Evangeliche Riformate, nel quale diversi pastori della confessione sostengono l’abrogazione del diritto di voto alle donne e alcuni fedeli affermano che queste ultime dovrebbero “sottomettersi” ai loro mariti.
Esternazioni di integralisti? Nel romanzo Il futuro di un altro tempo (2019), Annalee Newitz immagina una guerra revisionista accesa dai sostenitori del suprematismo maschile bianco per azzerare i diritti conquistati al prezzo di lotte e sacrifici dalle donne, una guerra che dia vita a una nuova linea temporale creando la peggiore realtà possibile per le donne stesse e per altre soggettività. «Non c’è mai fine alla guerra revisionista, – scrive Newitz – e non possiamo mai cantare vittoria». Meglio non abbassare la guardia: non si sa mai.
https://www.flashgiovani.it/associazione_familiari_vittime_2_agosto
2 agosto 2025
Adesso si sa tutto
«Finalmente da oggi non si può più dire che delle stragi non si sa niente, adesso si sa tutto. La verità è stata comprovata senza problemi»: è il commento di Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, il più sanguinoso eccidio della storia repubblicana (85 morti e oltre 200 feriti), all’indomani della conferma dell’ergastolo comminato a Paolo Bellini, il 1° luglio scorso, a ormai quarantacinque anni di distanza da quel 2 agosto 1980.
Il capitolo giudiziario su Paolo Bellini, 72 anni, ex parà, ex Avanguardia Nazionale, ex informatore dei servizi, ex collaboratore di giustizia, già riconosciuto colpevole dell’omicidio del militante di Lotta Continua Alceste Campanile, ma prosciolto per prescrizione, si chiude così; altre sentenze nell’arco di trent’anni, hanno riconosciuto le responsabilità dei Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini.
Definitive anche le condanne del carabiniere Piergiorgio Segatel (sei anni per frode in processo penale) e dell’ex amministratore di condominio in via Gradoli a Roma Domenico Catracchia (quattro anni per false informazioni al pubblico ministero): due degli artefici dei numerosi depistaggi che hanno interessato la strage.
Nelle sentenze sono individuati anche i mandanti, i finanziatori e gli organizzatori (i piduisti Licio Gelli e Umberto Ortolani, il superpoliziotto Federico Umberto D’Amato e il senatore di Alleanza Nazionale Mario Tedeschi), tutti morti prima di essere processati.
«L’esito di oggi è una pagina importante, storica nella giustizia italiana, si arriva dopo quarantacinque anni in via definitiva a comprendere chi finanziò, organizzò e aiutò i terroristi, autori della strage alla stazione ferroviaria di Bologna. – commenta l’avvocato Andrea Speranzoni – La sentenza della sesta sezione della Suprema Corte respinge i ricorsi, conferma le condanne dei tre imputati, primo fra tutti Paolo Bellini, uomo di Avanguardia Nazionale che compartecipò assieme ai Nar e a Terza posizione all’attentato del 2 agosto 1980. Il processo e la sua definitività fanno anche emergere ruoli inquietanti di vertici di apparati dello Stato italiano che coadiuvarono i terroristi, depistarono le indagini e finanziarono l’operazione terroristica più grave della storia giudiziaria della storia criminale italiana. Il pensiero va alle 85 vittime, ai feriti e a tutti coloro che non si sono mai arresi e che hanno continuato a cercare contro tutto e contro tutti la verità sui fatti del 2 agosto 1980».
Truppe della Brigata Nahal delle Israel Defense Forces in azione nella Striscia di Gaza, 5 giugno 2025 (IDF)
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30 luglio 2025
Non in nostro nome
Sono sempre più numerose le voci israeliane che si levano contro il genocidio in atto a Gaza.
Tra queste, due autorevoli Ong israeliane, B’Tselem e Physicians for Human Rights (Phri): «Il genocidio si verifica sempre in un contesto. – scrive B’Tselem – Ci sono condizioni che lo rendono possibile, eventi scatenanti e un’ideologia guida. L’attuale attacco al popolo palestinese deve essere compreso nel contesto di oltre settant’anni in cui Israele ha imposto un regime violento e discriminatorio ai palestinesi. Sin dalla nascita dello Stato di Israele, il regime di apartheid e occupazione ha istituzionalizzato e impiegato sistematicamente meccanismi di controllo violento, ingegneria demografica, discriminazione e frammentazione della collettività palestinese. Queste basi poste dal regime sono ciò che ha reso possibile il lancio di un attacco genocida subito dopo l’attacco guidato da Hamas del 7 ottobre 2023».
Cinque rettori dell’Università Ebraica, del Technion, dell’Università di Tel Aviv, dell’Open University e del Weizmann Institute nei giorni scorsi hanno inviato una lettera a Benjamin Netanyahu nella quale si legge: «Come popolo vittima dell’orribile Olocausto in Europa, abbiamo il dovere speciale di agire utilizzando tutte le misure disponibili per evitare e scongiurare danni crudeli e indiscriminati a uomini, donne e bambini innocenti».
Iniziano a registrarsi anche casi di dissenso nelle forze armate israeliane: quattro soldati del 931° battaglione Nahal sono stati congedati dopo essersi rifiutati di rientrare a Gaza; tre sono stati condannati a qualche giorno di carcere, il quarto è in attesa di giudizio. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, sono quarantadue i militari che si sono tolti la vita dall’inizio della guerra.
I coniugi Eva e Victor Klemperer, fotografati nel dopoguerra. Klemperer, docente universitario di origine ebraica, sfugge allo sterminio grazie alla moglie ‘ariana’, che eroicamente resiste a ogni genere di pressioni perché si separi dal marito
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23 luglio 2025
Lingua Tertii Imperii
Da giorni il governo israeliano, nelle persone del premier Benjamin Netanyahu e del ministro della difesa Israel Katz, esprime la volontà di costruire una «città umanitaria» nella Striscia di Gaza: un’area nel distretto di Rafah all’interno della quale circa 600.000 palestinesi dovranno essere «concentrati» in tende e ricevere «aiuti umanitari». Contestualmente sarà attivato un «meccanismo per favorire l’emigrazione dalla striscia di Gaza». Le persone che si trasferiranno in questa «città umanitaria» verranno esaminate e schedate; successivamente verrà loro vietato di uscirne, a meno che non vogliano emigrare «volontariamente».
Oltre queste parole, ci sono realtà ben diverse, che rinviano ai concetti di campo di concentramento e di evacuazione forzata, che appartengono alla storia del Novecento e che ancora non sono stati superati.
Il ministro Katz, figlio di sopravvissuto allo sterminio ebraico, non è il primo a utilizzare un linguaggio a un tempo eufemistico e tecnico, mediante il quale le cose non sono chiamate con il loro nome, ma dissimulate con l’effetto di anestetizzare le coscienze e rendere possibile l’inaccettabile. Come ha dimostrato il filologo Victor Kemplerer, nel volume LTI [Lingua Tertii Imperii]. La lingua del Terzo Reich (1947), durante il nazismo l’«arresto preventivo» elimina ogni garanzia del diritto, il «servizio di sicurezza» ha delega assoluta in nome dello stato, la «soluzione finale» è la formula asettica con cui si designa la volontà di assassinare le persone appartenenti alla cosiddetta ‘razza ebraica’; ancora, «liquidare» significa eliminare fisicamente, «selezione ed emigrazione» equivale a deportazione nei campi di concentramento e sterminio, «esperimenti scientifici» sono quelli di Joseph Mengele e consimili criminali.
Un’amara legge del contrappasso.
La chiesa della Sacra famiglia a Gaza, dopo il bombardamento israeliano che ne ha fatto crollare il tetto (ansa)
18 luglio 2025
Colpire la fede
Ieri mattina, 17 luglio, un carro armato israeliano ha colpito la chiesa della Sacra famiglia a Gaza (l’unica cattolica della Striscia), uccidendo tre persone e ferendone altre, tra queste padre Gabriele Romanelli, con cui papa Francesco era costantemente in contatto, dal 7 ottobre fino a pochi giorni prima della morte. Il complesso ospitava circa cinquecento persone rifugiate, palestinesi cattolici e ortodossi.
A dispetto delle dichiarazioni del governo israeliano, non è la prima volta che l’esercito di Tel Aviv colpisce luoghi sacri.
Nell’ottobre 2023 la chiesa greco-ortodossa di San Porfirio, che ospitava centinaia di sfollati nel sud della Striscia, è stata bombardata: il bilancio fu allora di diciotto morti, tra cui diversi bambini. La chiesa bizantina di Jabaliya, riaperta nel 2022 dopo un restauro durato tre anni, è stata quasi completamente distrutta nel dicembre dello stesso anno.
Secondo le autorità di Gaza, Israele ha abbattuto circa il 79% delle moschee della Striscia.
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Il murale di Harry Greb dedicato a Francesca Albanese apparso a Roma, in Trastevere
15 luglio 2025
Complici
Nel 2001 suscita clamore e sconcerto la pubblicazione del libro L’IBM e l’olocausto. I rapporti fra il Terzo Reich e una grande azienda americana di Edwin Black (Rizzoli). Lo storico documenta infatti come IBM abbia fornito la tecnologia delle schede perforate che facilitò l’identificazione delle persone appartenenti alla cosiddetta razza ebraica e il loro sterminio e abbia coperto le attività della controllata tedesca IBM Dehomag, rendendosi di fatto complice della Shoah.
Nel 2025, Francesca Albanese, Relatrice speciale Onu per la situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, è accusata dal governo israeliano di antisemitismo (come del resto tutti i Relatori che l’hanno preceduta) e sottoposta a sanzioni dagli Stati Uniti per aver documentato nel suo ultimo rapporto la complicità di migliaia di aziende di tutto il mondo nei crimini israeliani. Albanese, che riceve ora molteplici attestazioni di solidarietà da parte della società civile e del mondo della cultura, sabato scorso ha dichiarato: «Stare uniti contro gli abusi è fondamentale, e ancor più fondamentale fermare il genocidio. Insieme possiamo».
In una intervista che la Relatrice ONU ha rilasciato al manifesto e che è stata pubblicata il 2 luglio scorso si legge: «Senza le imprese che trasferiscono armi, Israele non può tenere sotto scacco i palestinesi e non può continuare a trarre profitto dal perfezionamento e la vendita di armi. Lo sviluppo di armamenti e tecnologie si fermerebbe senza la cooperazione e la legittimità che arriva dalle università e dai centri ricerche, come il nostro Cnr che ha una serie di partnership con l’industria dell’agrobusiness, ad esempio. Non funzionerebbe senza i fondi europei elargiti alle compagnie israeliane».
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Ratko Mladić, allora generale serbo-bosniaco, circondato da Caschi, blu, durante gli eventi che portarono al genocidio di Srebrenica l’11 luglio 1995
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11 luglio 2025
Srebrenica, un genocidio
Nel corso della guerra nella ex Jugoslavia, a partire dal 1993, l’enclave bosniaco musulmana di Srebrenica diviene area protetta da un contingente olandese di Caschi blu dell’Onu.
Quando l’11 luglio 1995, trent’anni fa, le milizie serbo-bosniache di Ratko Mladić entrano in città, diversi Caschi blu sono già fuggiti, altri decidono di collaborare alla separazione di uomini e donne. I soldati olandesi saranno poi accusati di aver violentato giovani prigioniere bosniache e di essere corresponsabili del massacro di oltre ottomila ragazzi e uomini bosniaci musulmani (8.732 sono i nomi presenti nella Lista preliminare delle persone scomparse o uccise a Srebrenica).
Una sentenza della Corte internazionale di giustizia (2007) e altre del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia hanno stabilito che il massacro, commesso con lo specifico intento di distruggere il gruppo etnico dei bosniaci musulmani, costituisce un genocidio. Fino ad allora si era parlato di “pulizia etnica”.
Il 23 maggio 2024 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato l’11 luglio Giornata internazionale di riflessione e commemorazione del genocidio di Srebrenica.
Il punto non è però stabilire a posteriori se un massacro sia stato o meno un genocidio: il punto è prevenirlo.
La segretaria alla sicurezza degli Stati Uniti, Kristi Noem, ripresa durante il video propagandistico nella prigione di Cecot, il 16 marzo 2025
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11 luglio 2025
Come dèi fra gli uomini*
Nel giorno dell’Independence Day (il 4 luglio) diviene esecutivo negli Stati Uniti il cosiddetto Big Beautiful Bill, la legge che taglia le tasse ai super-ricchi, aumenta le risorse per la «grande deportazione» di lavoratori immigrati, riduce l’assistenza sanitaria e alimentare per le fasce più povere della popolazione.
Dunque, non solo i ricchi si mostrano riluttanti a contribuire al bene comune, ma pongono in atto una guerra feroce contro i poveri, derisi, marginalizzati, espulsi, in una parola deumanizzati.
Esemplare a riguardo il video propagandistico del 16 marzo scorso che mostra Kristi Noem, segretaria alla sicurezza degli Stati Uniti, davanti a una delle celle del carcere di Cecot (El Salvador), ove centinaia di cosiddetti migranti illegali sono stati deportati illegalmente per volontà dell’amministrazione Trump.
«Se non ve ne andrete, vi daremo la caccia, vi arresteremo e vi metteremo in questo carcere salvadoregno» ha dichiarato Noem, esibendo al polso un orologio da diverse decine di migliaia di dollari. Come ha sottolineato il giornalista Jeff Sharlet nella sua newsletter Scenes from a Slow Civil War, il video è pura «pornografia della crudeltà».
Disuguaglianza: povertà ingiusta e ricchezza immeritata è il titolo del rapporto Oxfam 2025, presentato in occasione dell’apertura del meeting annuale del World Economic Forum che si svolge a Davos in gennaio.
Il rapporto presenta un’analisi sullo stato delle disuguaglianze economiche e sociali nel mondo e in Italia ed evidenzia «come la crescita della concentrazione della ricchezza non sia in molti casi frutto di merito, ma è ascrivibile a un sistema economico “estrattivo” e come l’acuirsi dei divari economici e sociali sia il risultato di scelte politiche, come nel caso italiano, che vanno caratterizzandosi più per il riconoscimento e la premialità di contesti ed individui che sono già avvantaggiati, che per una lotta determinata contro meccanismi iniqui ed inefficienti che accentuano le divergenze nelle traiettorie di benessere dei cittadini».
Ed evidenzia una «simmetria perversa»: il 44% della popolazione mondiale vive con meno di 6,85 dollari al giorno, una delle soglie di povertà monitorate dalla Banca Mondiale; allo stesso tempo, l’1% più ricco al mondo possiede quasi la stessa proporzione – il 45% – della ricchezza del pianeta.
* Come dèi fra gli uomini. Una storia dei ricchi in Occidente è il titolo di un libro di Guido Alfano edito da Laterza nel 2024. L’espressione si riferisce all’esclusione dei ricchi dalle istituzioni politiche nel Medioevo: se questi avessero potuto accedervi, secondo alcuni commentatori medievali, si sarebbero comportati di fatto «come dèi tra gli uomini».
https://www.alexanderlanger.org/
3 luglio 2025
Lentius, profundius, suavius
Il 3 luglio 1995, trent’anni fa, Alexander Langer poneva fine alla sua vita, sopraffatto dal senso di impotenza per il genocidio in atto nel «mondo ex» che ebbe nome Jugoslavia.
Al motto olimpico Citius, Altius, Fortius, Langer opponeva Lentius, Profundius, Suavius, più lentamente, più in profondità, più dolcemente: «Con questo motto – aveva detto ad Assisi nel 1994 – non si vince nessuna battaglia frontale, però forse si ha il fiato più lungo».
A trent’anni di distanza, le parole del «viaggiatore leggero» sono più che mai attuali: la giustizia climatica, la convivenza possibile (anzi, necessaria), la pace come unica scelta. Parole che risuonano profetiche in questo tempo di catastrofe ambientale, di genocidio in Palestina, di corsa al riarmo.
«Non siate tristi – scrisse prima di andarsene – continuate in ciò che era giusto». Continuiamo in ciò che è giusto.
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Ralph Fiennes nel ruolo di Amon Göth in Schlinder’s List di Steven Spielberg (1993). Göth, ufficiale delle SS e comandante del campo di concentramento di Płaszów, uccise personalmente oltre cinquecento internati, sparando loro con un fucile di precisione dal balcone della sua casa, posta di fronte al campo
27 giugno 2025
Gaza è un campo di sterminio
Un’inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz pubblicata oggi rivela come le uccisioni di civili palestinesi fuori dai centri di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation siano premeditate.
Ufficiali e soldati hanno raccontato che nell’ultimo mese l’esercito ha deliberatamente sparato a persone in attesa di ricevere pacchi umanitari: l’ordine dato dai comandati è infatti quello di sparare sulla folla anche se non costituisce una minaccia.
Si calcola che i palestinesi uccisi in questo modo siano oltre cinquecento, mentre il numero totale delle vittime nelle Striscia ha ormai superato le 56.000, nell’inazione e nell’indifferenza dell’Unione Europea, che, ancora ieri, ha rinviato ogni decisione sulla sospensione dell’accordo di associazione con Israele.
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Alfred Kubin, The Torch of War, 1914
22 giugno 2025
Guerra
«La storia è la nostra unica nave per solcare il fiume del tempo, eppure, nelle rapide violente e nelle secche ventose, nessuna imbarcazione è al sicuro».
Ursula K. Le Guin, Una storia alternativa o un pescatore del Mare Interno, 1994
Attivisti della Global March to Gaza in partenza dalla Tunisia (Tunisia Land Convoy)
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13 giugno 2025
Dal basso
La Global March to Gaza è partita alcuni giorni fa dall’Algeria, ha attraversato Tunisia, Libia ed Egitto con l’intento di arrivare al valico di Rafah il 15 giugno 2025. Si tratta di una grande marcia pacifica della società civile, totalmente autofinanziata da ciascuno dei partecipanti, organizzata e gestita esclusivamente dal mondo dell’attivismo, per chiedere la fine della guerra e del genocidio del popolo palestinese. Vi partecipano diverse migliaia di persone.
Nonostante le iniziali rassicurazioni da parte dell’Egitto, ieri, 12 giugno, decine di attivisti di diversi paesi, tra cui l’Italia, sono stati arrestati nei loro hotel o respinti agli aeroporti e rimpatriati, «per motivi di sicurezza»: in realtà, il governo egiziano si è piegato all’imposizione di quello israeliano, che ha definito la marcia per la pace «una provocazione» e le persone confluite al Cairo «manifestanti jihadisti».
La marcia verso Gaza di cittadine e cittadini israeliani, ebrei e arabi (Ansa)
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9 giugno 2025
Prove di Resistenza
Nella notte tra domenica 8 e lunedì 9 giugno la nave umanitaria Madleen, noleggiata dall’organizzazione Freedom Flotilla Coalition per portare aiuti alla popolazione palestinese della Striscia di Gaza, con a bordo dodici attivisti per la pace, è stata sequestrata dall’esercito israeliano in acque internazionali, in violazione del diritto internazionale e del diritto umanitario; l’equipaggio è stato tradotto nelle carceri israeliane.
Venerdì 6 giugno, oltre duemila cittadine e cittadini israeliani, ebrei e arabi, hanno marciato verso Gaza per protestare contro l’annientamento del popolo palestinese e «contro la fame, l’uccisione dei bambini e contro il nostro governo», ha dichiarato Aloon-Lee Green, attivista per la pace alla testa del gruppo.
Lo stesso venerdì 6 giugno, al porto di Genova, portuali e attivisti hanno effettuato un presidio per verificare che la nave Contahip Era, proveniente da Marsiglia, fosse effettivamente vuota: in Francia, l’azione dei portuali marsigliesi, in coordinamento con quelli italiani, era riuscita a evitare «che la nave fosse caricata con quattordici tonnellate di nastri per mitragliatrici destinate a Israele», hanno spiegato gli organizzatori del presidio.
Dire ‘no’ alla guerra è possibile, sempre.
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4 giugno 2025
Viva l’Italia repubblicana!
«[…] Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».
Piero Calamandrei, Discorso agli studenti milanesi, 26 gennaio 1955
«[... Il] 2 giugno […] si celebra la nascita della nostra Repubblica, frutto di una scelta di pace, di libertà, di indipendenza, all'insegna del ripudio della violenza tra le nazioni.
Da quel voto del popolo italiano è emersa la nostra Costituzione, “ambiziosa” nell’identificare nella pace e nella collaborazione la vocazione della Repubblica nei rapporti internazionali. Una scelta che il percorso di integrazione europea ha rafforzato e consolidato.
Il rifiuto della categoria del “nemico”, la vocazione al dialogo, il ripudio della guerra quale strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, la promozione di organizzazioni internazionali rivolte a pace e giustizia, hanno contrassegnato e contrassegnano le scelte della Repubblica Italiana in questi 79 anni di vita».
Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Concerto in onore del Corpo Diplomatico accreditato presso lo Stato italiano in occasione della Festa della Repubblica, 1° giugno 2025
Leggi il testo dell'azione scenica di Ercole Ongaro Dove è nata la nostra Costituzione
Torino, piazza San Carlo, 31 maggio: un vigile del fuoco sventola la bandiera della Palestina prima di rimuoverla, come gli è stato ordinato, dal monumento equestre a Emanuele Filiberto
1° giugno 2025
Per Gaza, per la Palestina
«…non c’è un solo modo per obbedire, non c’è mai un vicolo cieco per la libertà, c’è sempre un attimo in cui si può scegliere senza far del male a nessuno ma invece arrecando un bene incommensurabile» (Valeria Parrella).
«Manca ormai soltanto una sentenza della Corte internazionale di giustizia per sancire se il massacro di vite palestinesi e la distruzione di abitazioni, moschee, ospedali, scuole, biblioteche, archivi, strade, sorgenti, campi coltivati, siano stati un genocidio. La coscienza civile dei popoli ha già acquisito consapevolezza che quanto avvenuto negli ultimi venti mesi nella Striscia di Gaza - e continua ad avvenire - è una tragedia inenarrabile non soltanto per le dimensioni della devastazione del territorio e delle vite dei suoi abitanti, ma per il fatto che tutto questo si è compiuto sotto il nostro sguardo, a portata di un clic sui nostri computer. Come cittadini ci siamo sentiti impotenti, ma non indifferenti. ...».
Continua a leggere l’approfondimento di Ercole Ongaro pubblicato sul Cittadino giovedì 29 maggio 2025
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28 maggio 2025
È l’idea che fa il coraggio...
...è un graphic novel realizzato per De Ferrari Editore da Gino Carosini e Marco Mastroianni, con il coordinamento degli Istituti lombardi per la storia della Resistenza (Bergamo, Como, Lodi, Milano, Pavia, Sondrio, Sesto San Giovanni, Fondazione Memoria della Deportazione - Milano) associati all’Istituto nazionale Ferruccio Parri.
È un libro che coniuga il genere del romanzo grafico con la ricerca storica e la documentazione archivistica, in particolare degli Istituti della Resistenza attivi in Lombardia, dedicato a otto donne della Resistenza lombarda, non tanto e non soltanto partigiane combattenti, ma resistenti civili a vario titolo, che con il proprio impegno hanno contribuito in modo silenzioso ma determinante alla Liberazione dal fascismo e dal nazismo, il 25 aprile di ottant’anni fa.
Leggi la bella recensione di Andrea Cattaneo sul Cittadino di giovedì 22 maggio 2025
Favignana, 1991
25 maggio 2025
Per Sebastião Salgado
«Attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica si è battuto senza tregua per un mondo più giusto, più umano e più ecologico»: così la famiglia di Sebastião Salgado ha ricordato il grande fotografo brasiliano morto il 23 maggio scorso a Parigi.
La foresta amazzonica e i dannati della terra, le grandi migrazioni umane e la bellezza del pianeta: questi i temi della sua fotografia.
Sebastião Salgado, Ilsreco ti ricorda e ti saluta.
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I parenti piangono i corpi di tre membri delle famiglie Jalis e Al-Sharbasi, uccisi in un attacco aereo israeliano a Gaza City (Jehad Alshrafi/Ap)
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23 maggio 2025
Un sudario per Gaza
Un sudario per Gaza: è la mobilitazione lanciata da Paola Caridi e Tomaso Montanari per il 24 maggio, per non dimenticare il genocidio in Palestina. L’obiettivo è riempire piazze, strade, finestre con 50.000 teli bianchi, come i civili che hanno perso la vita nella Striscia di Gaza. Ecco il testo di Caridi e Montanari.
«Teli bianchi. Sudari. Avvolgono, a Gaza, i corpi dei palestinesi morti ammazzati, e sono così diventati simbolo della strage. Sono, cioè, gli oggetti comuni del nostro tempo crudele. Tempo di genocidio.
Il sudario ricopre, sottrae alla vista del mondo il corpo di cui è stato fatto scempio. Avvolgere nel sudario è un gesto estremo di cura, di pietas. Protegge la dignità degli esseri umani quando le vite non valgono più niente, nella conta approssimativa dei morti.
Come si fa a piangere, onorare la memoria, dei morti di Gaza in quasi 600 giorni di assedio? Come si fa a piangerli uno per uno?
Proviamo a farlo, in silenzio, sabato 24 maggio: in ogni città, paese, contrada d’Italia. Riempiamo piazze, strade, finestre di lenzuoli bianchi a ricoprire il selciato e le facciate di edifici privati e pubblici.
Vorremmo che tutti insieme, in tutta Italia, arrivassero al numero tragico dei 50.000 di Gaza. Tutti insieme saranno i corpi che il mondo non vuole vedere».
Valico di Rafah, aiuti umanitari per il popolo palestinese bloccati dall’esercito israeliano
20 maggio 2025
L’Europa non muoia a Gaza
L’Unione Europea, al termine del Consiglio Affari esteri di oggi, si è pronunciata con «una forte maggioranza a favore» per fare pressione su Israele a fronte della situazione «catastrofica» a Gaza attraverso la revisione dell’accordo di associazione UE-Israele.
L’accordo, che data al 1995, costituisce la base giuridica delle relazioni tra Bruxelles e Tel Aviv, incluso commercio e diplomazia. Nello specifico l’articolo 2 afferma che «le relazioni tra le parti, nonché tutte le disposizioni dell’accordo stesso, devono essere basate sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici».
Un articolo che Israele avrebbe violato in modo palese, come dimostrano la crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, il blocco degli aiuti da oltre due mesi e i continui bombardamenti dell’esercito israeliano.
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13 maggio 2025
Mauthausen, a ottant'anni dalla liberazione dell'ultimo lager
Si fermi il massacro di Gaza.
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9 maggio 2025
L’ultimo giorno di Gaza
Nel giorno della nascita dell'Europa, a ottant’anni dalla vittoria su nazismo e fascismo, con il popolo palestinese, per far sentire la nostra voce contro il genocidio.
Il silenzio è complice, il tempo per «una pace disarmata e disarmante» è ora.
L’iniziativa dal basso L’ultimo giorno di Gaza è promossa da un gruppo di intellettuali italiani e italiane. Ecco un passo dell'appello:
«Senza il mondo Gaza muore. Ed è altrettanto vero che senza Gaza siamo noi a morire. Noi, italiani, europei, umani. Per ripudiare l’Europa delle guerre antiche e contemporanee, per proteggere l’Europa di pace nata da un conflitto mondiale, esiste un solo modo: proteggere le regole, il diritto, e la giustizia internazionale. E soprattutto guardarci negli occhi, e guardarci come la sola cosa che siamo. Umani».
#ultimogiornodigaza #gazalastday
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7 maggio 2025
Vittime sacrificabili
Sono sacrificabili i morti sul lavoro, morti di insicurezza sul lavoro. Due morti martedì, tre lunedì: Endrit Ademi, 24 anni, a Milano, caduto da un trabattello da un’altezza di dodici metri; Roberto Vitale, 62 anni, a Carpiano, investito da una motrice; Raffaele Galano, 58 anni, a Brendola, risucchiato da un macchinario; Stefano Alborino, 47 anni, a Frattamaggiore, caduto da un’impalcatura durante una ristrutturazione; Vincenzo Solimando, 47 anni, a Paliano, folgorato da una scossa elettrica su un impianto fotovoltaico.
Uccisi in nome del profitto, prioritario rispetto alla vita delle persone.
L’Osservatorio indipendente di Bologna al 31 marzo ha registrato 256 vittime sui soli luoghi di lavoro, il 43% in più di quelli ufficiali. Al 6 maggio, compresi quelli in itinere, i morti sono 456, quasi 4 al giorno.
Ascolta La costruzione (Chico Buarque de Hollanda, Enzo Jannacci), 1977
Nella notte tra martedì 29 e mercoledì 30 aprile la Rete degli studenti medi del Lazio ha rinominato alcune vie di Roma dedicandole alle vittime del lavoro. «Nel nostro Paese sono morte più di 25 mila persone dal 2005 a oggi sul proprio posto di lavoro. Questo non è accettabile in uno stato democratico: abbiamo bisogno di cambiare il mondo del lavoro. Per questo abbiamo scelto di rinominare queste vie, perché dobbiamo rompere il silenzio».
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1° maggio 2025
Lavoro che uccide, lavoro che affama
Dall’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la visita all’azienda BSP Pharmaceuticals s.p.a. di Latina in occasione della celebrazione della Festa del Lavoro, il 29 aprile scorso.
«L’Organizzazione internazionale del lavoro dedica, ogni anno, il 28 aprile, alla Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Tema questo fondamentale di civiltà.
Quella delle morti del lavoro è una piaga che non accenna ad arrestarsi e che, nel nostro Paese ha già mietuto, in questi primi mesi, centinaia di vite, con altrettante famiglie consegnate alla disperazione.
Non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione.
[...]
Permangono, d’altro lato, aspetti di preoccupazione sui livelli salariali, come segnalano i dati statistici e anche l’ultimo Rapporto mondiale 2024-2025 dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
Quel documento nota che l’Italia “si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008”, nonostante l’avvenuta ripresa a partire dal 2024. Questo mentre, a partire dal 2022, la produttività è cresciuta.
Sappiamo tutti come le questioni salariali siano fondamentali per ridurre le disuguaglianze, per un equo godimento dei frutti offerti dall’innovazione, dal progresso.
Salari inadeguati sono un grande problema, una grande questione per l’Italia.
Incidono anche sul preoccupante calo demografico, perché i giovani incontrano difficoltà a progettare con solidità il proprio futuro. Resta, inoltre, alto il numero di giovani, con preparazione anche di alta qualificazione, spinti all’emigrazione».
Leggi il testo integrale dell’intervento del Presidente della Repubblica
Partecipanti alla biciclettata Resistere Pedalare Resistere in piazza Vittoria, il 25 aprile 2025 (foto Ilsreco)
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27 aprile 2025
Sulle vie della Resistenza
Dopo la tradizionale biciclettata Resistere Pedale Resistere del 25 aprile, Ilsreco sperimenta un itinerario che individua i luoghi significativi nella storia della Resistenza a Lodi, quei luoghi che hanno visto svolgersi gli avvenimenti principali nell’arco dei venti mesi che vanno dal settembre 1943 all’aprile 1945, sviluppando la capacità di orientarsi nella duplice dimensione dello spazio-tempo: è questa la ratio di Sulle vie della Resistenza, un percorso realizzato dal nostro Istituto, di concerto con il Comune di Lodi, con la collaborazione di Aned e Anpi.
La Resistenza è un fenomeno complesso e articolato: la ricerca storiografica contemporanea, pur riconoscendo il valore della lotta partigiana, privilegia il concetto di resistenza civile, che vede protagonista le persone comuni nella propria vita quotidiana: ecco, allora, lungo l’itinerario lodigiano, i quartieri sottoposti a bombardamenti; i luoghi della violenza e dell’occupazione; quelli della deportazione politica e del lavoro coatto; o, ancora, dell’aiuto a resistenti e dell’opposizione organizzata; i percorsi dedicati agli eventi militari (combattimenti o scontri diretti) che hanno riguardato non solo partigiani in armi ma anche semplici cittadini.
Sulle vie della Resistenza sarà percorso lunedì 28 aprile, con la guida di Laura Coci, da un gruppo di Unitre Lodi.
Gruppo di ragazze con appuntato il simbolo delle Brigate Garibaldi saluta cantando l’arrivo degli Alleati (fotografia di autore non noto scattata verosimilmente in Italia settentrionale nell’aprile 1945 [INSMLI, Atlante storico della Resistenza italiana, 2000])
letture Ilsreco per conoscere e comprendere
Ercole Ongaro, La Resistenza figlia degli italiani (Il Cittadino, giovedì 24 aprile 2025)
Alice Vergnaghi, Gli scioperi e la Resistenza delle donne lodigiane (Il Cittadino, giovedì 24 aprile 2025)
Alice Vergnaghi, Gli scioperi e la Resistenza delle donne lodigiane (presentazione, L’Italia liberata, giovedì 24 aprile 2025)
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25 aprile 2025
Noi, nella storia...
«Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur ugual al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi.
L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi.
Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione.
Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro sé stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo».
Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, 1947
(capitolo IX)
in alto
Papa Francesco saluta la folla in piazza San Pietro la sera della sua elezione al soglio pontificio (13 marzo 2013)
in basso
Papa Francesco impartisce la benedizione Urbi et Orbi per la Pasqua 2025 (20 aprile 2025)
21 aprile 2025
Un uomo di pace
L’immensa gratitudine nei confronti di Francesco, unico uomo di pace tra i ‘potenti’ della Terra, si traduca, come ammonisce il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella «responsabilità» di operare per la solidarietà e la pace.
Dal messaggio «Urbi Et Orbi» del Santo Padre Francesco, Pasqua 2025, Piazza San Pietro, domenica, 20 aprile 2025.
«Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile! Dal Santo Sepolcro, Chiesa della Risurrezione, dove quest’anno la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi, s’irradi la luce della pace su tutta la Terra Santa e sul mondo intero. Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese. Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!
[...]
Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. La luce della Pasqua ci sprona ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche. Ci sprona a prenderci cura gli uni degli altri, ad accrescere la solidarietà reciproca, ad adoperarci per favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana.
[...]
Faccio appello a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le “armi” della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte!
Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano. Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità».
Leggi il testo integrale del messaggio «Urbi et Orbi»
Leggi l’approfondimento di Alfredo Somoza dal sito di Radio Popolare
20 aprile 2025
Ilsreco per l’Ottantesimo della Liberazione
Ecco le iniziative alle quali collabora il nostro Istituto.
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18 aprile 2025
Mahmoud Ajjour, nove anni
Questa è la fotografia premiata con il World Press Photo 2025: è stata scattata da Samar Abu Elouf, reporter palestinese, per il New York Times e ritrae Mahmoud Ajjour, bambino gazawi di nove anni a cui sono state amputate entrambe le braccia in seguito a un attacco israeliano nella Striscia, nel marzo 2024. Mahmoud ha poi trovato rifugio e assistenza medica a Doha, in Qatar.
Il premio rappresenta un monito alla comunità internazionale a fermare il genocidio del popolo palestinese, che colpisce in larga misura bambini e bambine, e costituisce un omaggio ai e alle reporter che lo raccontano, a rischio della vita.
Secondo dati Unicef aggiornati al 31 marzo 2025, dopo quasi diciotto mesi di guerra nella Striscia di Gaza più di 15.000 bambini palestinesi sono stati uccisi, oltre 34.000 sono stati feriti e quasi un milione di bambini sono sfollati più volte e sono stati privati del loro diritto ai servizi di base.
Secondo il Centro per la Protezione dei Giornalisti Palestinesi, nello stesso arco di tempo, sono stati 212 le giornaliste e i giornalisti palestinesi uccisi, anche in seguito ad attacchi mirati.
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15 aprile 2025
È l’idea che fa il coraggio
Un graphic novel del coordinamento degli Istituti lombardi per la storia della Resistenza (Bergamo, Como, Lodi, Milano, Pavia, Sondrio, Sesto San Giovanni, Fondazione Memoria della Deportazione - Milano)
«Ecco, allora, idealmente presentate da Bianca Ceva – segretaria del Parri dal 1955 al 1971 – le storie di Angiola Rossi, Vilma Conti, Anna Papis, Irma Camero, Maria Arata, Giuseppina Modena (nota con l’appellativo di ‘Mamma Togni’), Eler Valentina Giubertoni, Clementina Oggioni; otto donne che hanno operato in altrettanti territori lombardi (Lodi, Como, Bergamo, Sondrio, Milano, Pavia, Mantova, Sesto San Giovanni), non secondo una logica di campanile ma ciascuna consapevole di agire ove il proprio intervento fosse necessario, in una visione ampia e integrata del bene collettivo, del bene che dalla propria famiglia e comunità si allarga alla popolazione tutta e all’intero paese, nel presente e nel futuro. Otto donne che nei venti mesi più angosciosi della storia dell’Italia novecentesca, con gratuita generosità, scelgono la parte del riscatto.
Storie di donne riemerse dal patrimonio archivistico degli Istituti, affidate alle penne di Carosini e Mastroianni che le hanno rappresentate integrando documenti e fotografie d’epoca nelle pagine e nelle strisce che hanno realizzato. Storie poi consegnate al mondo come figlie libere di percorrere le vie che sceglieranno e di vivere allegramente, in pace; affidate ad altre donne e uomini, giovani che apprendano con curiosità e anziani che ricordino con commozione, serbandone memoria».
Dalla presentazione a cura di Laura Coci ed Elisabetta Ruffini
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2 aprile 2025
L’Italia non è un paese per giovani
Nel 2024 le giovani e i giovani italiani emigrati all’estero (principalmente in Germania, Spagna, Regno Unito) sono stati quasi 191mila, con un incremento del 20,5% rispetto al 2023 (fonte: Fondazione Nord Est).
È l’incremento più consistente degli anni Duemila: in un quindicennio le persone tra i 18 e i 34 anni che hanno lasciato il paese sono state oltre 700mila, un numero trasversale a titoli di studio e classi sociali.
Il lavoro italiano è precario e sottopagato (ma la quota di profitti per le imprese è la più alta dell’Europa occidentale), di conseguenza non dà possibilità di condurre una vita dignitosa, che le giovani generazioni cercano e trovano all’estero, svolgendo mansioni per le quali le medesime imprese italiane segnalano carenza di personale.
Di contro, sono in flessione i rimpatri: -14%. Un dato che parla da solo.
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Il Vassoio di Ventotene, di Ernesto Rossi (1940)
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31 marzo 2025
Sul Manifesto di Ventotene
Ilsreco propone la lettura del contributo di Alice Vergnaghi sul recente dibattito relativo al Manifesto di Ventotene. Ecco un passo della riflessione di Vergnaghi.
«L’uso pubblico della storia non è sempre e comunque negativo: può essere terreno di confronto e di scontro in cui coinvolgere attivamente cittadine e cittadini, ma può diventare anche una forma di manipolazione che nel migliore dei casi appiattisce sul presente la profondità e complessità del passato; nel peggiore genera pericolosi revisionismi che decostruiscono il passato e i valori condivisi da esso prodotti con l’obiettivo di fare propaganda, demagogia e populismo. Proprio per questo bisogna diventare consapevoli di ciò ed essere capaci di scendere dalla giostra, che a volte impazzisce, soprattutto se l’uso pubblico che si fa della storia è di tipo politico. Per sottrarsi, nel nostro caso, ci conviene viaggiare con la mente fino a Ventotene per conoscere tre uomini e due donne che, tra i 30 e i 40 anni, hanno pensato l’impensabile nella storia, e per lasciarci guidare dalle loro parole e azioni più autentiche».
Leggi il contributo di Alice Vergnaghi su Vitamine Vaganti 316, on line il 29 marzo 2025
Il collettivo isreaelo-palestinese dei registi del documentario No Other Land, vincitori dell’Oscar. Da sinistra: Basel Adra, Rachel Szor, Hamdan Ballal e Yuval Abraham
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25 marzo 2025
No Other Land
Hamdan Ballal, regista palestinese co-direttore di No Other Land, vincitore del Premio Oscar per il miglior documentario, è stato arrestato dalle Forze di difesa israeliane e portato in un luogo sconosciuto, quando nel villaggio di Sussiya, pochi chilometri fuori da Masef Yatta, in Cisgiordania (ove è ambientato il documentario), alcuni coloni israeliani hanno circondato e attaccato le case dei residenti, aggredendoli e malmenandoli. Tra loro Hamdan Ballal. I soldati israeliani, intervenuti poco dopo, ancora una volta hanno protetto i coloni, arrestando i palestinesi.
Il regista è inviso al governo israeliano per aver portato alla ribalta dell’opinione pubblica mondiale un docu-film che denuncia la situazione quotidiana a Masafer Yatta: i coloni, che vivono ormai da vent’anni negli insediamenti illegali in Cisgiordania, rendendo di fatto impossibile la soluzione dei due stati– così l’operatrice umanitaria Alice Boffi in un’intervista del gennaio 2024 – «sono cani sciolti, non rispondono a nessuno, sparano a vista, violano sistematicamente i diritti della popolazione palestinese».
Leggi l’intervista ad Alice Boffi su Vitamine vaganti del 27 gennaio 2024
Auschwitz, marzo 2013 (Azra Gualterotti)
19 marzo 2025
Una piccola luce nelle tenebre
Ilsreco ritorna a voi che leggete dopo un mese di silenzio.
Un mese nel quale la Terra non è divenuta un pianeta migliore. Le parole scritte da papa Francesco al Corriere della Sera (e pubblicate il 18 marzo) sono una piccola luce nelle tenebre.
«Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità.
Mentre la guerra non fa che devastare le comunità e l’ambiente, senza offrire soluzioni ai conflitti, la diplomazia e le organizzazioni internazionali hanno bisogno di nuova linfa e credibilità. Le religioni, inoltre, possono attingere alle spiritualità dei popoli per riaccendere il desiderio della fratellanza e della giustizia, la speranza della pace».
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12 febbraio 2025
Ilsreco per il Giorno del Ricordo 2025
Lodi, 11 febbraio 2025
Tra asilo ed esilio. L’Atlante dei centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati
da sinistra:
Laura Tagliaferri (Comune di Lodi)
Alice Vergnaghi (Ilsreco)
Enrico Miletto (docente dell’Università di Torino, coordinatore del progetto Atlante)
Roberto Nalbone (Anpi)
Leggi la presentazione dell’evento su Il Cittadino di sabato 8 febbraio 2025, p. 44
Guarda la videoripresa dell’evento sul canale YouTube Ilsreco
Leggi la cronaca dell’evento su Il Cittadino di giovedì 13 febbraio 2025, p. 2
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4 febbraio 2025
Giorno del Ricordo 2025
Tra asilo ed esilio. L’Atlante dei centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati è il titolo dell’evento dedicato al Giorno del Ricordo 2025, per iniziativa di Comune di Lodi, Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (Ilsreco), Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (Aned), Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) Comitato provinciale di Lodi, con la collaborazione dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi.
Relatore sarà Enrico Miletto, studioso dell’esodo giuliano-dalmata, coordinatore del progetto dell’Atlante, ricercatore di storia contemporanea presso l’Università degli studi di Torino; martedì 11 febbraio prossimo, alle 21.00, nella sala Granata presso la Biblioteca Comunale Laudense lo storico converserà con Alice Vergnaghi, direttrice scientifica Ilsreco; parteciperanno inoltre Laura Tagliaferri (vicesindaca) e Roberto Nalbone (Anpi).
Miletto tratterà dell’esodo giuliano-dalmata nel più ampio quadro dei movimenti forzati di popolazioni avvenuti nella seconda metà degli anni Quaranta del secolo scorso, presentando il progetto dell’Atlante e soffermandosi su alcuni dei campi e centri di raccolta allestiti in Italia. Questa la premessa della ricerca.
«Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, scatenata dalla Germania nazista e dall’Italia fascista, l’intera Europa fu interessata dal flusso, spesso obbligato, di milioni di persone, che a causa degli eventi bellici e delle assegnazioni dei territori a seguito di nuovi protocolli furono costrette a lasciare i luoghi dove avevano vissuto per anni.
Il processo interessò direttamente anche l’Italia, che dovette firmare Trattati di pace che imponevano la perdita di territori, comprese le zone dell’Adriatico orientale: infatti con il Trattato di Parigi (1947) e il Memorandum di Londra (1954) l’Istria, Fiume e Dalmazia passarono sotto l’amministrazione della Jugoslavia. Di conseguenza la quasi totalità della popolazione italiana appartenente a queste regioni decise di abbandonarle, anche per sfuggire al regime comunista realizzato da Tito.
Tale processo, meglio noto come esodo giuliano-dalmata, coinvolse, oltre alla Venezia Giulia, anche Fiume e la Dalmazia, e rappresentò dunque il tassello italiano del più ampio mosaico degli spostamenti forzati di popolazione dell’Europa postbellica.
Arrivati nel nostro Paese come profughi, i giuliano-dalmati, nelle cui maglie si inserivano anche i molti fiumani che avevano abbandonato la propria città, furono sventagliati in una rete di campi e centri di raccolta dislocati sull’intero territorio nazionale».
Per la sua valenza storica, l’evento rappresenta un’opportunità formativa per le e i docenti che vi prenderanno parte, ai quali sarà rilasciato un attestato di partecipazione.
In alto, da sinistra: Tavazzano, 25 gennaio 2025, Ivano Mariconti; Cervignano, 26 gennaio 2025, Laura Coci e Ivano Mariconti
In basso, da sinistra: Lodi, 28 gennaio 2025, Laura Tagliaferri (vicesindaca), Elisabetta Ruffini e Laura Coci
31 gennaio 2025
Ilsreco per il Giorno della Memoria 2025
Tavazzano, 25 gennaio 2025
Ivano Mariconti
Anche vicino al campo di sterminio è passata la vita
Cervignano, 26 gennaio 2025
Laura Coci e Ivano Mariconti
La deportazione dall’Italia
Lodi, 28 gennaio 2025
Elisabetta Ruffini
“Nessuna di noi ritornerà”. Donne e deportazione nei campi nazisti
Sfoglia la presentazione di Elisabetta Ruffini
Guarda la videoripresa dell’evento sul canale YouTube Ilsreco
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24 gennaio 2025
Giorno della Memoria 2025
Due contributi Aned e Ilsreco nel Lodigiano
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20 gennaio 2025
Giorno della Memoria 2025
La lingua italiana declina al maschile (detto ‘inclusivo’, in realtà fagocitante) e le donne scompaiono: risulta perciò spesso impossibile determinarne la presenza, o l’assenza.
Nella deportazione e nello sterminio le donne sono presenti al pari degli uomini: appartenenti alla cosiddetta razza ebraica, oppositrici politiche e resistenti, madri e figlie rom, Testimoni di Geova, giovani e anziane con disabilità. Non vi sono donne, e non potrebbe essere altrimenti, tra i prigionieri di guerra sovietici (le partigiane slave venivano impiccate subito, non caricate a forza sui convogli per la Germania) e, ovviamente, tra gli IMI, gli internati militari italiani.
La città di Lodi sceglie di dedicare il Giorno della Memoria 2025 alle donne deportate, per iniziativa di Comune di Lodi, Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (Ilsreco), Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (Aned), Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) Comitato provinciale di Lodi, Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) Diocesi di Lodi, con la collaborazione dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi.
A parlare di deportazione femminile sarà Elisabetta Ruffini, protagonista dell’evento “Nessuna di noi ritornerà”. Donne e deportazione nei campi nazisti, che si terrà martedì 28 gennaio prossimo, alle 21.00, nella sala Granata presso la Biblioteca Comunale Laudense di Lodi, in via Solferino 72. Ruffini è direttrice scientifica dell’Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Bergamo, esperta di storia delle donne, studiosa dell’opera dell’intellettuale e resistente francese Charlotte Delbo, che sopravvisse ad Auschwitz-Birkenau e fu autrice del memoir Nessuno di noi ritornerà, al quale il titolo dell’iniziativa lodigiana esplicitamente si riferisce. A introdurre la studiosa sarà Laura Tagliaferri, vicesindaca della città di Lodi, a conversare con lei Laura Coci, presidente Ilsreco.
Saranno inoltre presenti Ivano Mariconti (Aned), Angela Fasoli (Anpi), Luigi Galmozzi (Meic).
Esiste una specificità della deportazione femminile? Sì, esiste e – come scrive la storica Alessandra Chiappano – «non può essere costretta entro uno schema né rigidamente biologico né rigidamente sociologico. Occorre piuttosto tenere conto di entrambi gli aspetti ed in ultimo cercare soprattutto di ascoltare con umana simpatia non solo quello che le donne deportate hanno detto, scritto e dichiarato, ma soprattutto quello che non hanno voluto né potuto dire».
Per la sua valenza storica, l’evento rappresenta un’opportunità formativa per le e i docenti che vi prenderanno parte, ai quali sarà rilasciato un attestato di partecipazione.
16 gennaio 2025
Non si allontani il cielo...
«Non si allontani il cielo
ora è giunto luminoso
lavato nel sangue bambino
in campi di rossi papaveri
soffocati sotto carri cingolati.
Non si allontani il cielo
è giunto finalmente…
è venuto pulito».
Ibrahim Nasrallah, poeta palestinese, nato in Giordania da famiglia esule dal 1948
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In un appartamento colpito da un raid israeliano una delle scorse notti a Deir el Balah, Gaza (Ap)
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11 gennaio 2025
Il silenzio complice di “plausibile” genocidio
Secondo uno studio della prestigiosa London School of Hygiene & Tropical Medicine pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet, a Gaza le persone morte sarebbero ormai 70mila: a causa delle difficili condizioni in cui operano le strutture di soccorso della Striscia il 40% potrebbe mancare dai registri.
Già al 30 giugno del 2024, una ragionevole stima dei morti causati da bombardamenti e raid israeliani era di 64mila vittime; a quella data, il ministero di Hamas parlava di 38mila vittime, di cui diecimila non identificate. Cioè, poco più della metà della cifra reale. Oggi, trascorsi altri sei mesi, i ricercatori ritengono che siano morti sotto le bombe già oltre 70mila palestinesi.
Al genocidio in corso a Gaza, il nostro Ercole Ongaro ha dedicato una vibrante riflessione dal titolo Il silenzio complice di “plausibile” genocidio, pubblicata ieri su Il Cittadino. Eccola.
Quindici mesi sono trascorsi dall’inizio della “vendetta” di Israele in risposta all’assalto terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 contro gli abitanti di kibbutz vicini alla Striscia di Gaza e i partecipanti a un festival musicale. Quindici mesi di terribile violenza, di crimini contro l’umanità, senza preoccupazione da parte di Israele di proporzionare la violenza inferta alla violenza subìta o di distinguere i combattenti di Hamas dai civili, le strutture a uso militare da quelle civili (scuole, università, ospedali, acquedotti, edifici religiosi).
Tutto avviene sotto gli occhi indifferenti del mondo, con la complicità dei governi e media occidentali, pronti a dare credito alle giustificazioni dell’esercito e del governo israeliano e a ripetere il mantra che Israele sta esercitando il diritto all’autodifesa. Come si possa esercitare il diritto all’autodifesa contro un popolo di cui si occupa militarmente da decenni il territorio e si depredano le risorse rimane un enigma. Altrettanto incomprensibile è che, mentre si riconosce a Israele il diritto a difendersi, mai viene riconosciuto il diritto dei palestinesi a resistere all’occupazione militare. [...]
Benito Mussolini, in piedi, pronuncia il suo discorso in parlamento il 3 gennaio 1925
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3 gennaio 2025
Il (secondo) colpo di stato fascista
Cento anni fa, il 3 gennaio 1925, Benito Mussolini, in un discorso alla Camera dei deputati, assume personalmente la responsabilità dell’assassinio di Giacomo Matteotti, attuando un secondo ‘colpo di stato’ (il primo è la marcia su Roma del 28 ottobre 1922), che segna il passaggio dalla fase di fascistizzazione strisciante dello stato a quella della costruzione del ‘regime’.
«Dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. [...] Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere».
Nei giorni immediatamente successivi sono censurati tutti i giornali di opposizione, chiusi 35 circoli politici, sciolte 25 organizzazioni ‘sovversive’, serrati 150 esercizi pubblici, arrestati 111 oppositori ed eseguite 655 perquisizioni domiciliari.
Il 24 dicembre è modificato lo Statuto e sono attribuiti al Capo del Governo, che risponde soltanto al Re e non al Parlamento, poteri straordinari.
Tra il 1925 e il 1926 sono varate le cosiddette ‘leggi fascistissime’: sono sciolti tutti i partiti politici avversari, nonché tutte le associazioni non direttamente controllate dal regime, è soppressa la libertà di parola, censurata la stampa.
Nel corso del 1926 sono poi istituiti il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, la polizia segreta per la repressione dell’antifascismo (Ovra), il confino per gli oppositori.
quirinale.it
Diventa testimone della memoria: associati a Ilsreco
2 gennaio 2025
Mai come adesso la pace grida la sua urgenza
Ecco due passaggi dal messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che Ilsreco fa propri e sui quali invita a riflettere.
«Nella notte di Natale si è diffusa la notizia che a Gaza una bambina di pochi giorni è morta assiderata.
Nella stessa notte di Natale feroci bombardamenti russi hanno colpito le centrali di energia delle città dell’Ucraina per costringere quella popolazione civile al buio e al gelo.
Gli innocenti rapiti da Hamas, e tuttora ostaggi, vivono un secondo inizio di anno in condizioni disumane.
Queste forme di barbarie non risparmiano neppure il Natale e le festività più sentite.
Eppure mai come adesso la pace grida la sua urgenza.
[...]
Nel 2025 celebreremo gli ottanta anni dalla Liberazione.
È fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità.
Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia.
Sono valori che animano la vita del nostro Paese, le attese delle persone, le nostre comunità. Si esprimono e si ricompongono attraverso l’ampia partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune, il bene della Repubblica: è questo il compito alto che compete alla politica.
Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra».
Leggi il testo integrale del messaggio del Presidente della Repubblica