Comunicato stampa
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani in occasione della giornata relativa alla commemorazione del sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Gabriele Chelazzi morto d’infarto la sera tra il 16 e 17 aprile 2003 intende sensibilizzare gli studenti in merito alle grandi figure della nostra società che hanno incarnato il valore della legalità. Il magistrato si era occupato di indagini molto serie e pericolose (stragi di Firenze, Roma e Milano del 1993 e sulla campagna di morte voluta certamente da Cosa Nostra, ma forse anche da altri 'concorrenti esterni'), per le quali molto spesso, indipendentemente dalla solidarietà di rito, principalmente esteriore, intessuta di ricorrenze mondane, si rimane in perfetta solitudine ad affrontare lo stress determinato da rischi gravissimi che incombono sulla propria persona.
“Non credo che sia mai accaduto che un magistrato sia stato "costretto" a lavorare da solo (con tutti i rischi del caso, da quello di sbagliare a quello di esporre "la pelle" a eventualità non propriamente gratificanti) su una vicenda di quella portata” (Gabriele Chelazzi, “Ultima lettera scritta indirizzata all'allora procuratore di Firenze Nannucci”)
Il giudice Chelazzi era un uomo molto analitico e profondo, non accettava risposte superficiali o banali. Seguendo il suo esempio, i giovani dovrebbero comprendere quanto sia importante porsi interrogativi e soprattutto imparare a stabilire le relazioni tra i fatti e le scelte operative. Cominciare a pensare con la propria testa riuscendo quanto più è possibile ad evitare ogni forma di condizionamento esterno.
“Tutti capiscono che queste notazioni un po’ disordinate hanno però un denominatore comune. Sembrerebbero tanti piccoli «perché», ma avendo a che fare con fatti di strage nessun «perché» è piccolo, sia quando una strage si fa sia quando si decide di non replicarla. Sono grossi ed impegnativi «perché» che vanno a costituire un «perché» più grande; o meglio, obbligano chi ci ha lavorato a capire come si è strutturato il «perché» generale, se esso è continuo o discontinuo, se è stato influenzato o meno da certi avvenimenti interni a Cosa nostra: Riina, pur essendo arrestato ben 4 mesi prima dell’inizio dei fatti di strage, viene condannato all’ergastolo, per questi perché l’indagine mette i giudici nella condizione di poter affermare senza incertezze che la deliberazione, in tutte le sue componenti essenziali, è partita con anticipo; e questo è un altro «perché»: la deliberazione delle stragi inizia grosso modo nell’estate del 1992, ma si passa all’azione nella primavera inoltrata del 1993” (Dichiarazione Gabriele Chelazzi sta in Atti commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata Mafiosa o similare 19a seduta del 2 luglio 2002)
Interessante risulta lo spunto del magistrato Chelazzi con cui si constata una relazione tra contrazione della collaborazione e il sistema normativo. A prescindere dalla diversità degli ambiti, sarebbe interessante affrontare tale questione con gli studenti per valutare per esempio se l’attuale normativa disciplinare presente nel sistema scolastico è funzionale al buon andamento delle lezioni. Il parere degli studenti potrebbe offrire margini di sviluppo per future strategie.
“Esiste una interrelazione tra la normativa ed il fenomeno? È serio porsi l’interrogativo se la contrazione della collaborazione dipende, o può dipendere, anche dalla normativa? Questo mi sembra un interrogativo di un certo rilievo. Non azzardo risposte, anche perché ruberei il mestiere a chi se ne deve occupare. Io vivo lo strumento a valle, non oriento le decisioni sullo strumento. Però credo che sia un interrogativo da porsi se ci possa essere interrelazione tra contrazione della collaborazione e attuale sistema normativo.” (Dichiarazione Gabriele Chelazzi sta in Atti commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata Mafiosa o similare 16a seduta del 14 maggio 2002)
Chelazzi come tutti i grandi giudici antimafia sapeva quanto fosse importante la comunicazione secondo certe modalità all’interno delle strutture criminali; decifrare aspetti culturali specifici significa penetrare in un mondo organizzativo complesso e imperscrutabile dall’esterno.
“Lo strumento di interpretazione giudiziaria non può non continuare ad essere la collaborazione. La comunicazione mafiosa, infatti, presenta connotati non solo linguistici ma anche culturali specifici e subspecifici, per decifrare i quali è indefettibile il contributo di conoscenza proveniente dall’interno dell’organizzazione.” (Dichiarazione Gabriele Chelazzi sta in Atti commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata Mafiosa o similare 16a seduta del 14 maggio 2002)
Il CNDDU propone una simulazione didattica sull’importanza di una comunicazione tra gli studenti responsabile, in cui far emergere gli aspetti negativi di dinamiche finalizzate alla derisione e al bullismo perpetrato attraverso messaggi scambiati seguendo tattiche e strategie non conformi alla regolarità.
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU