Definizioni di "peste"

Come viene scritto da Alessandro Piperno nella prefazione, sotto l’immagine della peste del libro di Camus si possono “nascondere” anche allusioni agli avvenimenti terribili avvenuti durante e dopo la seconda Guerra Mondiale (il libro venne scritto nel 1947). Non per questo, però, bisogna pensare che la peste non sia anche un modo per “analizzare” il comportamento di una cittadina la cui vita viene travolta da un fatto inaspettato.

“Anche i grandi appestati, quelli che indossano la toga rossa, hanno in quei casi delle ottime ragioni, e che se accettavano le ragioni di forza maggiore e le necessità invocate dai piccoli appestati non avrei potuto rifiutare quelle dei grandi [...]. Sono tutti in preda al furore omicida, e non possono fare altrimenti”.

Il termine peste, che deriva dal latino pestem (distruzione, grande malattia), veniva usata nel Medioevo anche per indicare epidemie di altre malattie non riconducibili al bacillo della peste come il colera o il vaiolo.

La peste è anche intesa come l’appartenenza ad un’ideologia: Tarrou a diciassette anni partecipa ad un importante processo condotto dal padre. Viene colpito molto dalla figura del colpevole (“Sembrava un gufo spaventato da una luce troppo intensa [...] era vivo. Io (Tarrou) me ne rendevo conto all’improvviso.”); il processo sentenzia la pena di morte per l’imputato, Tarrou è scioccato e per questo comincerà a lottare contro la pena di morte, viaggiando per tutti i Paesi d’Europa “Ho capito che, almeno io, anche nei lunghi anni in cui pure credevo con tutta l’anima di lottare contro la peste, non avevo smesso di essere un appestato” (inteso come qualcuno che appoggiava la pena di morte).

In alcuni casi la voce narrante utilizza altri termini per indicare la peste, come per esempio: “Sì, nella tragedia c’era una parte di astrazione e di irrealtà. Ma quando l’astrazione comincia ad uccidere, bisogna occuparsi dell’astrazione.”; “Ecco perché, stanco di aspettare la vostra venuta, ha permesso che il flagello vi visitasse …”; “Da quel momento, invece, furono visibilmente in balia dei capricci del cielo, cioè soffrirono e sperarono senza ragione.”

“So per certo che ciascuno la porta in sé, la peste, perché nessuno, no, nessuno al mondo ne è immune. E che è necessario prestare la massima attenzione per non rischiare, in un attimo di distrazione, di respirare in faccia a un altro e di passargli l’infezione”.

La parola peste non conteneva solo ciò che vi metteva la scienza, ma anche una lunga serie di immagini inaudite che mal si accordavano con la città gialla e grigia, moderatamente animata e persino felice nella sua banalità. Il clima di pacifica e indifferente tranquillità che si respirava ad Orano era la negazione stessa delle antiche immagini del flagello.

Prima di pronunciare la parola peste ci vuole tempo e c’è una certa riluttanza a farlo. Essa possiede un significato allegorico, dal momento che non è una semplice epidemia come quelle del passato, ma ha un aspetto metafisico, inteso come sciagura, minaccia, soffocamento. La peste, metafora del male, rappresenta anche un decadimento morale, che colpisce l’uomo: tutti coloro che erano impegnati nella lotta contro il flagello non solo manifestavano indifferenza alle emozioni altrui, ma trascuravano se stessi lasciandosi andare. Essi, combattendo contro la peste, divenivano gradualmente più fragili alla peste stessa.

"Erano astrazione quelle giornate passate all'ospedale dove la peste infieriva portando a cinquecento la cifra media di vittime settimanali? Sì, nella tragedia c'era una parte di astrazione e di irrealtà. Ma quando l'astrazione comincia a uccidere, bisogna occuparsi dell'astrazione [...]. Per lottare contro l’astrazione bisogna assomigliarle un po’ [...] a volte l’astrazione si rivela più forte della felicità e in quel caso, e solo in quello, occorre tenerne conto”.

“Sì, ho continuato a provare vergogna, ho capito che eravamo tutti in preda alla peste, e ho perso la pace [...]. Ognuno deve fare il possibile per non essere più un appestato e solo questo può farci sperare nella pace [...]. Solo questo può alleviare gli uomini e, se non salvarli, almeno fare loro il meno male possibile e magari forse un po’ di bene. E’ il motivo per cui ho deciso di rifiutare tutto ciò che in qualunque modo, per buone o cattive ragioni, fa morire o giustifica che si faccia morire”.


“No, non ha capito che la peste è un continuo ricominciare.” [...]“Ve l’ho detto, la peste è un continuo ricominciare”.