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Selva ognor verde l'incavato speco
Cingeva: i pioppi vi cresceano e gli alni
E gli spiranti odor bruni cipressi:
E tra i lor rami fabbricato il nido
S'aveano augelli dalle lunghe penne,
Il gufo, lo sparviere e la loquace
Delle rive del mar cornacchia amica.
Giovane vite di purpurei grappi
S'ornava e tutto rivestìa lo speco.
Volvean quattro bei fonti acque d'argento,
Tra sé vicini prima, e poi divisi
L'un dall'altro e fuggenti; e di vïole
Ricca si dispiegava in ogni dove
De' molli prati l'immortal verzura.
Rigogliose piante
Sorgean vicino all’antro, il pioppo e l’alno
E il cipresso odoroso, ove rapaci
Sparvieri e gufi e garrule cornacchie,
Delle sponde marine abitatrici,
Avean lor nidi edificati; e tutte
Ne vestìa le pareti intorno intorno
Una giovane vite, onde le dolci
Uve pendean. Per quattro opposti rivi
Una limpida fonte le sue fresche
Aque invïava ai prati, di vïole
E d’apio ricoperti;
L'ontano è, con il salice e certi pioppi, una delle specie che meglio s'adattano all'acqua.
Delle alte spelonche nella costa siracusana. Le "Cupe Spelonche" omeriche, sono geograficamente presenti in vasta parte del territorio aretuseo. Sia per mare che per terra. Si è ipotizzato che le profonde e labirintiche spelonche del Plemmirio potessero essere la sede di Ogigia; dove risiedeva la dea Calipso: «Ella m'accolse e m'ospitò di cuore e mi nutriva, nelle cupe spelonche» dice Ulisse[15][16][17].