Cicli pittorici Ateneo Veneto

Ateneo Veneto, Venezia, martedì 4 dicembre 2007, ore 17, Aula Magna, Conferenza

Carità, giustizia e devozione a Venezia: i cicli pittorici nell’aula terrena della scuola dei “Picai”, ora aula magna dell’Ateneo Veneto

di Antonio Manno

La scuola dei “Picai” deriva il suo nome dal proprio scopo sociale, consistente nell’accompagnare e assistere i condannati a morte e nell’occuparsi della loro sepoltura. Il sodalizio nasce nel 1458, grazie alla fusione di due confraternite presenti nella vicina chiesa di San Fantin: la scuola di santa Maria della Giustizia e quella di san Girolamo. Nel 1533, la scuola è accolta sotto la protezione del Consiglio dei Dieci ed equiparata alle cinque scuole grandi della città. Nel 1562, in seguito a un incendio, iniziano i lavori di ricostruzione e decorazione della nuova sede, completati nel 1604. Terminati gli ornamenti della sala superiore, o albergo grande, si procede all’abbellimento della sala inferiore, ideata come una chiesa-oratorio. In quest’ambiente, ora aula magna dell’Ateneo Veneto, si trovavano due altari realizzati da Alessandro Vittoria, ideatore della facciata esterna, e i cui resti sono conservati nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. Uno, era dedicato ai due patroni della scuola e, l’altro, a Cristo in croce. La devozione al Crocifisso e dunque a un condannato a morte, è senz’altro legata agli scopi della confraternita, ma è anche un forte indizio di un sodalizio laico ispirato a istanze riformatrici. Il simbolo del pellicano che resuscita la propria prole, scolpito anche in facciata, è emblema della scuola, figura di Cristo e incitazione all’amore e alla carità per i derelitti. Il ciclo di dipinti esposto alle pareti, realizzato da Leonardo Corona e Baldassare d’Anna (1600-1604), illustra i misteri della Passione di Cristo. I soggetti delle tele, secondo una pratica di origine medievale, dovevano facilitare la meditazione del fedele e muoverlo alla compassione e all’imitazione di Gesù. Nonostante i decreti tridentini, i teleri della scuola mantengono un forte carattere popolare, attingendo a fonti apocrife prossime alla predicazione francescana. La pratica della meditazione è prescritta con forza nella bolla papale «Consueverunt Romani Pontifices» (1569), nella quale Pio V dichiara, per la prima volta, che per ottenere le indulgenze del rosario è indispensabile la meditazione sui misteri della vita di Gesù Cristo. La decorazione del soffitto, terminata nel 1600, è affidata all’intervento più autorevole di Jacopo Palma il Giovane al quale, uno sconosciuto personaggio vicino al Consiglio dei Dieci, chiede di raffigurare – in chiave antiprotestante - un complesso discorso sulla dottrina del Purgatorio, già proclamata dal concilio tridentino (1563) e incentrata sui suffragi per liberare le anime dei defunti (messe, preghiere ed elemosine). La chiesa-oratorio era frequentata anche da nobili e a loro erano destinati i messaggi politici e religiosi contenuti nel soffitto. Nei sei scomparti perimetrali, raffiguranti dodici padri della Chiesa, si riassume, grazie ai riferimenti contenuti in iscrizioni finora mai pubblicate, non solo l’esistenza del purgatorio, ma anche lo scopo della confraternita, le cui opere di misericordia consistevano principalmente nella pietà verso i cadaveri dei condannati a morte. Nel riquadro centrale, dedicato ai suffragi derivanti dalle preghiere, si esalta la figura del defunto Pio V, che legò il culto del rosario alla vittoria di Lepanto (1571). Accanto a lui, due personaggi la cui identità è rimasta finora ignota: Gaspare Contarini e Girolamo Miani, esponenti delle istanze riformatrici veneziane e qui introdotti come prefigurazioni di quell’accresciuta coscienza di autonomia in materia giurisdizionale, politica e religiosa che, fra il 1581 e il 1606 (Interdetto), porterà la Repubblica a un aperto conflitto con la Santa Sede.

Bibliografia breve

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