viaggio tra due mondi a velocità diverse

Casertavecchia e Caserta, vecchio e nuovo, madre e figlia a confronto, stili di vita completamnete diversi, come gli ambienti, le abitazioni, le strade, le persone, i rumori, tutti variabili fondamentali che condizionano inesorabilmente la velocità temporale della vita dei luoghi come anche la qualità, eppure anche se non lo si direbbe siamo nello stesso comune, nello stesso territorio, una a pochi km dall’altra.

Caserta, città capoluogo di provincia come tante altre, affacciata al nuovo millennio con tante speranze presto traformatisi in chimere, ferma nell’immobilismo per via dei tanti conflitti di interesse, in attesa di una svolta economica dopo la fine dell’industrializzazione pesante e della caduta del sogno della città multiservizi e automa, alla ricerca, forse da sempre, di una propria identità, superincasinata per via del traffico, della speculazione, del cemento selvaggio, dell’abusivismo, del tram tram superveloce cittadino, dell’immondizia, dei mancati servizi, di un piano regolatore inesistente, tutti parametri assolutamente distruttivi per la vivibilità e condizionanti per i rapporti e gli scambi umani.

Città che comunque sa concedersi momenti di svago e raffinatezza riservati ovviamente solo a pochi eletti, cherimane in piedi e cammina con il tutto ridotto all’osso, all’essenziale, ma cammina poiché la sopravvivenza rimane sempre, e meno male, alla base di tutto ed i potenti conoscono bene il metodo per indurre i più miseri a darsi da fare anche ed il più delle volte a costo zero, in pratica schiavizzandoli.

Città quindi senza fronzoli e ghirigori, dove essere ancora bambini è una vera benedizione, dove l’uniformità investe tutto e tutti così come l’autorità dittatoriale di chi manovra i fili dei servizi vitali grazie al monopolio o alla falsa concorrenza protetto da uno stato che cerca di salvare il culo e nascosta sotto un falsissimo interesse benevolo per la città ed i cittadini, cittadini classificati ormai come tanti numeri o peggio banconote viventi e non più come esseri umani ognuno con un energia potenziale di forza lavoro da usufruire e mettere in campo per il bene totale della collettività.

Ecco la città, paese della coccagna per speculatori senza scupoli, protetti dal potere d’aquisto dei loro ingenti quantittà di denaro, giornalmente eseguono loschi affari, distruggendo il futuro della Terra di tutti, facendo letteralmente terra bruciata in modo lento ma inesorabile non dando nemmeno la possibilità alle persone di rendersi conto del cambiamento.

Questa è Caserta, un enorme carrozzone pieno di sprechi, un cinico mostro che ingoia personalità e soffoca identità, portando a snaturarci e farci perdere il senso della collettività.

Casertavecchia, ameno borgo medievale, con tantissima storia alle spalle, ma senza apparente futuro.

Collocata sulla cresta di un’alta elevazione dominante su tutto il sottostante territorio viene così però tagliata fuori da tutti gli allacci di una crescita veloce per evidenti difficoltà logistiche.

Ecco perché il suo pregressivo abbandono negli anni moderni, rimanendo meta dolo di sporadiche passeggiate domenicali nei periodi di intensa calura.

Un vero peccato, sicuramente perché la sua composizione strutturale in cui tutto è più sotto mano e di facile controllo meglio si addice alla costituzione e gestione dell’idea di comunità dove il tutto è ottimizzato, equo e dove la voglia di fare è incentivata dall’entusiasmo dell’aiutarsi a vicenda e non dal vile soldo.

Purtroppo la corsa sfrenata al benessere proveniente dalle sottostanti città ha finito per bruciare per ora anche questo posto, perciò massiccia emigrazione giovanile, deperimento dei servizi, chiusura di un po’ tutte le attività commerciali sono state innevitabili.

Ecco perché Casertavecchia si presenta come un paese fantasma, ma non per questo è un postaccio, anzi, passeggiare per i suoi vicoli mette un senso di pace, di armonia, di tranquillità immensa, il lento scorrere della vita allunga innesorabilmente la percezzione del tempo, la salubrietà del posto è ancora un dato importante e da cui dover ripartire.

Si auspica perciò un rilancio per mezzo della nuova consapevolezza in arrivo nelle persone per ripartire da posti ancora sani, ancora a stretto contatto con il nostro territorio, per ritornare a vivere di poco ma di buono perché la qualità è sicuramente da preferire alla qualità, per ritornare ad investire realmente sui prodotti intrinsechi del nostro territrio restaurando quel duplice rapporto d’amore e rispetto tra uomo e natura, un rapporto fondamentale per la persistenza al mondo di entrambi.

Chi vivrà vedrà.