Nola, 25-5-10
Pochi sanno che una delle montagne più panoramiche in Campania si trova a pochi chilometri da Caserta, subito al di sopra di Casertavecchia; io la chiamo la montagna degli asparagi per via delle grandi raccolte fatte sui suoi pendii, per tutti si chiama monte Virgo, cima principale e centrale delle colline Tifatine, che con i suoi 620 mt d’altezza rappresenta anche la massima elevazione.
Fin dalla prima volta che l’ho scalata in effetti sono subito stato affascinato dal suo imponente panorama, come credo poi chiunque, ma quello che colpisce è soprattutto il grande contrasto, sempre più accentuato, tra pace e casino, tra antropizzazione e natura, tra sacro e profano che si intuisce dalla sua cima.
Chiunque dal monte Virgo guarda a sud-ovest può osservare l’estesa, cementificata e globalizzata pianura di terra di lavoro, ex Campania felix, con nel mezzo in bell’evidenza l’alta ciminiera del termovalorizzatore di Acerra, con in lontananza, appena visibili, le torri del centro direzionale e le gru del porto di Napoli, poi subito a destra la pista dell’aeroporto di Capodichino ma soprattutto un mare di case di tutti i colori, di strade percorse senza interruzione da migliaia di veicoli sfreccianti, di costruzioni di tutti i tipi e tutte le forme, di paesi e città ormai completamente assemblate tra loro, senza più identità, di zone umanizzate, forse anche progettate bene ma che si vanno poi a confondersi e mischiarsi con conurbazioni abbandonate e fatiscenti andando il tutto a formare una grande insalata condita da un tram-tram fatto di frenesia e corsa continua al limite dello sfinimento.
Da contraltare fa sicuramente il versante nord-ovest; qui le cime e le montagne sono talmente tante che non si contano, il verde è ancora il colore predominante e la vita sembra trascorrere più lentamente rispetto all’altro lato; certo, sembra quasi mancare ma poi se ci rifletti pensi che forse è perché qui è solo all’inizio mentre di là è già alla fine. Le dolci elevazioni della lunga catena del Matese trasmettono pace e tranquillità d’animo, in inverno tutta in veste bianca quasi come una sposa, più vicino i monti del Maggiore, selvaggi ed integri, sulla destra invece la bella dormiente del Taburno-Camposauro che giace placidamente appena sopra la valle Telesina. Il tutto puntellato da piccoli e caratteristici nuclei abitativi che ben si integrano con il paesaggio; certo anche qui, come rapporto di viceversa rispetto a prima, qualche pugno nell’occhio si vede, tipo le pale eoliche sul monte Longano, ma la natura in questo caso ancora riesce a sommergere l’inguardabile.
Ecco gli aspetti che offre il monte Virgo, vista in quest’ottica la si potrebbe definire una cima di coscienza, una specie di avamposto da cui osservare e riflettere per un attimo o di più senza condizionamenti, senza interessi personali, senza istinti primordiali per ritrovare o confermare la nostra strada ed il nostro tragitto in un ecosistema in cui ci vede noi uomini in questi anni al posto di comando ma che un domani potremmo doverlo cedere a qualcun o qualcos’altro solo in base alle nostre azioni attuali.
Alessandro Santulli