la fanciulla del lago

Il suo nome non era importante, in verità non si conosceva nemmeno, da tutti era chiamata e tramandata di generazione in generazione come la “fanciulla del lago”, appariva all’alba di belle giornate pregne di luce, sempre in quel luogo ameno, su d’un vecchio tronco d’albero scavato, avente le sembianze di sedia, proprio a ridosso della sponda, ed allo stesso modo in cui era apparsa nel corso della giornata, svaniva nel nulla senza lasciare alcuna traccia della sua breve sosta.

Tutti i ragazzi del vicino paese facevano a gare per ammirare la sua rara bellezza ed il suo dolcissimo portamento, appostati tra i rami della sponda opposta, aspettavano soprattutto il momento in cui, una leggera brezza si alzava dalla vicina vallata, potendo così ammirare i suoi sciolti e copiosi capelli, librarsi nell’aria, lasciando ben intravedere in tal modo il suo angelico volto.

Nessuno, però, si era mai permesso di avvicinarsi e rivolgerle la parola, poichè nessuno mai aveva avuto il coraggio di disturbarla, tanto profonda era la sua concentrazione nello scrivere e scrivere fiumi di parole; sì, perché questo era il suo destino, nella sua breve permanenza in riva al lago; quello di comunicare, da un mondo lontano, messaggi difficili da tenere a bada.

Solo i suoi scritti rimanevano tra noi mortali, infatti, quando aveva finito, svanendo nel nulla, li poggiava lì, per terra, ed ogni volta il buon vecchio podestà del paese, li raccoglieva con tanta cura, e li conservava nella piccola biblioteca di paese, leggendoli di tanto in tanto a tutta la cittadinanza.

Di tanto in tanto, poiché il podestà, il più delle volte, era turbato da ciò che leggeva, in quegli scritti erano custodite verità, non belle da conoscere, il più delle volte scomode, ce sapevano di profonde ferite, ed invocavano alla vendetta, alla rivalsa. In verità solo lui sapeva qual era il segreto della fanciulla del lago. Per tale motivo, aveva sempre vietato a tutti, nessuno escluso, di avvicinarsi a quelle misteriose acque.

Era un qualcosa che doveva essere tenuto nascosto, ad ogni costo, e che per ogni generazione aveva il suo custode. Quelle, apparentemente, calme acque, non erano altro che l’unione di tutte le lacrime degli esseri viventi, e la fanciulla era la loro voce, che, stranamente, non portava richieste di aiuto, ma forti e spigolosi ammonimenti rivolti a noi tutti, come se volesse metterci in guardia.

Ecco, questo era il suo grave ed importante ruolo, quello di renderci partecipi di un qualcosa che il più delle volte facciamo finta di non vedere, facciamo finta che non esiste, che non ci appartiene, fino a quando poi, succede proprio a noi; è in quel momento che siamo colti alla sprovvista, impreparati, poiché solo chi ha camminato nella sofferenza sa affrontare gli ostacoli della vita con la luce negli occhi di chi sa di potercela fare, di riuscire a cogliere e custodire quegli intensi seppur limitati momenti di felicità, scaturiti dalla nostra voglia di vivere e non dalla nostra condizione di vita.

Alessandro Santulli