IPSE DIXIT...

DI RACCONTI FANTASTICI ED ALTRE STORIE

a cura di Martina Fusco, Vincenzo Fusco, Giuseppe Grieco, Antonella Mascolo, Francesco Mascolo, Annalisa Naclerio, Daniele Naclerio 1D

IL BAMBINO BURATTINO

di MARILISA CANDIDO 3A

Avete presente quelle macchinette da gioco che si trovano ai luna park, con le quali si pesca il giocattolo che più si vuole? Ecco, era proprio quello che un bambino, dall’aria curiosa, in tarda sera tutto solo, stava disperatamente cercando di fare da un lasso di tempo indefinito.

Nel tentativo di acciuffare un bellissimo aereoplanino rosso e giallo, osservò gli altri giocattoli, chiusi in quella grande scatola di vetro. L’occhio gli cadde specialmente su un burattino, dai tratti però incredibilmente umani.  Era impossibile che potesse provare emozioni, eppure il bambino, nei suoi occhi grandi e cupi, ci scorse tristezza e malinconia.

Ciò che quel bimbo non avrebbe mai potuto immaginare, era che quel burattino, che di fatto era un vero e proprio bambino, stava davvero soffrendo, in quanto quest’ultimo veniva da una realtà povera e il padre, a malincuore, dovette farlo rinchiudere in quella grande scatola di vetro che lui vedeva come una gabbia, ritenendola l’alternativa migliore ai lavori forzati tra l’altro poco retribuiti. 

Questo è il triste accaduto avvenuto a un burattino, ormai sempre più grande, che era stato privato della sua infanzia e ormai si era rassegnato al pensiero di non poterla mai più vivere.

Se ne stava lì da un tempo persino a lui sconosciuto, in mezzo a oggetti privi di alcun sentimento o emozione, senza essere mai scelto da nessun bambino. Forse era a causa della tristezza che trasmetteva, dovuta dal fatto che la gioia era a lui quasi sconosciuta. 

Sognava di essere scelto da un dolce bambino, ignaro di poter donare la vita a un fanciullo innocente come lui. Rassegnandosi scosse la testa e impercettibilmente assunse di nuovo la sua solita espressione impassibile; in quel momento il cancello del parco si chiuse definitivamente. Ancora con quel pensiero in testa, notò il bambino che prima stava cercando l’aeroplanino, l’ultimo rimasto nel luna park, andarsene a passo svelto, probabilmente conscio di aver fatto tardi e di rischiare di essere messo in punizione. 

Vedendo il ragazzino andar via, il bambino burattino si ricordò di quando le punizioni dategli da suo papà lo facevano piangere a dirotto, mentre ora avrebbe dato la vita per stare in punizione, pur di stare a casa con la sua famiglia. Tutto ciò però era impossibile, perché era rinchiuso in quella scatola a chiedersi il motivo per cui era stato scelto proprio lui per fare quella vita e non uno dei suoi fratelli.

Quella notte c’era la luna piena e quel burattino, senza anima, amava la luna, soprattutto quando poteva vederla tutta. Lo faceva sentire più vicino alla sua casa, alla sua famiglia e alla sua vita di prima, che ormai gli sembrava fin troppo distante. 

Con il naso puntato all’insù verso l’astro più luminoso di un cielo particolarmente pieno di stelle, fu costretto ad abbassare immediatamente lo sguardo, in quanto si stava avvicinando lo strambo membro dello staff del luna park, dagli occhiali eccessivamente grandi e i vestiti buffi, una delle poche cose che lo facevano divertire. 

Vide lo strano ragazzo aprire la macchinetta e appendere in alto una strana bilancia con dei soldi sopra, molti soldi! Era un nuovo premio del gioco, il più allettante per i bambini e ragazzi ma soprattutto per il bambino burattino, vissuto nella povertà.  Quei soldi potevano salvargli la vita, potevano cambiare il suo destino. Doveva però trovare il modo sia di acciuffare i soldi che di scappare. Quella era una vera impresa, ma anche un’opportunità da non sprecare. 

Il burattino iniziò a progettare un piano...innanzitutto, poggiò il piede sul gioco collocato davanti a lui verticalmente, poi su quello ancora più alto, poi salì ancora fino ad arrivare poco distante dal suo obbiettivo.

Poi arrivò l’ostacolo più duro da superare, il più difficile, che tra l’altro era proprio l’ultimo: si trattava di un dinosauro giocattolo capace di rilevare oggetti intorno a lui e morderli. Quel gioco faceva divertire molti bimbi a cui il piccolo dinosauro poteva mordere solo un piccolo pezzo di dito o di mano. Il bambino burattino era però davvero piccolo, nonostante fosse cresciuto rispetto alla prima volta che mise piede nella teca, e quel dinosauro rappresentava un vero pericolo. Come non detto, un attimo prima di superarlo, si era ritrovato nella bocca del dinosauro con solo un braccio fuori. Si rassegnò al fatto che sarebbe rimasto intrappolato lì dentro fino all’alba del nuovo giorno, quando il tizio strano dello staff lo avrebbe preso e rimesso al suo solito posto. 

All’improvviso però si sentì tirare il braccio. Pensò che il tizio si fosse anticipato, d’altronde non poteva essere altrimenti, decise di rimanere realista. 

La verità era però un’altra, del tutto diversa e migliore di quella che il burattino immaginava. Nelle notti di luna piena, su tutta la città volava una fatina che sorvegliava, e in caso di bisogno aiutava, tutti gli abitanti della cittadina dove viveva la famiglia del burattino, la stessa del lunapark. 

Soprattutto in quella notte, una notte speciale non solo per la luna piena che splendeva in cielo e illuminava la cittadina, il compito della dolce fatina era quello di aiutare i bisognosi per permettere anche a loro di vivere un sereno Natale. 

Il bambino burattino non aveva la più pallida idea di che notte fosse quella. Quando vide la fatina, però, la gioia esplose in lui e capì subito di che giorno si trattasse, la sua festa preferita prima che venisse portato via. 

Con dolcezza e un sorriso genuino stampato sul volto, il bambino raccontò del suo tentativo di una vita migliore alla fatina, la quale lo aiutò senza nemmeno pensarci due volte.

Il bimbo, finalmente felice, ringraziò la fatina e corse di fretta a casa con i soldi in mano, non vedeva l’ora di abbracciare la sua famiglia!

Era lì, davanti alla porta della sua amata casa, ce l’aveva fatta.

Quando il piccolo entrò, trovò la sua intera famiglia in una casa perfettamente uguale a come l’aveva lasciata, con i suoi familiari seduti ai soliti posti. Quando il suo papà, la sua mamma e i suoi fratelli lo videro, corsero verso di lui entusiasti, emozionati, con le lacrime agli occhi e tanta felicità nel cuore.  

In quel momento, nonostante la gioia per aver racimolato tanti soldi, capì che quando sei con le persone che ami e che ti rendono felice, non conta nient’altro. Sono loro la vera felicità.

L'AVVENTURA DI TIMMY IN OHIO  

di Luigi Cavaliere 3A

Un giorno il piccolo Timmy era in viaggio verso l'Ohio, nevicava e c’erano 50 gradi all'ombra.

Timmy appena arrivato in Ohio vide cose molto strane, come un tizio vestito da duolingo che rapiva le persone che avevano saltato la lezione di spagnolo, queste cose succedono solo in Ohio!

Poco più avanti trovò una porta luminosa bianca, ci entrò e cadde per 17 minuti e 0,57 secondi; dopo la lunga caduta il buon Timmy si risvegliò nelle back rooms, lui era molto spaventato anche perché in lontananza sentiva “Ankara Messi, Ankara Messi, Ankara Messi”, cercò di scappare ma inutilmente, infatti lo stava rincorrendo Messi pelato e Timmy non poteva correre più veloce di Messi perché lui ha 88 di accelerazione,71 di stamina, 92 di agilità e la velocità di 32 km orari.

Il piccolo Timmy si ritrovò in un vicolo cieco, si girò e vide Messi 100% pelato, alzò la sua maglietta rigorosamente dell'Argentina e vide che, nei suoi pettorali scolpiti, era collocato un campo di calcio dove Agerolina e Furore si sfidavano (ovviamente Furore vince).

Dopo la partita Ferdinando si materializzò davanti a Messi e gli fece un rigore nei denti,  mise al sicuro il piccolo Timmy e andarono a festeggiare al Picchio Rosso dove brindarono con dell'acqua “De Stefano” perché Ronaldo dice che la Coca-Cola fa male. 🤦🏻‍♂️🤦🏻‍♂️🤦🏻‍♂️

p.s. “Ovviamente vi raccomando di non andare in Ohio”

Illustrazione di Luigi Cavaliere 3A