LA POLONIA OCCUPATA  

I CAMPI DI CONCENTRAMENTO

word art realizzato da Criscuolo Anna e Naclerio Lucia, classe I D

LA STELLA DI DAVID

a cura di Cuomo Dora, Milano Amelia, Naclerio Daniela, classe II D

Leggende ebraiche collegano il simbolo al sigillo di Salomone, il magico anello con sigillo con cui Salomone riuscì a controllare i demoni e gli spiriti. Le leggende ebraiche collegano il simbolo anche ad uno scudo magico teoricamente posseduto dal re David, che lo avrebbe protetto dai nemici. Viene usata da re David come propria firma, formata da due lettere dell’ antico ebraico: “DALET e VAV”. ”DALET”, che vuol dire triangolo, e “VAV”, che vuol dire sei. Per questo David creò una stella formata da due triangoli e quindi sei punte. Le sei punte simboleggiano il potere di Dio e la sua protezione in tutte e sei le direzioni: Nord, Sud, Est, Ovest, su e giù. 

IL VIAGGIO DEI DEPORTATI

a cura di Fusco Martina, classe I D

IL VIAGGIO DEI DEPORTATI INCOMINCIAVA DALLE CITTÀ NATALI, QUANDO L'ESERCITO NAZISTA STRAPPAVA DALLE LORO CASE TUTTI COLORO CHE ERANO RICONOSCIUTI COME EBREI. I BAGAGLI VENIVANO CONFISCATI DAGLI UFFICIALI DELLE SS E NON TORNAVANO PIÙ AI LORO PROPRIETARI. 

GLI UOMINI ERANO QUINDI CARICATI SU VAGONI MERCI, CHE ERANO DI PICCOLE DIMENSIONI, SE CONSIDERIAMO IL NUMERO DI PERSONE CHE VI ERANO STIPATE. DURANTE IL VIAGGIO ALCUNE PERSONE MORIVANO DI FREDDO, DI FAME, DI SOFFOCAMENTO; UN VIAGGIO LUNGO, POTEVA DURARE ANCHE DIVERSI GIORNI, A SECONDA DELLA DESTINAZIONE E DEL LUOGO DI IMBARCO. A BORDO NON VENIVANO CONCESSE NÉ RAZIONI DI CIBO NÉ DI ACQUA, NÉ LA POSSIBILITÀ DI CONOSCERE LA META O DI ESPLETARE ALLE PROPRIE FUNZIONI FISIOLOGICHE. 

I VAGONI ERANO BUI E LE FERITOIE CHIUSE DA FILO SPINATO; LA GENTE SI ACCALCAVA VICINO AGLI SPIRAGLI DI LUCE PER SCORGERE IL MONDO AL DI FUORI DEL VEICOLO. ALCUNI IMPAZZIVANO E AVEVANO ALLUCINAZIONI.

L’ALIMENTAZIONE

a cura di Fusco Martina, classe I D

CON UN DISARMANTE RIGORE SCIENTIFICO I NAZISTI AVEVANO CALCOLATO CHE UN EBREO IN GRADO DI LAVORARE AVREBBE DOVUTO SOPRAVVIVERE NEL CAMPO CIRCA TRE MESI E LA RAZIONE DI CIBO GIORNALIERA ERA CALCOLATA SECONDO QUESTO PRINCIPIO. LE CALORIE CHE I DETENUTI ASSIMILAVANO SAREBBERO SUFFICIENTI OGGI AD UNA PERSONA CHE TRASCORRE LA SUA VITA SDRAIATA, MA NEI LAGER LA VITA ERA CARATTERIZZATA DA UN LAVORO DURO E SPOSSANTE. I CORPI DIVENTAVANO SEMPRE PIÙ MAGRI E SMUNTI RIDUCENDO PROGRESSIVAMENTE LE FORZE DEL FISICO CHE, UNA VOLTA NON PIÙ ABILE AL LAVORO, VENIVA ELIMINATO. LA MALNUTRIZIONE CAUSAVA MALATTIE E GRAVI SQUILIBRI CHE PORTAVANO, TRA L’ALTRO, LE DONNE AD INTERROMPERE I LORO CICLI FISIOLOGICI. IL CIBO CONSTAVA DI UNA ZUPPA MOLTO LIQUIDA E DI PANE. 

IL PIANO DI HITLER

a cura di Acampora Emanuele, Adamo Angelo, Criscuolo Gaetano, De Stefano Vittorio, Esposito Antonia, Mascolo Nunzia, classe II A 

Adolf Hitler era riuscito a conquistare la fiducia dei tedeschi. Convinse loro dicendogli che la prima guerra mondiale era stata persa per un concorso di cause. Secondo i nazisti era colpa dei politici, dei comunisti e soprattutto degli ebrei. L’unico modo per tornare ad avere una Germania forte, ricca e rispettata, era la sterminazione  dei nemici: politici, comunisti, disfattisti, ed in particolare ebrei. Hitler odiava gli ebrei anche per altri motivi: li considerava una razza inferiore, rispetto alla razza ariana a cui appartenevano i tedeschi; portavano malattie e morte; incarnavano il male sotto ogni punto di vista; erano coloro che avevano  crocefisso Gesù. La seconda guerra mondiale durò dal 1939 al ‘45 e portò alla morte di ben 6 milioni di ebrei. Lo sterminio di questa razza avvenne inizialmente con la negazione dei diritti civili attraverso le leggi di Norimberga che cambiarono pesantemente la vita degli ebrei privandoli di diversi privilegi e addirittura escludendoli dalla società. Infatti iniziarono a andare in negozi, case, appartamenti unicamente per loro non potendo addirittura utilizzare i mezzi di trasporto. Gli ebrei vennero obbligati a indossare indumenti sui quali vi era la stella di David, simbolo della religione. Oltre a sopportare le numerose difficoltà  agli  ebrei era proibito sposarsi con i tedeschi come era appunto scritto nella legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco. Nel 1942 c’ è la Conferenza di Wannsee, in cui i più alti funzionari civili e della polizia pianificano l’esecuzione dell’Olocausto, ovvero dell'eliminazione della popolazione ebraica

La Polonia occupata

a cura di Acampora Alessandro, Acampora Giovanni, Florio Andrea, Ruocco Sirio, classe II E

La Polonia durante il periodo del regime nazista fu occupata dai tedeschi. Gli stessi che consideravano la razza ariana come la razza “perfetta” e invece quella dei popoli africani e degli ebrei come razze inferiori; per loro c’era molta differenza tra una razza e l’altra. All'inizio, agli ebrei furono imposte delle restrizioni: non potevano frequentare la scuola possedere una bici, prendere un mezzo pubblico, entrare nei negozi "non ebrei". Successivamente vennero trasferiti in appositi quartieri della città chiamati “ghetti”, per averli sotto controllo; venivano riconosciuti attraverso la Stella di David, posta sui loro capi di abbigliamento. 

Gli ebrei poi vennero deportati nei campi di concentramento o nei campi di  sterminio, la maggior parte dei quali si trovava in Polonia. Tra il 1941 e il 1945 i Nazisti realizzarono sei campi di sterminio nella parte della Polonia da loro occupata: Chelmo, Belzec, Sobibor, Treblinka, Auschwitz-Birkenau (che faceva parte del più ampio complesso di Auschwitz) e Maidanek. Chelmo e Auschwitz furono realizzati in zone che la Germania aveva annesso nel 1939; gli altri campi (Belzec, Sobibor, Treblinka e Maidanek) furono invece creati in quello che venne chiamato Governatorato Generale, sempre in Polonia. Sia Auschwitz che Maidanek erano adibiti contemporaneamente a campi di lavoro, campi di concentramento e centri di sterminio. Nei campi di concentramento gli ebrei venivano obbligati a lavorare in condizioni disumane, tanto che molte volte gli ebrei morivano anche di sfinimento. Nei campi di sterminio gli ebrei venivano privati delle loro vite, uccisi o a  fucilate o avvelenati nelle camere a gas; i corpi venivano interrati in fosse comuni e successivamente bruciati nei forni per “eliminare” le prove del genocidio. 

I CAMPI DI CONCENTRAMENTO

a cura di Acampora Emanuele, Adamo Angelo, Criscuolo Gaetano, De Stefano Vittorio, Esposito Antonia, Mascolo Nunzia, classe II A 

Tra il 1933 e il 1945, la Germania Nazista e i loro alleati crearono più di 44.000 campi di concentramento per  incarcerare o isolare gli Ebrei e altri gruppi di indesiderabili. Questi campi furono usati per diversi scopi, tra i quali i lavori forzati, la detenzione, e l'eliminazione in massa dei prigionieri.  I Nazisti cominciarono ad arrestare gli Ebrei tedeschi ed austriaci e a imprigionarli nei campi di concentramento di Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen, in Germania. Poi i Nazisti cominciarono ad arrestare in massa gli Ebrei adulti di sesso maschile, incarcerandoli poi nei campi.

I CAMPI DI STERMINIO

a cura di Acampora Emanuele, Adamo Angelo, Criscuolo Gaetano, De Stefano Vittorio, Esposito Antonia, Mascolo Nunzia, classe II A 

I Nazisti istituirono i campi di sterminio per rendere il più efficiente possibile l'assassinio di massa. Diversamente dai campi di concentramento, che servivano  come campi  di lavoro, i campi di sterminio, conosciuti come “campi della morte”, erano  vere e proprie “fabbriche di morte”. Nei campi di sterminio,  la polizia tedesca assassinò quasi 2.700.000 Ebrei, tramite l’uso di gas tossico che fuoriusciva dalle camere a gas. Ingannavano gli ebrei dicendogli di andare a fare la doccia però da essa nessuno ne era mai uscito vivo. Infine i corpi venivano bruciati per non lasciare tracce. 

L’ARRIVO NEL CAMPO

a cura di Fusco Martina, classe I D

NON APPENA I VAGONI ENTRAVANO NELL’AUSTERITÀ DEI CAMPI DI STERMINIO, I DEPORTATI VENIVANO ASSALITI DALL’ACRE ODORE CHE PROVENIVA DALLE CIMINIERE CHE OGNI GIORNO BRUCIAVANO CENTINAIA DI CORPI. COSTRETTI A SCENDERE DAI CONVOGLI, GLI EBREI VENIVANO DIVISI TRA DONNE E UOMINI E GIUDICATI SOMMARIAMENTE DAGLI IMPIEGATI DELLE SS. IN BASE ALLO STATO DI SALUTE APPARENTE DELLE PERSONE SI VALUTAVA SE QUESTE POTESSERO O MENO LAVORARE E SOPPORTARE PER QUALCHE TEMPO LE CONDIZIONI DEL CAMPO. 

BAMBINI, DEBOLI, VECCHI, MALATI VENIVANO UCCISI SUBITO CON LE CAMERE A GAS. CHI INDUGIAVA AD ESEGUIRE GLI ORDINI O CHI DISUBBIDIVA VENIVA FREDDATO A COLPI D’ARMA. 

LA PERDITA DI IDENTITÀ

a cura di Fusco Martina, classe I D

NON SAREBBE STATO POSSIBILE FARE PIÙ MALE A UOMINI CHE TOGLIERE LORO LA STESSA ESSENZA UMANA: QUESTO CERCARONO DI FARE I NAZISTI ALL’INTERNO DEI CAMPI DI STERMINIO. 

AI DETENUTI VENIVA TOLTO QUALSIASI COSA CHE POTESSE DISTINGUERLI GLI UNI DAGLI ALTRI, CHE POTESSE RICORDARE LA LORO VITA PASSATA. ENTRANDO NEI CAMPI ESSI VENIVANO PRIVATI DI OGNI LORO AVERE, DAI BAGAGLI AGLI OGGETTI CHE PORTAVANO ADDOSSO, DAI VESTITI AL LORO NOME. ESSI INFATTI ERANO RADUNATI IN UNA STANZA E FATTI SPOGLIARE DEI LORO VESTITI; POI, NUDI E AL FREDDO, VENIVANO RASATI COMPLETAMENTE PER EVITARE EPIDEMIE DI PIDOCCHI. UNA VOLTA FINITO, VENIVA TATUATO LORO SUL BRACCIO UN NUMERO CHE DA QUEL MOMENTO IN POI DIVENTAVA IL LORO IDENTIFICATIVO. LE SS NEI CAMPI NON USAVANO I NOMI DEI DETENUTI, MA TUTTI GLI APPELLI VENIVANO CONDOTTI A MEZZO DI QUEI NUMERI. A CIASCUNO GLI UFFICIALI CONSEGNAVANO UNA TUTA DA LAVORO E DELLE SCARPE CHE VENIVANO SCELTE A CASO E CHE PERTANTO CAUSAVANO IN BREVE TEMPO DOLORI LANCINANTI AI PIEDI. LE TUTE ERANO DI DUE TIPI: UNA ESTIVA E UNA INVERNALE. IN POLONIA E IN GERMANIA LA TEMPERATURA SCENDE SOTTO LO ZERO E ALCUNI SEMPLICI PANNI DI LANA NON ERANO ASSOLUTAMENTE SUFFICIENTI A RIPARARE I CORPI DAL GELO ACUTO, TANTO CHE LE MORTI PER ASSIDERAMENTO ERANO PIÙ CHE FREQUENTI. 

IL CAMPO DI FERRAMONTI 

DI TARSI

a cura di Vanacore Marisa, classe II E

Il campo di Ferramonti, nel comune di Tarsia, in provincia di Cosenza, è stato uno dei più grandi campi di internamento italiani, che ospitò ebrei, stranieri, nemici e slavi. Il campo cominciò ad essere attivo il 20 giugno 1940, quando vi giunse un piccolo gruppo di 160 ebrei, provenienti da Roma. 

Nel 1943, al momento della liberazione, nel campo si trovavano 1.604 internati ebrei e 412 non ebrei. Il campo era costituito da 92 capannoni, situati nei pressi del fiume Crati; vi erano capannoni di 335 metri quadrati, con 2 camerate da 30 posti e capannoni da 268 metri quadrati, che accoglievano 8 nuclei failiari di cinque persone e 12 nuclei familiari da tre persone.

Ferramonti era sì unluogo di prigionia, ma non di violenza, dove si riusciva a vivere in relativa sicurezza e salute. Questo è potuto accadere grazie al comandante del campo, Paolo Salvatore, che non impose mai regole rigide. La vita nel campo scorreva quasi "nella normalità": bambini e ragazzi andavano a scuola (dall'asilo alle superiori), gli internati lavoravano, facendo una vita sociale, autogestendosi nelle varie attività. Nel campo era garantita anche l'assistenza sanitaria, arrivando a creare un primo soccorso e ad avviare un ambulatorio, attivo giorno e notte. Il 14 settembre 1943, in vista dell'avanzata degli alleati, i tedeschi erano sopraggiunti a Ferramonti per trasferire gli internati; con grande coraggio, Paolo Salvatore (che aveva già fatto scappare i prigionieri) convinse i tedeschi a non entrare nel campo, inscenando una epidemia di tifo. 

I prigionieri si sparpagliarono tra la popolazione di Tarsia, trovando rifugio nei villaggi circostanti. 

A codesta popolazione va riconosciuto il coraggio e la grande solidarietà manifestat nei confronti dei prigionieri in fuga. 

Oggi, uno dei capannoni dell'ex campo di concentramento ospita un museo.

UN GIORNO A TEREZIN

a cura di Ruocco Sirio, classe II E

Terezin Praga, 22 novembre 2022


Stamattina colazione presto, si parte per Terezin un paesino 60 km a nord di Praga. Alle 12 dobbiamo incontrarci con la nostra guida che ci accompagnerà a visitare la Piccola Fortezza.

Terezin infatti è circondata da mura fortificate ed è divisa in due parti, il ghetto e una prigione militare antica, costruita nel 1784 dall’imperatore d’Austria e poi usata dai nazisti come carcere dove venivano portati quelli che non rispettavano le regole nel ghetto. A Terezin vennero portati molti bambini di tante città diverse prima di essere spediti ad Auschwitz dove furono assassinati nelle camere a gas.

Alle ore 11:00 entriamo nel ghetto e al museo ci dicono che la visita con la guida è stata spostata alle 13, così abbiamo il tempo di guardare dei video e alcuni disegni dei bambini imprigionati lì. Troviamo un filmato con spiegazioni in italiano sulla visita a Terezin della Croce Rossa per controllare che non si faceva là niente di brutto. Infatti i nazisti fecero vestire per bene i prigionieri grandi e piccoli, organizzarono giochi e partite di pallone per dimostrare a tutti che le persone stavano bene e non venivano maltrattate. Era tutto finto e quando quelli della Croce Rossa se ne andarono, molti vennero spediti ad Auschwitz.

Dopo aver guardato modellini, disegni e letto poesie andammo alla piccola fortezza dove ci aspettava la nostra guida.     

Vedemmo la scritta sulla porta del campo, visitammo le stanze dove dormivano i prigionieri, c’erano anche delle celle strette e buie dove venivano messi quelli più pericolosi.

Ci raccontarono le terribili condizioni in cui vivevano e sinceramente sono rimasto molto scombussolato. La cosa che più mi ha colpito è stata l’intelligenza e la bravura di tre uomini che riuscirono a scappare facendo un piccolo buco nel muro, mentre i tedeschi festeggiavano. 


Questa è una foto del muro da cui fuggirono, prima di loro ci avevano provato altri ma erano stati uccisi dalle guardie. Quindicimila bambini e ragazzi sono stati a Terezin e solo 100 si sono salvati. Vedevano cose orribili che hanno espresso con i loro disegni ma anche cose che gli adulti non riuscivano più a vedere, come la speranza di salvarsi, tornare a casa loro, il sogno di bere litri di limonata o latte e mangiare tantissime caramelle. Tutto questo c’è nei loro disegni fatti insieme ad una maestra di arte che li seguiva e li faceva esprimere liberamente. Ci sono anche poesie che scrivevano, ma erano più tristi dei disegni, parlavano della paura, del dolore e di andare in un posto dove le persone fossero migliori. I disegni e le poesie sono quello che è rimasto di loro ma come disse la guida con quelle opere hanno lottato e vinto la morte. E’ un’esperienza che mi ha particolarmente segnato.

Questa è la poesia di un bambino che viveva in quelle condizioni s’intitola:

Attesa


Il vento canta tra le chiome degli alberi 

un triste canto pieno di nostalgia:

casa mia, casa mia,

ma il tempo non passa mai

nell’attesa ardente della buona sorte 

... aspetteremo forse la morte.


Quando finirà questa vita martoriata

vivremo ancora qualche anno felice?

Niente risposta, solo un’attesa senza fine.

Forse tra un anno, forse tra un mese, forse domani,

Sì, sarà una bella mattina

E torneremo a vivere!

  Iris