Zazen

Data pubblicazione: Jun 24, 2014 3:21:20 PM

Tratto da:

OSHO RAJNEESH

MEDITAZIONE: LA PRIMA E ULTIMA LIBERTÀ

Una guida pratica alla meditazione redatta da Swami Deva Wadud

Traduzione di Sw. Anand Videha, Ma Prem Sharda, Ma Deva Manisha, Ma Deva Arattha

Opere di Osho Rajneesh pubblicate dalle Edizioni Mediterranee

Zazen

Lo Zen invita a stare semplicemente seduti. Senza far nulla. Stare

seduti senza far nulla è la cosa più difficile del mondo.

Ma quando hai capito il trucco, se perseveri nello stare seduto alcuni

mesi, per qualche ora al giorno, senza saltare un solo

giorno, pian piano accadranno molte cose. Ti sentirai assonnato,

sognerai. La tua mente verrà affollata da molti pensieri, da

molte cose. La mente dirà: "Perché sprechi il tuo tempo? Avresti

potuto guadagnare un po' di soldi. Per lo meno avresti

potuto andare al cinema, svagarti, oppure rilassarti e spettegolare.

Avresti potuto guardare la TV o ascoltare la radio, o

quanto meno leggere il giornale che ancora non hai scorso. Perché

sprechi il tuo tempo?"

La mente ti controbatterà in mille modi, ma se continui ad ascoltare,

senza preoccuparti di lei... opererà ogni sorta di

tranelli; produrrà allucinazioni, sogni, assopimento. Farà tutto il

possibile per trascinarti fuori dal tuo semplice restare

seduto. Ma se perseveri, se sei costante, un giorno sorgerà il sole.

Un giorno accade, non ti sentirai più assonnato, la mente si sarà

stancata di te, si sarà stufata, lascerà perdere l'idea che ti

può intrappolare, chiuderà ogni contatto con te!

Non ci sarà più sonno, né allucinazioni, né sogni, né pensieri. Sarai

semplicemente seduto, senza far nulla... e tutto sarà

silenzio, quiete e beatitudine. Sei entrato in Dio, hai raggiunto la verità.

Puoi stare seduto ovunque, ma qualsiasi cosa guardi non dovrebbe

essere troppo stimolante. Ad esempio, gli oggetti non

dovrebbero muoversi troppo. Diventerebbero una distrazione.

Puoi guardare gli alberi, non sono un problema perché non si muovono e

la scena rimane immobile. Puoi guardare il cielo,

oppure stare semplicemente seduto in un angolo e guardare il muro.

Inoltre, non guardare qualcosa in particolare: guarda il semplice

vuoto. Visto che gli occhi sono presenti si deve guardare

qualcosa, ma tu non guardi qualcosa di specifico. Non mettere a fuoco,

né ti devi concentrare, su qualcosa: l'immagine

dev'essere soffusa. E una cosa che rilassa moltissimo.

E come quarta cosa, rilassa il tuo respiro. Non respirare, lascia che

accada. Lascia che sia naturale e questo ti rilasserà ancor

di più.

La quarta cosa da ricordare è questa: lascia che il tuo corpo resti il

più immobile possibile.

Come prima cosa trova una posizione confortevole. Puoi sederti su un

cuscino o su un materasso o su qualsiasi cosa ti faccia

sentir comodo, ma quando ti sei sistemato, resta immobile, perché se

il corpo non si muove, automaticamente la mente cade

in silenzio.

In un corpo in movimento, anche la mente continua a muoversi, perché

corpo-mente non sono due cose separate. Sono una

cosa sola... è una sola energia.

All'inizio sarà un po' difficile, ma dopo qualche giorno godrai

moltissimo questa meditazione. E col tempo, vedrai cadere

Strato dopo strato la tua mente, e verrà il momento in cui sarai

semplicemente senza mente.

- Istruzioni -

Siediti di fronte a un muro vuoto, all'incirca alla distanza di un

braccio. Gli occhi dovrebbero essere semiaperti, quindi

lascia che lo sguardo si riposi con leggerezza sul muro. Tieni la

schiena diritta, e adagia le mani l'una nell'altra con i pollici

che si toccano, a formare un ovale, all'altezza dell'ombelico. Resta

quanto più fermo ti è possibile per trenta minuti.

Mentre sei seduto, concediti una consapevolezza priva di fuoco, non

dirigere la tua attenzione su qualcosa in particolare, ma

resta quanto più recettivo e sveglio ti è possibile, attimo dopo attimo.

- La risata dello Zen -

Un giorno Buddha annunciò che avrebbe tenuto un discorso speciale, e

migliaia di discepoli giunsero da ogni dove.

Quando Buddha comparve, teneva in mano un fiore. Il tempo passava, ma

Buddha non diceva nulla. Si limitava a guardare

il fiore. La folla divenne impaziente, ma Mahakashyapa, che non riuscì

più a trattenersi, rise.

Buddha gli disse di farsi avanti, gli porse il fiore, e disse alla

folla: "Io possiedo l'occhio del vero insegnamento. Tutto ciò

che ho potuto dare tramite le parole l'ho dato a voi tutti; ma con

questo fiore, dò a Mahakashyapa la chiave di questo

insegnamento".

E uno degli aneddoti più significativi, perché in questo modo venne

trasmessa la tradizione dello Zen. Buddha fu la fonte,

Mahakashyapa fu il primo Maestro, il Maestro fondatore dello Zen, e

questa storia è l'origine di tutta la tradizione Zen, una

delle più belle e più vive mai esistite sulla terra.

Cercate di capire questa storia. Una mattina Buddha si presentò alla

folla che come al solito si era riunita. Molte persone

aspettavano di sentirlo parlare.

Ma una cosa era nuova: aveva in mano un fiore. Mai, in precedenza,

aveva portato qualcosa. La gente pensò che qualcuno

glielo avesse regalato.

Buddha si fece avanti, si sedette sotto l'albero. La folla aspettò e

aspettò ma lui non iniziava a parlare. Non guardava

neppure i presenti. Continuava a guardare il fiore. Passarono i

minuti, le ore, e la gente divenne molto impaziente.

Si dice che Mahakashyapa non riuscì a trattenersi: rise sonoramente.

Buddha lo chiamò, gli diede il fiore e disse alla folla

riunitasi: "Tutto ciò che può essere detto tramite le parole, l'ho

detto a voi tutti, e ciò che non può essere detto attraverso le

parole, lo dono a Mahakashyapa. La chiave non può essere trasmessa

attraverso le parole. E io dono la chiave a

Mahakashyapa".

Ma per lo Zen questa< fu l'origine. Mahakashyapa divenne il primo

detentore della chiave. Dopo di lui, in successione,

esistettero in India sei detentori, fino a Bodhidharma. Egli fu il

sesto detentore della chiave, ma cercò a lungo in tutta l'India,

senza riuscire a trovare un uomo che avesse le capacità di

Mahakashyapa, un uomo che potesse comprendere il silenzio. Per

cercare l'uomo a cui poter trasmettere la chiave dovette lasciare

l'India, altrimenti sarebbe andata perduta.

Con Bodhidharma alla ricerca di un uomo a cui passare la chiave, un

uomo in grado di comprendere il silenzio, capace di

parlare cuore a cuore senza essere ossessionato dalla mente, un uomo

che non avesse una testa, il buddhismo entrò in Cina.

Questa comunicazione al di là delle parole è possibile solo da cuore a

cuore. Per cui, per nove anni, Bodhidharma cercò in

tutta la Cina, e alla fine riuscì a trovare un solo uomo.

Un cinese divenne il settimo Maestro. E fino a oggi la chiave ha

viaggiato. Esiste ancora; qualcuno ancora la detiene. Il

fiume non si è ancora inaridito.

Perfino a un Buddha chiediamo che parli, perché è la sola cosa che

riusciamo a comprendere. E sciocco! Con un Buddha

dovreste imparare a stare in silenzio, perché solo in quel caso egli

può entrare in voi. Con le parole può bussare alla vostra

porta, ma non potrà mai entrare; tramite il silenzio può entrare in

voi, e se non riesce a farlo, non vi accadrà nulla. Il suo

entrare in voi introdurrà un elemento nuovo nel vostro mondo; il suo

entrare nel vostro cuore vi darà un nuovo battito e una

pulsazione nuova, sprigionerà in voi una nuova vita, ma solo se entra in voi.

Mahakashyapa rise della stupidità dell'uomo. I presenti erano inquieti

e pensavano: "Quando si alzerà Buddha e finirà di

stare zitto, così poi potremo andarcene a casa?", e lui rise.

Con Mahakashyapa iniziò la risata, e nella tradizione Zen è

proseguita, secolo dopo secolo. Non esiste un'altra tradizione in

grado di ridere: nei monasteri Zen, si è continuato a ridere e si ride ancora.

Mahakashyapa rise, e questa risata porta con sé molte dimensioni. La

prima è riferita alla stupidità di quella situazione, in

cui un Buddha è zitto e nessuno lo capisce, tutti si aspettano che

parli. Per tutta la sua vita Buddha ha ripetuto che la verità

non può essere espressa a parole, eppure tutti si aspettano che parli.

La seconda dimensione: egli rise anche di Buddha, della commedia che

aveva creato, stando seduto con un fiore in mano,

guardandolo, creando tanto disagio, tanta inquietudine, in tutti. Egli

rise di questo gesto teatrale di Buddha, rise a crepapelle.

La terza dimensione: egli rise di se stesso. Come era riuscito a non

capire, fino a quel momento? Era una cosa elementare,

semplicissima. E il giorno in cui comprendi, riderai, perché vedrai

che non c'è nulla da comprendere. Non esistono difficoltà

da risolvere. Tutto è sempre stato semplice e chiaro. Come hai potuto

non capire?

Con Buddha seduto in silenzio, il canto degli uccelli sugli alberi, la

brezza che scorre tra i loro rami, e tutti i presenti a

disagio, Mahakashyapa comprese.

Cosa comprese? Comprese che non c'è nulla da comprendere, non c'è

nulla da dire, nulla da spiegare. L'intera situazione è

semplice e cristallina: nulla è nascosto. Non occorre ricercare,

perché ogni cosa è dentro di te, qui e ora.

Rise anche di se stesso, dell'assurdità di uno sforzo protrattosi per

vite intere, solo per capire questo silenzio, rise di tanto

pensare.

Buddha lo chiamò, gli diede il fiore e disse: "Ecco, ti dono la chiave".

Quale chiave? Il silenzio e la risata sono la chiave: silenzio

all'interno e la risata all'esterno. E quando la risata scaturisce dal

silenzio, non è di questo mondo, è divina.

Quando la risata scaturisce dal silenzio, non ridi alle spalle di

nessuno. Ridi semplicemente di questo immenso scherzo

cosmico. Ed è veramente una barzelletta! Per questo continuo a

raccontarvi barzellette, perché hanno più sostanza di

qualsiasi testo sacro.

E una barzelletta, perché dentro di te hai tutto, e tu ne sei alla

ricerca ovunque. Esiste barzelletta migliore?

Sei un re, e ti comporti come un mendicante; non solo reciti la parte

del mendicante, non solo inganni gli altri, inganni

anche te stesso, credendoti un mendicante. Hai in te la fonte di ogni

sapere e poni domande; possiedi il Sé senziente e pensi

di essere ignorante; possiedi in te l'immortalità e temi la morte e la malattia.

Questa è una barzelletta splendida, e se Mahakashyapa rise, fece

benissimo. In seguito Mahakashyapa rimase in silenzio, e

in silenzio il fiume interiore ha continuato a scorrere: la chiave è

stata passata ad altri, ed è ancora viva, ancora apre quella

porta.

Questi sono i due elementi: il silenzio interiore, un silenzio così

profondo che nel tuo essere non è presente vibrazione

alcuna; tu esisti, ma non esistono increspature; sei un semplice

stagno, privo di onde, non una sola cresta si solleva; tutto il

tuo essere è in silenzio, immobile; all'interno, al tuo centro, il

silenzio. E alla periferia, la celebrazione e la risata. E solo il

silenzio può ridere, perché solo il silenzio è in grado di comprendere

lo scherzo cosmico.

A dirti la verità, il silenzio che esiste accompagnato dalla tristezza

non può essere reale. Qualcosa non è andato per il giusto

verso. Ti sei allontanato dal sentiero; hai perso la strada.

Solo la celebrazione può darti la prova che è accaduto il vero silenzio.

Che differenza esiste tra un silenzio reale e un silenzio falso? Un

silenzio falso è sempre forzato. Lo si consegue con lo

sforzo. Non è spontaneo, non è accaduto al tuo essere: tu lo hai fatto

succedere.

Sei seduto in silenzio e in te esiste un profondo tumulto. Lo reprimi,

per cui non puoi ridere. Diventerai triste, perché la

risata sarà pericolosa: se ridi, perderai quel silenzio, perché nella

risata non riuscirai a reprimerti. La risata è contraria a ogni

repressione. Se vuoi reprimerti, non dovrai ridere; se ridi, tutto

verrà a galla. Nella risata affiorerà ciò che è reale, e ciò che è

irreale andrà perduto.

Questa è la chiave: il silenzio è il suo lato interiore, e quello

esterno è la celebrazione, la risata. Sii in festa e in silenzio: crea

intorno a te occasioni sempre nuove per celebrare: non costringere la

sfera interiore a essere in silenzio, crea semplicemente

occasioni sempre nuove di festa, così che il silenzio interiore possa fiorire.

La meditazione non ti conduce al silenzio. La meditazione si limita a

creare la situazione in cui accade il silenzio. E questo

dovrebbe essere il criterio: ogni volta che il silenzio accade, nella

tua vita sorgerà anche la risata. Intorno a te avverrà una

celebrazione della vita.

Quando il silenzio diverrà incontenibile, affiorerà come risata. Sarà

così straripante che inizierà a dilagare in tutte le

direzioni. Mahakashyapa rise. Dev'essere stata una risata folle, e in

quella risata non esisteva più Mahakashyapa alcuno. Il

silenzio rideva. Il silenzio era giunto a fiorire.

La tua illuminazione è perfetta solo quando il silenzio arriva a

celebrare. Per questo insisto perché si celebri, dopo ogni

meditazione. Dopo essere stato in silenzio, ne devi godere, devi fare

un atto di ringraziamento. Devi dimostrare una

profonda gratitudine verso il Tutto, per avere la semplice occasione

di esistere, di poter meditare, di poter essere in silenzio,

di poter ridere.