Pala del Montagna

Madonna in trono con il Bambino tra i Santi

Parrocchiale di Cartigliano 1497-98

Tela rinascimentale con la Vergine Maria e del suo Gesù Bambino in mezzo a San Simone Apostolo e a San Gianbattista del grande pittore vicentino Bartolomeo Cincani detto il Montagna (Orzinuovi 1449/50-Vicenza 1523) che si trova nella chiesa di Cartigliano. La datazione precisa del capolavoro montagnesco tiene, come al solito, gli storici dell’arte un po’ discordi, sebbene nessuno fino ad ora abbia trovato un documento scritto che ne attesti la data precisa di esecuzione per la chiesa cartiglianese. Facendo una media delle varie ipotesi, essa può essere collocata nell’arco di tempo tra il 1498 al 1503, inquadrandola così con i capolavori “belliniani, mantegneschi e antonelleschi”.

Poco conosciuto al grande pubblico, cresciuto nella bottega di Giovanni Bellini, Bartolomeo Montagna è stato uno dei più interessanti artisti minori del Rinascimento veneto, capace di rielaborare il classicismo formale del Mantegna con brillante originalità. Originario di Orzinuovi, presso Brescia, terra dalla quale partì il padre per trasferirsi al Biron di Monteviale, fu il primo grande pittore di Vicenza che avrebbe lasciato nelle sue Madonne e nelle sue Sacre rappresentazioni per le pale d’altare un saggio di straordinaria qualità sia per invenzione e ricerca formale, sia per colorito.

Il capolavoro montagnesco della pala cartiglianese, dopo la sua riscoperta critica e la contestuale presa di coscienza delle precarie condizioni conservative dell’opera, dava origine già nei primi anni del 1900, ad alcuni interventi di restauro, che furono determinanti per l’attuale assetto dell’opera.

Nel 1905 la pala era collocata nella cappella del Rosario all’interno di un altare settecentesco, che inglobava parti della cornice originaria; il dipinto risultava mutilo nella parte inferiore, probabilmente per consentire l’inserimento in passato di un tabernacolo o di un ciborio.

Il primo radicale intervento, voluto dal Fogolari ed eseguito dal Betto tra il 1906 e il 1915, comportò, oltre alle necessarie operazioni di restauro, la ricostruzione per via analogica della lacuna inferiore e la realizzazione dell’attuale cornice, che mantiene al suo interno le parti residue di quella originaria. Ne seguirono altri interventi, cambiò anche varie volte la sua collocazione all’interno della chiesa, ma fu nel 1952, dopo un nuovo intervento ad opera del Pelliccioli e dell’Arrigoni che la pala fu riportata nella primitiva collocazione ed inserita in posizione centrale, rispetto ai riscoperti affreschi di Jacopo e Francesco Bassano (1575) (Sgarbi, 1978).

Un ulteriore restauro, realizzato nel 1979-80 da Ottorino Nonfarmale, ha preceduto quello appena concluso (2010), progettato e diretto con finanziamento ministeriale dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici delle provincie di Verona, Rovigo e Vicenza, ed eseguito dalla Ditta Akribeia di Maria Beatrice Girotto , con la direzione di Donata Samadelli.

Il giudizio espresso dalla critica nei confronti della pala di Cartigliano ha a volte risentito dell’inferiore valutazione della matura attività del Montagna. Il Longhi (1946) vi vide “una lieve materializzazione dell’antonnellismo”; a sua volta il Tanzi (1990) ha accennato a “uno scadimento d’ispirazione del Montagna, che corrisponde ad una sua penetrazione capillare nel territorio vicentino” avvicinando al dipinto di Cartigliano la pala di San Giovanni Ilarione, la Sacra Conversazione del Museo di Glasgow, proveniente da Bassano di Sandrigo e la Natività della parrocchiale di Orgiano.

In realtà la qualità altissima della tela di Cartigliano la pone, rispetto alla produzione dell’artista vicentino in “un momento decisivo nella parabola di Bartolomeo. La ferma saldezza dei nessi compositivi si allenta, e si viene ammorbidendo la cristallina stilistica materia in cui in precedenza erano modellate le forme”. (Puppi 1964). L’opera costituisce in realtà una sintesi formidabile della prima maturità dell’artista con esiti di straordinario equilibrio formale e compositivo e di estrema naturalezza, qualità distintive dell’arte del Montagna.

Tratto da:

Donata Samadelli, Un capolavoro di Bartolomeo Montagna per la chiesa dei santi Simone e Giuda a Cartigliano Bozzetto Edizioni s.r.l ottobre 2010