Lett. Dopo la morte, la resurrezione. Ma che cos’è la resurrezione fra le nostre mura? È la semplice sconfitta della malattia? Il ritorno a un’effimera potenza umana? Potrebbe essere solo questo, certo. Ma è molto di più: Cristo, risuscitando, ci riveste di una divina sostanza. Cristo uomo-patiens è venuto per noi, abita fra noi, si serve di noi. Camminando accanto a noi e ai malati ci guida alla realizzazione di una casa: la casa dell’uomo, la casa di Dio. La debolezza di Dio trionfa: ogni potenza è ora sconvolta. L’ora è venuta ed è questa, o Padre, in cui glorifichi il Figlio amato. Il nostro spirito sia un vaso aperto, sempre pronto ad accogliere, a perdonare, a scoprire gli altri; dobbiamo impossessarci del Regno di Dio; Lui ce lo chiede. E ci chiede di non pensarlo lassù, astratto, lontano, ma qui in terra dove il nostro amore deponga dalla croce mille sofferenti in attesa della resurrezione.
Lett. Pure per noi sia veramente Pasqua, Signore. Vieni ed entra nei nostri chiusi cenacoli perché abbiamo tutti e di tutto paura: paura di credere, paura di non credere, paura di essere liberi; e poiché la tentazione di cintarci in antichi steccati è sempre grande, vieni ed abbatti le porte dei cuori, le diffidenze e i molti sospetti, soprattutto fra quanti dicono di crederti. Incatenaci all’amore e che ci sia finalmente rispetto per l’uomo e rispetto per le cose. Noi, sicuri del cielo incarnatosi nella terra e divenuti operatori nella terra elevata al cielo; liberi tutti e tutti risorti per Amore
INSIEME
Ti guardo, Signore, appeso ai chiodi.
Le ossa ed i muscoli slogati dalla fatica e dagli strappi,
come morto corpo allentati nella pelle gocciolante.
Fremiti di vitalità che rifiuta a spegnersi.
Le orbite velate nell’asfissia del dissanguamento.
Cerco le pupille ancor vivide di intesa nell’amore.
Ardo di toglierti da lì, mio Signore!
“Mi uccideresti due volte, uccideresti l’amore”.
“Ma vengo io al tuo posto, Signore”
“Sì, ma non ora.
Ora mettiti in ogni uomo che come me,
vive la sua Croce, senz’amore”.
don Luigi M. Verzè
LA PASSIONE DI MARIA
Sapevi, Maria, sapevi quando hai detto “sì”,
sapevi che questo tuo “sì” sarebbe finito così?
Sapevi che questo “sì” davanti a ciò che non conoscevi,
sapevi che l’avresti dovuto ridire più volte?
Sapevi che una spada di dolore avrebbe trapassato il tuo cuore?
Ti ha fatto dire di sì quando ha abbandonato la casa lasciandoti sola.
Ti ha fatto sopportare ogni calunnia che si diceva di lui.
Hai capito che lo si trattava da folle, da posseduto.
Senza dubbio hai assistito a tutte le dispute con i farisei
e l’hai visto salire a Gerusalemme dove doveva morire.
Sapevi, Maria, sapevi che un giorno queste parole
avrebbero lacerato il tuo cuore: “Merita la morte!”?
L’hai seguito passo passo:
aveva una trave sulle spalle, saliva il monte Calvario.
L’hai visto conficcare alla forca della croce, tra due malfattori.
E la folla sghignazzava. E i soldati lo insultavano.
Tu non distoglievi gli occhi da lui.
Tu hai sentito il suo ultimo respiro,
hai accolto il suo ultimo sospiro.
Sapevi, Maria, sapevi che il figlio che tenevi tra le braccia,
sapevi che questo bambino che allattavi, sapevi che un giorno avrebbe
riposato, morto, sulle tue ginocchia?
Potevi sapere che un’enorme pietra sarebbe rotolata tra te e lui
e si sarebbe rinchiusa sulla morte?
Ed hai dovuto dire ancora “sì”.
Canta, Maria, canta! Canta al mio cuore la gioia che ti ha invaso.
E’ vivo, tuo figlio, per sempre!
Canta, Maria, canta la gioia del tuo “sì”
che ogni giorno ormai riecheggia.
Canta, Maria, canta l’amore che Dio ha messo nel tuo cuore e
dimmi il tuo segreto, insegnami a dire “sì” nella notte e nel dubbio.
Ricordami che più forte della sofferenza e della morte
sgorgherà la vita.
Dimmi ancora che di sì in sì Dio mi chiama più lontano
e che mi fa camminare sulla strada dell’amore
dove spesso la sofferenza è mescolata alla gioia.
Charles Delhez