Sala V

Sala della donazione Roscioli

Busto di Bartolomeo Roscioli (1627 ca.), marmo scolpito

Gian Lorenzo Bernini,


Giovanni Maria Roscioli probabilmente commissionò i ritratti in marmo dei suoi genitori a Roma. Questi furono collocati nella cappella Roscioli del Duomo nel 1709 e successivamente trasferiti nelle nicchie della sagrestia. Furono trascurati dagli storici dell'arte fino all'inizio del XX secolo, quando Michele Faloci Pulignani li riconobbe come opere di Gianlorenzo Bernini.I busti sono attribuiti per motivi stilistici alle diverse fasi della carriera del Bernini:Il busto di Bartolomeo Roscioli fu probabilmente giustiziato all'epoca della sua morte, nel 1634.Il busto postumo di sua moglie Diana potrebbe essere stato associato a un lascito fatto da Giovanni Maria Roscioli a Bernini quando morì nel 1644.

I CAPOLAVORI DELLA DONAZIONE ROSCIOLI

La famiglia Roscioli, originaria di Roccafranca, insediamento fortificato della montagna folignate, intrattenne rapporti di amicizia con il vescovo di Spoleto Maffeo Barberini e ne fu beneficiata quando questi ascese al pontificato, nell’agosto del 1623, con il nome di Urbano VIII. Così Bartolomeo Roscioli, figlio di un notaio, poté entrare nell’orbita del Barberini, divenendone cameriere segreto, e trasferirsi a Roma, dove gli fu consentito di edificare un palazzo nei pressi della Fontana di Trevi.

Precocemente vedovo, Bartolomeo aveva sposato nel 1606 una giovane folignate, Diana de Paulo, da cui ebbe sei figli, il primo dei quali, Giovanmaria, nato nel 1609, fu destinato a una brillante carriera ecclesiastica. Nel testamento redatto da Bartolomeo poco prima di morire (1634) figurano, tra i beni elencati, numerosi quadri, ma ancor più notevole è l’inventario redatto nel 1641 delle opere d’arte ( vi figurano 110 pezzi ) che Giovanmaria conservava nei suoi appartamenti di San Pietro e di Monte Cavallo. Una nota di spese redatta tra 1631 e 1643 testimonia la familiarità di Giovanmaria Roscioli con artisti come il pittore mevanate Andrea Camassei, il francese Trophime Bigot e il cavalier Gian Lorenzo Bernini.

Giovanmaria morì giovane, nel 1644 ( lo stesso anno in cui morì Urbano VIII ) lasciando i suoi beni ai fratelli. L’eredità si concentrò infine nelle mani di un nipote, Giuseppe Salvi Roscioli, che nel testamento redatto nel 1703 lasciò erede universale la Cappella Roscioli, ovvero la Cappella Maggiore del duomo di San Feliciano.

Il rinnovamento e l’abbellimento del presbiterio e dell’altare maggiore della Cattedrale realizzato nei primi decenni del Settecento si deve all’eredità Roscioli: il baldacchino, le decorazioni pittoriche, gli stucchi, le cantorie degli organi sono frutto della munificenza di questa famiglia, ma le numerose opere d’arte che formavano la quadreria Roscioli, tranne alcune, vennero irrimediabilmente disperse.