Sala V
Sala della donazione Roscioli
I CAPOLAVORI DELLA DONAZIONE ROSCIOLI
La famiglia Roscioli, originaria di Roccafranca, insediamento fortificato della montagna folignate, intrattenne rapporti di amicizia con il vescovo di Spoleto Maffeo Barberini e ne fu beneficiata quando questi ascese al pontificato, nell’agosto del 1623, con il nome di Urbano VIII. Così Bartolomeo Roscioli, figlio di un notaio, poté entrare nell’orbita del Barberini, divenendone cameriere segreto, e trasferirsi a Roma, dove gli fu consentito di edificare un palazzo nei pressi della Fontana di Trevi.
Precocemente vedovo, Bartolomeo aveva sposato nel 1606 una giovane folignate, Diana de Paulo, da cui ebbe sei figli, il primo dei quali, Giovanmaria, nato nel 1609, fu destinato a una brillante carriera ecclesiastica. Nel testamento redatto da Bartolomeo poco prima di morire (1634) figurano, tra i beni elencati, numerosi quadri, ma ancor più notevole è l’inventario redatto nel 1641 delle opere d’arte ( vi figurano 110 pezzi ) che Giovanmaria conservava nei suoi appartamenti di San Pietro e di Monte Cavallo. Una nota di spese redatta tra 1631 e 1643 testimonia la familiarità di Giovanmaria Roscioli con artisti come il pittore mevanate Andrea Camassei, il francese Trophime Bigot e il cavalier Gian Lorenzo Bernini.
Giovanmaria morì giovane, nel 1644 ( lo stesso anno in cui morì Urbano VIII ) lasciando i suoi beni ai fratelli. L’eredità si concentrò infine nelle mani di un nipote, Giuseppe Salvi Roscioli, che nel testamento redatto nel 1703 lasciò erede universale la Cappella Roscioli, ovvero la Cappella Maggiore del duomo di San Feliciano.
Il rinnovamento e l’abbellimento del presbiterio e dell’altare maggiore della Cattedrale realizzato nei primi decenni del Settecento si deve all’eredità Roscioli: il baldacchino, le decorazioni pittoriche, gli stucchi, le cantorie degli organi sono frutto della munificenza di questa famiglia, ma le numerose opere d’arte che formavano la quadreria Roscioli, tranne alcune, vennero irrimediabilmente disperse.