Con il Ciclope Odisseo si dimostra astuto e capace di pianificare in tutti i dettagli un efficace stratagemma per uscire dal pericolo
Οὖτις ἐμοί γ᾽ ὄνομα· Οὖτιν δέ με κικλήσκουσι / μήτηρ ἠδὲ πατὴρ ἠδ᾽ ἄλλοι πάντες ἑταῖροι
IX 366-367
Nessuno ho nome: Nessuno mi chiamano madre e padre e tutti quanti i compagni
L'offerta
Allora io standogli accanto dissi al Ciclope,
tenendo con le mani una ciotola di nero vino:
"Su, bevi il vino, Ciclope, dopo aver mangiato la carne umana,
perché tu sappia che bevanda è questa che la nostra nave
serbava. Te l'avevo portato in offerta, semmai impietosito
mi mandassi a casa. Ma tu sei insopportabilmente furioso.
Sciagurato, chi altro dei molti uomini potrebbe venire
in futuro da te? perché non agisci in modo giusto".
Dissi così, lui lo prese e lo tracannò: gioì terribilmente
a bere la dolce bevanda e me ne chiese ancora dell'altro:
"Dammene ancora, da bravo, e dimmi il tuo nome,
ora subito, che ti do un dono ospitale di cui rallegrarti.
L'inganno
E allora io spinsi sotto la gran cenere il palo
finché si scaldò: a tutti i compagni feci
coraggio, perché nessuno si ritraesse atterrito.
E appena il palo d'ulivo stava per avvampare
nel fuoco, benché fosse verde — era terribilmente rovente — ,
allora lo trassi dal fuoco. I compagni stavano
intorno: un dio ci ispirò gran coraggio.
Essi, afferrato il palo d'ulivo, aguzzo all'estremità,
lo ficcarono dentro il suo occhio; io, sollevatomi, lo giravo
di sopra, come quando uno fora un legno di nave
col trapano, che altri di sotto muovono con una cinghia
La via di fuga
E il piano migliore mi parve nell'animo questo:
c'erano alcuni montoni ben nutriti e villosi,
belli e grandi, ricoperti di lana violetta.
Li legai in silenzio con i vimini torti,
sui quali dormiva l'enorme Ciclope maligno,
afferrandone tre: quello in mezzo portava un compagno,
gli altri due avanzavano ai lati coprendo i compagni.
NESSUNO
Il nome
"Ciclope, mi chiedi il nome famoso, ed io
ti dirò: tu dammi, come hai promesso, il dono ospitale.
Nessuno è il mio nome: Nessuno mi chiamano
mia madre e mio padre e tutti gli altri compagni".
ξενία e μῆ τις
La ξενια era il concetto di ospitalità nell'antica Grecia. Esso era sacro e protetto da Zeus ξενιος (Xenios). Quando uno straniero si presentava alla porta il padrone di casa non poteva negargli ospitalità altrimenti si sarebbe attirato l'ira di Zeus.
Veniva chiamato "ospite" sia lo straniero sia colui che
lo accoglieva.
Quando un uomo forniva ospitalità ad un altro,
le famiglie di entrambi venivano legate per sempre.
Infatti colui che era stato ospitato avrebbe dovuto ricambiare, accogliendo nella propria casa l'uomo che lo aveva accolto o un suo discendente. Le famiglie ospiti, per essere sicure di ritrovarsi, si scambiavano dei "simboli" (dal verbo συμβάλλω): un legno o una pietra, venivano spezzati a metà ed una parte veniva consegnata all'uomo ospitante e l'altra allo straniero, così nel caso in cui un discendente dei due avesse avuto bisogno di un rifugio le due metà sarebbero state ricongiunte, per dimostrare l'autentica appartenenza alla famiglia ospite.
Dunque Ulisse vuole consegnare il vino al ciclope come segno di ospitalità, però il ciclope essendo rozzo e non conoscendo le giuste usanze, non rispetta il vincolo di ospitalità. Il ciclope come unico dono promette ad Ulisse che l'ultimo uomo che mangerà sarà lui.
La metis delinea il comportamento di Ulisse caratterizzato dal multiforme ingegno. Essa viene posta in risalto da Omero nei diversi brani dell’Odissea.
Soprattutto nell'avventura con Polifemo vediamo un Ulisse capace di utilizzare le proprie risorse intellettuali per uscire dalla difficile situazione.
Vi è per la prima volta il ricorso alla violenza dell’eroe per salvare sé e i suoi compagni, si dimostra pertanto affettuoso verso di loro.
La metis è caratterizzata dalla furbizia.
Tuttavia, per combattere il mostro si dimostra previdente e prudente, non si lascia prendere dalla paura ma è spinto dalla curiosità di conoscere