In più episodi del poema Odisseo mente ai suoi interlocutori, inventando false identità e vite parallele
ἴσκε ψεύδεα πολλὰ λέγων ἐτύμοισιν ὁμοῖα XIX 203
diceva parlando molte menzogne simili al vero
Abbiamo potuto analizzare la figura di Odisseo sotto varie sfaccettature, ma non lo abbiamo ancora analizzato sotto le spoglie di abile mentitore nelle quali si trova perfettamente a suo agio. In diverse situazioni l’eroe si rivela un perfetto bugiardo abilissimo a coniugare la verità.
Una frase-chiave che riassume molto bene l’attitudine di Odisseo è il fatto di dire “menzogne simili al vero”, elemento ricorrente anche nell’incipit nella Teogonia di Esiodo (v. 27). Il dire menzogne simili al vero non è una caratteristica propria solo di Ulisse, ma anche della figura dell’aedo-rapsodo, abile appunto nel raccontare bugie simili alla realtà durante la sua performance.
MENTIRE AD UNA DEA Libro XIII
Concluso il lungo racconto del suo viaggio, Odisseo giunge a Itaca su una nave guidata dai Feaci, i quali lo lasciano dormiente sulle rive della sua isola natale insieme ai doni del loro re Alcinoo.
Al suo risveglio, non riconoscendo immediatamente l’isola, sulla quale non aveva messo piede da venti anni, l’eroe chiede alla dea Atena, apparsagli nelle sembianze di un giovane pastore, dove si trovi. Odisseo, mentendo, dice di essere fuggito da Creta per aver ucciso Orsiloco, uno dei figli del re di Creta Idomeneo. Questi infatti voleva sottrargli il bottino guadagnato a Troia, lamentando la scarsa reverenza dell’eroe verso il padre.
Atena si rivela a Odisseo e lo accusa, rimproverandolo in maniera quasi materna, di aver tentato di ingannare una dea e di non saper abbandonare le sue astuzie e i suoi “racconti bugiardi” nemmeno in patria. Ancora una volta la dea rinnova il proprio appoggio a Odisseo per infondergli fiducia, ricordandogli il proprio aiuto in passato e spiegandogli il piano preparato per lui per il ritorno nella reggia invasa dai Proci.
In questo passo possiamo notare che Odisseo alterna episodi che gli sono realmente accaduti (come l’aver combattuto a Troia, aver viaggiato lungamente per mare, essere giunto sull’isola su una nave straniera ed essere stato lasciato dormiente con le sue ricchezze a Itaca) con eventi fittizi (la sua identità, il soggiorno a Creta, l’uccisione di Orsiloco, la fuga). Questo stratagemma dell’utilizzo di menzogne simili al vero permette a Odisseo di saper parlare con facilità, conoscendo bene gli ambienti e le situazioni.
Atena lo definisce furbo, impudente, mai sazio di frodi e fecondo inventore; lo apostrofa in questo modo e lo redarguisce poiché, come detto in precedenza, non è in grado di lasciare da parte le sue astuzie e inganni neanche in patria. Quest’ultima frase è una chiara anticipazione del tranello ingannevole che Odisseo vuole tendere ai Proci. Atena dimostra sin da subito la sua vicinanza emotiva, definendo Odisseo il più astuto tra gli uomini come lei stessa è la più astuta tra gli dei. Si può dire che la figura di Atena in questo passaggio rappresenta il prototipo del ruolo di aiutante nei romanzi, anche se lei non è subordinata al protagonista come un normale aiutante, ma anzi è molto più potente e determinante secondo la mentalità greca.
DISCORSO AD ANTNOO Libro XVII
Il secondo racconto proposto sembra all’apparenza banale e poco ricco, ma con diversi spunti da analizzare nel dettaglio.
Odisseo inventa un altro racconto breve e molto chiaro, ma lo fa come al solito con la sua immancabile astuzia e genialità: l’eroe greco non crea interamente una storia, ma costruisce il racconto attorno a eventi realmente accaduti e aggiunge e mischia altri elementi non veritieri che però non intaccano direttamente il succo della storia, ma la rendono più credibile e simile al vero.
Odisseo inizia il racconto, descrivendo una condizione di totale benessere e ricchezza (come era effettivamente prima della guerra) e poi per volere divino si è trovato a dover ancorare le navi in Egitto (menzogna non lontana dal vero); in questo punto si può compiere un parallelismo tra l’episodio dei buoi di Iperione uccisi e consumati dai suoi compagni (fatto realmente accaduto) e il saccheggio e le razzie compiute sempre dai suoi compagni in una città egiziana (episodio totalmente inventato e senza nessun elemento veritiero).
Odisseo dunque riesce a comunicare il messaggio di tracotanza e mancanza di buona ragione e intelligenza dei suoi compagni, ma descrivendo un episodio nuovo e distaccato, risultando comunque perfettamente convincente.
In questo brano ci sono due importanti riferimenti al potere e alla superiorità divina di Zeus, padrone del fato e in grado di maneggiare e decidere gli eventi futuri: l’elemento di influenza e potenza divina sono perennemente presenti nei poemi omerici, ma è interessante come Omero riesca a inserire per due volte questo fattore nello spazio di trenta versi, sottolineando ancora una volta la grande devozione e ossequio spirituale verso il divino.
Negli ultimi versi Odisseo, dopo aver brillantemente giustificato la mancanza di altri compagni, puniti da Zeus, e spiegato il viaggio fatto fino a quel punto, riconnette il filone narrativo del racconto falso alla sua situazione attuale e reale, dimostrando ancora una volta di sapersi destreggiare con facilità anche su più livelli narrativi e viaggiando costantemente sul sottile confine che separa la verità dalla menzogna.
ODISSEO MENTE A PENELOPE Libro XIX
Odisseo e Telemaco, con l’aiuto di Atena, ripongono le armi dei proci fuori dalla sala dove essi banchettavano: quindi Telemaco si ritira e Odisseo, sempre sotto le spoglie di mendicante, si scontra con Melanzio, il quale lo vuole allontanare dalla reggia. Avendo la regina ripreso quest’ultimo, finalmente avviene l’incontro tra Penelope e l’eroe. La donna chiede a colui che crede un forestiero notizie del marito e gli rivela di aver trattenuto i pretendenti con lo stratagemma della tela: avendo promesso che, una volta concluso il lenzuolo funebre di Laerte, padre di Odisseo, avrebbe preso nuovamente marito tra i pretendenti, ella il giorno tesseva e la notte disfaceva la tela.
Odisseo, in risposta alla richiesta di presentazione, dice di essere Etone, figlio di Deucalione e fratello di Idomeneo, proveniente da Creta e di essere da tempo lontano dalla propria patria. Narra che proprio sulla sua isola aveva incontrato Odisseo, partito per Troia da dieci giorni e costretto dal vento sfavorevole a trattenersi a Creta. Racconta di averlo ospitato e onorato e che egli fosse ripartito dopo 13 giorni.
Penelope mentre ascolta piange, eppure l’eroe mentitore riesce ad apparire impassibile.
Dunque egli, rispondendo alla richiesta della regina per assicurarsi della veridicità delle parole del mendicante, le descrive, avendo finto insicurezza, il mantello che indossava Odisseo al momento del loro incontro e la spilla che Penelope stessa gli aveva donato. Dopo queste parole la donna, seppur ormai convinta di poter fidarsi dell’uomo, svela la sua totale incertezza sul ritorno del marito dopo vent’anni. Egli la conforta, rivelandole di aver sentito parlare di un prossimo ritorno di Odisseo, solo, e la esorta a mantenere la fiducia.
In questo passo Odisseo, dopo vent’anni lontano dalla sua amata, la incontra. Ed egli dimostra che le parole che la dea Atena gli aveva rivolto una volta giunto in patria erano vere: nemmeno giunto sulla sua amatissima Itaca egli riesce ad abbandonare i suoi inganni e tranelli. Pure in patria fa uso della sua astuzia (metis) prediligendola ad ogni sentimento. Nei venti anni di viaggio di ritorno in cui non ha fatto altro che cercare di sopravvivere ha imparato a non fidarsi di nessuno al punto che nemmeno alla moglie rivela la verità. Egli si confida piuttosto con il figlio che non ha mai conosciuto se non da bambino: si può notare in questa decisione la mentalità misogina tipicamente greca che riteneva che la donna avesse natura ambigua e inaffidabile. Alcune rivisitazioni come quella di Malerba in Itaca per sempre sostiene che in realtà Penelope avesse riconosciuto da subito Odisseo ma che lo avesse tenuto nascosto per orgoglio. In ogni caso Odisseo in questo passo appare quasi crudele: egli vede con i suoi occhi la moglie che dispera per il suo ritorno e che anche dopo vent’ anni gli è rimasta fedele procrastinando in tutti i modi il nuovo matrimonio ma nonostante ciò non le rivela che tutto ciò che ha desiderato in quegli anni è proprio lì davanti a lei (nel cuore aveva pietà della sua donna gemente, ma i suoi occhi erano fermi come il corno e l’acciaio, immoti fra le palpebre: ad arte tratteneva le lacrime {vr. 210-213}). Anche in questo passo, inoltre, possiamo notare come egli si serva di menzogne simili al vero {Odissea XIX, 203}: anche Etone conosce il dolore della lontananza per lungo tempo da casa a causa di peripezie, dice di aver incontrato Odisseo e infine, forse vinto dalla compassione per la moglie addolorata, decide di anticipare il ritorno di Odisseo, quasi come una promessa. Egli, sempre sotto forma di dicerie, spiega che Odisseo tornerà pieno di ricchezze e da solo dal momento che i suoi compagni hanno mangiato i buoi sacri al Sole Iperione, oltraggiandolo. Penelope però, come ella stessa dice in seguito, non si aspetta ormai più il ritorno di Odisseo e poco valore per il suo conforto hanno le parole del forestiero.