Recensione su "Odissea digitale" di Antonino Saggio
Titolo: Odissea Digitale
Autore: Antonino Saggio
Anno di pubblicazione: 2019
Editore: Liguori Editore
Collana: Architettura e Paesaggio
Pagine: 206
L'opera Odissea Digitale di Antonino Saggio è un tentativo articolato e profondo di riflessione sullo sviluppo delle città moderne in una nostra epoca dominata sempre più dalla digitalizzazione e dalle "nuove" tecnologiche. Le pagine dell'Odissea non si limitano solo a descrivere l'impatto della tecnologia sull'architettura e l'urbanistica, ma interrogano in parte anche come dinamiche sociali, processi economici e, in definitiva, le attuali trasformazioni del territorio siano drasticamente modificate dagli scarti tecnologici.
Un tema che emerge dalla lettura del libro è sicuramente quello della velocità del cambiamento e come questo determini le nostre città.
Saggio cita Tafuri: "la difficoltà di storicizzare l'architettura contemporanea dipende proprio dalla rapidità del consumo di immagini, di ricerche, di movimenti". Ciò esprime una condizione tipica delle città contemporanee, in cui, in un'eredità di urbanistica e architettura assolutamente accelerata, l'immagine sembra continuare a consumarsi ormai in maniera indescrivibile, spinta da tecnologie che velocizzano non solo i processi progettuali ma anche la comprensione e la rappresentazione dello spazio.
L'autore sottolinea che non è tanto importante focalizzarsi sulla "forma" della città, ma piuttosto sul modo in cui la tecnologia accelera il processo di analisi e riorganizza i dati che generano il territorio stesso. La città non è più solo uno spazio fisico statico, ma un territorio dinamico, in costante mutamento, dove l'architettura è sempre più legata alle relazioni e alle interazioni sociali che avvengono al suo interno, piuttosto che alla sua mera configurazione fisica.
Un esempio emblematico di questo approccio è rappresentato dal lavoro di alcuni architetti spagnoli, i quali tentano di modificare il campo d'azione dell'architettura attraverso la ristrutturazione strategica dell'intorno spaziale, con un focus sulla relazione tra tecnologia, forma e funzione. La riflessione di Saggio su questi progetti evidenzia come la multicittà non si limiti a una riscrittura estetica degli spazi urbani, ma porti una trasformazione sostanziale nella loro essenza. Il lavoro di questi architetti spagnoli punta a riscrivere l'architettura urbana proprio a partire da nuove modalità di rappresentazione e visualizzazione delle dinamiche sociali e culturali che la città stessa produce. È una forma di architettura che non cerca tanto di rappresentare il reale, quanto di interferire con esso, cercando di interpretarlo e di modificarlo.
La citazione "più relazioni per meno figurazioni, più interazioni per meno evocazioni" diventa un punto focale per comprendere come il progetto architettonico contemporaneo debba essere un processo di interazione piuttosto che una mera rappresentazione fisica. Le città moderne, e in particolare quelle digitali, devono quindi essere pensate come spazi di relazione e interazione, dove la struttura fisica diventa un veicolo di connessioni sociali piuttosto che un mero contenitore di attività.
La riflessione che Saggio propone sulla "new ecology" (la nuova ecologia urbana) è uno dei punti più potenti del libro. Secondo l'autore, le città moderne si sono evolute in una realtà che non è stata progettata o pensata da chi ci vive, ma che è nata in modo quasi autonomo. In questo scenario, i legami materiali tra architettura, territorio e abitanti si sono progressivamente allentati, producendo una discontinuità nel territorio che rende difficile definire confini chiari tra gli spazi urbani.
Saggio suggerisce che l'architettura dovrebbe essere vista non come un elemento statico, ma come un sistema di relazioni in continua evoluzione. Le dinamiche urbane non sono più separate dalla costruzione fisica degli spazi, ma sono costantemente in interazione con questi, dando vita a una nuova forma di ecologia urbana. La progettazione deve quindi rispondere a questo cambiamento, progettando le relazioni tra le persone, l'architettura e l'ambiente, piuttosto che focalizzarsi esclusivamente sulla forma dell'edificio.
In questo contesto, l'architettura diventa un sistema flessibile, pronto ad adattarsi e a trasformarsi nel tempo. L'architettura non deve solo rispondere ai bisogni del presente, ma deve essere progettata per evolversi con le necessità future, promuovendo un ciclo continuo di trasformazione.
Questo concetto richiama alla mente il lavoro di IaN+ con il loro progetto per la stazione di Osaka, in cui il vuoto e le interzone diventano spazi di trasformazione continua, dove non si cerca di "riempire" ogni angolo con edifici o funzioni statiche, ma si lascia spazio all'evoluzione.