L12: Il mondo dei vettori
L13: Il mondo dei layer
L14: Peter Vector, le ricerche di Peter Eisenman nella superficie
L12: Il mondo dei vettori
Introduzione al sistema Vettoriale
Nel mondo del disegno digitale, si è evoluto un passaggio significativo dal sistema raster, che si basa sulla rappresentazione di immagini punto per punto, a un sistema più versatile e avanzato: il sistema vettoriale. A differenza del raster, che descrive le immagini come una griglia di pixel, il sistema vettoriale si concentra su entità come linee, curve e poligoni, riducendo il volume di dati necessari e migliorando l’efficienza dei file.
Nel contesto vettoriale, gli oggetti vengono definiti tramite coordinate precise, permettendo una descrizione semantica che facilita la manipolazione e l'applicazione di trasformazioni senza compromettere la qualità. Ogni elemento (come punti, linee, polilinee e poligoni) viene identificato e formalizzato, consentendo operazioni di modifica dirette senza la perdita di dettaglio.
Ad esempio:
Punto: definito tramite coordinate (𝑥, 𝑦)
Linea: definita da due punti (𝑥, 𝑦) e (𝑥₁, 𝑦₁)
Polilinea: composta da una serie di punti (𝑥, 𝑦), (𝑥₁, 𝑦₁), (𝑥₂, 𝑦₂)
Polilinea chiusa: una sequenza di punti che inizia e finisce nello stesso luogo, come (𝑥, 𝑦), (𝑥₁, 𝑦₁), (𝑥₂, 𝑦₂), (𝑥, 𝑦)
Questi codici semantici formano una base rapida e flessibile, rendendo ogni entità facilmente manipolabile rispetto al sistema raster.
Dalla rappresentazione alla descrizione
Nel sistema vettoriale, l'elemento centrale non è più una mera rappresentazione pixel per pixel, ma una descrizione. Invece di costruire un oggetto punto per punto, si utilizza una sequenza di dati che può essere scalata o adattata senza perdere definizione. Ogni entità vettoriale è indipendente dal dispositivo di visualizzazione e può essere trasformata senza compromettere la qualità visiva.
Il sistema vettoriale consente di:
Applicare trasformazioni come scalatura, duplicazione o distorsione, mantenendo le caratteristiche fondamentali dell'oggetto.
Manipolare con precisione numerica ogni elemento, adattandolo facilmente a vari contesti senza perdere la sua integrità.
Il Salto di Paradigma: Dalla descrizione alla generazione
Il salto più significativo nell’ambito vettoriale è l’introduzione dei modelli generativi, dove le forme non sono più semplicemente descritte, ma create attraverso equazioni matematiche. Questo approccio ci libera dal vincolo della rappresentazione punto per punto, permettendo di generare curve e forme tramite modelli matematici.
Un esempio emblematico di questo cambiamento è la curva di Bézier. Invece di “disegnare” manualmente una curva, si impiega una funzione matematica che permette di manipolare la forma attraverso punti di ancoraggio (anchor points). Questo metodo, sviluppato inizialmente per applicazioni aerospaziali e nautiche, è ora utilizzato in vari ambiti, dall'architettura alla robotica, dove le traiettorie sono calcolate usando funzioni matematiche.
Le curve di Bézier, infatti, rappresentano una generazione pura di forme fluide, senza ricorrere ai segmenti poligonali del tradizionale sistema vettoriale. In pratica, questa matematica generativa ha reso il processo di creazione di superfici e curve più efficiente e adattabile.
Dal Raster al Vettoriale e oltre
Raster: una rappresentazione pixel per pixel, che dipende dalla risoluzione dello schermo e comporta un alto consumo di dati.
Vettoriale: una descrizione basata su entità indipendenti dallo schermo, facilmente modificabili e scalabili tramite coordinate e codici semantici.
Bézier: una generazione matematica delle curve, che permette la creazione di forme fluide e indipendenti dalle limitazioni dello schermo.
Grazie a questa evoluzione, il disegno digitale ha acquisito una maggiore precisione e flessibilità. Il passaggio dalla rappresentazione alla generazione, basata su equazioni matematiche, ha reso possibile un livello superiore di espressione e funzionalità, con applicazioni in settori come il design, l'architettura e l'ingegneria.
L13: Il Mondo dei layer
L' utilizzo dei Layer nell' architettura contemporanea
Nell'architettura moderna, il concetto di layer (o strati) è molto più di una semplice divisione visiva degli elementi su uno schermo. Esso si trasforma in un concetto centrale che consente di decostruire, rappresentare e generare nuove forme nell'ambito del costruito. Vediamo come i layer si applicano su tre livelli distinti: interpretativo e critico, rappresentativo, e generativo.
Il primo livello riguarda l'utilizzo del layer come strumento per l'interpretazione e l'analisi critica. Qui, il layer funge da filtro che ci permette di esplorare e comprendere la complessità degli edifici e degli spazi. Immaginiamo, ad esempio, un edificio storico come una chiesa medievale: possiamo distinguere vari "strati" che compongono la sua struttura. Questi includono strati materiali (come pietre, affreschi, mosaici), strati temporali (diverse fasi storiche e interventi di restauro), e strati funzionali (uso e significato che l'edificio ha assunto nel corso dei secoli).
Ogni layer ci aiuta a separare e analizzare aspetti distinti, consentendoci di capire come questi si influenzano reciprocamente nel tempo. Un esempio di questa stratificazione è la Chiesa di San Clemente a Roma, dove le diverse epoche hanno lasciato segni evidenti, creando una struttura che può essere letta come un palinsesto storico. L'analisi attraverso i layer permette di apprezzare l'evoluzione architettonica e il cambiamento culturale che l'edificio ha subito nel corso dei secoli.
Il secondo livello è quello rappresentativo. In questo caso, il layer diventa un metodo di organizzazione del progetto, suddividendo ogni parte dell'edificio in categorie specifiche e ben definite. Nel disegno architettonico, ogni layer può rappresentare un elemento diverso, come la struttura portante, gli impianti elettrici, o i dettagli decorativi. Con l'adozione dei layer, il processo progettuale è diventato molto più fluido e gestibile, poiché consente agli architetti di isolare e modificare ogni componente singolarmente senza interferire con gli altri.
Per esempio, nel caso della Chiesa di San Clemente, gli strati architettonici, storici e funzionali possono essere rappresentati separatamente in layer distinti, facilitando una lettura analitica dell'edificio. Con l'avvento dei software CAD e BIM (Building Information Modeling), l'uso dei layer ha reso possibile una rappresentazione ancora più dettagliata e organizzata degli edifici, permettendo di visualizzare e manipolare ogni parte della struttura, dagli impianti alle finiture.
Il terzo livello riguarda il layer come strumento generativo, ovvero come mezzo per creare spazi e forme nuove. Qui, il layer non è semplicemente un modo per rappresentare o interpretare, ma diventa un veicolo per generare soluzioni architettoniche inedite. A partire dagli anni '80, molti architetti hanno iniziato a concepire i loro progetti come una serie di layer distinti, ognuno con una propria logica che interagisce con gli altri in modo organico o contrastante.
Un esempio di questo approccio è il progetto del Parco de La Villette a Parigi, ideato da Bernard Tschumi. Tschumi ha suddiviso lo spazio in tre layer principali: le folies (padiglioni distribuiti lungo una griglia), gli spazi verdi e i percorsi pedonali. Ogni elemento agisce come un layer autonomo, con regole proprie, ma che insieme contribuiscono a creare un paesaggio architettonico unico e dinamico.
Questo approccio si ispira anche a correnti artistiche e concettuali come il lavoro di Walter De Maria, che esplorava l'interazione tra fenomeni naturali e spazi fisici. Inoltre, architetti come Rem Koolhaas hanno ripensato il progetto di La Villette sviluppando i layer in altezza, creando sovrapposizioni verticali che generano nuove prospettive e interazioni inaspettate. Altri, come Daniel Libeskind, hanno sperimentato con l'uso dei layer per generare spazi complessi, pieni di significato simbolico e narrativo.
Il concetto di layer ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel modo di pensare e progettare l'architettura. I layer non sono semplicemente uno strumento per rappresentare o analizzare, ma sono diventati un mezzo per generare nuove soluzioni spaziali e architettoniche. Che si tratti di decodificare la stratificazione storica di un edificio, di rappresentare ogni dettaglio di un progetto architettonico o di sviluppare nuovi spazi a partire da un concetto astratto, i layer sono oggi una risorsa essenziale per l'architetto moderno.
L14: Peter Vector
Le ricerche di Peter Eisenman nella superficie
Peter Eisenman è un architetto che ha profondamente trasformato il panorama architettonico attraverso l'uso di una logica formale e vettoriale, rendendo il disegno un linguaggio innovativo e autonomo. Analizzando i suoi progetti e il contesto teorico in cui si è sviluppato il suo pensiero, si capisce come sia diventato una figura di riferimento nell’architettura contemporanea.
Il concetto di "campo" emerge come uno degli aspetti principali del lavoro di Eisenman. Derivato dalle scienze, come i campi elettromagnetici (simili alle opere di Walter De Maria, come The Lightning Field), il "campo" in architettura diventa un modo per rappresentare forze che interagiscono tra loro. Eisenman non si limita a creare linee statiche o dualità; piuttosto, compone ambienti in cui diversi strati di forze si sovrappongono e si influenzano.
Dopo il suo percorso di studi, Eisenman si immerge nell’analisi dell'architettura italiana storica, studiando figure come Giuseppe Pagano e Giuseppe Terragni. Pagano, noto per il suo libro pubblicato da Manfredo Tafuri, e Terragni, famoso per la sua architettura razionalista e le opere iconiche come la Casa del Fascio a Como e la Palazzina Giuliani Frigerio, diventano per Eisenman il punto di partenza per una riflessione più profonda. Eisenman interpreta le opere di Terragni non come forme statiche, ma come campi dinamici, che si intrecciano e si confrontano tra loro, introducendo nuovi concetti come l'erosione e l'esplosione.
Eisenman rivoluziona la rappresentazione architettonica, facendo del disegno un mezzo che non si limita a rappresentare lo spazio, ma diventa un linguaggio in sé, con una propria logica formale. Con il ricorso alle assonometrie vettoriali, l'architettura assume una dimensione autonoma che dialoga con sé stessa, come un testo che si sviluppa e evolve attraverso l'interazione tra le sue parti.
Nel 1967, Eisenman fonda il gruppo dei New York Five insieme a Michael Graves, Charles Gwathmey, John Hejduk e Richard Meier. Il loro lavoro, particolarmente la mostra del 1969 al MoMA, rappresenta un punto di riferimento del modernismo, proponendo una nuova visione formale che si nutre anche di riflessioni filosofiche. Un esempio di questo approccio teorico è il libro Notes on Conceptual Architecture, che descrive l'architettura come una riflessione concettuale.
Nel corso della sua carriera, Eisenman sviluppa una serie di case numerate, ognuna delle quali diventa un capitolo importante nella sua ricerca teorica e progettuale:
House II: Un approfondimento critico dell’architettura di Terragni, in cui Eisenman esplora la possibilità di "erosione" delle forme, introducendo un gioco di tensioni formali e relazionali.
House VI: Segna una fase di transizione verso una nuova esplorazione dei volumi, dove l'architettura si concentra meno sulla bidimensionalità e più sulla tridimensionalità, creando spazi più complessi e stratificati.
House X: È uno dei progetti più innovativi di Eisenman, in cui introduce il concetto di sito come elemento fondamentale nella progettazione. La casa è suddivisa in quattro quadranti funzionali, creando una relazione complessa tra i vari spazi e le loro diverse altezze.
Gli anni '70 segnano una crisi profonda nel modernismo, periodo in cui Eisenman comincia ad affrontare anche il tema della psicoanalisi e della crisi dell’architettura stessa. Le sue case, come House III e House IV, esplorano la sovrabbondanza di strutture, con volumi che si sovrappongono e si deformano. La House X non viene mai realizzata, ma diventa un esperimento psicoanalitico, in cui l’architettura è una rappresentazione della mente e delle sue contraddizioni, un'esplosione di forze e relazioni che si riflettono negli spazi e nelle forme.
Un esempio significativo della sua ricerca è il progetto per Cannaregio, a Venezia. Qui, Eisenman esplora l’idea di palinsesto, sovrapponendo elementi storici alle strutture moderne in un gioco di interazioni che crea un nuovo significato per lo spazio urbano. In questo progetto, il passato e il presente non sono elementi separati, ma si fondono in una nuova architettura che è allo stesso tempo riflesso della storia e proiezione verso il futuro.
Nel 1983, Eisenman fonda lo studio Eisenman Architects, concepito come un laboratorio di ricerca e sperimentazione. Ogni progetto diventa un'opportunità per esplorare layers (strati) e campi relazionali, prendendo in considerazione la storia del sito e il contesto culturale. Lo studio ha realizzato progetti di grande importanza, come la Città della Cultura della Galizia a Santiago di Compostela, la stazione ferroviaria di Pompei, e il Wexner Center for the Arts alla Ohio State University. La varietà dei progetti e l'abilità di gestire difficoltà progettuali, vincoli finanziari e culturali fanno dello studio un punto di riferimento per l'architettura contemporanea.
Nel corso degli anni, Eisenman si avvicina al decostruttivismo, esplorando nuove possibilità formali che sfidano le convenzioni del modernismo. Opere come la Guardiola House, l’ampliamento della facoltà di architettura di Cincinnati e il Greater Convention Center di Columbus esprimono questa nuova direzione. In questi progetti, Eisenman gioca con le masse deformate, i piani inclinati e le strutture che sembrano dissolversi, mettendo in discussione il rapporto tra forma e funzione.
Le opere di Eisenman si spingono oltre il concetto tradizionale di architettura, affrontando tematiche legate al territorio e al paesaggio. Progetti come la Chiesa a Roma e la Casa di Santiago di Compostela rivelano un’architettura che si fonde con la terra, creando una relazione diretta con il contesto naturale e paesaggistico.
Peter Eisenman ha lasciato un’impronta indelebile nell’architettura contemporanea, portando avanti una ricerca teorica e formale che ha sfidato le convenzioni. Il suo approccio vettoriale e concettuale ha trasformato il disegno in un linguaggio autonomo, e la sua capacità di esplorare le relazioni tra spazio, storia e teoria lo ha reso un punto di riferimento fondamentale per l’architettura moderna e futura. La sua influenza è evidente nelle opere che hanno seguito la sua visione, e il suo contributo continuerà a guidare le generazioni future di architetti.